Aurora Mazzucchelli e la sua Cena del Silenzio

Aurora Mazzucchelli e la sua Cena del Silenzio

Partecipo con una curiosità a 360° alla Cena del Silenzio, happening con degustazione culinaria di piatti eccellenti, pensati e confezionati da una grandissima chef: Aurora Mazzucchelli. Aurora discenda da una famiglia di noti ristoratori, ciò non di meno ha però voluto scegliere una strada differente da quella già tracciata dalla famiglia e assieme al fratello Massimo, cooperano per raggiungere risultati arditi e apprezzabili sul piano del gusto, attraverso uno studio sistematico e rigoroso per ciò che concerne l’abbinamento libertino di ingredienti insoliti, con un attenzione sempre viva verso le materie prime che offre il territorio o la regione. Tutti noi fortunati partecipanti, siamo diventati parte integrante della performance stessa alla quale abbiamo dato il nostro contributo col nostro silenzio, le nostre mimiche, i nostri gesti ma le nostre papille gustative ripagate a dovere.

Siete invidiosi vero? Fate bene!

Cena del silenzio SetUp

Il titolo della serata “Cena del Silenzio”, va assunto per ciò che esattamente è: una cena nella quale i commensali devono astenersi dal proferir verbo e scegliendo quale percorso espressivo obbligato una tipologia di comunicazione non verbale come il gesto, la mimica, la scrittura sia su carta che sul cellulare, pena l’esclusione da quel piccolo angolo di paradiso gastronomico, allestito all’interno di SetUp.

La consegna è stata recepita e rispettata con grande serietà da tutti i partecipanti, vuoi perché la posta in gioco era alta, vuoi per amor proprio e desiderio di non essere sconfitti insieme, fatto sta, che il nostro gruppo si è onorevolmente distinto! La tematica principale – accanto al silenzio più totale – e al cibo con il quale esiste un legame incontrovertibile era l’erotismo. Tranquilli, niente di cui temere, o forse delusi, proprio per la stessa ragione: sebbene la temperatura in sala fosse stata appositamente elevata, inizialmente attorno ai 30° per aumentare via via; al massimo – come qualcuno sperava – ci saremo tolti chi il golf, chi la sciarpa rimanendo più leggeri… si è data una meravigliosa dinamica, dove a parte un imbarazzo lieve ma ben nascosto dai più, ha dato lo stesso vita a una catena di sguardi, digitazione nervosa sul cellulare, recupero della superficie libera dei biglietti d’ingresso pur di trovar spazio per la penna o “dire” qualcosa altrimenti con gli occhi oppure con la musica dei calici durante i numerosi e apprezzati brindisi – ottima, infatti la scelta dei vini (presenti all’interno di SetUp Critical Wine, con i Vignaioli Critici), ben presentati da Massimo, le risate trattenute, e l’attenzione desta per non cadere neppure nei tranelli che inevitabilmente i camerieri tendevano: “ah, le è caduta la sciarpa”, vero!, era la mia, un sorriso la risposta più silente e immediata; “l’acqua la preferisce liscia o frizzante?”, il dito rispondeva – ancora il mio, ma gli altri avevano fatto lo stesso – puntando sull’etichetta scelta…

Inizia la sfilata dei piatti, il soggetto comune era giocoforza “marino”, d’altra parte Venere stessa non era forse nata dalla spuma delle acque?

Un paio di antipasti, due primi, ci avevano rassicurati sin dal primo boccone della forza creativa di Mazzucchelli, per ultimo un cucchiaio di dessert servito direttamente in bocca al commensale, da parte di Aurora stessa, gesto estremo, originale, affettivamente imperativo ma materno insieme, d’altro canto era lei che ci aveva nutriti ieri sera.

L’unica digressione dall’attenzione posta verso i piatti è stata – sul finire della cena – la performance ben orchestrata di un gruppo di attori della compagnia OTE (Ozzano Teatro Ensemble) che parimente agli astanti, ha bandito ogni parola – in ossequio alla cena silenziosa, puntando su di una mimica danzata la loro performance, sullo stesso tema cibo-eros e rappresentandolo attraverso la nudità del corpo maschile di Adamo che soccombe di fronte alla profferta erotica di Eva – resa anonima da una velatura totale – nel gesto di porgergli una mela rossa che lui prende e addenta con avidità.

Riconosco poi – con non celato orgoglio – l’uscita a sorpresa, dei nostri due colleghi fotografi – anche loro partecipi – lì, in mezzo ai commensali, allorché si sono palesati nella loro veste professionale, con un sincronismo asimmetrico di un certo effetto, so che non era stato preparato ma loro sono stati così brillanti , rapidi e inaspettati nel rompere quel silenzio, sebbene le loro macchine bisbigliassero gli scatti, solo come quelle di coloro abituati ad agire durante gli spettacoli teatrali.

Oscar Wilde diceva che “Tutta l’arte è profondamente inutile”, mi sorprende che un esteta attento e amante della buona tavola come lui era stato, non avesse preso in considerazione che l’arte in cucina – al contrario – potesse invece essere utilissima!

A quando la prossima cena?

Cena del Silenzio – SetUp

Conversazione e chiosa finale con l’artefice della “Cena del Silenzio”: la chef Aurora Mazzucchelli

D.F.: Allora… una gran bella esperienza, né semplice né scontata: tutta la cena è stata però un po’ “ruffianella” nel senso che il silenzio dei presenti focalizzava – giocoforza- tutta l’attenzione sul cibo che sicuramente era egregio: non siamo abituati a tutta questa ricerca, a queste combinazioni di sapori, odori…

A.M.: E’ vero che è conviviale la tavola ma come dici tu abbiamo voluto dare la centralità al piatto, ma io non l’ho vissuta… non tanto per far vedere il tuo ego, ma si voleva un po’ vedere la reazione dei commensali (…) poi in realtà non ti so dire “quanta” reazione ci sia stata perché io non ho visto!

D.F.: Stai tranquilla, io c’ero e la dinamica c’è stata, diciamo che era più settoriale e circoscritta a chi ti trovavi accanto ma non solo fra le coppie che si conoscevano… ovvio si comunicava di più fra i vicini “più vicini” perché il timore di essere esclusi da questa meraviglia ha giocato a tuo favore, sicuramente! E io invece volevo chiederti qualcosa in più dal punto di vista tecnico, tutta questa ricerca-azione che c’è e questo tuo corpo a corpo con gli elementi, direi insoliti ma felicemente riusciti.

A.M.: Beh, ho portato comunque dei piatti che mi rappresentano e che servo al ristorante, perché comunque la mia cucina è una cucina che io uso un po’ come racconto, di quello che voglio dire: le mie sensazioni, il mio vissuto, quindi è molto corporea, dentro di me, molto fisica se vuoi, perché io mi ci metto a nudo. Io non amo appesantire con informazioni: i maccheroni li ho presi fuori dal tornio, li ho chiusi uno a uno….non amo la complessità nello spiegare…

D.F.: Ma di fatto i maccheroni erano tirati fuori dal tornio e chiusi a mano, si vedeva, pur essendo precisi erano leggermente diversi, segno incontrovertibile di artigianalità!

A.M.: Quindi, a me ciò che piace che esca è – nella sua semplicità – di fruire questo piatto poi invece ci sia la la complessità degli umori, delle sensazioni…

D.F.: Beh, la semplicità direi che sia solo apparente, perché sin dal primissimo piatto alla fine…

A.M.: Sì, per me è semplice per come son fatta io, questo è il mio mondo…è il mio modo di relazionarmi.

D.F.. Ma no, si vede comunque una ricerca, andiamo! Tutti quei ghiacciolini minimi, che c’erano nel primo piatto ma aromatizzati al sapore di mare…

A.M.: La granita alla canocchia? Ma no, anche lei… quella non è semplice [e io che avevo detto?!? N.d.R.] Vengono pulite le canocchie, vengono frullate col suo liquido e poi (…) vengono filtrate tre o quattro volte…la semplicità è perché la gente non deve costruirsi il piatto, è tutto lì, nel piatto trova tutto lì [non per niente a tavola le posate consistevano unicamente nella forchetta e nel cucchiaio, i coltelli non c’erano N.d.R.] in quel senso io interpreto la semplicità, è un modo diverso, perché devo lavorare io, non è il lavoro del cliente, ma solo il piacere; se poi si viene al mio ristorante con la voglia di assaggiare nuovi sapori c’è proprio un bello scambio fra me e il cliente mio fratello aiuta tantissimo in sala nella comunicazione, proprio tra me e il cliente.

D.F.: C’è un’attenzione ho notato molto forte verso – dico una banalità – l’odore, l’olfatto, e non parlo solo della cosa più smaccata come il ripieno al parmigiano aromatizzato alla lavanda, ma anche altri piatti sono fortemente legati al profumo, poi c’è anche una scelta molto marcata legata ai colori e ai vini che sono stati scelti per l’accompagnamento, non avete fatto delle scelte facili…

A.M.: Beh, guarda, la famiglia Mazzucchelli non fa scelte facili mai. (…) La nostra famiglia ci ha seguito, se vuoi, in questa pazzia perché volevano rinnovare e rigenerare tutto quanto (…) la strada più semplice sarebbe stata quella di seguire le loro impronte visto che avevano un ristorante conosciutissimo a Bologna, invece noi abbiamo voluto ribaltare tutto per tirare fuori dopo degli anni di sacrifici questo. Quindi probabilmente non siamo propensi a scegliere le cose semplici, ci annoiano…forse!

D.F.: Però è stata interessante, mi è piaciuta questa scelta di questi vini così particolari legati però al territorio. Qui in Emilia non abbiamo una vocazione di rilievo rispetto al Piemonte, il Veneto o il Friuli, ma avete scelto oltre il convenzionale!

A.M.: Sì…però mio fratello è amante dei vini naturali e naturalmente in Emilia ce ne sono alcuni, ma come dici tu non siamo la Francia o il nord Italia, però qualche piccola realtà sta emergendo e quindi…lui ha cercato di scegliere quello che era meno elaborato dalla vigna alla cantina (…) le cose che in Emilia gli piacciono.

D.F.: Ma anche gli stessi ingredienti dall’aringa, all’anguilla affumicata, ai primi… diciamo che c’è stata un’impostazione a chilometri zero, mi verrebbe da dire, o comunque pochi, forse…

A.M.: Mah sì, pochi chilometri anche se io non disdegno (perché mamma siciliana papà bolognese) il raviolo di rapa – quelli che sembravano dei seni col ripieno – è stato fatto in rosa perché oggi volevo enfatizzare il seno e la parte lattea, però normalmente a casa li faccio di tutti i colori pastello, perché tornando da un viaggio in Perù dove lavorano tutte quelle lane e usano quei colori naturali…in realtà quello è un piatto che parla del Perù. Io non sono troppo chiusa né solo per “i chilometri zero”, anche se è naturale che stando a Sasso Marconi a Bologna, si cerca di avere degli alleati forti, bravi e però non sono chiusa – per carità se si tratta di valorizzare il territorio tanto meglio – se io trovo un gran prodotto o trovo una mia spiegazione o un perché io mi sento tranquilla di servirli è perché li ho partoriti in qualche modo. Se qualcuno mi chiede, io so dare una spiegazione, so esprimere quello che è quel piatto.

D.F.: La coccola finale di aver imboccato tutti quanti col dolce, è un’idea di chi? Sono curiosa.

A.M.: Di Simona Gavioli. Il tema dell’evento era arte cibo e sesso. In realtà io li avevo chiamati e avevo detto facciamo una cosa tutta sul sesso. I piatti nella presentazione avevano tutti un alone sessuale: perché hai, infatti, il primo impatto del freddo e dell’imbarazzo, poi se vuoi il seno, lui che tocca il seno, poi la parte del sapido: la pelle il sudore, il leccarsi, poi l’accoglienza – il raviolo al parmigiano – della donna all’interno del suo corpo, per poi arrivare al finale, al liquido maschile.

Aurora e Massimo Mazzucchelli
Massimo e Aurora Mazzucchelli

Tralasciando ogni metafora, simbologia o altro, ribadisco che alla cena è valsa davvero la pena partecipare seppur tacendo!

Photo RobinT. Photography
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Daniela Ferro

2 Responses to "Aurora Mazzucchelli e la sua Cena del Silenzio"

  1. Giancarlo   26 Gennaio 2015 at 14:15

    Gran bell’articolo!!!

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  2. daniela ferro   26 Gennaio 2015 at 17:55

    Grazie! In realtà si è trattato di una gran bella cena: lo scritto è andato di conseguenza.

    Rispondi

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