E’ morta Lina Wertmüller. Addio ad una grande protagonista del mondo del Cinema

E’ morta Lina Wertmüller. Addio ad una grande protagonista del mondo del Cinema

MONDO – È morta Lina Wertmüller: aveva 93 anni. Già questo basterebbe per far comprendere la portata del dramma, del vuoto creato, dell’assenza fisica che diventa vuoto d’immagine e d’icona. Ci sono corpi che sono di per sé arte, leggenda, “lascito di una tradizione”, testimonianza di una storia vissuta e non solo pensata e sperata. Ecco il nostro ricordo per l’indimenticabile regista. 

Lina Wertmüller, all’anagrafe Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, è nata a Roma il 14 agosto 1928. Il suo volto da maschera partenopea, quei suoi inseparabili occhiali bianchi, lo scialle adagiato attorno al collo, la voce rauca e raschiata e quell’atteggiamento sornione e bonariamente scoglionato di chi è pronto a dissacrare tutto, persino la consegna dell’Oscar onorario. Sono stati i tratti distintivi che hanno segnato il suo esserci nel mondo.

LINA, LA PRIMA REGISTA CANDIDATA AGLI OSCAR

Lina Wertmuller, foto da profilo instagram Lina Wertmuller Official

Prima donna a essere candidata come regista agli Oscar nel 1977 con il film Pasqualino Settebellezze di cui era protagonista Giancarlo Giannini, nelle meravigliose vesti di un guappo napoletano, nel 2019 aveva conquistato l’Academy Award onorario. Proprio in quella occasione, accompagnata dalla figlia Maria Zulima Job e dalle amiche di una vita Isabella Rossellini e Sophia Loren, con il suo solito disincanto e pungente ironia Lina Wertmüller aveva detto:

“bisogna cambiare il nome a questa statuetta, chiamiamolo con un nome di donna…Anna”.

Lina era esattamente questo: il rifiuto di qualsivoglia retorica, l’allergia per i cerimoniali lustrinati, l’imbarazzo per le celebrazioni onorarie sempre più somiglianti e estreme unzioni anticipate. Lina Wertmüller era una Maestra di cinema, un’autentica cineasta che viveva del prestigio della sua arte senza il bisogno di riconoscimenti plebiscitarti e ovazioni da operetta.

La regista è morta nella sua casa di Roma e aveva 93 anni. Nata nella capitale nel lontano 1928, di origini aristocratiche ed elvetiche, aveva sposato lo scenografo Enrico Job con cui aveva adottato la sua unica figlia Maria Zulima. I funerali avranno luogo sabato 11 dicembre, alle ore 11.30, presso la Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo a Roma.

Nonostante la sua famiglia d’origine non provenisse dall’ambiente dello spettacolo, a soli diciassette anni Lina si iscrisse all’Accademia teatrale di Piero Sharoff e per un breve periodo fu anche animatrice e regista del teatro dei burattini di Maria Signorelli. L’esperienza cinematografica, che arrivò soltanto successivamente, venne anticipata da una lunga attività preparatoria, teatrale prima e televisiva poi, in cui fu autrice e regista della primissima edizione di Canzonissima e di quel grandissimo capolavoro televisivo che fu Il giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone protagonista nel ruolo del ragazzino terribile.

Aiuto regista di Federico Fellini nei film La dolce vita (1960) e (1963), l’esordio alla regia avviene invece nel 1963 con quel capolavoro assoluto intitolato I basilischi. Un’amara, disincantata e grottesca narrazione di un’esistenza monotona in un paesino di provincia dei due protagonisti, un ragioniere e uno studente svogliato, che le valse immediatamente la vittoria della Vela d’argento al Festival di Locarno.

In questo film, tra i più grandi capolavori del cinema italiano, Lina Wertmüller si diverte a mettere alla berlina una sorta di idealtypus zoo antropologico.

LINA WERTMÜLLER E LA LEZIONE FELLINIANA

Lina Wertmuller, foto da profilo instagram Lina Wertmuller Official

Se Fellini, mentore e fonte di ispirazione per la regista romana, ne I vitelloni si diverte nel mettere spietatamente sotto scacco un inventario antropologico di provincia, così Lina Wertmüller ne I basilischi impara la lezione felliniana e la trasla in un contesto geografico, economico, sociale e culturale della Basilicata di quegli anni. I basilischi non sono altro che i vitelloni lucani, dei “reucci” imbrigliati nella monotonia stagnante di un’esistenza annoiata.

Dopo questo straordinario esordio inizia una cavalcata trionfale per la Wertmüller che vedrà Giancarlo Giannini protagonista di un sodalizio leggendario con la regista romana: Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972). Film d’amore e d’anarchia – Ovvero Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza… (1973). Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974). Pasqualino Settebellezze (1976). La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978).  Fatto di sangue tra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano movimenti politici (1978).

Il cinema di Lina Wertmüller ha sempre indagato criticamente i ruoli sociali dell’uomo e della donna di questo paese in un costante posizionamento dialettico tra Meridione e Settentrione, tra borghesia e proletariato, tra politica e anni del terrorismo, utilizzando a volte i toni del grottesco e del demenziale per mettere in luce le contraddizioni e le miserie della società italiana.

Un enciclopedismo antropologico è stato il Cinema di Lina Wertmüller, uno straordinario manuale di sociologia applicata che ha scandito e anticipato le evoluzioni, o involuzioni, dipende dai punti di vista, della società italiana. Un cinema che non si è mai preso sul serio, ma che lo è stato sempre. Un cinema che, attraverso l’arma della cinepresa, ha modificato linguaggi, codici interpretativi, persino la lunghezza dei titoli che andavano a dissacrare addirittura sé stessi.

Con coraggio e determinazione Lina Wertmüller ha reso il suo cinema letteratura, nel suo inesausto sperimentare ipotesi di realtà e mondi possibili. Lina ci ha consegnato, con le sue mille storie e i suoi mille personaggi, per citare Machiavelli una solitudine affollata, ci ha condotto dal silenzio delle nostre stanze verso piazze colme di voci riducendo ampliando i confini del tempo e dello spazio in quel regno, troppo spesso profanato, dei sentimenti profondi.

Ciao, Lina.

Claudio Troilo

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