ITALIA – In occasione delle celebrazioni per i 700 anni della morte di Dante Alighieri l’abbazia di Montecassino espone nelle sale del suo museo il più importante manoscritto della Divina Commedia. Il codice 512 contiene l’intero testo delle tre cantiche del poema dantesco. Potremo qui ammirare il codice 512, risalente al XIV secolo, e ripercorrere così il legame tra l’abbazia di Montecassino e Dante attraverso il canto XXII del paradiso in cui il poeta parla di San Benedetto.
A proposito delle celebrazioni dantesche, dopo avervi parlato del Dante illustrato nei secoli. Testimonianze figurate nelle raccolte della Biblioteca Estense Universitaria, vi suggeriamo di ripercorrere il cammino del sommo poeta sulle orme di San Benedetto. Approfittiamo per suggerirvi un itinerario tra spiritualità, storia, arte, slow tourism, natura e gusto. Visitare la splendida Abbazia di Montecassino (in Provincia di Frosinone) in quest’occasione vi darà modo di apprezzare nuovamente le bellezze storico artistiche della Ciociaria.
Dopo l’estate l’Italia si svuota e gli amanti della cultura e dell’arte ne approfittano per visitare in santa pace molti luoghi d’attrazione, solitamente presi d’assalto dal turismo di massa, e la visita di cui vi parlerò oggi riguarda la splendida Abbazia di Montecassino. Nel mio caso, oltre che del periodo, ho voluto approfittare anche della vicinanza geografica, visto che abito in Toscana e mi trovavo in Ciociaria per una breve vacanza.
L’abbazia è tanto bella e maestosa quanto tristemente nota e travagliata è la sua storia: fondata nel VI secolo da S. Benedetto sulle rovine di edifici romani, tra cui anche un tempio pagano, è stata più volte distrutta e ricostruita.
Dopo i saccheggi dei Longobardi e dei Saraceni, durante il Medioevo ci ha pensato un terribile terremoto a raderla al suolo, mentre gli splendori della sua terza ricostruzione rimasero visibili fino alla fine seconda guerra mondiale, quando l’edificio venne completamente bombardato, seppellendo sotto le macerie centinaia di persone che si erano rifugiate lì.
Quello che si vede oggi, quindi, è un rifacimento molto aderente a ciò che esisteva prima, e anche se non ci troviamo davanti a pietre e opere d’arte secolari, il luogo emana comunque grande fascino e suggestione, se non altro per la posizione davvero spettacolare.
Appena si arriva, il senso di smarrimento è inevitabile per la mole del complesso e l’ausilio di una guida (nel mio caso cartacea) è decisamente consigliabile per muoversi attraverso l’articolata struttura.
Dall’ingresso si accede subito ai due grandiosi chiostri, le cui solide arcate scandiscono i perimetri con forti effetti chiaroscurali: il primo, di stampo più tradizionale, è il luogo dove morì San Benedetto e la sua statua bronzea campeggia al centro del curatissimo cortile di piante e fiori. La mia attenzione è ad un tratto catturata da una visione tra il mistico e fiabesco, perfettamente in sintonia con la pace di questo luogo: un angolo del chiostro è occupato da una fontana, sopra e attorno alla quale bianchissime colombe si trastullano al sole, incuranti degli sguardi e delle foto che i visitatori scattano loro. O magari invece si stanno mettendo in posa, come vere e proprie modelle, consapevoli del loro fascino…

Il chiostro successivo, detto del Bramante, offre una visione ancora più stupefacente, grazie alla scenografica architettura, che da un lato termina su un portico la cui balconata affaccia sul panorama della vallata del Liri, mentre dal lato opposto presenta una maestosa scalinata che invita a curiosare su quello che si intravede appena dalle arcate in cima.

Ma decido di fermarmi un po’ qui a godermi il bianco di questi marmi e pietre, che la bella luce mattutina fa risaltare inebriando la vista.
Perfino le due statue raffiguranti San Benedetto e Santa Scolastica ai piedi della scalinata, con i loro sguardi e gesti sembrano voler invitare ad ammirare queste bellezze dell’ars aedificatoria, in cui le strutture architettoniche non sembrano concepite per delimitare, ma interagiscono con l’aria e la luce, conferendo agli spazi senso di armonia e visione d’ampio respiro.

Salendo si giunge al chiostro antistante la cattedrale; le linee sobrie e razionali, l’impostazione simmetrica delle arcate rivela tutto il gusto rinascimentale del progetto, attribuito a Giuliano da Sangallo.
Prima di entrare nella chiesa non si può non soffermarsi ad ammirare le bellissime porte bronzee, in particolare quella centrale, che presenta formelle del secolo XI e iscrizioni ageminate di enorme valore storico.

Ma lo stupore continua anche dietro le porte, quando lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi contrasta decisamente con la sobrietà e il candore cromatico dell’esterno visto finora: la straordinaria ricchezza decorativa dell’interno della basilica in stile barocco ci fa andare con lo sguardo dovunque, indagando in ogni particolare.

I marmi intarsiati disegnano con i loro splendidi colori i pavimenti (buona parte di essi è materiale recuperato dagli originali), gli stucchi dorati che avvolgono membrature, impreziosiscono colonne, balaustre e molto altro sembrano gareggiare con la più raffinata arte orafa, mentre gli intarsi lignei del coro, magistrale opera di scultori fiorentini, sono una degna replica degli originali settecenteschi.
Delle opere pittoriche precedenti, a parte qualche tela del XVII e XVIII secolo (tra cui un’opera del Cavalier D’Arpino) e un particolare di affresco con tema di angeli del XVI secolo, non è rimasto nulla e di quelle che hanno preso il loro posto notevoli sono i dipinti e gli affreschi di Pietro Annigoni.
Le soprese non sono finite e ad allietare i nostri occhi c’è ancora la zona della cripta, verso la quale ci dirigono le processioni di monaci e monache, scolpite sulle pareti della scalinata di accesso. Realizzato nel ‘500 questo ambiente era completamente decorato di affreschi, ora sostituiti da mosaici e rilievi, che con la lucentezza dei loro materiali filtrano la scarsa luce proveniente dalle bellissime finestre decorate a filo di piombo. Le immagini riportate riguardano i principali protagonisti dell’Ordine benedettino, santi, figure bibliche ed esponenti di altri ordini.
Se pensate di aver finito la visita vi sbagliate: a destra della basilica ci attende il Museo, che oltre a ospitare reperti di valore, si snoda lungo un percorso che si articola tra vari cortili e cortiletti interni, in una continuta scoperta. Attualmente nelle sale del museo è esposto il più importante manoscritto della Divina Commedia: il codice 512 con l’intero testo delle tre cantiche del poema dantesco.

Benché la “perla” di questo edificio venga considerato un tondo del Botticelli raffigurante la Natività, in realtà il museo conserva altre splendide opere, dai vasi etruschi, ai codici miniati, ai bellissimi frammenti della chiesa medievale in stile romanico, ai bozzetti di Luca Giordano e altri artisti del Barocco per i dipinti della basilica, ai raffinati oggetti e paramenti liturgici.

Il museo inoltre rappresenta la memoria storica dell’abbazia e alla fine del percorso museale si trova una serie di stanze che raccontano per immagini la storia di questo luogo, anche quella triste, come sottolineato dai reperti bellici che nel febbraio del ’44 hanno cancellato un pezzo di storia italiana.
Ed è veramente impressionante trovarsi in mezzo alle gigantografie fotografiche che immortalano le rovine post-bombardamento, con operai, prelati ed esperti che si aggirano tra blocchi di pietra, statue o pezzi di esse, nel tentativo di ridare vita a questo gigante della storia religiosa.
E vita è stata ridata, sicuramente con qualche imperfezione o imprecisione, ma l’abbazia di Montecassino non si è arresa ed è sempre là, bella, fiera, solida e dominante. In attesa del prossimo turno di ammiratori.
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