Donne e letteratura: Virginia Woolf e quella stanza per ogni scrittrice

Donne e letteratura: Virginia Woolf e quella stanza per ogni scrittrice

MONDO – Nel mese dedicato alle donne, vi sveliamo una Virginia Woolf come forse non l’avete mai letta.

Sapevate che Virginia Woolf era una persona goffa? E vi sareste mai immaginati che un’autrice della sua portata avesse il terrore di parlare in pubblico? Ecco come la scrittrice – vincendo la sua paura di parlare davanti a folti gruppi di giovani donne – ha creato per loro quella stanza tutta per sé.

L’ATTUALITA’ DELLE SUE OPERE

Chi di noi non l’ha letta o studiata al liceo nelle ore di lettere? Un’ autrice sulla quale siamo tutti ampiamente informati, ma della quale ci sono diverse sfaccettature che meritano di essere scoperte e comprese per poter entrare in empatia con gli suoi sforzi che ha impiegato sposando la causa dell’emancipazione intellettuale della donna.

Vi sembra anacronistico? Se ad una prima lettura questa è l’impressione che si ha, dato che parliamo del ‘900, diventa e rimane tremendamente attuale. Un esempio? Sono moltissime le artiste che ribadiscono ancora oggi questo concetto, personalmente per darne un esempio concreto penso alle diverse pagine di illustratrici che seguo sui social.

Gruppi tutti al femminile di creative che disegnano e scrivono ribadendo che essere intellettualmente libere è un diritto naturale e mai motivo di inibizione, perché la libertà nasce dal pensiero.

QUELLO CHE FORSE NON SAPEVI SU VIRGINIA WOOLF

Passata alla storia come quella scrittrice capace di conferire spessore plastico e tangibile alle parole e a tutto quel mondo che si muove internamente, nel suo saggio Una stanza tutta per sé edito da Einaudi, ed in particolare nella prefazione a cura di Maria Antonietta Saracino, ci viene raccontato tutto un lato intimo della sua personalità che forse è un segreto ancora per molti! Se ancora non l’avete letto…Vi consiglio di farlo! E di cercare proprio l’edizione sopracitata.

Tra le primissime pagine potete trovare i lati nascosti di Virginia Woolf, essenziali per comprendere a pieno i suoi sforzi dedicati al nostro diritto all’intellettualità. A raccontarli è il marito Leonard, che con estrema dolcezza descrive la moglie come una donna dalla straordinaria bellezza, fine di modi, dotata di grande energia dei processi mentali. Ma allo stesso tempo era anche una donna piuttosto goffa, una sorta di fumetto che con il suo modo di fare risultava quasi un personaggio comico, suscitando spesso non poche risate.

Una cosa che la turbava? Parlare in pubblico! Se su carta le sue parole hanno tutto il suo vigore, dal vivo non aveva una gran voglia di palcoscenico. L’idea di avere un pubblico di fronte a sé le causava un forte disagio. Ma nel gennaio del 1928 le giunge una richiesta cruciale: tenere due conferenze su le donne e il romanzo nei college femminili di Girton e Newnham. Nonostante la sua ansia da palcoscenico, accetta. Da quelle conferenze la tematica la avvolgerà sempre più intensamente, tanto che con la consapevolezza di chi sa di essere troppo coinvolto per adottare toni pacati farà una premessa…si può essere un po’ pesanti in una conferenza a Newnham? Ma cosa colpì Virginia durante questi incontri? Il bagno di realtà che per lei rappresentarono. Sebbene abbia vissuto le sue lotte personali per poter arrivare ad essere l’autrice che è diventata, si rende conto di trovarsi di fronte a donne che vivono mondi più complessi. Le guardava e vedeva i volti della povertà, vedeva donne guerriere che impugnavano le loro matite come fossero spade, con quelle mani forgiate da altre fatiche. Pochissimo rispetto o cose del genere, ma una travolgente e furiosa vita.

QUELLA STANZA PER OGNI SCRITTRICE

Da dove nasce la creazione di quella stanza tutta per sé? Penso che si possano trovare le primissime fondamenta di quello spazio dedicato all’intelletto femminile in alcuni consigli che Virginia diede al suo pubblico di giovani, aspiranti scrittrici: bere vino e procurarsi una stanza indipendente. Nasce da un profondo senso di responsabilità che lei stessa percepiva in quanto donna che aveva avuto sì le sue battaglie ma che comunque aveva la sua buona dose di privilegio.

La Woolf considerava l’immaginazione figlia della carne e per tanto ogni corpo una pagina, questo la portò a riflettere sul diritto che ogni corpo ha di parlare. Maria Antonietta Saracino, sulla riflessione dell’autrice, scrive che secondo la Woolf

“se un corpo dolorante non potrà liberamente esprimere emozioni o elaborare concetti, sarà importante che chi è nata dalla parte del privilegio, si adoperi a elaborare un linguaggio comune, a portare allo scoperto le tanti voci che queste donne racchiudono in sé, come senso dell’umorismo, vigore e indipendenza dai giudizi, che tanto sarebbero piaciute a Shakespeare, e che in mancanza di qualcuno che le valorizzasse sarebbero state condannate al silenzio”.

Leggere il suo saggio è leggere il tortuoso percorso dell’emancipazione intellettuale di ogni scrittrice, che sia lontana nel tempo o che sia qui a scrivervi online.

Silvia Severi

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