Tinder: come funziona l’amore ai tempi delle app. Anime gemelle o casi umani?

Tinder: come funziona l’amore ai tempi delle app. Anime gemelle o casi umani?

MONDO – Quando l’amore è un match. O, ancora meglio, un algoritmo. Quando non siamo in grado di aspettare che una cosa accada naturalmente, quando diamo la colpa al covid, al lavoro, alla timidezza, all’infanzia difficile, all’ex. Quando scambiare quattro chiacchiere al bar o alla stazione richiederebbe uno sforzo maggiore ed implicherebbe il rischio di venire ignorati. Ma come funziona veramente questo giardino dell’eden degli incontri? Cosa c’è alla base del sistema che ha fatto incontrare così tante persone e perché ne stiamo diventando sempre più dipendenti? Funziona davvero? Scopriamolo insieme.

“Uno su mille ce la fa”. Esordiva così, il decisamente versatile ritornello di una vecchia canzone. Nel caso delle relazioni ai tempi di Tinder e di molte altre app di dating, forse uno su mille sarebbe già un risultato mirabolante.

Chi non ha un amico, un’amica, un conoscente, che non ha mai usato questa famosissima applicazione d’incontri? Ne sentiamo parlare in mille modi, con pareri a volte confortanti, a volte critici. Complici, forse, le differenti esperienze di vita amorosa e d’amicizia, le diverse personalità ed il diverso grado di fiducia in sé stessi e nella bellezza dei sentimenti.

E’ bene che si parta dai risultati scientifici prodotti sull’argomento, per andare a fondo di una questione che non riguarda solo l’aspetto tecnologico ma anche e soprattutto quello umano, etico e sociale. Se questa tattica d’approccio dovesse in futuro diventare la norma, è molto probabile che si arrivi presto ad un’estinzione di massa del genere umano. E forse, ce la meriteremmo pure.

COS’E’ TINDER E COME FUNZIONA

Tinder è un’app d’incontri attiva in oltre 190 paesi e con oltre 57 milioni di utenti attivi, a fronte di un incremento di più di 1,2 milioni di iscrizioni avvenuto nel 2018. Una delle peculiarità di questa piattaforma è quella di proporre una serie di profili in base alla zona geografica in cui ci si trova o misurandone la distanza, attraverso il GPS del cellulare.

Recenti statistiche hanno evidenziato come di 57 milioni di utenti, 4,1 milioni pagano i servizi premium Tinder Plus e Tinder Gold, gli swipe giornalieri sono fino ad ora circa 2 milioni, gli appuntamenti dal vivo hanno superato il milione a settimana ed i cosiddetti match fra utenti hanno superato i 20 miliardi. Ma cosa vuol dire tutto questo? In che modo agisce il sistema nel proporre possibili partner e come si utilizza l’app nella pratica?

Fino a poco tempo fa, l’algoritmo valutava gli utenti sulla base del numero di interazioni e di swipe che si ricevevano, da intendersi come like ed apprezzamenti. Detto questo, Tinder faceva in modo di mostrare reciprocamente utenti con punteggi simili fra loro, supponendo che potessero vicendevolmente trovarsi interessanti poiché entrambi ritenuti attraenti dalla maggioranza. In parole povere, i più cool con i più cool ed i meno gettonati con i meno gettonati (per lo meno ritenuti tali da qualche foto ed una bio di presentazione).

Ovviamente, i profili potevano essere accoppiati anche in base alla preferenza geografica ed all’età, o in base a degli incroci del tutto generati dal sistema: se ad esempio due utenti avevano lo stesso punteggio ed uno dei due metteva like ad un terzo utente, è possibile che quest’ultimo venisse proposto anche al primo dei due. Una logica alquanto astrusa, secondo la quale in base ad un certo numero di apprezzamenti (virtuali) ed alla provenienza degli stessi (spesso casuale, accidentale, o da parte di chi cerca di passare il tempo), una persona dovrebbe essere “giusta” per una piuttosto che per un’altra. Ma d’altra parte, è un meccanismo fin troppo articolato e “pensante”, se consideriamo che è pianificato da un algoritmo. Per lo meno, per impedire che il nostro amico algoritmo vada in tilt e non svolga più al massimo il suo dovere, si possono effettuare massimo 100 swipe a destra al giorno. Praticamente, più delle pagine sfogliate su un catalogo di offerte.

Recentemente Tinder ha dichiarato ufficialmente, anche se molto sommariamente, di aver apportato delle modifiche al suo algoritmo: ha infatti specificato di aver abbandonato il vecchio sistema per applicarne uno più “aperto”, che dia precedenza alla permanenza online. Reduce da varie critiche che definivano il vecchio algoritmo troppo selettivo e denigratorio, ha assegnato al tempo che si trascorre connessi su Tinder il ruolo più importante nella lista dei parametri considerati. Si cerca di favorire gli utenti più attivi ed attivi contemporaneamente, ricompensandoli con un maggior numero di match. A seguire, la posizione geografica acquista ancora più rilievo, assieme alle preferenze espresse in partenza dall’utente.

Un tentativo che sembra voglia farci credere in un meccanismo più umano, per addolcire la pillola e riempire i cuori di sogni.

FACCIAMO LUCE SU ALCUNE OMBRE

Anche se lo scopo di tutto è raggiungere il match, ovvero quella situazione in cui un soggetto mette like ad un altro e scopre che anche quest’ultimo, facendo swipe, aveva già messo like in passato, ciò che interessa a Tinder è che il match appaia dallo schermo dello smartphone come un qualcosa di incredibilmente perfetto, ma soprattutto che le persone poi vadano ad incontrarsi dal vivo.

Infatti, Tinder traccia quando gli utenti si scambiano il contatto telefonico e di conseguenza può sapere chi si incontra al di fuori del web. Non ve l’aspettavate, vero? Questa è una di quelle notizie che fanno capire quanto le persone, pur di cavalcare l’onda del cambiamento tecnologico, siano disposte a fidarsi ed a non prendere totalmente sul serio le conseguenze delle loro azioni nel web.

La ONG tedesca Tactical Tech, insieme alla ricercatrice Joana Moll hanno deciso di mettere a punto un esperimento molto particolare riguardo a quel famoso “termini e condizioni” che gli utenti accettano sempre (confessiamolo, tutti lo facciamo, anche in altre situazioni), senza leggerlo minimamente. Con il progetto del 2018  “The Dating Brokers: An autopsy of online love” il team ha attestato di essere riuscito ad acquistare con estrema facilità i dati di circa 1 milione di iscritti a delle app per incontri, fra cui Tinder. Hanno acquistato dal sito USDate dati strettamente riservati quali username, indirizzo email, genere sessuale, orientamento sessuale, età, professione, aspetto fisico e caratteriale, fotografie. Praticamente di tutto, a soli 140 euro.

Il cosiddetto mercato grigio dei dati personali, un problema di cui si parla ancora troppo poco e che era stato già sollevato nel 2012 da un’indagine del magazine newyorkese Observer. Per rimanere in tema, all’inizio del 2020 è stata diffusa la notizia secondo la quale Tinder e Grindr sarebbero stati accusati di gravi violazioni da parte del Norvegian Consumer Council, facendo quindi finire Tinder sul banco degli imputati di fronte a tutta l’Europa. Secondo l’istituzione, ha condiviso informazioni dei propri utenti con società terze, violando così le norme europee sul trattamento dei dati personali, per utilizzarli a scopo pubblicitario.

Con il complaint presentato da questo ente per la difesa dei consumatori, Tinder e molti altri sono stati posti sotto accusa anche per la diffusione dei dati degli utenti alle altre aziende socie della multinazionale Match Group.

TINDER NON E’ IL NUOVO CUPIDO

Nell’arco di dieci anni, le app per incontri hanno cambiato e stanno continuando a cambiare le connessioni sociali, tanto per usare un gioco di parole. Fino a qualche anno fa, erano percepite come un luogo oscuro dov’era possibile imbattersi principalmente in due categorie: il/la single incallito/a ed il/la disperato/a.

L’arte del corteggiamento era ancora qualcosa per la quale si richiedeva la presenza o la naturalezza di un incontro casuale; al massimo, cominciavano ad essere presi in considerazione lo speed date e le classiche chat online. Ma con gli smartphone ed i social network tutto è cambiato di nuovo: dal proprio cellulare, su Tinder, si può scegliere con chi uscire la stessa sera, il giorno dopo, al rientro da un viaggio di lavoro o si può immaginare che quel bellissimo ragazzo in foto, muscoloso, laureato, in carriera ed amante dei cani sia il principe azzurro. Tanto, è sempre possibile cercare quella stessa persona su Facebook ed Instagram, per capire di più su di lui (virtuale + virtuale = reale? Difficile supporlo).

Ad oggi, possiamo veramente dire che Tinder e le altre app per incontri siano la nuova bacchetta magica dell’amore? Secondo più recenti studi, no. Uno fra tanti, la ricerca della Norwegian University of Science and Technology condotta su un campione di 269 studenti universitari norvegesi, ha rilevato che solo il 50% dei partecipanti ha davvero incontrato di persona un potenziale partner contattato tramite Tinder e che solo uno su quattro era interessato ad una conoscenza approfondita.

Anche riguardo al sesso occasionale, le notizie non sono delle migliori: l’80% degli utenti non è arrivato a fare sesso grazie a Tinder, il 13% lo ha fatto con una sola persona fra quelle conosciute e solo il 7% è riuscito a praticarlo con più di due persone fra quelle incontrate. Se parliamo della realtà, quindi, Tinder non appare così tanto utile ne’ per una conoscenza seria, ne’ per una più occasionale.

E parliamo, inoltre, di una popolazione nordeuropea, per antonomasia molto più aperta all’utilizzo degli strumenti tecnologici nell’ambito personale e sociale.

LA DOMANDA E’: PERCHE’?

I cambiamenti sociali, i ritmi di vita sempre più frenetici e basati sull’alienazione interiore, portano gli individui a non avere più tempo ne’ voglia di impegnarsi in qualcosa di ignoto e sconosciuto, o di attendere che qualcosa di ignoto e sconosciuto arrivi a bussare alla porta.

C’è chi non riesce a riempire la propria vita con altro, perdendo di vista l’obiettivo di una felicità che nasce innanzitutto da se’ stessi e pensando così di avere necessariamente bisogno di un’altra persona per completarsi. C’è chi è entrato in un loop di dipendenza affettiva da un ipotetico partner (o dalle app stesse) e non riesce più a rinunciarci nemmeno per un giorno, chi cerca ogni settimana un’avventura diversa, chi ha paura del tempo che passa, chi dopo un trasferimento o durante un viaggio ha la smania di fare nuove conoscenze sul posto ma non ha voglia di attaccare bottone, per paura di un rifiuto.

Tutti indistintamente vogliosi di amore, passione, amicizia, interazione sociale; gli stessi che, ad una cena, durante un meeting, all’Università o al parco sotto casa non rivolgono la parola ad anima viva, per paura di risultare invadenti o perché chini sullo schermo del cellulare alla ricerca del prossimo match di Tinder. Ora, per di più, il covid e l’isolamento sociale hanno accentuato la gravità di un processo già in atto, tanto che fra qualche anno probabilmente nessuno si prenderà più la briga di conoscere qualcuno in maniera approfondita senza “l’aiutino” dell’app di mezzo.

Sarebbe bello poter selezionare una persona tramite due foto su Tinder ed una breve descrizione, come si può fare con la mozzarella in offerta al supermercato. Tuttavia, una sintonia fra due esseri umani ha bassissime possibilità di svilupparsi partendo da basi non reali, perché nella realtà ogni cosa appare diversa e quasi mai corrisponde all’idea che si aveva virtualmente.

Per fare poi un discorso più etico ed umano, è indubbio che un approccio di questo genere spersonalizzi l’idea base dell’amore e del sesso, la renda asettica e la semplifichi a tal punto da farla diventare l’adempimento di un compito, la pura soddisfazione di un bisogno primario. Cento swipe al giorno, ma quanti ci sarebbero davvero piaciuti se li avessimo incontrati per la prima volta in strada o al bar? Il cervello umano, è scientificamente provato, non è progettato per far fronte a così tante scelte.

Si rischia di scegliere a caso, per la brama di scegliere, di fare presto, di non fare fatica, per la paura di non essere all’altezza di una persona incontrata nella vita di tutti i giorni. E così, diventiamo una specie sempre meno incline ai sacrifici, ai compromessi, con sempre meno propensione al rischio: se ci si incontra tramite Tinder, almeno uno step è superato, entrambi sanno che sono lì per uno scopo. Ma la domanda è: quanto può essere bella, emozionante e “sentita” una cosa che si ottiene senza il minimo sforzo?

Michela Ludovici

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