I 101 anni di Leonardo Sciascia: l’eredità di uno scrittore scomodo

I 101 anni di Leonardo Sciascia: l’eredità di uno scrittore scomodo

ITALIA – Fu lo scrittore che prima di tutti utilizzò la parola mafia. Rigoroso, eclettico e anticonformista, Sciascia ancora oggi fa parlare di sé, non solo per i suoi libri divenuti classici, ma anche per i suoi messaggi coraggiosi e spesso ostraccizati.

Nel 2021 ricorrevano i 100 anni dalla nascita di una delle figure più importanti della letteratura del 900’. Oggi, nel 2022, celebriamo i 101 anni da quando il mondo ha accolto Leonardo Sciascia. E’ stato uno scrittore inarrivabile, ma è stato è già un errore. Ad un secolo e un anno dalla sua nascita – era nato l’8 gennaio del 1921 – Sciascia resta attuale e scomodo come se non fosse passato neanche un giorno.

Nato a Racalmuto, Sciascia ha dedicato parte delle sue opere all’analisi della storia e delle contraddizioni della sua terra: la Sicilia. I primi libri – Le Parrocchie di Regalpietra e Gli zii di Sicilia – hanno raccontato aspetti della sua città natale, la Racalmuto delle trazzere e delle miniere, la Racalmuto che l’ha sempre visto tornare.

I testi forse più famosi con cui lo ricordiamo sono Il giorno della civetta e A ciascuno il suo, ma sono innumerevoli le opere dedicate all’esplorazione della politica italiana, da Todo modo a L’affaire Moro.

“CE NE RICORDEREMO, DI QUESTO PIANETA”

Dopo aver conseguito il diploma magistrale nel 1941, Leonardo Sciascia lavora al consorzio agrario conoscendo la realtà contadina e società siciliana delle campagne. Nel 49’ cambia, diventa maestro elementare e nel 50’ inizia a cimentarsi nella scrittura con il volume di poesie Favole della dittatura, recensito, tra gli altri, anche da Pasolini.

I suoi romanzi trovano una forma in una chiave gialla come genere coinvolgente che nasce dalla sua ricerca illuminista della verità ma corretta da una nota pirandelliana, con quella vena ironica legata all’impossibilità obiettiva di distinguere tra le diverse ottiche della verità e della menzogna.

I successi in campo letterario non tardano ad arrivare. Nel 53’ vince il Premio Pirandello. Ai racconti di rivisitazioni storiche hanno fatto seguito gialli e saggi Morte dell’inquisitore e Feste religiose in Sicilia.

UNA VOCE SCOMODA E RIGOROSA

Nel 1969, lo scrittore inizia a collaborare al Corriere della Sera. Alla scrittura affianca quindi il suo impegno politico che lo vede eletto  consigliere comunale a Palermo nel 1975 come indipendente del PCI. Passa qualche anno, e nel 1979 accetta la candidatura nelle liste radicali in Europa e alla Camera dei deputati.

Sciascia è sempre stato un personaggio eclettico. Oltre alla scrittura e al giornalismo, si è dedicato all’analisi critica della pittura e il suo contributo nel cinema non si può dimenticare. Dalle sue opere, sono stati tratti 9 film, fatto che Sciascia commentava a modo suo: “Uno scrittore fornisce al regista solo suggestioni o trame e quando cede un soggetto al cinema deve prepararsi  a vedere un’altra cosa rispetto al suo libro”.

L’ANTICONFORMISMO DI LEONARDO SCIASCIA

Contrario al PCI e al compromesso storico, Sciascia si era detto favorevole a trattare con le brigate rosse dopo il rapimento Moro. In questo senso, si attribuisce a lui la frase: “Né con lo stato, né con le BR”.

Scomodo e dall’impegno civico senza eguali, Sciascia pubblica nell’87 un famoso articolo in cui si scaglia contro i professionisti dell’Antimafia, articolo che gli procura isolamento e critiche da gran parte del mondo della cultura e della politica di sinistra.

Ecco un estratto:

“I lettori, comunque, prendano atto che nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso. In quanto poi alla definizione di « magistrato gentiluomo», c’è da restare esterrefatti: si vuol forse adombrare che possa esistere un solo magistrato che non lo sia?”

L’EREDITA’ DI LEONARDO SCIASCIA

Uomo irrequieto, sempre alla ricerca di qualcosa che gli sembrasse più consono e meno allineato per inseguire il proprio bisogno di non appartenenza, Leonardo Sciascia ha sempre cercato un’ottica sua sulle cose.

Oggi viene esaltato anche da tanti che lo attaccavano, ad esempio sul piano dell’impegno civile. Alcuni lo hanno considerato addirittura ostile a Falcone e Borsellino e invece, come sosteneva Calvino, forse Sciascia rappresentava quella difesa al diritto confermata dal caso Tortora e dal caso Moro.

La certezza è che Sciascia non sia mai venuto meno dal potere politico alla mafia e il vero senso della sua vita sta proprio in questo.

SCIASCIA E ANDREA CAMILLERI

“Prendo un libro di Sciascia e mi rigenero”. Così Andrea Camilleri, muovendosi nel salotto della sua biblioteca con la sua voce indimenticabile, la sua testa grande e i suoi grandi occhiali, indicava gli scaffali con i libri di Sciascia. Confidava di tirarne giù qualcuno subito dopo aver preso parte a talk televisivi e ring vuoti di dibattito.

“Grandi scrittori come lui precedono nel tempo gli avvenimenti. Li sentono a fiuto per ragione o a pelle”, diceva. A 100 anni dalla morte di Leonardo Sciascia, mi piace ritirare fuori il ricordo di un altro grande autore siciliano che ne cementifica la grandezza immortale.

Testo di Sara Carletti

Autore MyWhere

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