ITALIA – Dopo l’esordio letterario de Il sole in fondo al cuore, arriva in libreria il secondo, coraggioso romanzo di Cinzia Nazzareno, Lo scarabocchio, entrambi editi da Bonfirraro. La storia commovente di Genny, della sua identità sessuale, della dura lotta per l’affermazione del sé in una Italia puritana e bacchettona, che erige ghetti pericolosi di discriminazione e isolamento.
Esistono molti tipi di prigionia. Ciascuno feroce a suo modo.
La prigionia delle sbarre, della cella, è certamente la più immediata, la prima schiavitù a cui la mente pensa quando immagina la costrizione fisica della sua libertà.
La prigionia in cui si trasformano certi amori è una prigionia diversa, profondamente subdola nella sua lentezza, pericolosa, immateriale. Si insinua dapprima silenziosa, strisciando come un ladro contro le pareti, e ti prende i sogni, le ambizioni, certi aneliti di conquista, l’autostima, il fervore. Li prende, dicevo, e li converte in qualcosa d’altro, di diverso. Li rende soggiacenti, dipendenti, spezzati, fino al punto in cui la vittima del furto si smarrisce, interamente, divenendo anch’ella qualcosa d’altro, di diverso, di lontano.
La prigionia è il bruco, prima che si faccia farfalla. E’ la prigionia di un corpo che non ci appartiene, la schiavitù di uno scollamento doloroso tra ciò che ci abita dentro e la forma fisica con la quale esistiamo nel mondo: la faccia piena o spigolosa, gli occhi a mandorla oppure tondi, le mani piccole, le gambe con cui siamo nati e che non abbiamo scelto.
La crisalide, ho scoperto, è il simbolo di questa trasformazione, della metamorfosi, del passaggio da uno stato all’altro, dal buio alla luce, dall’incoscienza alla consapevolezza, da invisibile a visibile, da maschio a femmina.
Come succede a Genny.
Genny in principio è Gianni. Ma Gianni si è sempre sentito Genny. Sembra un gioco di parole e di assonanze, eppure non lo è. Gianni è il corpo. Genny è la donna che, suo malgrado, abita quel corpo e dentro il quale si sente esule, straniera. L’uno è l’altra, ma l’altra nell’uno non si riconosce. Come se quel corpo, quel corpo che è Gianni, le fosse stato dato in dotazione per errore, quasi dovesse appartenere a un altro ma, al momento dell’assegnazione, Madre Natura fosse andata in confusione.
Si dice che l’universo affidi le battaglie più difficili ai suoi soldati migliori, ai più valorosi. Lo sa bene Genny che, nel libro Lo scarabocchio di Cinzia Nazzareno, edito da Bonfirraro, fronteggia con grandissima dignità la sfida che le è toccata in sorte quando il suo cuore di donna è stato partorito dentro il petto di un maschio.
Si sente donna, Genny, e questo suo sentire diverso, alieno, è una condanna senza appello.
L’essere umano tende a rifuggire le cose che non comprende, tutto ciò che schiva i margini, li disattende, non si sovrappone con precisione maniacale alle sovrastrutture psicologiche con le quali ci hanno insegnato a categorizzare la vita: il bianco da una parte, e dall’altra il nero. Ciò che esula dal suo controllo lo terrorizza e, come scrive Sepùlveda, “la paura smarrisce la coscienza e ci rende vigliacchi”.
Con la vigliaccheria della gente di Olmo, il borgo siciliano nel quale Genny nasce e cresce, negli anni Settanta, quest’anima bella e speciale è costretta a fare i conti, in un calcolo di somme e detrazioni che comincia dentro casa, in quel nido accudente che dovrebbe essere la famiglia: all’amore di mamma Caterina, che gli fa scudo come solo le mamme sanno fare, Gianni, che è Genny, è costretto a sottrarre l’amore del padre Filippo, un uomo orgoglioso a cui riesce impossibile accettarne la natura “neutra”, lo “scarabocchio” che è quel figlio nato “sbagliato” e al quale non può porre rimedio. E allora ne fa un deportato, allontanandolo dalla terra che gli ha dato i natali e obbligandolo a partire per Roma; allo scherno ignorante dei compagni di classe, Genny somma la tenerezza della sorella Mila, che di mamma Caterina farà le veci, aprendo le braccia e combattendo dalla sua parte, sull’isola come nella Capitale, dove si è trasferita dopo le nozze con Paolo, un ingegnere bello e colto per il quale vale il detto “credevo fosse amore…” ma l’amore è un’altra cosa; all’usurpazione del corpo, a cui lo obbligheranno prima Ciro e poi Riccardo, il poliziotto di cui Genny si innamora, ella prova a sommare il coraggio delle crisalidi quando, pur arrancando nel buio, non smettono di anelare la luce e di risalirne il fascio un battito d’ali alla volta.
Essere se stessi, quale che sia la natura di questa identità, è sempre un atto di rottura, di coraggio. Sottintende la capacità di amarsi abbastanza da accettarsi e, in questa accettazione, scoprirsi finalmente risolti, in pace, affrancati dal conflitto che ingaggiamo contro certe parti di noi che vorremmo cambiare, che vorremmo fossero diverse, anche di poco, ma comunque più vicine all’idea che, di esse, abbiamo nella testa.
Cinzia Nazzareno si posa con grazia e umanità profondissima sul tema delicato dell’affermazione dell’identità sessuale, e lo fa raccontando una storia di prigionia e di libertà. La prigionia del corpo, della condizione sociale, della disapprovazione che biasima, della censura cieca, delle etichette incollate sopra le persone come barattoli dentro una credenza. E poi la libertà. Di appartenersi, soprattutto. Di presentarsi al mondo uguali a ciò che siamo, ciascuno bellissimo nell’irripetibilità della propria unicità. Belli come Genny, come Mila, come Caterina. Perché forse è vero che il coraggio è donna.
NOTA BIOGRAFICA CINZIA NAZZARENO
Cinzia Nazzareno è laureata in Scienze Politiche e specializzata in Didattica del Sostegno. Dopo aver peregrinato in giro per l’Italia, attualmente insegna a Niscemi, dove vive con la sua famiglia. Nei suoi scritti il paese d’origine, dove ama rifugiarsi per concentrare i suoi pensieri, è divenuto Olmo, luogo di ispirazione per tante storie. Lettrice bulimica, risente dell’influenza delle grandi scrittrici siciliane – Simonetta Agnello Hornby, Giuseppina Torregrossa, Emanuela Ersilia Abbadessa – che portano sulla carta profumi e sapori dell’isola.
Il suo debutto letterario è legato a “Il sole in fondo al cuore”, romanzo d’esordio salutato da lusinghieri consensi della critica e dei lettori proprio per la sua impronta femminista e intimista.
Lo scarabocchio è la seconda prova d’autore.
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