DragPennyOpera o l’Opera di John Gay secondo le Nina’s Drag Queens

DragPennyOpera o l’Opera di  John Gay secondo le Nina’s Drag Queens

BOLOGNA – Lunedì 20 Febbraio al Teatro Duse di Bologna andrà in scena un’opera di John Gay forse la più celebre del drammaturgo inglese The Beggar’s Opera (in italiano nota come L’opera dello straccione o l’Opera del Mendicante) a portarla in scena gli artisti della compagnia Nina’s Drag Queens che avevamo già avuto modo di vedere e apprezzare la passata stagione ne Il Giardino delle Ciliegie.

La compagnia delle Nina’s Drag Queens è formata da bravi attori e danzatori che hanno scelto la maschera della Drag Queen per esprimere la propria attorialità e insieme portare avanti l’idea che significa e li accomuna per fare teatro. La Compagnia è  nata a Milano, presso il Teatro Ringhiera, da un’idea originale di Fabio Chiesa, sotto la direzione artistica di Francesco Micheli. Dalla rivista all’happening performativo degli esordi gli attori si sono avviati verso una teatralità multiforme, alternativa che fa della creatività una scelta privilegiata. Affrontando grandi opere del teatro classico, le Nina’s le ripropongono secondo un’ottica diversa e multiforme, poiché le Nina’s sono in grado di rimodulare l’esistente trasformarlo e arricchirlo in qualcosa di nuovo e poco importa se i contesti siano o me strutturati. Presente, passato, ready made uniti a una certa inventiva sono gli ingredienti irrinunciabili con i quali le Nina’s sono in grado di ridare un respiro differente anche al testo più noto. Gli attori recitano en travestì, recuperando una antica tradizione che ha origine nel teatro greco, e che ritroviamo sia nel medioevo che in quello elisabettiano, contesti nei quali alle donne recitare non era permesso. Le Nina’s dimostrano quindi una doppia perizia, perché giocano sui riflessi e sul doppio, con il valore aggiunto di saper cogliere più punti di vista insieme, allargando il punto focale di riferimento, secondo “un procedimento ironico, che nega sé stesso, che è sempre, anche, portatore di un punto di vista su quello che rappresenta”.

Fatta la debita premessa non mi resta altro che rivolgere alcune domande all’attore Lorenzo Piccolo autore testo dell’opera. Ecco la nostra intervista.

Il titolo DragPennyOpera farebbe pensare subito a Brecht, invece voi siete andati alla radice proponendo l’originale di John Gay da cui Brecht aveva ripreso e modellato il suo testo omonimo due secoli dopo. Quali possibilità avete intravisto nel testo, peraltro poco frequentato, di Gay?

Il lavoro di John Gay è a suo modo rivoluzionario. Rovescia il punto di vista.

È in parte una reazione al teatro musicale dell’epoca, pomposo e scollato dalla realtà, ben più vitale e caotica. Ci è sembrato che in questi anni di miseria, miseria dei cuori e degli spiriti prima ancora che dell’economia, valesse la pena di riprendere in mano questa “pastorale dei bassifondi” e, attraverso questi personaggi neri, portare in scena quello che resta della nostra umanità.

John Gay nel scrivere The Beggar’s Opera, testo che ebbe uno spaventoso ma purtroppo breve successo, additava in modo molto diretto i politici e i corrotti del suo tempo, attraverso una satira che era una feroce denuncia sociale. Quanto secondo voi l’opera di Gay rispecchia ancora il nostro tempo e dove secondo voi è invece più “passatista”?

The Beggar’s Opera è molto attuale, nella sua essenza più profonda, che è quella che abbiamo cercato di cogliere nella nostra riscrittura. Racconta, in chiave di commedia nera, di un mondo di uomini che vivono per sopraffare i propri simili, il che purtroppo non ci suona fuori moda. Tutto ciò che è riconducibile alla Londra del settecento diventa nel nostro spettacolo stilizzazione e meccanismo. Non c’è nulla di antiquato in una forca, anche se nella società moderna non viene più adoperata. È un simbolo di morte e di condanna, una morte e una condanna alla quale ci stiamo forse consegnando? (Ma ndr) è al tempo stesso uno strumento rituale e teatrale, l’unico elemento scenico che compone i quadri dello spettacolo.

Potete anticipare qualcosa riguardo il fatto che (leggo dalle note di regia, direi) “Il pubblico è invitato a partecipare a un gioco pericoloso: l’inevitabile leggerezza messa in campo dalle drag queen si declina in ironia dissacrante e comicità grottesca, nello spericolato tentativo teatrale di realizzare l’istantanea di un mondo sull’orlo del precipizio.” Che cosa ci dobbiamo aspettare? 

Col pubblico vorremmo scontrarci, litigare, parlare, innamorarci.

A teatro, da spettatori, siamo ormai abituati a una fruizione passiva, sonnolenta. Molti spettacoli sono genericamente gradevoli o genericamente noiosi, in entrambi i casi non incidono sulla nostra vita. John Gay intendeva, con The Beggar’s Opera, dare uno schiaffo alle convenzioni, svegliare le coscienze, suscitare una riflessione attraverso una risata amara e politicamente scorretta. Nel nostro piccolo, vorremmo raccogliere questa eredità. Usciamo e entriamo dai personaggi, dalle situazioni, alterniamo il varietà alla denuncia, l’ironia alla crudeltà. Tutto è lì, tutto è a vista, non esiste un fuori scena dove gli attori possano rifugiarsi; allo stesso modo il pubblico, idealmente, non ha un fuori scena dove scappare, il mondo esterno e il mondo fittizio non hanno più contorni netti.

Cerchiamo insomma di ridare al teatro le sue armi, il suo ruolo di specchio della realtà.

E guardarsi allo specchio non sempre fa piacere.

INFO

TEATRO DUSE
DAL MARTEDÌ AL SABATO DALLE 15 ALLE 19
BIGLIETTERIA E INFORMAZIONI:
VIA CARTOLERIA, 42
BOLOGNA
TEL. 051 231836
BIGLIETTERIA@TEATRODUSEBOLOGNA.IT

 

DragPennyOpera

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Daniela Ferro

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