Il Napoli compie 95 anni: storia, riti e leggende di una squadra mai banale

ACCADDE OGGI – Il 1 agosto 1926 nacque o’ primm’ammore, un unico grande cuore per una immensa passione. Il Napoli festeggia oggi i 95 anni dalla sua nascita, 94 anni di storia, emozione e orgoglio. Ripercorriamo la storia degli azzurri.

I 95 anni del Napoli. Qual è stato il primo gol segnato dagli azzurri nella sua storia? E perché il simbolo della squadra è il Ciuccio? E ancora, perché il Napoli veste di azzurro?

Il legame dei tifosi napoletani con la squadra di calcio non si esaurisce alla domenica quando si gioca la partita. Il Napoli è argomento di cui discutono tutta la settimana e si può dire tutto l’anno. Il rapporto è di passione viscerale perché da sempre i tifosi napoletani hanno caricato la partita e la squadra di significati e valenze estremi. In una città per lunghi tratti sottomessa, incompresa e maltrattata, la squadra di calcio capace di sfidare le “formazioni” delle città più progredite e affermate, e magari di batterle, ha rappresentato l’unico strumento di visibilità e di affermazione. Ha finito per interpretare i sogni, le ambizioni, le rivalse e il successo che a Napoli mancavano in troppi altri campi. Percepita come l’unica rappresentanza visibile e competitiva della città, quando essa falliva era più rabbiosa la reazione. Il Napoli Calcio per lungo tempo è stato lo “sfogo” dei napoletani condannati, nella vita di ogni giorno, a subire, ad attendere, a logorarsi e ad essere delusi”. Mimmo Carratelli – giornalista.

PERCHE’ L’ASINELLO E’ IL SIMBOLO DEL NAPOLI?

94 anni napoli

Facciamo un breve viaggio nel passato che ci porta alle origini di questo grande club. All’inizio del secolo scorso, il football era esclusiva dei maestri britannici ed erano spesso loro a fare le valigie dalla madre patria e andare in giro per il mondo per diffondere il verbo del calcio. A Napoli avvenne esattamente questo. Nel 1905 alcuni marinai inglesi si unirono a dei giovani napoletani e diedero vita al Naples Football Club, la prima e più antica squadra di calcio della città.

94 anni Napoli. Tutti gli stemmi del club. Ma perché il Napoli si veste di azzurro? Il tutto nacque dalla fusione di due club: L’Internazionale Napoli e il Naples Football & Cricket Club. L’Internazionale aveva la casacca azzurra in onore dei sovrani Borbone, mentre il Naples indossava una maglia a strisce verticali di colore celeste e azzurro che rappresentavano il cielo e il mare. Dopo la fusione, prevalse appunto, l’azzurro.

Pochi anni dopo nacque l’Internazionale di Napoli, altra società calcistica dell’epoca, che si fuse proprio al Naples trasformandosi così nell’Internaples. Il presidente, l’industriale Giorgio Ascarelli, non vedeva di buon occhio il nome del team e decise dopo qualche anno di cambiarlo in Associazione Calcio Napoli. Era il 1 agosto del 1926 e qualche mese dopo il Napoli si iscrisse al campionato di divisione nazionale. Fu un mezzo fiasco, anzi, togliamo il mezzo, visto che il Napoli inanellò sconfitte su sconfitte. Non vinceva mai, tanto che Ascarelli decise di dimettersi al termine della prima stagione ufficiale. Da questa vicenda ne venne fuori un soprannome per la squadra, O’Ciuccio, dato dai tifosi a causa delle pessime prestazioni esibite sul campo. L’asinello rimarrà da quel giorno la mascotte della squadra e per tantissimi anni il suo unico simbolo.

IL NAPOLI E I SUD AMERICANI: UN CONNUBBIO DALLE RADICI PROFONDE

94 anni Napoli
94 anni Napoli: il grande Attila Sallustro

Il numero 90 a Napoli rievoca momenti sinistri. Non è soltanto il numero della Smorfia che coincide con “la paura” ma è anche la cifra a cui il capopopolo Higuain venne venduto alla Juventus nel 2016. Il Pipita passò da idolo a “lota”, come ancora oggi viene soprannominato in città. Fu un peccato quell’addio, per tanti motivi. Fu un peccato per il Napoli che si vide sottratto della sua grande stella, fu un peccato per il Pipita, forse non economico ma tecnico sì (non ripetè mai alla Juve i fasti di quella stagione mitica da 36 gol in serie A) ma soprattutto fu un peccato per i tifosi azzurri che videro così spezzato un connubio, quello con i calciatori argentini, che non può che far commuovere.

Il carattere latino, la passione, l’estro, la sregolatezza si sposano perfettamente col calore del tifo napoletano. Chi fu il primo argentino a fare la storia dei colori azzurri? Non fu Maradona, bensì Attila Sallustro, paraguaiano classe 1908. Una leggenda. Mise a segno 106 reti in undici stagioni con la maglia azzurra. Altri tempi, altro calcio, lontano anni luce dai soldi e dal lusso dei professionisti d’oggi.  Sallustro non percepì alcuno stipendio per 7 delle sue 11 stagioni con il Napoli poiché il padre riteneva immorale essere pagati per giocare a calcio. Soprannominato il Veltro per la sua velocità,col suo talento conquistò i tifosi napoletani ma non il ct della nazionale Vittorio Pozzo che gli preferì sempre Meazza e lo convocò solamente due volte. Attila ricevette innumerevoli regali dai suoi tifosi: vestiti, cravatte e addirittura una Balilla 521 con la quale investì un uomo che rialzandosi vedendo Sallustro disse: “Scusate è colpa mia, voi potete fare tutto quello che volete”.

DIEGO

94 anni Napoli: Diego Armando Maradona al San Paolo
94 anni Napoli: Diego Armando Maradona al San Paolo

“Cosa vuol dire aver avuto Maradona in squadra? Diego calcisticamente ha rappresentato un grosso successo del Napoli, del club, di tutti i tifosi partenopei. Ci eravamo abituati a vederlo giocare con noi e non ci rendevamo conto di quanto fosse grande. Ogni partita che giocava diventava una cosa da antologia. Sono ricordi davvero unici”. Corrado Ferlaino, ex presidente del Napoli

Dici Napoli e leggi Argentina. O meglio, dici Napoli e leggi Diego Armando Maradona. È stato il migliore di ogni tempo, un dio del calcio. Maradona ha militato al Napoli dal 1984 al 1991 dopo essere stato acquistato dal Presidente Ferlaino, figura non troppo amata da Diego. All’ombra del Vesuvio ha segnato 115 reti conquistando due scudetti e una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. In lui i napoletani non vedevano soltanto un prodigio del calcio, ma anche un eroe in cui immedesimarsi e con cui condividere il proprio spirito. Un leader in campo, amato e idolatrato da compagni e tifosi. Classico numero 10, mancino, di Maradona non verrà mai dimenticato il talento mai eguagliato (non ce ne vogliano i “Messiani), la visione di gioco, il passaggio e la poliedricità dei suoi tiri, il tutto eseguito sempre 1 secondo prima degli altri giocatori. Uno dei marchi di fabbrica di Maradona era il dribbling, eseguito alla massima velocità, quasi sempre partendo da destra, un dribbling mai superfluo e sempre efficace.

“Tutti dicono: questo è stato il migliore del Barcellona, questo è stato il migliore del Real Madrid, questo è stato il migliore del Chelsea, questo è stato il migliore… Io sono orgoglioso di essere stato il migliore a Napoli”. Diego Armando Maradona

Tanto perfetto dentro, quanto imperfetto fuori dal rettangolo verde. La storia, la leggenda di Diego non è mai stata per i deboli di cuore. Figli illegittimi, amicizie controverse, eccessi alimentari (che lo hanno portato al tracollo), fino ad arrivare ai guai col fisco. E naturalmente la dipendenza dalla cocaina. “Sai che giocatore sarei stato se non avessi tirato cocaina? Che giocatore ci siamo persi!disse Diego al regista Kusturica durante un’intervista per suo documentario -. Ci sono un sacco di cose di cui oggi mi sento in colpa dentro di me. Mi possono dire che sto bene o che sto meglio di prima, però nessuno sta dentro di me. Io sono la mia colpa e non posso rimediare”.

95 ANNI NAPOLI: CIRO, IL COMANDANTE E AURELIO DE LAURENTIIS

Tra i ricordi più splendenti della storia del Napoli c’è sicuramente l’ultimo decennio. Sotto la gestione di Aurelio De Laurentiis, che rilevò il club salvandolo dal fallimento nel 2004, la squadra azzurra è tornata nell’elite del calcio italiano, sfiorando per più volte lo Scudetto e riuscendo in più occasioni ad entrare tra le prime 8 squadre della Champions.

Se si dovessero scegliere quattro nomi, oltre a Higuain, che più di altri hanno caratterizzato la storia recente del club, i dubbi sono davvero pochi. “Ciro” Mertens, Marek Hamsik (entrambi sono riusciti a superare Maradona e a diventare i marcatori più prolifici di sempre del Napoli) Lorenzo Insigne e “Il Comandante” Maurizio Sarri.

Tralasciando l’ultimo per ovvi motivi sentimentali, non si può non tributare queste 3 bandiere, capaci di farsi amare dai tifosi come pochi altri predecessori e in grado in questi ultimi anni, di scrivere pagine bellissime della storia del club, una storia che però merita un nuovo lieto fine. Uno scudetto, che sarebbe il terzo, che questa città merita forse come nessun’altra.

“Ho preso il Napoli quando era in bancarotta ed al mio arrivo non sapevo niente del calcio. Avevo sempre visto il calcio attraverso i media, mi occupavo di cinema ad Hollywood e venni a Napoli ad offrire 32 milioni per risollevare la situazione finanziaria del club. Allora la squadra non aveva nulla: aveva perso il suo nome, c’erano problemi coi giocatori e l’unica cosa che comprai fu la possibilità di ripartire da zero. Il cinema ha rappresentato per me una scuola importante e, anche grazie alla disciplina, in pochi anni siamo riusciti a scalare tutte le divisioni del calcio italiano, e addirittura già dalla Serie B avevamo un bilancio positivo, un vero e proprio vanto se si considera che solo società come Arsenal e Bayern Monaco potevano vantare una situazione in attivo”. Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli.

E allora, buon compleanno Napoli, 95 anni non sono certo pochi. 95 anni di legame indissolubile, tra popolo, maglia, città e club. Un rapporto così intenso da poterlo paragonare a quello che vivono una madre e un figlio. Un figlio unico tra l’altro, visto che Napoli è tra le poche metropoli al mondo ad avere una sola squadra di calcio. Perché a Napoli non c’è spazio per i derby, Napoli è unica, è una sola, è la vera Città del Calcio.

 

 

 

 

 

Paolo Riggio

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