Dostoevskij e i suoi 200 anni

Dostoevskij e i suoi 200 anni

MONDO – Fëdor Michajlovič Dostoevskij oggi, 11 novembre, celebra dal sottosuolo i suoi 200 anni. Lo scrittore e pensatore russo ha plasmato personaggi immortali irretiti in frenetici destini in grado di condurli verso il sottosuolo della società e della coscienza.

Dostoevskij è, insieme a Tolstoj, uno dei maestri della letteratura russa. Tutta la sua vita, dolorosa avventura, è stata alla base delle sue granitiche opere: dalla finta condanna a morte, all’esilio in Siberia, all’epilessia. Esploriamo insieme vita e opere del filosofo russo.

Dostoevskij e i primi anni

L’11 novembre 1821, Mosca da i natali a Fëdor. Il padre, Andreevič, è un medico militare russo che, carico di un’educazione ortodossa, alleva il ragazzo in modo autoritario. La madre, Marija Fëdorovna Nečaeva, con un carattere completamente differente da quello del marito, conduce il figlio sulla strada della lettura e del meraviglioso mondo dei libri.

Dopo la morte della madre, sopraggiunta nel 1837 per tisi, il ragazzo si trasferisce a San Pietroburgo per cercare di entrare all’istituto d’ingegneria. Studia e frequenta la scuola però controvoglia, essendo i suoi interessi già orientati verso la letteratura.

Nel 1839 il padre viene ucciso. Alla notizia della sua morte, Fëdor, all’età di 17 anni, ebbe il suo primo attacco di epilessia, malattia che lo perseguiterà per tutta la vita.

Nell’agosto 1841 viene ammesso al corso per ufficiali e l’anno seguente viene promosso sottotenente. Si diploma nel 1843, ma decide dopo solo un anno di abbandonare la carriera militare. La sua scelta lo porterà a essere un punto fermo della letteratura mondiale.

Gli esordi e il circolo Petrasevskij

Siamo nel 1846 quando, a venticinque anni, pubblica Povera gente. Il successo è clamoroso, tanto da essere elogiato dal critico Belinskij e dal poeta Nekrasov, due delle maggiori autorità letterarie del tempo. Il treno del giovane scrittore, partito da una stazione colma di problemi, non si fermerà più. Nello stesso anno pubblica Il sosia, a cui segue prima Netočka Nezvanova poi una serie di racconti tra cui Le notti bianche.

Queste prime opere affronta temi molto sentiti, come la miseria e il disagio psichico sull’animo umano. La sofferenza che Dostoevskij versa tra i fiumi di parole, è frutto della sua stessa esperienza di vita a causa del padre autoritario e dispotico.

È in questi anni che Dostoevskij, in una San Pietroburgo piena di furori culturali e fermenti politici, si avvicina al circolo di Petrasevskij, un giurista socialista affascinato dalle teorie del filosofo utopista Charles Fourier. Frequentando questo gruppo, finisce per essere arrestato nel 1849, accusato anche di stamperia clandestina (insieme agli altri membri).

L’esilio in Siberia

Dopo mesi di processo, Dostoevskij e gli altri membri del circolo sono condannati alla fucilazione. La pena, evidentemente spropositata per volere dello Zar Nicola I, viene commutata all’esilio in Siberia.

Dostoevskij viene imprigionato per quattro anni nella fortezza di Omsk. Qui, vivendo a stretto contatto con i peggiori criminali russi, viene a conoscenza delle peggiori storie di violenza, disperazione e morte che un essere umano possa sopportare.

Viene poi trasferito, per buona condotta, a Semipalatinsk in arruolamento forzato. Ma il grande scrittore russo non è più lo stesso. A stento riesce a parlare.
Lo salverà, letteralmente, l’amicizia con un giovane procuratore appena ventenne, il barone Alexander von Wrangel, ragazzo sensibile e maturo, che sarà in grado di far rinascere lo scrittore.

Durante la sua prigionia, Dostoevskij continuerà a produrre opere che, tuttavia, non può pubblicare (vedranno la luce solo molto tempo dopo). Una di queste è Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti, romanzo umoristico che rivela il bisogno di lievità dello scrittore e dopo il quale parlerà dei suoi anni a Omsk, dando vita a Memorie dalla casa dei morti.

Il carcere lo porterà anche a interessarsi di delitti, processi e del sistema giudiziario. Comincia a farsi raccontare minuziosamente da von Wrangel tutti i casi a cui il procuratore si dedica. In questo momento, comincia a produrre tutta una serie di racconti a tema giuridico che confluiranno in uno dei suoi capolavori, Delitto e castigo (1866).

Primo, grande amore

In Siberia, Fëdor incontra Marija, donna sposata che si diletta a scrivere poesie. Il legame tra Marija e Dostoevskij nasce quando lei è ancora sposata e continuerà anche dopo la morte del marito,, dovendo anche “combattere” contro un altro pretendente, giovane e bell’insegnante (gli echi di questo triangolo amoroso si ritrovano in un altro romanzo: Umiliati e offesi).

Marija, che risulta essere capricciosa, malata e instabile, cede al giovane pensatore. Ma la prima notte di nozze, Dostoevskij ha un attacco epilettico al quale Marija inorridisce. Scopre di non essere in grado di stare accanto al marito durante gli episodi della malattia, ma decide di non lasciarlo, restandovi legata fino alla sua morte.

Dalla libertà all’indigenza

È ancora l’amico von Wrangel che permette allo scrittore di tornare a casa e alla sua vita, riprendendo l’attività letteraria.

Il clima politico più sereno che si respira sotto lo zar Alessandro II, permette a Dostoevskij di fondare alcune riviste (a nome del fratello Michail) e di tornare a pubblicare. Vedono la luce i suoi romanzi più famosi, carichi della sua esperienza e delle riflessioni dello specchio dell’animo umano, nate durante l’esilio forzato.

Il 1869 è l’anno de’ L’idiota (scritto a Firenze), con un protagonista che soffre di epilessia come il suo autore, e nel 1871 è I demoni, con al centro la vicenda politica di una cellula anarchica, a essere pubblicato.

Ma il mestiere di scrittore non regala di certo ricchezze a Fëdor, che si ritrova ai limiti della più completa indigenza e soverchiato dai debiti. Per evitare i creditori viaggia in Europa, perdendo anche l’amicizia di von Wrangel, dandosi al gioco. Unica a restare al suo fianco è Anna Grigor’evna, sua seconda moglie e suo secondo grande amore, che lo porterà a concludere Il giocatore, romanzo semi-autobiografico scritto in fretta e furia per saldare debiti contratti proprio giocando.

L’ultima, grandiosa opera di Dostoevskij

Vita e letteratura. Letteratura e vita. Queste s’intrecciano l’un l’altra nella scrittura di Dostoevskij. Così, ne’ I fratelli Karamazov, l’ultima grandiosa opera, forse il più consistente e filosofico, ricco di drammaticità, torna alla radice delle cose, la morte del padre.

Avrebbe dovuto dar seguito alla storia di Alëša, il minore dei Karamazov, ma per Dostoevskij diventa sempre più difficoltoso dedicarsi al lavoro intellettuale. È il suo canto del cigno.

Muore improvvisamente, in seguito a un repentino aggravarsi del suo enfisema, il 28 gennaio 1881 a San Pietroburgo.

Francesco Frosini
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