Pierre Cardin (1922-2020): ci lascia uno degli stilisti più importanti del ‘900

Pierre Cardin (1922-2020): ci lascia uno degli stilisti più importanti del ‘900

MONDO – Martedì 29 dicembre si è spento il grande stilista italiano naturalizzato francese all’età 98 anni. Cardin è stato un pioniere del prêt-à-porter e con il suo stile creativo ha segnato la storia della moda.

 

La notizia della scomparsa di Pierre Cardin all’inizio ha trasformato il grigio della mattinata in qualcosa di più melanconico del solito. Con la mente ho viaggiato all’indietro fino al 2003, planando nel bel mezzo della sfilata che Pitti Immagine gli dedicò per onorarne la prestigiosa avventura creativa. Era gennaio, mi trovavo a Palazzo Corsini e confuso tra una moltitudine di giornalisti e invitati assistetti alla consegna di un riconoscimento alla carriera del grande stilista, seguito da un gala culminato in un fashion show nel quale sfilarono i look storici del brand. Ricordo molto bene anche i commenti che udii in quell’occasione: non furono poche le voci che riconoscevano in quei look una modernità non riscontrata in molte delle collezioni viste negli stand di quell’edizione della fiera Fiorentina dedicata alla moda maschile.

Devo dire che quel ricordo ha attenuato di gran lunga il sentimento di partenza, trasformandolo in una severa reverenza verso la dimensione di una vita esemplare sotto molti punti di vista: Pierre Cardin è stato a suo modo un grande creativo, un visionario con i piedi per terra, un imprenditore audace, un uomo che amava proiettarsi nel futuro. E poi, mi sono detto, perché trastullarsi nella malinconia di fronte ad una vita durata 98 anni, una vita costellata da geniali intuizioni? Pierre Cardin appartiene da tempo alla Storia e per quanto mi riguarda la sua morte organica è solo una tappa di una esistenza destinata a durare a lungo.

Foto dal sito ufficiale dello stilista

Come potrebbe essere diversamente per un uomo che per primo valorizzò la moda maschile conferendo ad essa la stessa valenza di quella femminile? Eravamo nel 1960 e tutti o quasi i suoi colleghi continuavano ad essere preda di un fantasma della femminilità destinato presto ad evaporare nel corso di quel cruciale decennio. Pierre Cardin fu il primo stilista di rango a capire che il futuro sarebbe stato di una “moda mondo” (non esisteva ancora in quei giorni la parola globalizzazione) ovvero di una moda capace di territorializzarsi con boutique in Giappone, Cina, Russia, senza perdere la vocazione ad avere altrove un centro simbolico (Parigi). Fu il primo ad esplorare con successo ciò che qualche decennio più tardi verrà definita “brand expansion”, trasformata in plusvalenze economiche fuori dall’ordinario grazie ad un sistema di licenze nella distribuzione di prodotti che esulavano dall’abbigliamento. In quei giorni fu criticato da molti colleghi che pronosticavano l’implosione della sua griffe. Ma Pierre Cardin era già oltre i confini semantici del periodo. Lo stilita pensava e agiva come brand, un paio di decenni prima che la parola divenisse un catalizzatore di decisioni strategiche per tutti i colleghi. Non so dirvi se leggesse o meno libri di marketing; a naso direi di no; ma operativamente le sue scelte prevedevano astute riflessioni sulla centralità del branding ovvero la possibilità di far ruotare intorno al suo nome proprio un insieme crescente di oggetti, dagli occhiali ai ristoranti, e inaugurare in tal modo un Expanding Style compenetrato con l’idea di stile di vita. Strettamente connesso a quanto ho ricordato sopra è il suo modo di comunicare il brand: non soltanto campagne fotografiche innovative per il periodo, ma anche mostre, sfilate evento, collezioni evento ( cioè collezioni che trascendevano l’ordinaria percezione di abito stagionale per metacomunicare concetti, stile, traiettorie di un possibile futuro).

Potrei continuare ancora nell’inseguire le impronte che spesso per primo Pierre Cardin ha tracciato nell’estetica e nel business della moda contemporanea. Ma per onorare la sua memoria credo convenga a questo punto fare un passo indietro e ricordare l’abilità sartoriale che maturò negli anni decisivi della sua formazione come stilista.

Pierre Cardin era nato in Italia a Sant’Andrea di Barbarana (frazione del comune di San Biagio di Callata nel trevigiano) nel 1922. La famiglia si trasferì in Francia nel 1926. A 14 anni apprende i primi rudimenti del mestiere lavorando da un sarto di Saint Etienne. Seguirà una breve esperienza da Manby, rinomato sarto di provincia a Vichy. Nel 1944, lo troviamo a Parigi. Poco dopo la liberazione della città dai nazisti, riesce a trovare un impiego prima da Jeanne Paquin e poi da Elsa Schiaparelli. Successivamente si impiega come contabile alla Croce Rossa. Perché questo salto dalla moda ad altre mansioni? Presumo che dal momento che la maison Schiapparelli, navigava in cattive acque, a Pierre risultasse conveniente seguire le orme della stilista, anch’essa impiegata prima del ‘45 presso la Croce Rossa Internazionale. C’è da dire che Pierre Cardin, già divenuto famoso, amava ricordare ai giornalisti quanto il suo lavoro come contabile fosse stato una esperienza rilevante per la sua formazione. Comunque la competenza sartoriale sin lì maturata doveva essere solida, visto che Christian Dior agli esordi come couturier, lo assunse come primo tagliatore. Presso la Maison Dior conobbe personaggi rilevanti della cultura parigina come Cocteau e Berard che probabilmente furono determinanti per orientare i suoi interessi verso il teatro. Aprì dunque insieme a Marcel Escoffie una sartoria teatrale che funzionò per qualche anno. Poi nel 1950 fondò la propria Maison di moda cominciando una avventura destinata a cambiare la struttura stessa della moda.

Partito senza mecenati e protezioni economiche fu libero di andare controcorrente. Per esempio, nel ‘58 firmò dei contratti con grandi magazzini per produrre moda popolare di qualità. Fu cacciato dalla Chambre Syndacale, che non tollerava contaminazioni tra Couturier e industria dell’abbigliamento. Pierre Cardin non si scompose, tenne duro e utilizzò le risorse dell’industria per potenziare il suo marchio e creare le basi economiche del suo successo. Più tardi quando l’ascesa del pret à porter divenne, grazie anche a Pierre Cardin, inarrestabile, lo stilista rientrò nell’istituzione storica dei sarti francesi, ma oramai era chiaro a tutti che la couture non era più il vero motore della moda bensì il suo laboratorio di idee. Il merito di Pierre Cardin è di averlo capito prima di altri.

Nei sessanta, ogni stagione era il pretesto per presentare collezioni mai viste prima sulla scena parigina. Nelle sue sfilate si potevano vedere 200/300 look che raffiguravano una quantità di idee Moda sconcertante per gli addetti ai lavori, nelle quali la sperimentazione sconfinava qui e là nel kitsch, ma poi apparivano look di un’eleganza armoniosa ammantata di purezza e subito dopo come nelle dissolvenze incrociate nei film, ecco la collezione trasformarsi in una rassegna di geniali follie. In questo decennio decisivo per lo sviluppo del suo brand, probabilmente la collezione dedicata agli astronauti, la conquista dello spazio, è quella rimasta nell’immaginario dei fashionisti.

Molti pensano che la minigonna sia un’invenzione di Mary Quant o di Courrèges. Pochi ricordano che invece fu Pierre Cardin a presentarla per la prima volta sulle passerelle che contano e a farne una provocazione mediatica internazionale. Nel ‘66 una sua gonna strettissima, a spacco, di conseguenza molto sexy diede scandalo e ci permette di capire dove stava guardando lo stilista per cercare il futuro della moda. Anche se vestiva donne di primo piano con abiti couture, Pierre Cardin non ha mai fatto di questi corpi esclusivi la principale leva della sua creatività. Come molti altri suoi colleghi, il suo interesse andava per le giovani donne così come possiamo incontrarle ogni giorno per strada. La sua ambizione era vestire un mondo di giovani attivi, gioiosi, anticonformisti, che in quei giorni sembravano i futuri protagonisti di un grande cambiamento sociale. Pierre Cardin, forse scherzando, amava presentare se stesso come il “primo stilista socialista “ nella storia della moda. Voleva probabilmente sottolineare l’apertura democratica, anti classista della sua moda. Oggi, affermazioni del genere fanno sorridere. Intorno al ‘68 e fino alla metà degli anni settanta l’ideale progressista era più che una speranza. Significava schierarsi con chi promuoveva un’ansia di cambiamento che si ripercuoteva su tutte le espressioni della società compresa la moda.

Grazie a sapienti dosi di creatività e a provocazioni sempre sotto controllo, mai troppi radicali o volgari, la notorietà del marchio Pierre Cardin crebbe al punto che nei settanta il brand aveva ben pochi rivali. Lo stilista stesso era una star che presidiava la scena pubblica del jet set internazionale. In realtà Pierre Cardin era un personaggio riservato e silenzioso. Ma la stampa lo raffigurava in ogni dove con le attenzioni riservate agli attori più amati. Con il gioco delle licenze i suoi prodotti si trovano in tutto il mondo. Gli fu chiaro che la potenza del suo brand non poteva più scaricarsi solo nell’abbigliamento e nei prodotti ad esso collegati. Cominciò dunque l’espansione in altri settori, vino,.ristoranti, alberghi, proprietà immobiliari, prefigurando strategie che in seguito verranno emulate dalle grandi holding del lusso. 

Nel 2003, dopo sessant’anni di lavoro, Pierre Cardin, omosessuale da sempre e quindi senza eredi diretti, decise di vendere il marchio. Si precipitarono alla sua corte personaggi come Arnault (LVMH) e Pinault (Kering). Ma pur invecchiato e forse stanco, lo stilista divenuto uno degli imprenditori più geniali della sua generazione, non aveva perso la sua verve e non volle accettare le offerte dei nuovi padroni del lusso. Preferì cedere il suo “impero” a un gruppo bancario europeo dal momento che più che i soldi lo interessava la difesa dei valori del brand il quale, secondo determinati rispetti, era tra le altre cose, la sintesi delle esperienze che racchiudevano il senso più profondo della sua vita.

Non posso sapere se in seguito ritenesse fosse stata una scelta indovinata. Posso tentare di comprenderne le ragioni congetturando che Pierre Cardin, sentendo approssimarsi la fine della sua gloriosa avventura creativa e imprenditoriale, abbia avuto il desiderio di veder crescere per un po’ la sua creatura, a lato o addirittura fuori dalla sua vita, proprio come un figlio che per crescere e per incorporare spirito e carattere di famiglia, a un certo punto deve separarsi dal padre.

Lamberto Cantoni
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12 Responses to "Pierre Cardin (1922-2020): ci lascia uno degli stilisti più importanti del ‘900"

  1. enzo   30 Dicembre 2020 at 18:14

    Sì sono d’accordo. Ci ha lasciato un grandissimo della moda e del design. Negli ultimi decenni si è parlato poco di quello che ha fatto. Anzi ho l’impressione che da noi sia stato sottovalutato.
    Personalmente io ricordo le giacche destrutturate, i suoi gioielli di plastica e alcune cravatte psicadeliche.

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  2. Antonio Bramclet
    Antonio   31 Dicembre 2020 at 10:09

    Io ricordo invece cravatte decorate con grandi fiori e camicie che sembrava impossibile indossare. Di sicuro era uno stilista avanti una generazione rispetto alla media degli altri. Verso la fine del novecento il suo brand sembrava invecchiato. Oramai le sue rivoluzioni erano state assorbite e.imitate. Questo non toglie nulla alla sua importanza storica. Sulla minigonna ho dei dubbi su quello che scrive l’autore. Per me Mary Quant è quella che l’ha inventata. Comunque tanto di cappello a Pierre Cardin.

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  3. annalisa   31 Dicembre 2020 at 10:50

    Scrive Maria Pezzi, che personalmente considero una delle più brave giornaliste di moda italiane negli anni d’oro di Pierre Cardin: “Nella vita è un lampo, nel mestiere un genio capace di immergere la propria moda nella realtà, nell’attualità, in quel che galleggia nell’aria e nel vento”.
    La trovo una descrizione perfetta dello stilista.

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  4. mauri   31 Dicembre 2020 at 15:39

    A me risulta che Pierre Cardin fosse legato a Jeanne Moreau. Non capisco quindi il finale dell’articolo. Per quanto riguarda il suo marchio penso che appiccicarlo a troppi prodotti gli abbia nociuto. Con questo non nego sia stato un grande e che rimarrà nella storia.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   1 Gennaio 2021 at 04:43

      Sapevo che l’attrice francese era stata un suo grande amore. Ma non ho notizie di figli. Se l’estensione del brand lo avesse danneggiato non avrebbe mai potuto diventare una delle persone più ricche di Francia. Si può dire per contro, che essendo arrivato per primo a capire la “termodinamica” del branding, presso determinati pubblici sia stato criticato con un certo clamore. Ma quasi sempre i rappresentanti di questo tipo di pubblico non contano quasi nulla per il business. E, se non si perde il controllo, è semplice trasformare il loro clamore in carburante supplementare per ulteriori espansioni del brand. Io credo che anche in questo Pierre Cardin fosse una persona fuori dall’ordinario.

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  5. james   2 Gennaio 2021 at 08:34

    Per la mia generazione Pierre Cardin è stato un vero trendsetter. Capisco però che per i giovani sia quasi uno sconosciuto. Peccato, ne avrebbe di cose da imparare. Tra l’altro non ho memoria di grandi mostre a lui dedicate. Questo è strano.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   2 Gennaio 2021 at 18:41

      Di grandi mostre Pierre Cardin ne ha avute tante. Ne ricordo due: “30 years of design” al Metropolitan Museum di New York (1980) e “Pierre Cardin:Past,Present,Future” al Victoria and Albert Museum di Londra. Aggiungici le mostre di Parigi e vedrai che sono pochi gli stilisti in circolazione che possono vantare un curriculum espositivo così prestigioso. Forse volevi dire che in Italia non ricordi niente di particolare organizzato a suo nome. Potresti avere ragione. Le sue creazioni, nel nostro Paese, io le ho potute ammirare in mostre collettive.

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  6. valeria   2 Gennaio 2021 at 17:40

    Dalla minigonna, agli abiti dei Beatles, dai vestiti a palloncino, a quelli a linee geometriche dai colori sgargianti, la creatività di Pierre Cardin ha accompagnato parte della mia vita. Lamberto Cantoni in questo suo articolo ci ha descritto bene la personalità dello stilista: un uomo dalle molteplici sfaccettature, un creativo, un visionario che aveva anche il talento di un grande imprenditore, che organizzava splendide sfilate e nel contempo creava per primo il pret à porter.
    Un uomo che credeva in se stesso e voleva col suo solo nome raggiungere un successo economico che lo ripagasse degli anni anni della giovinezza trascorsi in povertà. Un uomo che ha sempre creduto nell’arte e nella fantasia e che si lanciava con impeto giovanile in ogni nuova proposta. Gli fu a volte rimproverato di non saper pianificare, invece ha creato un impero. Un uomo serio, riservato, quasi schivo, eppure i giornali parlavano più di lui che di qualsiasi attore famoso.
    Per me é sempre stato un uomo che viveva nel presente, ma che, consapevole di ogni cambiamento in atto, sapeva prevedere il futuro.
    Grazie Lamberto per questo sintetico ma esauriente “ritratto” di una personalità complessa.
    Mi piacerebbe che tu dedicassi qualche riga al Museo della Moda inaugurato a Parigi qualche anno fa. E’ stato da Pierre Cardin ideato e finanziato o porta il suo nome perché a lui dedicato? Vale la pena vederlo? Grazie.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   2 Gennaio 2021 at 18:29

      Del Museo Pierre Cardin so poche cose: è stato aperto al pubblico nel 2014; contiene una vasta rassegna di abiti e oggetti che raccontano la lunga carriera dello stilista, sono sicuro che vi siano esibiti tutti i suoi abiti-icona… Non so niente di più. È il tipico Museo creato per celebrare l’heritage del brand. Non l’ho ancora visitato. Ma certamente quando potrò ritornare a Parigi lo andrò a visitare.

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  7. Tiziana   2 Gennaio 2021 at 17:51

    Tra i tanti grandi che ci hanno lasciato nel 2020, Lamberto Cantoni ci ha ricordato nella moda Pierre Cardin. in questo necrologio-ritratto ha giustamente ricordato l’abilità sartoriale del grande stilista. Personalmente mi associo all’idea che Pierre Cardin sapesse vedere il futuro e a questo proposito ricordo anche il suo mecenatismo a favore dei giovani che volevano entrare nel mondo del teatro e della musica: i giovani infatti rappresentano il futuro. grazie Lamberto che hai rinverdito i miei ricordi. Tiziana

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   3 Gennaio 2021 at 07:09

      Hai ragione Tiziana, Pierre aveva una passione sincera per il teatro. È stato un generoso mecenate. Ti ringrazio per averlo ricordato.

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  8. federico battistoni   6 Aprile 2021 at 22:13

    Premetto che conosco ben poco in questo ambito, ma dando uno sgrado ai suoi lavori posso notare quanta modernità abbia portato in un epoca che ormai per i nostri standard è “vintage”.
    Pierre nei suoi abiti applica forme sopra altre forme, è un insieme di colori armonici e sintonia geometrica, usando spesso forme circolari. I colori sono decisi, così marcati e lineari che possiamo farne una divisione anche in una foto monocromatica. La sproporzionalità che da nelle forme degli abiti hanno una loro proporzionalità che aderiscono al modello.

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