Arpino parte due: oltre la maschera

FROSINONE – Incontri ravvicinati con i protagonisti della Commedia dell’Arte: interviste a Piergiorgio Sperduti e Nuria Espinosa.

Vi avevamo raccontato della nostra pomeridiana ad Arpino (FR) sul tema della maschera comica (clicca qui per leggere la prima parte); un San Valentino tra leggerezza e grande pregio culturale quello che si poteva respirare negli splendidi ambienti della location. Abbiamo però avuto la piacevole opportunità di scoprire qualcosa in più dei protagonisti di questa giornata, che si sono mostrati molto disponibili ad incontrarci dopo essersi esibiti. Stiamo parlando di Piergiorgio Sperduti, direttore del corso di teatro d’arte La Valigia di Prospero, attore e regista della commedia in atto unico Angelina o La Bella Abissina e di Nuria Espinosa, capocomico della compagnia Cía.Lazzi Comici di Barcellona, per la prima volta in Italia con la Commedia originale in atto unico Saturnalia.

Ecco com’è andata…

Piergiorgio, abbiamo sin qui assistito alla prima parte di questa iniziativa pomeridiana che coinvolge anche artisti dall’estero, il che si pone ancora sulla linea del gemellaggio e delle relazioni di scambio culturale tra la città di Arpino e la Spagna, di cui abbiamo avuto modo di seguire, quest’anno, anche altri momenti significativi come l’evento musicale “Anima spagnola” .

Abbiamo molto apprezzato la performance che ci hai appena mostrato insieme ai tuoi attori de “La valigia di Prospero” e anche la location che l’Hotel ”Il Cavalier d’Arpino” sta offrendo come elegante cornice a questa giornata teatrale dedicata alla Commedia dell’Arte. Il risultato è un’esperienza suggestiva che ci avvicina molto a quella originaria propria di questa forma scenica. Quali sono le difficoltà maggiori perché simili ambienti possano rendersi disponibili per iniziative culturali come quella di oggi?

Buonasera e grazie, Stefano. C’è sempre modo di trovare ambienti disponibili per fare arte. Qui a Il Cavalier d’Arpino sono sempre molto ospitali, gentili e sensibili a questo genere di iniziative. C’è sempre la possibilità di trovare un luogo deputato al teatro e questa è probabilmente la sua forza. Il cinema è potente economicamente e per i suoi mezzi, ma non sempre si può fare facilmente. Il teatro si può invece fare con facilità e la grandezza dell’invenzione dei nostri antenati attraverso generi come la Commedia dell’Arte è quella che stiamo cercando non di riportare alla luce, perché non rinasce ciò che è morto, ma di ricostruire in maniera razionale.

Oggi si parla molto, anche nel settore del marketing applicato al turismo e al mercato della cultura, del concetto di “esperienza”. Offrire al mercato della domanda esperienze nuove e diverse da quelle della concorrenza è ciò che può essere definito un buon “vantaggio competitivo” su di essa. Direi che questo obiettivo è stato già raggiunto a questo punto della serata. Questo piccolo saggio rende idea sufficiente della risposta positiva da parte del pubblico che appare numeroso e interessato.

Sì, stiamo cercando pian piano di riscoprire questo modo di fare teatro, di ricostruirlo re-imparandolo e re-insegnandolo agli attori nel momento stesso in cui facciamo le prove. Questo perché quello della Commedia dell’Arte è un teatro che va “riesumato” e riproposto sul palcoscenico come un qualcosa di vivo e positivo, mai come uno sterile e museale manierismo. D’altronde sembra molto moderno l’interscambio culturale tra i paesi d’Europa.

Sentiamo quotidianamente parlare di Europa, un termine che semanticamente e concettualmente ci riconduce in Grecia e ai suoi miti (è molto ironico fra l’altro che proprio la Grecia, insieme all’Italia, sia il Paese che soffre di più per mantenere il suo status all’interno di una comunità occidentale che, mossa da logiche unicamente tecnocratiche, sembra del tutto indifferente e immemore del valore di una nazione che solo in virtù della sua storia e della sua cultura probabilmente meriterebbe un ruolo di leadership nella UE). Viene allora il sospetto che quest’Europa, la cui sopravvivenza è sempre riconosciuta come necessità prioritaria nel dibattito politico attuale, prima che su basi economiche debba poggiare su un sostrato culturale comune, all’interno del quale però ogni soggetto resti ben consapevole della propria storia e della propria identità per entrare in relazione efficace con l’altro (i sociologi parlano infatti di “ragione relazionale”). Questo presupposto è evidentemente prioritario rispetto a qualsiasi interazione di natura politica ed economica.

Sicuramente. L’arte, come pure le università, è sempre stata intellettuale e dunque uno dei mezzi atti a costruire questi presupposti. Le Università, presso le quali è stata d’uso la lingua latina fino all’età moderna, hanno potuto svolgere un ruolo unificatore in Occidente. L’arte, dal canto suo, ha potuto essere “internazionale” anche in secoli lontani in cui i collegamenti e le comunicazioni infrastrutturali non erano quelle di oggi. Ciò è stato possibile grazie a un particolare strumento internazionale di comunicazione: la maschera, inventata qui in Italia con questo genere di recitazione.

La maschera è certamente un elemento molto antico e proprio della cultura mediterranea. La troviamo nel teatro di tradizione greca di cui noi possiamo considerarci in parte degli eredi…

Sì, la maschera si è innestata in Italia nel periodo romano e nel Medioevo e ha dato probabilmente i migliori frutti in quel periodo straordinario che va dal ‘500 al ‘600. La Commedia dell’Arte è una delle manifestazioni più evidenti di questa fioritura magnifica. L’Italia era in un certo senso già “armata” per la “conquista” dell’Europa e per l’”Unione Europea” (sorride, ndr), ecco perché parliamo di “unione europea del teatro”.

L’atto unico che abbiamo appena visto è un saggio risultante da uno dei curricula del corso “La Valigia di Prospero”?

Non esattamente di uno dei curricula della scuola. Stiamo costruendo una formazione che possa operare in maniera stabile soprattutto in Europa. Naturalmente siamo soltanto all’inizio e quella di oggi è semplicemente un’occasione di unione e di manifestazione sul palcoscenico che speriamo sia stata già apprezzabile. È però il primo passo di un lungo lavoro, perché gli attori devono essere ripreparati completamente alla Commedia dell’Arte. Noi cercheremo di farlo e abbiamo cominciato. Quindi direi che non si tratta semplicemente di un saggio di scuola fine a se stesso, sebbene gli attori visti oggi in Angelina vengano tutti dal nostro corso di teatro d’arte.

Si è trattato quindi di un lavoro completamente a parte rispetto alla vostra normale attività…

Sì, c’è stata una preparazione a parte rispetto a quello che fa la scuola normalmente, ossia la farsa d’arte. Ci tengo qui a precisare che non si è trattato unicamente di un mio lavoro personale perché il testo, molto gradevole, è stato scovato, rielaborato e tradotto tra quelli della Commedia dell’Arte settecentesca francese da Piergiorgio Mariniello.

Sappiamo che la Commedia dell’Arte si fonda molto sull’improvvisazione. In questo caso i testi, che come spiegavi sono stati recentemente riadattati completamente, sono stati seguiti con una discreta aderenza dagli attori o sono stati considerati davvero come semplici canovacci da cui prendersi licenze consentite?

In questo caso, proprio perché siamo agli inizi, abbiamo creato una sorta di fusion (mi si consenta il termine anglosassone –sorride, ndr-) perché una parte dei testi era scritta ed effettivamente rispettata dagli attori, mentre una parte era affidata all’improvvisazione delle maschere caratteriste che avete potuto vedere. Alcune di esse, quelle di mezzo che rappresentavano i pretendenti di Angelina, erano davvero risultato dell’improvvisazione degli attori che hanno stravolto e realizzato la loro maschera. Circa la trama e la struttura generale si è seguito il copione, seppure in modo non precisissimo.

Possiamo chiederti come sei entrato in contatto con gli artisti spagnoli che vedremo tra poco e come si è riusciti a creare un loro coinvolgimento in due tappe italiane (ieri a Roma e oggi qui ad Arpino)?         

Il nostro sodalizio è di recentissima nascita. Ci siamo conosciuti quest’estate in Italia per studiare la Commedia dell’Arte. In quell’occasione entrambi i gruppi hanno molto gradito il lavoro dell’altro e hanno deciso di creare un gemellaggio vero e proprio, inteso come libero interscambio fra artisti che si sentono parte di un unico mondo che è quello del palcoscenico e che quindi sono disposti a viaggiare per presentare il proprio teatro.

Ringraziamo Piergiorgio Sperduti per la disponibilità concessaci e gli facciamo i migliori auguri per le sue iniziative future, sottolineando l’importanza di tutti coloro che si impegnano per la promozione della cultura, la quale soffre spesso in termini economici e viene altrettanto spesso fatta e portata avanti per il solo amore dei confronti della stessa.  

Grazie ancora.

Sul finire della piacevolissima serata abbiamo conversato anche con la regista della compagnia ospite…

Siamo con Nuria Espinosa, regista della compagnia “Cià. Lazzi Comici” di Barcellona, che abbiamo visto la prima volta questa sera e che ha dimostrato essere composta da magnifici artisti. Volevamo chiederti qualcosa in più in merito al vostro spettacolo “Saturnalia”. Si tratta di un lavoro originale e scritto appositamente per l’occasione?

Sì, il testo è scritto da me ed è originale come le musiche dal vivo. L’idea è nata quest’estate, quando ho appreso degli elementi in più sugli antichi Saturnalia. Ho pensato che si trattasse per un ottimo spunto di lavoro. Quest’estate sono venuta in Italia a Reggio Emilia per approfondire la Commedia dell’Arte con il maestro Antonio Fava. Poco dopo è avvenuta la scrittura del copione e la traduzione in italiano grazie all’ausilio della mia insegnante di lingua.

Colgo l’occasione, dato che siamo sull’argomento, per complimentarmi con tutti voi per il come siete riusciti ad abbattere in modo eccellente l’ostacolo della lingua straniera, cosa certamente non facile e che grava ulteriormente il lavoro di memorizzazione dei testi. Non so se si tratti di una coincidenza il fatto che abbiate scelto come tappa italiana, dopo Roma, proprio Arpino, una delle cinque città fondate secondo il mito proprio dal dio Saturno. Dunque la formula “io Saturnalia!” che voi richiamate nello spettacolo e che veniva pronunciata in occasione della festività romana invernale, assume un maggior significato in questi luoghi. Sembra un’operazione molto colta, da parte vostra, quella di riuscire a mettere in scena un testo su una tradizione ignorata da moltissimi italiani proprio nelle località in cui secondo il mito, il dio pagano diede inizio all’età dell’oro ricordata da Esiodo. Coincidenze o segni divini (sorrido ironico)?

Sì, probabilmente ci ha guidato proprio Saturno (sorride divertita, -ndr-).

Ieri vi siete esibiti al Teatro Planet di Roma. Potresti raccontarci com’è andata?

Molto bene. Tutti i membri della nostra compagnia sono veramente soddisfatti della giornata di ieri. In realtà c’era molto nervosismo perché l’italiano non è la nostra lingua e bisognava stare molto più attenti a come lavoravamo. Nonostante questo è stata un’esperienza incredibile. Siamo molto entusiasmati dal nostro periodo in Italia.

Nel vostro spettacolo siete riusciti a toccare con ironia e leggerezza dei temi sociali di estrema attualità e criticità, come l’immigrazione, l’esercizio del potere sui più deboli e il timore verso la minaccia che viene dal mare, quest’ultima rappresentata dal tuo personaggio.

Vedi, io credo che il mondo stia attraversando un momento orribile. Ci sono guerre ovunque, rifugiati e molte altre cose che di certo non rappresentano un motivo di riso. A questi eventi drammatici, però, possiamo anche rapportarci in un modo diverso rispetto a come facciamo quando ci informiamo da notiziari o giornali, che ci lasciano in genere in uno stato di amarezza e impotenza a cui ci siamo talmente assuefatti da dimenticarcene il giorno dopo. Probabilmente ci può essere un istante di riflessione più pungente e duraturo dopo uno spettacolo come questo, che nell’immediato ti strappa un sorriso, ma che ti torna in mente dopo il ritorno a casa…

Questo era in parte anche l’intento della Commedia antica, oltre alla funzione distensiva che essa si assumeva dopo le tre tragedie in occasione delle quali veniva spesso proposta nelle occasioni pubbliche. Notavo anche la capacità che avete avuto, mentre toccavate questi temi, di unire delle tradizioni culturali proprie di paesi diversi (in questo caso L’Italia e la Spagna). Colpisce, ad esempio, il fatto che nella vostra rivisitazione nei Saturnalia, il sacrificio in onore del dio si trasformi in una corrida.

Noi siamo una compagnia assolutamente sensibile al problema del massacro dei tori perpetrato da questa tradizione legata solo ad alcune regioni del Sud della Spagna ma divenuta uno degli stereotipi che rappresentano il nostro Paese. Disapproviamo completamente alcuni elementi della cultura nazionale, sebbene ne siano diventati il simbolo. Abbiamo letto che in occasione dei Saturnalia avveniva un sacrificio e abbiamo pensato di rappresentarlo simbolicamente in questo modo. Non so come sia nato questo mix di idee…

Come è stata l’accoglienza riservatavi dall’Italia? Vi siete trovati a vostro agio?

Ci siamo trovati benissimo. Questa ospitalità e l’interesse mostrato verso di noi ci sorprende, specie perché proveniente da un pubblico che non sa ancora nulla di noi.

Ci saranno altri appuntamenti della vostra compagnia  in Italia?

È indubbiamente un nostro intento e speriamo di poterlo realizzare

Per quanto riguarda la Spagna invece avete in programma dei progetti?

Sì, l’idea è per adesso quella di proporre questo spettacolo nelle scuole perché crediamo possa essere interessante per i giovani studenti e portare loro efficacemente un messaggio.

Grazie mille a Nuria per il tempo che ha dedicato ai lettori di MyWhere. Un grande “in bocca al lupo” per le vostre future attività, con l’augurio di incontrarci ancora.

Grazie a te.   

Stefano Maria Pantano

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