Gli ottant’anni di Giancarlo Giannini, antidivo del cinema italiano

Gli ottant’anni di Giancarlo Giannini, antidivo del cinema italiano

ITALIA – Spegnerà 80 candeline il 1° agosto, Giancarlo Giannini, ma non festeggerà. Non è tipo da anniversari: «Penso sempre al futuro», dice. Il grande attore italiano, tra i più amati anche all’estero, è pronto a nuove sfide e sarà presto nuovamente al cinema e su Sky. Lo abbiamo incontrato recentemente due volte, ma ripercorriamo ancora i principali successi della sua carriera attraverso l’autobiografia Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi).

«Sono cresciuto forte. O mi sono costruito così con la determinazione e la perseveranza». Si racconta così, Giancarlo Giannini, nella sua autobiografia Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi), edita da Longanesi. Per il grande attore originario di La Spezia, tra i volti più noti del cinema italiano e amatissimo anche all’estero, saranno 80 candeline il 1° agosto. Una carriera brillante e piena di successi, che annovera premi e candidature al David di Donatello, ai Nastri d’Argento, una nomination agli Oscar (come miglior attore per il film Pasqualino Settebellezze, di Lina Wertmüller), il Prix d’interprètation masculine al Festival di Cannes (per Film d’amore e d’anarchia, sempre di Wertmuller) e molti altri riconoscimenti. Manca ancora la Mostra del Cinema di Venezia dove, ha commentato ironicamente in una recente intervista, «non mi hanno mai dato nessun premio, nemmeno un gatto nero. […] I premi comunque non contano, è tutto un gioco…». Eppure la più alta onorificenza a cui possa aspirare un attore c’è per Giannini ed è giunta ancora una volta dall’estero: la stella sulla Italian Walk of Fame di Toronto, tributatagli nel 2009.

Giancarlo Giannini libro
Il libro “Sono ancora un bambino (ma nessuno può sgridarmi)”, edito nel 2014 da Longanesi

È del tutto superfluo ricordarne le ragioni. Bastano le sue interpretazioni, innumerevoli e indimenticabili. Dall’ineludibile palestra del teatro, in cui esordì diciottenne con In memoria di una signora amica, di Giuseppe Patroni Griffi, insieme a Lilla Brignone, al cinema, dove divenne popolare nel ruolo di protagonista dello sceneggiato televisivo David Copperfield (1965), diretto da Anton Giulio Majano, in cui divide la scena con un piccolo e già talentuosissimo Roberto Chevalier. Il resto è storia: sul palcoscenico arrivarono Sogno di una notte di mezza estate, con la regia di Beppe Menegatti, Romeo e Giulietta e La lupa (in quest’ultimo al fianco di Anna Magnani), entrambi diretti da Franco Zeffirelli; sul grande schermo gli oltre 110 film e l’incontro con i più grandi registi, come Ettore Scola, dietro la macchina da presa del primo vero successo Dramma della gelosia tutti i particolari in cronaca, Mario Monicelli, Rainer Werner Fassbinder, Luchino Visconti, Dino Risi e soprattutto Lina Wertmüller. Fu la regista siciliana a offrire a Giancarlo Giannini nel 1966 il primo ruolo cinematografico da protagonista, nel musicarello Rita la zanzara, accanto a Rita Pavone, seguito l’anno seguente da Non stuzzicate la zanzara. Gli anni ’70 e ‘80 segnarono il periodo d’oro, con i film che resteranno nella storia del cinema. Impossibile non ricordare Mimì metallurgico ferito nell’onore, Film d’amore e d’anarchia, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto (tutti e tre insieme a una straordinaria Mariangela Melato) e Pasqualino Settebellezze. Oltre ai grandi titoli con la regia di Wertmüller, citeremo Sessomatto (di Risi) L’innocente (regia di Visconti) e i via via più recenti I picari, Il male oscuro (diretti da Monicelli), Il profumo del mosto selvatico, con Keanu Reeves (produzione internazionale diretta da Alfonso Arau), Palermo Milano solo andata e Milano-Palermo – Il ritorno (entrambi con la regia di Claudio Fragasso), Il cuore altrove di Pupi Avati e Il generale Dalla Chiesa, di Giorgio Capitani. La fine degli anni ’80 vide anche un’incursione nell’altrettanto difficile campo della regia, con Ternosecco. Esperienza inedita per la quale Giannini confida nel suo libro di aver fatto tesoro dell’incontro con Francis Ford Coppola, con cui condivide la meticolosità nel lavoro e la passione per la tecnologia, che però nel caso del regista sfocia in una mania del controllo fatta di ipersorveglianza sul set. La mentalità scientifica e la manualità tecnica hanno sempre accompagnato la lunga storia professionale di Giancarlo Giannini, che parla con passione dei suoi studi giovanili di elettronica, tanto nell’autobiografia quanto dal vivo, durante le serate d’onore che lo vedono protagonista nei salotti delle pubbliche piazze.

Giancarlo Giannini ad Atina
Giancarlo Giannini ad Atina (FR) nel 2018

È meno noto infatti che alcune delle sue invenzioni, oltre a ottenere il brevetto, compaiono addirittura in film hollywoodiani. Un esempio ne è la particolare giacca piena di gadget indossata da Robin Williams nel film del 1992 Toys, di Barry Levinson.

Dalle pagine autobiografiche emergono la consapevolezza della fragilità umana, che dà il senso alle cose. «Io ho visto morire tutti i miei amici. Gassman, Mastroianni, Volonté. […] Ho mangiato con loro, ho riso con loro, e poi all’improvviso non c’erano più. Se campi, vedi le morti altrui». Poche, laconiche parole sulla tragedia della morte del figlio Lorenzo, a soli vent’anni, per aneurisma. Nonostante questo, la lezione più importante di questo magnifico attore si trova probabilmente nella sua semplicità e nell’apprezzare le piccole cose. «Ognuno di loro -disse riferendosi ai suoi compagni di vita e di set, nell’estate 2019 durante un evento a Settefrati (FR), – aveva un modo diverso di affrontare questo mestiere, devo dire con grande divertimento. Io insegno recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia, ma non insegno le cose banali dell’attore. Insegno soltanto qualcosa di semplice, che è la gioia di vivere». La stessa gioia di vivere che ritrova nel costruire oggetti, cucinare la sua memorabile pasta al pesto alla genovese (per la quale è soprannominato in America “the king of pesto”) e che ancora animava gli sketches improvvisati con gli amici durante gli anni dell’Accademia Silvio D’Amico. Quelli dell’incontro con Orazio Costa e il metodo “mimetico”, basato appunto sull’imitazione della realtà, ancora oggi fondamentale nell’arte della recitazione. L’importanza dell’esempio dei maestri, mantenendo l’impulso ad esplorare con i propri mezzi, meravigliandosi di fronte alle cose, ci dice Giancarlo Giannini, sono il segreto per non sedersi mai sugli allori, come gli ricordava lo stesso Costa. Non risparmia lodi ad esempio per attori come Jack Nicholson, che alla sua voce italiana, profonda e graffiante, deve almeno un po’ della propria notorietà oltre gli Stati Uniti. «È quello che m’incuriosisce di più, ancora oggi -confida, sempre in Sono ancora un bambino-. L’ho doppiato tante volte, e c’erano giorni in cui tornavo a casa pensando e ripensando a come aveva interpretato alcune scene. C’erano volte -continua- in cui fermavo il doppiaggio perché m’incantavo a guardarlo, io come spettatore, dimenticandomi che ero lì per altro».

Giancarlo Giannini Settefrati
Giannini a Settefrati (FR) nel 2019

Ma il traguardo degli ottant’anni non è per Giannini un anniversario da festeggiare, un’occasione per fossilizzarsi sul passato. «Penso al futuro, alle cose che posso ancora fare», ha dichiarato recentemente. Non possiamo che condividere questa filosofia, visto che lo vedremo prossimamente impegnato in nuove sfide, alle prese con nuovi personaggi. Sarà, tra gli altri, un procuratore ne Il grande gioco, serie Sky con Francesco Montanari, e Book Club 2: The Next Chapter con Diane Keaton, Jane Fonda, Mary Steenburgen e Andy Garcia.

 

 

Stefano Maria Pantano

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