The Grand Budapest Hotel: recensione del film di Wes Anderson

The Grand Budapest Hotel: recensione del film di Wes Anderson

MONDO – Grand Budapest Hotel è un film del 2014 scritto, diretto e co-prodotto da Wes Anderson, ispirato alle opere di Stefan Zweig. Ecco la nostra recensione. 

L’inizio di questa calorosa primavera è stato segnato dall’uscita del coloratissimo The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson che, con i suoi strabilianti abbinamenti cromatici, è riuscito anche questa volta a farmi venir voglia di bruciare tutti i miei vestiti neri per lasciare spazio a tinte pastello e scarpette in pandan.

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IL COLORATISSIMO MONDO DI WES ANDERSON

Siamo nei primi anni del novecento e il GB, situato nella fantasiosa Zubrowka, è gestito da Mr. Gustave (Ralph Fiennes), un uomo affascinante, profumato e con una passione sfrenata per le clienti anziane, rigorosamente bionde. La sua prediletta, Madame D. (Tilda Swinton), in punto di morte gli affida un prezioso quadro, di discutibile bellezza. Il figlio della defunta, Dimitri (Adrien Brody), da tipico erede invidioso, accusa Mr.Gustave di aver assassinato la madre ma, grazie all’astuzia del neo-assunto portiere Zero (Tony Revolori), ai tranelli deliziosi della giovane pasticciera Agatha (Saoirse Ronan) e grazie alla fiducia dei soci della “società delle chiavi incrociate” interpretati dagli immancabili protagonisti dei film di Anderson Bill Murray e Owen Wilson, assistiamo a una serie infinita di inaspettate e surreali avventure create ad hoc per cercare di scagionare il protagonista.

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SORPRENDENTE, PICCANTE, IRONICO

Un dignitoso omaggio a Stefan Zweig, con un occhio di riguardo pure per l’aspetto umano e antirazziale, dimostrato dal buon Gustave nei confronti di Zero, il “lobby boy” immigrato, con una straziante esperienza alle spalle e perennemente preso di mira dai fascisti per la sua “carta di soggiorno” stropicciata e mal ridotta.
Inoltre, non viene meno la storia d’amore tra Zero e Agatha, per non parlare della colonna sonora scritta appositamente da Alexandre Desplat e delle ambientazioni geniali che riesce a creare il regista, dotate di quel tocco artistico che lo contraddistinguono.

Inoltre ricordiamo che Wes Anderson è il più autorevole utilizzatore dell’antica tecnica Slow Motion, sorella maggiore della tecnica Stop Motion di cui vi avevamo parlato nell’intervista a Stefano Bessoni, soprannominato il Tim Burton italiano. Regista, illustratore, animatore tra i più rinomati in Italia nel campo della Stop-motion.

Un film ironico e piccante, insomma, con una miriade di personaggi che si sfiorano nelle stanze del GB, ognuno di loro con un segno particolare che li contraddistingue, dalla voglia sul viso di Agatha, ai baffi grotteschi di Zeno e permettetemi di farvi notare l’eleganza delle mani di Kovacs (Jeff Goldblum) l’avvocato, protagoniste indiscusse.
Insomma, alzatevi dal divano, andate al cinema, concedetevi 100 minuti di totale spensieratezza e sarete in grado di aspettare le vacanze estive con maggiore serenità, sognando magari un rilassante e simmetrico bagno termale al GB.

Articolo di Marianna Preda

Autore MyWhere

2 Responses to "The Grand Budapest Hotel: recensione del film di Wes Anderson"

  1. Fabiola Cinque
    Lacinque   28 Maggio 2014 at 17:50

    Cara Marianna Lodi questo film l’ho visto appena uscito ed ho impiegato un po’ di tempo per metabolizzarlo.
    Con questo non voglio dire che non mi è piaciuto ma sicuramente la sua particolarità lo rende affascinante ma non facile da apprezzare. Assolutamente d’accordo con te sulla leggerezza ed ironia dei personaggi magistralmente interpretati da un cast di attori stellare.
    Ma la cosa che evidenzierei più di ogni altra e’ la tecnica fotografica e di regia con il quale è trattato.
    Lo stop motion e’ una tecnica che abbiamo anche in Italia (guarda Stefano Bessoni) ma sulla quale investiamo e sperimentiamo poco.
    Per far comprendere a chi ci legge ci sono disegni e fotografie che scorrono virtualmente in una specie di cartoon tra la mono dimensione ed il bidimensionale. Da questi paesaggi cartonati si staccano come figure sovrannaturali invece gli attori interpretati da personaggi in carne ed ossa.
    Quindi se posso aggiungere un po’ di curiosità su questo originale film, l’aspetto estetico e’ quanto di più innovativo per i nostri occhi. Inoltre riportandoci alla nostra infanzia e lasciandoci immergere totalmente in un ambiente fiabesco che trova il suo plus nel product placement dell’ambientazione nell’hotel della catena più prestigiosa europea come è appunto la Kempinski.

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  2. Francesco   13 Giugno 2014 at 14:50

    Cara Marianna,
    ho adorato questo film come tutti gli altri lavori di Wes Anderson.
    Vorrei soffermarmi un attimo sulla natura tecnica che esalta la perfezione maniacale del regista nel raccontare una storia tanto da sembrare un libro illustrato.
    Tra salti temporali,panoramiche whip pan,stop motion e la minuziosita’ scenografica che solo questo regista,anzi Autore,ha nell’attuale panorama cinematografico,ci pone davanti ad una vera e propria “Matrioska” filmica dove ogni passaggio e’ enfatizzato con cura dalle diverse inquadrature,che passano dai carrelli fino ad arrivare agli improvvisi zoom sui personaggi.
    Ogni rappresentazione scenica e’ un elogio alla sua perfezione tecnica,che di fatto ne fa il suo vero e proprio marchio di fabbrica.
    In conclusione vorrei aggiungere che questa opera non e’ e non può’ essere per tutti,semplicemente perché’ il mondo non e’ pronto per un regista come Mr.Anderson dove una messa in scena come succede in ogni suo film non sarebbe apprezzata e capita dai singoli individui che vivono nella società’ odierna abituati dall’amore per il trash che propone la tv.
    Francesco

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