MILANO – La Galleria Cardi di Milano, in collaborazione con The Irving Penn Foundation, dal 9 settembre al 22 dicembre presenterà al pubblico italiano una vasta rassegna di immagini del celebre fotografo, considerato dagli addetti ai lavori e dai critici uno dei creativi più influenti del novecento, capace di riconfigurare gli standard della foto di ricerca, e di moda del suo tempo, dando ad esse uno stile che oggi percepiamo come opere provviste di una forte impronta artistica.
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Finalmente una mostra di Penn in Italia!
Non so dirvelo con esattezza, ma sono quasi sicuro che nel nostro Paese le opere di Penn raccolte e presentate seguendo un criterio storico/tematico esaustivo (cioè che copre tutte le fasi di una lunga carriera), non le vedevamo da decenni.
Da un certo punto di vista questa latenza è curiosa. Infatti se consideriamo il fatto che Irving Penn può tranquillamente essere considerato non solo uno dei fotografi più famosi e stimati del novecento, ma anche e aggiungerei, soprattutto un innovatore del linguaggio fotografico, citato, imitato, emulato da tantissimi colleghi, ebbene è divertente cercare di capire il perché in Italia, Paese tra l’altro che si considera leader nella moda, le rassegne presentate nel suo nome siano state una rarità.
Probabilmente, negli anni decisivi della sua carriera, l’essere divenuto famoso grazie a Vogue e alla moda non lo ha certo favorito tra i fondamentalisti dell’immagine socialmente responsabile che per decenni si sono arrogati il diritto di decidere cosa era giusto vedere e ammirare. Ovviamente sappiamo tutti che questi personaggi hanno potuto fare ben poco per arginare la deriva commerciale della industria delle immagini. Ma con più il loro Vangelo fotografico si discostava dalle trame delle narrazioni per immagini preferite dalla gente, e più aumentava la loro ansia di controllo, culminata nell’occupazioni di ruoli chiave nelle istituzioni che avevano il compito di culturalizzare gli effetti dell’effervescenza visuale della post-modernità (culturalizzare per quanto mi riguarda dovrebbe significare innanzitutto uno sforzo intellettuale orientato a distillare criteri critici per dare una metrica qualitativa ad ogni genere di immagini dalle quali nascono degli immaginari che mobilitano le emozioni di vasti raggruppamenti umani, e non la presunzione di stabilire gerarchie sulla base del politicamente corretto o qualcosa del genere).
Comunque c’è da dire che i pregiudizi intellettuali verso le immagini in qualche modo correlate a istanze commerciali, da qualche decennio sono in gran parte evaporati e non c’è museo al mondo che non ambisca a presentare rassegne dedicate alla foto di moda, di design o ai ritratti dello star-system realizzati da grandi fotografi. Il problema tutto italiano è la mancanza di Musei della moda e della fotografia, di valenza internazionale, ovviamente diretti da persone lontane dalla mentalità del “visivamente responsabile” evocata sopra.
Ovvero di istituzioni in grado di dare continuità a collezioni ed eventi di alto profilo grazie ai quali è più facile divulgare al pubblico la complessità del lavoro dei grandi fotografi che di solito scombina la retorica dei generi: per esempio, Irving Penn non è stato solo un geniale fotografo di moda e quando si smarcava dalle committente commerciali, le sue foto artistiche non erano una critica al genere fotografico che lo aveva reso celebre…tra queste due dimensioni (foto commerciale V/S foto artistica) non ci sono solo attriti ma anche connessioni e forse per l’estetica contemporanea le seconde sono più decisive delle prime. Qual’è la struttura che connette un po’ tutto il lavoro e le ricerche estetiche di Penn? Io la immagino come un insopprimibile desiderio di ordine o di controllo della messa in scena che rende cognitivamente pregnante una doppia percezione: io vedo nelle sue foto una enigmatica impronta di classicità ravvivata da un robusto sentimento di modernità, nel senso che la parola “moderno” aveva per gli artisti/fotografi americani della sua generazione. Modernità per essi significava mettere in discussione i canoni estetici europei e farla finita con sterili idealismi e ideologismi che isolavano le pratiche estetiche dai processi innovativi che stavano mutando la forma di vita americana.
Se osservo il lavoro di Penn superando i confini dei generi mi viene da pensare che ciò che lo interessava non era l’arte come potrebbero intenderla accademici, storici, critici, bensì nel senso di una sperimentazione pratica dei determinanti del processo creativo. Mi piace ricordare al lettore che l’uso di quest’ultimo concetto, creatività, diviene centrale nella nostra società proprio a partire dagli anni cinquanta del novecento, ovvero nella decade nella quale Irving Penn fu a tal riguardo un innegabile protagonista. Come funziona il punctum creativo del fotografo? La metterei giù così: costruzione di un centro visivo stabile, che però in qualche modo sollecita lo sguardo a sovradeterminare l’ingaggio percettivo, deviandone le significazioni. Mi ha da sempre stupito come le foto, anche quelle più commerciali, di Penn, fondessero il massimo di informazione visiva con le deviazioni dalle quali emerge una strana, sensibile bellezza
Probabilmente la sua giovanile vocazione artistica orientata verso la pittura e risoltasi con la distruzione quasi tutte sue opere dopo aver maturato l’idea di non poter ambire ad essere uno dei grandi, non cancellò affatto dalla sua mente ciò che potremmo avvicinare con le parole talento e sensibilità per l’assetto formale del materiale estetico. Queste caratteristiche interiori, corroborate dagli studi effettuati sotto la direzione di quel grande maestro che fu A. Brodovich, mi permettono di capire l’immediata efficacia di Penn quando cominciò a collaborare con Vogue.
Ma la scelta del contesto moda come attività professionale primaria non fu affatto lineare. Le cose per Penn andarono. grosso modo così: dopo aver studiato grafica e arte con colui che dalle pagine di Harper’s Bazaar stava rivoluzionando l’impaginazione di una rivista senz’altro decisiva per la maturazione del pubblico femminile, stimolato dal maestro fece il grafico per un paio d’anni..
Poi volle giocare tutte le sue carte per diventare un grande artista. Andò a risiedere in Messico e si calò nella più individuale e forse tragica esperienza estetica di quel tempo: essere artista d’avanguardia negli Stati Uniti degli anni fine quaranta/primi cinquanta del novecento. Penn era un nevrotico perfezionista e non accettava compromessi se si parlava di Arte. Non riuscendo a produrre nulla all’altezza delle sue ambizioni, cominciò a viaggiare per tutto il Messico facendo pochi quadri e molte fotografie; scatti che evidentemente riempivano i vuoti dell’ispirazione artistica, fatti senza le pressioni prodotte dal faccia a faccia con la tela, scatti senza troppe pretese dunque, ma che ebbero la loro parte nel proseguo della carriera di Penn. Dopo due anni evidentemente ritenuti inconcludenti dall’artista, distrusse tutte le opere fatte con tanta fatica e rientrò a New York. Cosa era successo? Penn, anche quando divenne famoso come Avedon, non era molto generoso di notizie con giornalisti o scrittori da riviste. Per questo motivo è difficile rispondere alla domanda. Ma poi in quei giorni dopo il ritorno dal Messico chi era interessato al suo lavoro? È certamente vero, tuttavia, che quando si diventa molto famosi anche gli insuccessi del passato possono trasformarsi nel loro contrario. Basta presentarli con le “narrazioni” giuste. Questi ragionamenti da star non sono mai stati di casa nella famiglia Penn\Fossangrive e quindi, la faccio breve, circolano poche informazioni sulla fase della vita del fotografo, nella quale avvertì un senso di distacco dalla “cosa” artistica. Avanzo comunque la congettura che dopo le avanguardie storiche, dopo Man Ray, dopo Duchamps, e surrealisti, fosse realmente difficile per un giovane artista trovare il proprio stile, in un momento caratterizzato da una profonda sfiducia che provava una nuova generazione di artisti, verso mondo delle cose, i quali come reazione ad una realtà svuotata di significati, daranno vita all’Informale. Penn però, amava gli “oggetti” al punto da non riuscire a deformarli se non col tocco delicato della sua luce, Il gesto pittorico espressionista dei giovani artisti della sua generazione lo lasciava indifferente e tantomeno lo interessava perdersi nell’estetica del puro “caso” del dripping di Pollock.
Giunto a New York dopo il lungo stage in Messico, Penn tentò di rientrare come Art Director in qualche rivista importante. E certamente fu fortunato: Brodovich lo presentò a Lieberman arrivato negli Stati Uniti per rinnovare tutte le edizioni di Vogue che si trovavano in secca perdita nella competizione con un agguerritissimo Harper’s Bazaar, guidato da Irma Chase e che aveva come art director per l’appunto Brodovich. La guerra tra le due testate di moda più importanti al mondo era senza esclusione di colpi (colpi creativi, of course). Come mai allora Brodovich favorì l’arrivo di Penn alla corte del quotatissimo Lieberman? Penso che il fatto di essere tutti e tre ebrei russo polacchi, abbia avuto la sua importanza. Ma forse Brodovich sottovalutò il talento di Penn e non poteva immaginare che in pochi anni sarebbe divenuto uno dei fotografi più importanti della moda, dando un contributo fondamentale alla crescita della rivista concorrente.
Approdato alla corte di Lieberman la velocità della carriera di Penn fu strabiliante. Ma se pensate che in quei primi incarichi Penn facesse il fotografo sbagliereste della grossa. Il suo specifico lavoro era presentare le copertine così come le avrebbe volute il nuovo direttore creativo (e naturalmente aiutarlo a concepirle). L’ambiziosa squadra di viziatissimi e pagatissimi fotografi di Vogue (Beaton, Horst, Blumenfeld…) era sostanzialmente ostile alla nuova direzione artistica e tergiversò un po’ troppo nella interpretazione delle idee estetiche di Lieberman; e così il direttore artistico propose a Penn di realizzarle lui stesso.
Se osservate la foto 1 con una attenzione diffusa, certamente restereste delusi da una copertina poco emozionale. forse anche un po’ noiosa. Tuttavia nel 1943 quando fu pubblicata era una cover molto ambiziosa e intelligente. Per capirlo bisogna partire dal contesto e provare a ragionare su ciò che stava succedendo in quel particolare periodo: gli Stati Uniti erano entrati in guerra contro tedeschi e giapponesi; mi sembra intuitivo immaginare che non fosse affatto “patriottico” far vedere modelle bellissime e abiti sfarzosi nella cover di una rivista venduta in milioni di copie. Penn risolse il problema configurando un campo visivo nel quale il lusso si presenta con risonanze etiche evocatrici di efficienza (in totale opposizione all’inutilità che caratterizza il lusso sin lì ordinario); nella copertina citata la cosa/moda ha una valenza eminentemente pratica e collocata in mezzo ad altri oggetti che fanno pensare a una elegante dispensa, ristruttura le attese percettive delle lettrici facendole desiderare un “nuovo” concetto di moda non disgiunta dall’utile.
Secondo A. Lieberman in Vogue in quel momento servivano fotografi sensibili agli oggetti e a contesti realistici, perché solo così si sarebbe creato un punto di vista sulle apparenze totalmente americano. Il budget messo a disposizione dall’editore all’art director era in forte aumento. Gli accessori del lusso implicavano molta più ricerca rispetto alla presentazione degli abiti. Andavano promossi perché lì si nascondeva il vero motore della moda del periodo. A tal riguardo l’intelligenza visiva di Penn era un dono prezioso. Quando scattava sapeva già il tipo di taglio che avrebbe valorizzato l’impaginazione e la percezione olistica della doppia pagina. Gli anni passati a studiare con Brodovich erano stati spesi con profitto. Non sapremo mai come erano le opere d’arte che distrusse quando pensava di aver messo fine alla sua carriera d’artista, ma conosciamo benissimo la sua produzione per la moda e per l’industria della bellezza. Sono convinto che non si debbano confondere queste due dimensioni dell’agire estetico. Le foto di moda anni cinquanta dovevano avere contenuti percettivi ancorati ad emozioni positive. L’artista invece poteva sbattersene alla grande di ogni contenuto positivo e oltraggiare ciò che la gente pensava fosse bello, giusto, nobile. Si può dire che la foto di moda negli anni cinquanta abbia ereditato la responsabilità della difesa di una idea di bellezza in assetto umano, abbandonata da un paradigma artistico proteso verso scoperte visive lontane da ordine, chiarezza, armonia, realismo. Di questa sorta di difesa del bello in assetto umano, Penn divenne uno dei migliori interpreti.
La strada per divenire uno dei fotografi di moda più importanti del novecento era per Penn oramai in discesa.Vogue gli mise a disposizione lo Studio, le modelle più belle, i committenti più prestigiosi, i reportage più interessanti…Per cinquant’anni collaborò con la rivista impostandone almeno 150 cover.
Difficile trovare nel mondo adrenalitico della moda una simile coerenza professionale. Probabilmente a un certo punto, ci fu più di un momento di rilassatezza nei rapporti che Penn calmierava con le sue ricerche e/o libri subito trasformati in mostre. Ma se ci fu qualche attrito con direttori e manager, tutto fu gestito con estremo tatto e senso del decoro.
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L’invenzione della modella intelligente
Lo so che è sempre complicato lanciarsi in avventure interpretative sullo stile di un fotografo della moda. Quasi tutti i più bravi imparano in fretta ad imitare gli stili preferiti dagli editors delle riviste importanti. Comunque se non ci provassi con Penn non avrebbe più senso dedicare anni di studi per catturare il senso delle forme dell’immaginario della moda.
Se qualcuno mi chiedesse quale è la specificità di Penn negli anni nei quali stava rapidamente divenendo bravissimo a fotografare in Studio, risponderei con queste parole:
(A). La luce di Penn è molto particolare; da quello che mi pare di capire dalle foto anni 50/60, amava utilizzare lampade al tungsteno con le quali smorzava i contrasti tanto amati dai fotografi della generazione precedente.. Penn amava lo strutturarsi di una luce ambiente (James J. Gibson) a bassa specificazione, con la regolazione dei grigi molto raffinata. (B). Questa luce aveva anche un effetto particolare nei reportage di moda. Se guardate la (foto 2) non vi sfuggirà spero l’effetto di intelligenza che illumina la modella. Osservatene la disinvoltura, la controllata noncuranza nei confronti dell’uomo. È arrabbiata o è semplicemente stanca dopo aver ballato tutta la notte? Entrambe le ipotesi sono plausibili ovviamente, ma io ci trovo qualcosa di più ovvero l’intelligenza che ti rende libera. Sono parole forti che possono indurre a pensare che l’emancipazione femminile dipenda molto di più dalle riviste di moda e dai suoi fotografi migliori. Non arrivo a tanto. Ma se guardo le foto di Richard Avedon dello stesso periodo, le foto di Parkinson…Il sospetto diventa una quasi piccola verità.
Nella mostra milanese ovviamente troviamo molto di più delle foto o ritratti della moda.
Per esempi, guardate cosa faceva Penn con i mozziconi di sigaretta gettati per strada (foto copertina). Vogliamo chiamarla Arte Povera? Naturalmente nel senso dell’oggetto umile, elevato negli spazi mentali dei quali gli artisti sono maestri. Personalmente trovo le foto delle cicche straordinariamente potenti, con contenuti niente affatto banali. Vi troviamo infatti la relazione tra il soggetto implicito nello sguardo cioè il soggetto dell’inconscio e gli scarti, ovvero i residui che fanno da tappabuchi, ponendosi apparentemente ai bordi della nostra vita cosciente, in realtà bucata nel suo centro dal desiderio.
Forse a vent’anni o giù di lì, quando lavorava con la pittura, Penn non era ancora un artista di valenza tale da essere ricordato. Ma poi certamente lo è diventato grazie alla fotografia e alla sua sensibilità grafica. In età matura ritornò a confrontarsi con i modi della creatività che immaginiamo essere tipici dell’artista novecentesco. Le sue nature morte, le sue composizioni e creazioni visuali presentano spesso innovativi punti di vista fotografici che rendono percepibile una insolita bellezza, a volte estrema, mai kitsch o banalmente pop. Pare inoltre che ancora più avanti con gli anni sia ritornato a misurarsi anche con pratiche artistiche non fotografiche. Non ho mai avuto il piacere di vedere queste opere de visu, ma le immagini che ho intercettato mi confermano l’impressione che il richiamo originario dell’arte avesse finalmente trovato materie e configurazioni che gli restituivano in forma pacificata la sua primaria passione.
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io tutta questa intelligenza nelle modelle anni sessanta non la vedo
Io non confonderei le modelle anni ‘50, come Stella, Lisa, Doroty Parker…Non le confonderei con Twiggy, Veruska, Shrimpton. Con le prime potrei anche azzardare una cena; con le seconde boh! Non mi ricordo più cosa fare
A parte il fatto che la modella mito anni sessanta si scrive Veruschka, non vedo cosa abbiano di meno rispetto alla generazione dei ’50.
Hai ragione il nome della modella si scrive come hai suggerito.
C’è una parola che può aiutarci a comprendere la distanza tra le due generazioni: “classe” e aggiungerei anche “grazia”.
Nei sessanta si impongono invece modelle “camaleonte” in grado di recitare più ruoli. Nei cinquanta i gesti erano sotto controllo, nei sessanta cercano l’energia del sexy
Ma era più bravo Avedon o Penn? Io avrei detto Avedon, ma poi dopo aver letto l’art ho sfpgliato un libro di Penn e non sono più così sicuro.
Sono di parte nel mio giudizio su Irving Penn, perché è uno dei fotografi che preferisco, ma cercherò di analizzarlo nella maniera più imparziale possibile. Ha lavorato come assistente presso la rivista Vogue, prima di diventarne fotografo ufficiale negli anni ’40. La sua carriera qui, è durata oltre 60 anni e lo ha reso uno dei fotografi più influenti della storia. Ha realizzato una vasta gamma di fotografie, che vanno dalla moda, alla fotografia artistica, dalla fotografia di ritratto a quella di still life con i suoi mozziconi, rifiuti e fiori.
Il suo stile fotografico si caratterizzava per l’uso sapiente della luce, la cura del dettaglio e la scelta attenta dei soggetti, molto importanti per uno scatto eccellente. Fotografava con la luce naturale e spesso senza ornamenti, con uno sfondo bianco che metteva in risalto la bellezza e la purezza dei soggetti. Il suo motto era “less is more”. Come ritrattista, adottava i ritratti all’angolo, che personalmente adoro: costruiva con due pareti un angolo, nel quale poi collocava i soggetti perché pensava che mettendoli alle strette la loro personalità sarebbe stata in grado di venire fuori al massimo. Non è geniale?
Una cosa simile la faceva Philippe Halsman, una volta scattati i ritratti per Life, chiedeva alle persone di saltare davanti alla macchina fotografica perché credeva che nel momento del salto le persone riuscivano a perdere la loro maschera. Ha realizzato quasi 200 scatti che ha poi studiato, teorizzando la “Jumpology”: aveva notato che chi saltava con un solo braccio alzato era perché aveva degli obiettivi nella vita; le donne invece saltavano sempre con le gambe raccolte dietro come atteggiamento infantile; o ancora, chi faceva lo stesso lavoro o, padre e figlio saltavano nello stesso modo.
Irving Penn, tornando a noi, ha sperimentato nuovi processi e tecniche di stampa. Una delle sue più grandi innovazioni fu l’uso di una grande camera 8×10 per la maggior parte delle sue fotografie. Questa tecnica gli permise di creare immagini di grande formato e di alta qualità.
Per quanto riguarda le immagini di moda, una delle mie preferite è senza ombra di dubbio “Le dodici modelle più famose”. Penn ha scattato in studio, lasciando il pavimento scoperto, con uno straccio, come a raccontare la bellezza inserendo una nota di disturbo. Ha ridotto ai minimi termini la scenografia, ci sono solo le modelle perché come dicevo prima, less is more. In questo modo ciò che ci colpisce sono gli abiti. Altre caratteristiche delle sue foto di moda sono i tagli innovativi, la costruzione, l’estremo grafismo e l’assoluta pulizia dell’immagine.
La luce morbida, la composizione pulita e minimalista per catturare la bellezza dei soggetti, mi ricorda molto le immagini di Avedon, tra l’altro amico di Penn dopo aver collaborato per diversi anni nella rivista Harper’s Bazaar.
Grazie per la dritta di Philippe Halsman che conosco poco, anche se la Jumpology, così a naso, per dire, mi sembra una geniale stronzata.
A me l’intervento di Beatrice è piaciuto molto. Non sono d’accordo nel considerare la Jumpology una stronzata. Le cose che non si conoscono non si dovrebbero commentare.
Sono d’accordo con Antonio la Jumpology è interessante. Penn è un grande.
Ehi sapientoni! Non ho mai visto qualcuno saltare come un canguro nelle foto di Penn. Posso concedervi che l’approccio surreale di molte sue foto possa essere avvicinato ad Halsman. Ma il surrealismo era talmente diffuso tra i trenta e i sessanta del ‘900 e i suoi maestri così conosciuti che far dipendere i colpi di creatività surreale di Penn da Halsman mi pare eccessivo.
Due parole sulla jumpology. Non c’è dubbio che quando alteriamo la nostra mobilità, cambi anche la regolazione espressiva del corpo, Halsman sosteneva che imponendo ai suoi soggetti di saltare toglieva ad essi la maschera che utilizzavano per apparire davanti all’obiettivo come desideravano essere, nascondendo chi erano veramente. Mi viene da pensare che se invece del salto avesse assicurato ad essi una sostenuta martellata sull’alluce, si sarebbe avvicinato ancora di più alla verità del soggetto. Oppure poteva optare per il solletico per rendere ancora più divertenti le sue immagini…Cosa voglio dire? Con la trovata del salto non si rende visibile la persona reale; semplicemente la si costringe a cambiare la regolazione del corpo visualizzando un momento poco esplorato dalla fotografia di ritratto. Lo ripeto l’emersione della persona reale non c’entra nulla; è la novità della situazione ad attirare lo sguardo. Siamo sicuri che se mi mettessi all’improvviso a saltellare come una silfide chi mi guarda pensi che sono spontaneo, autentico, sincero? Non è più probabile che chiami un’ambulanza?
Irving Penn fotografo statunitense , nonché autore del famoso motto “Less is more” è approdato nel mondo della fotografia, dopo la grafica.
Partiamo col dire che Penn era partito facendo il grafico e ha iniziato nel 1943 con Vogue, dopo che Liberman (L’art director di Vogue) lo assunse come assistente per preapare le varie copertine alla stampa , ma il modo in cui il grafico creava le copertine lo incuriosì e da qui prese parte come fotografo di Vogue con cui lavorò per oltre 60 anni , rendendolo un grande fotografo.
Penn è stato un grande ritrattista , il suo modo di lavorare mi ha stupita con i ritratti all’angolo questa tipologia di ritratto consisteva nel sistemare due pareti in maniera da creare un angolo, e posiziona i soggetti in questo angolo con uno sfondo grigio o bianco , per esaltare le bellezza dei suoi soggetti e la loro personalità, per renderli impotenti , inoltre resi particolari con contrasti , un uso di luci morbide usate in maniera molto intelligente , di solito preferiva una luce naturale , e realizzava i suoi ritratti in studio con un’attenta visione per i dettagli , e rendeva la scena più minimal possibile per concentrare l’occhio solo sul soggetto senza alcun elemento di disturbo, come lui diceva con il suo motto .
Penna stampava le sue fotografie con la stampa al platino , molto costosa , e utilizzava una macchina di grande formato .
Per le fotografie , diciamo che il fotografo si è interessato non solo alla moda , ma anche still life , nature morte; inoltre ho conosciuto Irving Penn durante una lezione di storia della fotografia e ho preso visione di fotografia che mi ha incuriosita; in questa fotografia sono raffigurate 12 modelle , di fatto il nome è : le 12 modelle più famose “ ; queste modelle sono state fotografate in posa , con una scenografia con pochissimi elementi “ less is more “ ricordiamolo, ma la particolarità sta nei dettagli lasciati apposta sulla scena ad esempio lo straccio , il pavimento non del tutto coperto , nei bordi si nota la fine del telo , quindi si nota pezzo di muro , insomma una fotografia a parer mio intelligente.
Concludo dicendo che Penn è stato un fotografo molto attento ai dettagli, alle inquadrature , al suo modo di scattare i suoi soggetti, di cui voleva trarre la personalità oltre che la bellezza.
Signorina Chiara, un po’ d’attenzione prego. “Less is more” è una affermazione attribuita all’architetto Mies van der Rhoe e non a Penn. Tuttavia è vero che lo stile del fotografo sembra preferire un certo essenzialismo.
Surrealismo ed avanguardia al chiuso di uno studio, rappresentano i caposaldi caratteristici dell’operato di Irving Penn.
A caratterizzare l’operato di questo fotografo infatti, è la pulizia degli sfondi indipendente dal soggetto, lo stesso approccio viene attuato per fotografare personaggi celebri, persone di diverse culture come la spazzatura raccolta dagli assistenti per le strade.
La sua carriera non parte come fotografo ma in primis come pittore, grafico ed artista industriale, per poi passare ad art director, carriera che lo porta alla sua iniziazione nel mondo dell’immagine a livello lavorativo allo Junior League Magazine e poi per la celebre rivista Vogue. È proprio lavorando come art director in Vogue dove gli viene data la possibilità di esprimere a livello professionale la sua passione per la fotografia, in parte per l’audacia delle sue proposte ed in parte perché tramite le fotografie scattate durante un suo viaggio avevano colpito Brodovich.
La sua carriera come fotografo prende molteplici direzioni, celebre per le foto nella moda, in cui ha effettuato scatti diventati iconici si ricordati nella storia della fotografia ma celebri nell’immaginario collettivo, basta pensare alla fotografia della donna col cappello nero e la rete sul viso.
Parallelo alla sua carriera con Vogue egli ha portato avanti una serie sulle varie culture, egli giro in Perù, Africa Occidentale, Nepal, Marocco e Nuova Guinea, dove ritrae indigeni di tribù locali, stregoni, guerrieri o famiglie nei loro costumi tradizionali, ripresi come se fossero nel suo studio di New York, infatti con sé fece portare uno studio portatile per creare una coerenza tra le immagini che stava scattando.
Trovo molto interessante inoltre, il suo tentativo di fotografare in modo reale i suoi soggetti, o meglio di fotografare al di là dell’aspetto fisico ma catturando il carattere attraverso le sue fotografie “portrait in the corner”, dove i soggetti venivano messi nello spigolo di un set e nel quale, si può vedere come ognuno, così messo “alle strette” esprime se stesso. Come tentativo non è del tutto nuovo, si può fare un parallelismo con il libro “Jump book” di Philippe Halsman. Mi affascina come questi due autori, per arrivare ad un medesimo risultato, abbiamo strutturato due metodologie o meglio, abbiano identificato situazioni così diversi.
Accolgo l’occasione del commento per rispondere ad una sua piccola provocazione nel testo sovrastante. Le fotografie ad i mozziconi di sigarette, come tutta la serie di cui esse fanno parte, forse sono le foto più lontane da foto “povere ” dell’autore. Esso infatti per svilupparle ha utilizzato come tecnica la stampa al platino, la stampa più costosa del tempo ripassata a contatto più volte per arrivare al livello di ombre e profondità desiderata. Questa contrapposizione è stata ideata appunto dall’autore per creare l’ossimoro fra come vengono considerati i soggetti rappresentati, ovvero della spazzatura decomposta e rovinata e la stampa più nobile esistente.
Prima di intervenire vorrei porre alcune considerazioni sugli anni in cui è cresciuto il fotografo sopra citato.
Irving Penn nacque nel 1917 negli USA, e nel periodo fra il 1918 e il 1929 gli statunitensi vissero un’epoca caratterizzata da spensieratezza e un crescente benessere; si diffondevano le conoscenze della seconda rivoluzione industriale, che portarono cambiamenti positivi nella vita quotidiana degli americani, come l’elettricità nelle case della maggioranza dei cittadini e la possibilità per moltissimi di possedere beni considerati fino poco prima di lusso, come la macchina e tanti tipi di elettrodomestici. Questo portò, di conseguenza, a uno sviluppo celere del settore pubblicitario.
Tutto ciò per dire che, all’inizio della sua carriera, l’ambito lavorativo in cui si è “gettato” Penn era al suo apice di crescita e importanza.
Nel corso della sua vita lavorativa Penn utilizzò diverse macchine fotografiche, differenti tecniche e processi di stampa, tra cui le lunghe sperimentazioni in camera oscura con stampe alla gelatina d’argento e stampe al platino, che lo distinsero dagli altri fotografi contemporanei.
Altri fattori che lo caratterizzavano e lo distinguevano, sono l’uso consapevole e mirato della luce, la semplicità apparente delle sue ambientazioni e la composizione studiata nel dettaglio, a differenza delle sontuose scenografie tipiche degli anni in cui operava.
Nonostante le tendenze di moda cambiassero nel tempo, Penn rimase sempre fedele al suo marchio minimalista e questo lo rende, ai miei occhi, un artista coerente e coraggioso.
Tralasciando tecnicismi e informazioni alla portata di tutti, vorrei soffermarmi in modo particolare sulla serie di nudi scattati da Penn negli anni ’49-’50.
Nonostante la sua fama e il fatto che già nei suoi lavori viaggiasse controcorrente, non riesco a spiegarmi come mai quegli scatti restarono inediti fino a circa 50 anni dopo.
Si tratta di scatti a corpi piegati, in pose inusuali, con fianchi tondi e pance prominenti, con una grande carica fisica e sensuale.
Si parla comunque di un progetto personale del fotografo, con lo scopo di creare un “antidoto” al mondo patinato e glamour delle riviste di allora.
A parer mio avrebbe funzionato; in ogni epoca serve qualcuno o qualcosa che smorzi la “sete” di perfezione apparente di tendenza e chi, meglio di Penn, avrebbe potuto farlo?
“Posso essere ossessionato da qualsiasi cosa se la guardo abbastanza a lungo. Questa è la maledizione di essere un fotografo. “ – Irving Penn
Il fascino degli scatti di Irving Penn è di un’immensità enorme, egli ha una sensibilità fuori dal comune, adopera con uno sguardo percettivo fatto di perfezione, ordine e armonia; egli è in grado non solo di realizzare le sue fotografie con le diverse, perfette e eleganti composizioni dei soggetti ma anche di rendere gli scatti raffinati con le adeguate regolazioni di colori.
Trovo magico il suo utilizzo del bianco e nero, fatto di contrasti armoniosi tramite la luce, che riesce a dare ordine.
Nei suoi lavori la bellezza è ovunque, in ogni dettaglio, e in essi è evidente la sua grande capacità artistica; è come se egli studiasse prima dello stesso scatto tutto, ogni minima cosa.
Le emozioni si celano nello spettatore tutto d’un tratto, quella insolita armonia rende la bellezza elegante, fa stupire, riesce a rendere bello l’immaginabile, riesce a dare un senso a tutto, perfino a cose che prima neanche si poteva mai pensare, come se tutto avesse un posto in cui stare, come se tutto avesse un messaggio da dare; poiché la fotografia è questo, dare un significato, arricchire, rendere completi, emozionare, avere il controllo, tramandare più cose possibili, in silenzio ma con eleganza e l’impronta stilistica di Irving Penn ci riesce in pieno.
Penso che la sua fama non sia solo derivata dalla grande innovazione nel periodo storico in cui lavora, ma anche dalla creatività e dall’inaspettato, fatto di pura perfezione.
I suoi scatti sono incantevoli, riesce a dare significati e messaggi, a studiare tutto alla perfezione, non c’è un suo scatto che non lascia il segno. La sola purezza dei suoi lavori tramanda una bellezza all’occhio umano fatta di pura consapevolezza che le cose un significato lo hanno, basta vederle con occhi diversi; celebre è la sua citazione “Posso essere ossessionato da qualsiasi cosa se la guardo abbastanza a lungo. Questa è la maledizione di essere un fotografo”, frase che ci fa cogliere la sua grande sensibilità del comporre, dell’immaginare, della sua tecnica e del suo sguardo visivo, capace di portare in un nuovo mondo, fatto di un’incantevole perfezione. La fotografia è una delle cose che mai possano trasformare il modo di guardare il mondo e la vita, con le loro minime caratteristiche e i loro minimi dettagli, ed egli è di una maestria unica, è stato in grado di adoperare in modo dinamico e strettamente originale in ambiti fotografici quali ritratti, foto di moda, reportage e still life.
Celebre è la definizione che Alexander Liberman, art director della rivista di Vogue, ha voluto attribuire a Irving Penn, ovvero “una mente e un occhio che sapeva cosa voleva vedere”, poiché la sua mente, ricca di sapere e voglia di voler trasmettere, e il suo occhio, pieno di voglia di scoprire e di tramandare, ci illumina di meraviglia.
Irving Penn è uno dei fotografi più influenti del XX secolo, noto per la sua straordinaria creatività, sperimentazione e abilità artistica. La sua carriera è caratterizzata da una profonda innovazione e e da una ricerca costante di nuove forme di espressione fotografica. Inoltre la sua sensibilità grafica gli ha permesso un approccio più innovativo e sempre valorizzante.
Una delle sue caratteristiche distintive è la capacità di sperimentare e rompere gli schemi convenzionali. Ha sempre cercato di sfidare le norme e le aspettative della fotografia, spingendo i limite delle sue capacità tecniche e creative. La sua ricerca di nuove modalità espressive lo ha portato a esplorare una vasta gamma di stili e tecniche, dal ritratto formale alla moda, dalla natura morta all’etnografia.
Penn è conosciuto anche per il suo approccio meticoloso e preciso nella composizione. Ogni sua fotografia è il risultato di un attento studio e pianificazione, in cui ogni elemento, dal posizionamento degli oggetti alla scelta dei dettagli, viene attentamente considerato. Questa precisione si traduce in immagini di straordinaria bellezza e impatto visivo.
La sua creatività si manifesta anche nella scelta dei soggetti e nella capacità di catturare l’essenza e la personalità di ogni individuo o oggetto fotografato, sempre tenendo a mente il contesto in cui operava. Penn era in grado di estrarre la bellezza dalle cose più comuni e di trasformarle in opere d’arte senza tempo.
Oltre alla sua maestria tecnica e alla sua creatività visiva, è stato anche un innovatore nel campo della stampa fotografica. Ha sviluppato nuove tecniche di stampa e di illuminazione, sperimentando con diverse superfici e supporti, dando così vita a immagini che sfidano le convenzioni tradizionali della fotografia.
Le opere di Irving Penn hanno lasciato un’impronta duratura nel mondo della fotografia e delle arte visive. È considerato un maestro e un ispiratore per generazioni di fotografi successivi. La sua dedizione all’arte, la sua continua sperimentazione e la sua straordinaria creatività lo rendono una figura leggendaria nella storia della fotografia e non solo.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più influenti del Novecento capace, attraverso il suo inestimabile lavoro, di realizzare cambiamenti tangibili in ambito fotografico. Tra gli aspetti più interessanti evidenziati dall’articolo ci sono sicuramente la rivoluzione/invenzione fotografica di cui Penn si è reso protagonista, ma anche la sua grande ambizione che ha contribuito ad avvicinarlo al mondo della fotografia e a farlo conoscere ad un pubblico sempre più ampio.
Ritengo che il suo indiscutibile talento, responsabile di averlo reso uno dei più importanti fotografi del XX secolo, sia già osservabile nel periodo che precede la vincente collaborazione con Vogue e il suo direttore creativo Lieberman. Gli anni trascorsi in Messico giocano infatti un ruolo fondamentale nella vita di Penn, intenzionato ad affermarsi come grande artista. La sua radicata ambizione e il suo inesauribile desiderio di ricerca della perfezione, tanto forte dal portarlo a distruggere tutte quelle tele che riteneva non essere all’altezza, lo avvicinano al mondo della fotografia. È proprio questa ad essere capace di compensare l’insoddisfazione prodotta dalle sue opere e dalla difficoltà di riconoscersi in uno stile proprio e, tornato a New York, si traduce nella carriera che lo avrebbe reso celebre.
Nel suo successo giocano inoltre un ruolo centrale gli anni dedicati allo studio dell’arte e alla grafica, così come il prolungato rapporto con Brodovich che lo introduce, forse per amicizia e forse perché ne sottovalutava le capacità, alla concorrenza non immaginando quello che sarebbe successo. Penn dimostra fin da subito una grande intelligenza e sensibilità nella scelta del taglio, nell’utilizzo delle luci e nella comprensione dell’oggetto, evidente nella copertina di Vogue dell’ottobre del 1943 e nelle 150 cover che realizza durante questa collaborazione. Quella di Penn è quindi una vera e propria invenzione che non si limita al mondo della moda, ma permea anche le sue fotografie artistiche. La sua capacità di catturare l’essenza del soggetto/oggetto delle sue fotografie, così come la meticolosa inquadratura (nessuno scatto veniva infatti realizzato casualmente o senza prestare la dovuta attenzione) e posizionamento degli elementi nella scena è di una bellezza straordinaria.
Ritengo infine che le parole della storica direttrice di Vogue Anna Wintour riassumano magistralmente l’essenza del fotografo e del processo di modernizzazione di cui si è reso protagonista. Parlando di Penn, descrive come egli “cambiò radicalmente il modo in cui la gente vedeva il mondo, e la nostra percezione del bello”. A cambiare questa visione del mondo è la dimensione artistica da lui abilmente padroneggiata applicata alla fotografia nella sua interezza. Circoscrivere questa affermazione al campo della fotografia commerciale di moda sarebbe infatti riduttivo nei confronti dell’eredità che ci è stata lasciata dal fotografo.
Irving Penn, uno dei fotografi più influenti del ventesimo secolo, è noto per la sua rivoluzionaria visione artistica e la sua ambizione di farsi conoscere dal pubblico. Già dai suoi anni trascorsi in Messico, Penn dimostrò il suo talento eccezionale e la sua determinazione nel diventare un grande artista. La fotografia divenne il suo mezzo per colmare il vuoto che le sue opere precedenti non riuscivano a soddisfare, e così iniziò la sua celebre carriera a New York. Lo studio dell’arte e della grafica, unito alla collaborazione con Brodovich, ebbero un ruolo fondamentale nel successo di Penn. La sua intelligenza nella scelta dell’inquadratura, nell’uso delle luci e nella comprensione del soggetto si riflette chiaramente nella sua vasta produzione di copertine per Vogue. La sua rivoluzione artistica non si limitò al mondo della moda, ma permeò anche le sue fotografie artistiche. La sua capacità di catturare l’essenza del soggetto, insieme alla cura meticolosa nella composizione e nella disposizione degli elementi, conferiscono alle sue opere una straordinaria bellezza. Secondo Anna Wintour, direttrice storica di Vogue, Penn ha radicalmente cambiato il modo in cui vediamo il mondo e il concetto di bellezza. La sua maestria nell’applicare la dimensione artistica alla fotografia ha ridefinito la prospettiva del mondo. Limitare il suo impatto al solo ambito della moda sarebbe un’interpretazione riduttiva dell’eredità lasciata da questo straordinario fotografo.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più prestigiosi del novecento, la sua creatività, innovazione e sperimentazione lo hanno portato a cercare stili differenti, fino a delineare il suo personale;
le sue opere venivano studiate nei minimi dettagli, nessun oggetto presente all’interno della composizione veniva inserito a caso, inoltre anche il posizionamento della luce avveniva dopo un attento studio in base al risultato che voleva ottenere, spesso la utilizzava in modo da attenuare i contrasti;
aveva la capacità di far risaltare l’essenza del soggetto nelle sue fotografie, riusciva a rendere di una bellezza unica anche gli oggetti più comuni.
La sua grande ambizione fu per lui un’arma a doppio taglio, per certi versi di intralcio nella sua carriera, il non sentirsi mai all’altezza per ciò che stava facendo, reputando che le persone facessero meglio di lui, lo ha portato a distruggere molte delle sue opere, dietro le quali ci fu duro lavoro, non considerando il possibile appezzamento da parte di terzi;
questo però lo ha poi spronato a fare sempre meglio, diventando il fotografo che oggi conosciamo e che ci ha lasciato incredibili opere, è da ammirare questo suo tratto caratteriale, nonostante tutto non ha mai abbandonato ciò che amava fare, e anzi ha sempre cercato di fare meglio in modo da essere soddisfatto di ciò che stava realizzando, pertanto ritengo che sia da considerare una figura dalla quale poter prendere ispirazione.
Irving Penn è ricordato per essere stato uno dei migliori fotografi della rivista Vogue , ma non si dedicò solo alla moda.
Egli infatti fu anche un celebre ritrattista, si occupò di still life e anche di reportage in giro per il mondo.
Ciò che caratterizza tutti i suoi lavori è il suo marchio di fabbrica: l’estremo minimalismo, lo studio delle luci, l’utilizzo di tagli particolari e il controllo maniacale della scena.
Irving prima di dedicarsi completamente alla fotografia pensava che la sua strada fosse la pittura, ereditò sicuramente da questa tecnica l’estrema cura verso i dettagli.
Egli riusciva ad ottenere certe sfumature di bianco e nero non solo attraverso lo studio dell’illuminazione giusta ma anche in camera oscura, lavorando con le pellicole e sperimentando nuove tecniche.
Diversamente dallo stile delle avanguardie andò controcorrente e decise di eliminare qualsiasi cosa che disturbasse la scena e distogliesse l’attenzione dal soggetto, per questo utilizzò sempre sfondi neutri.
Le foto di moda ricordano molto i ritratti perché riesce a far uscire la personalità della modella nonostante l’attenzione sia rivolta agli abiti.
Le sue foto trasmettono eleganza, raffinatezza, equilibrio, plasticità, estrema pulizia.
Creò addirittura uno studio portatile, una tenda da montare e trasportare per realizzare i propri ritratti, dalla gente comune alle celebrità.
Realizzò anche delle serie di scatti dedicati ai rifiuti raccolti per strada come mozziconi di sigarette, guanti e anche a crani animali.
Come se volesse ridare vita a questi oggetti e donargli una nuova estetica.
Utilizzò la stampa su platino, la tecnica più costosa all’epoca ed è curiosa questa contrapposizione tra la ricchezza del materiale e l’iniziale povertà del soggetto che trasformò in bellezza.
Nel febbraio 2011 l’artista e designer britannico Stuart Haygarth ha cominciato il suo progetto chiamato Strand, una raccolta fotografica di composizioni da lui create.
Scarpe, pettini, accendini, giocattoli e contenitori di plastica, sono solo alcuni degli “scarti” che l’artista ha collezionato e trasformato in opere d’arte.
L’intento di Haygarth era proprio quello di dare una nuova vita a questi oggetti dimenticati, esaltandone il valore e la bellezza e probabilmente lo fece ispirandosi a Irving Penn.
Irving Penn è stato un fotografo americano di fama mondiale, noto soprattutto per le sue fotografie di moda e di ritratto. Ha lavorato per numerose riviste tra cui Vogue e Harper’s Bazaar e ha collaborato con molti dei più grandi nomi della moda, dell’arte e del cinema del suo tempo.
La creatività di Penn è stata evidente fin dall’inizio della sua attività artistica. Nel corso degli anni ha creato una serie di fotografie di moda per la rivista Vogue con la quale ha collaborato per oltre 50 anni, cambiando per sempre il modo in cui la moda viene immortalata.
Irving Penn non si è limitato alla fotografia di moda. Ha dato vita a delle serie di ritratti, considerati lavori iconici. I suoi scatti sono spesso caratterizzati da una forte presenza dell’oggetto ritratto, che sembra emergere dallo sfondo. Utilizzando una luce dura e un formato quadrato, Penn ha creato un’atmosfera di intimità che ha permesso ai soggetti di esprimere la loro personalità in modo naturale.
Un’altra caratteristica distintiva del lavoro di Penn è stata la sua attenzione alla forma. Le sue fotografie erano spesso composte in modo geometrico, con forme precise e simmetriche.
Durante la mia personale ricerca, mi sono imbattuto nella serie di ritratti “Corner Portraits”, dove l’autore ha fotografato soggetti in angoli di muri, che creano una strana simmetria tra la figura umana e l’architettura. Mi sembra una tecnica in cui si fornisce una particolare e inconsueta funzione allo sfondo. L’insieme, anche grazie alle linee che si vengono a creare, porta maggior attenzione al soggetto, posizionato nella parte centrale dell’immagine.
In conclusione, Irving Penn è stato un fotografo incredibilmente creativo, che ha saputo sperimentare e innovare costantemente nel corso della sua carriera. Le sue fotografie, caratterizzate dalla sua attenzione ai dettagli, alle forme ed alle luci, sono state e sono tutt’oggi, d’ispirazione per molti colleghi fotografi. Possiamo quindi affermare che il suo operato è una importante pagina della storia fotografica del ‘900.
Federico Francia – Graphic Design 1 LABA
Irving Penn è stato un celebre fotografo americano, noto per il suo lavoro nella moda, nel ritratto e nella fotografia. È considerato uno dei più grandi maestri della fotografia del XX secolo.
Nato il 16 giugno 1917 a Plainfield, nel New Jersey, Penn ha studiato presso la Philadelphia Museum School of Industrial Art e successivamente presso la Pennsylvania Academy of the Fine Arts. Dopo aver completato gli studi, si trasferì a New York City nel 1938 e iniziò a lavorare come assistente di Alexander Liberman, direttore artistico di Vogue, difatti la sua carriera decollò proprio quando gli fu assegnato il compito di fotografare la copertina di ottobre del 1943 per Vogue. Questo fu solo l’inizio di una lunga collaborazione con la rivista, che durò per oltre 60 anni.
Penn è stato un pioniere nel campo della fotografia di moda. Rompendo con le convenzioni dell’epoca infatti una delle caratteristiche distintive del suo stile era l’uso di uno sfondo neutro e minimale. Spesso sceglieva uno sfondo bianco o grigio solido, che metteva in risalto il soggetto principale della fotografia. Questo approccio minimale permetteva di concentrarsi sull’essenza del soggetto, evitando distrazioni eccessive.
La luce era, inoltre, un elemento fondamentale del suo lavoro. Utilizzava un’illuminazione precisa e controllata per modellare il soggetto e creare ombre suggestive. La sua padronanza dell’illuminazione gli permetteva di dare profondità e tridimensionalità alle sue immagini, conferendo un aspetto scultoreo ai soggetti fotografati.
Irving era anche noto per la sua composizione impeccabile. Le sue fotografie erano caratterizzate da una disposizione equilibrata degli elementi, con una grande attenzione alla simmetria, alla geometria e alle linee. Questa composizione precisa dava alle sue immagini un senso di ordine e armonia, ma allo stesso tempo poteva creare tensione e dinamismo.
Penn ha avuto una particolare sensibilità nella scelta delle modelle per le sue fotografie. Era noto per cercare qualcosa di unico e distintivo in ognuna di esse, andando oltre i canoni tradizionali di bellezza, inoltre, una delle caratteristiche delle modelle scelte, era la loro personalità forte e magnetica, cercava donne con una presenza scenica, che potessero trasmettere emozioni e comunicare attraverso lo sguardo e il linguaggio del corpo. Voleva che le sue modelle fossero in grado di interpretare il suo lavoro e di aggiungere una dimensione emotiva alle sue fotografie.
Si interessava anche alla diversità e all’individualità delle sue modelle. Non si limitava a cercare volti stereotipati o standardizzati, ma cercava donne con caratteristiche uniche, che potessero portare un’energia speciale alle sue immagini. Ha spesso scelto modelle con lineamenti distintivi, come un naso pronunciato, occhi penetranti o un’espressione particolare.
Attraverso le sue scelte Irving ha contribuito a ridefinire gli standard di bellezza e a promuovere la diversità nell’industria della moda. Le sue immagini hanno rappresentato un’ampia varietà di donne, sottolineando l’unicità di ciascuna di esse e celebrando la loro bellezza individuale.
Durante la sua carriera ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti per il suo lavoro, inclusa una mostra personale al Museum of Modern Art di New York nel 1984 e la Medaglia d’Oro alla Carriera del Royal Photographic Society nel 2004.
Irving Penn è scomparso il 7 ottobre 2009, ma il suo lascito nella fotografia è rimasto immenso. Le sue immagini continuano a ispirare e influenzare fotografi di tutto il mondo e la sua visione artistica rimane un punto di riferimento per il campo della fotografia.
Ottimo intervento. Potevi però soffermarti.su alcune immagini specifiche come esempio, e provare ad analizzarle.
Prima di leggere questo testo non conoscevo Irving Penn, ma dopo aver fatto qualche ricerca su di lui e sul suo lavoro mi sento di dire che ho apprezzato molto in particolare i suoi ritratti, il modo in cui mette qualunque soggetto in perfetta evidenza tramite un accurato lavoro su luci e ombre, sempre applicato allo scatto in bianco e nero che manifesta una grande bellezza divenuta iconica nelle sue opere. Non mi sorprende che sia diventato un fotografo di tale successo a livello mondiale, grazie ai suoi ritratti, scatti di moda, al suo contributo per riviste e marchi molto importanti come Harper’s Bazaar ma soprattutto Vogue, con la quale ha collaborato abbastanza a lungo da influenzarla tramite la sua sensibilità creativa. All’inizio il suo sviluppo artistico è stato tumultuoso a causa della sua estrema ambizione, che l’ha portato a distruggere numerose sue opere pittoriche, convinto che non sarebbe mai stato abbastanza abile in ciò che faceva, specie per un pubblico destinato a diventare sempre più ampio; nonostante questo, Penn è riuscito comunque a sfruttare questo suo perfezionismo per scoprire nuovi modi di lavorare e riscoprire la sua predisposizione creativa tramite la carriera di fotografo.
Oltre alle fotografie di moda che ha realizzato (e che hanno lasciato un segno indelebile sulla percezione del bello di qualunque loro osservatore), Penn ha anche lavorato a nature morte, reportage e peculiari ritratti di numerosi soggetti diversi, tutti esaltati nelle loro proprie caratteristiche in modo assolutamente spontaneo, grazie alla creatività e fine abilità grafica del fotografo americano. La sua dettagliata e precisissima attenzione alla forma, all’inquadratura e composizione, alla simmetria, all’impeccabile gestione della luce (particolarmente interessante a mio avviso è l’utilizzo delle lampade al tungsteno per attenuare la luce) hanno contribuito a creare delle vere e proprie opere d’arte del mondo della fotografia di moda e non solo. I suoi ritratti curati con la sua tipica ambizione sono diventati tanto iconici quanto la figura di Penn stesso, come importante fotografo novecentesco e fonte di ispirazione per moltissimi fotografi sia del ‘900 che degli anni seguenti.
Senza dubbio Irving Penn ha influenzato molto la fotografia e numerosi contesti artistici dell’epoca tramite il suo lavoro, la sua voglia di sperimentare, di superare ogni limite per creare opere il più possibile perfette. La bellezza insolita di numerose sue fotografie e il modo in cui ha convinto il mondo a guardare le cose, a percepire lo stesso concetto di bellezza con occhi diversi mi convince pienamente, insieme a tutto il resto che ho detto, letto e sentito del perché sia considerato un maestro fotografo del suo tempo.
Irving Penn è stato un fotografo di grande talento e un’importante figura nel mondo della fotografia del XX secolo. La sua carriera si è sviluppata per oltre 60 anni, durante i quali ha creato un corpo di lavoro diversificato e influente, che spazia dalla moda alla ritrattistica, dallo still life alle immagini etnografiche.
Uno dei tratti distintivi dello stile di Penn è la sua meticolosa attenzione per i dettagli e la sua precisione tecnica. Le sue immagini sono caratterizzate da una composizione impeccabile, una gestione impeccabile della luce e una grande cura per ogni aspetto visivo. Questo approccio rigoroso ha reso le sue opere di una nitidezza cristallina e ha conferito loro una qualità senza tempo.
Penn utilizza una luce controllata e una profonda conoscenza della composizione per creare immagini di grande impatto visivo. La sua abilità nel lavorare con la luce gli consente di plasmare l’atmosfera delle sue fotografie, enfatizzando le forme, i contorni e le texture. Le sue immagini sono spesso caratterizzate da una luce morbida e diffusa che avvolge i soggetti in un alone suggestivo. La scelta dei suoi sfondi neutri e la disposizione semplice degli oggetti o dei soggetti mettono in evidenza l’essenza e l’intimità dei soggetti stessi. Penn riesce a catturare l’individualità dei suoi ritratti, svelando la personalità e le emozioni dei soggetti. Le sue immagini di moda sono un mix di eleganza senza tempo e innovazione, con un’attenzione meticolosa ai dettagli dei tessuti e degli accessori.
Un altro aspetto distintivo dello stile di Penn è la sua maestria nel rendere straordinari oggetti comuni nello still life. Attraverso la sua attenzione per la composizione e l’uso sapiente della luce, riesce a trasformare oggetti banali in opere d’arte, offrendo una nuova prospettiva e rivelando la bellezza nascosta nella semplicità.
Irving Penn ha contribuito in modo significativo all’evoluzione della fotografia come forma d’arte, attraverso la sua straordinaria maestria tecnica e la sua visione artistica unica. Non conoscevo Irving Penn ma sono rimasta affascinata da tutte le sue opere, caratterizzate da un’eleganza senza tempo, una profonda attenzione per i dettagli e una capacità di cogliere l’essenza dei suoi soggetti. Il suo lavoro continua ad ispirare e influenzare molti fotografi contemporanei.
Irving Penn è stato un fotografo americano ampiamente considerato come una delle figure più influenti nel mondo della fotografia. La sua carriera è durata oltre sei decenni, durante i quali ha dato un contributo significativo alla fotografia di moda, alla ritrattistica, alla fotografia di natura morta e al lavoro documentaristico. Lo stile distintivo, la padronanza tecnica e la visione artistica di Penn lo distinguono e continuano a ispirare i fotografi fino ad oggi. Il lavoro di Penn a Vogue lo ha portato alla fama e ha stabilito la sua reputazione come fotografo di moda innovativo. Ha rivoluzionato il campo allontanandosi dai tradizionali scatti di moda in posa e glamour dell’epoca. Invece, ha introdotto un approccio più naturale, minimalista e intimo, spesso catturando i suoi modelli in semplici ambientazioni da studio su uno sfondo neutro. Le sue fotografie trasmettevano un senso di eleganza, raffinatezza e bellezza senza tempo.
Uno dei contributi più notevoli di Penn alla fotografia di moda è stato il suo sviluppo della tecnica del “ritratto d’angolo”. Ha collocato i suoi soggetti in un piccolo angolo dello studio, creando per loro uno spazio unico e intimo. Questo approccio ha portato a composizioni sorprendenti che hanno evidenziato l’individualità e il carattere dei modelli. Oltre alla moda, Penn ha esplorato vari generi di fotografia. Era un maestro della ritrattistica, catturando l’essenza dei suoi soggetti con notevole sensibilità e perspicacia. I suoi ritratti spaziavano da figure iconiche come Pablo Picasso, Audrey Hepburn e Marlene Dietrich a tribù indigene e individui comuni. Penn aveva un’eccezionale capacità di stabilire una connessione con i suoi soggetti, catturando le loro vere personalità ed emozioni.
La fotografia di natura morta di Penn è stata altrettanto accattivante. Ha trasformato oggetti ordinari in straordinarie opere d’arte disponendoli meticolosamente e utilizzando tecniche di illuminazione innovative. Che si trattasse di un semplice mozzicone di sigaretta o di un mazzo di fiori, le immagini di natura morta di Penn hanno rivelato la sua meticolosa attenzione ai dettagli e la sua capacità di trovare la bellezza nell’ordinario. L’eredità di Irving Penn come fotografo è caratterizzata dal suo approccio innovativo, attenzione ai dettagli e capacità di catturare l’essenza dei suoi soggetti. Il suo lavoro ha lasciato un segno indelebile nel mondo della fotografia e continua a ispirare e influenzare i fotografi di generazione in generazione.
La lettura di questo testo suscita diverse riflessioni personali. In primo luogo, mi emerge una considerazione sulla mancanza di rassegne dedicate alle opere di Irving Penn in Italia. Nonostante Penn sia considerato uno dei fotografi più famosi e stimati del Novecento, le esposizioni che ripercorrono la sua carriera seguendo un criterio storico/tematico esaustivo sono state rare nel nostro Paese. Questa latenza può essere vista come una curiosità, soprattutto considerando l’importanza dell’Italia nel mondo della moda.
Si ipotizza che questa mancanza di esposizioni dedicate a Penn possa essere stata influenzata dalla sua fama derivata dal lavoro con Vogue e dalla moda. Questo potrebbe averlo penalizzato agli occhi di coloro che consideravano l’immagine socialmente responsabile come fondamentale, e che avevano il potere di decidere cosa fosse giusto vedere e ammirare. Tuttavia, l’articolo sottolinea che i pregiudizi intellettuali nei confronti delle immagini legate al commercio sono in gran parte scomparsi, e ora i musei di tutto il mondo ambiscono a presentare mostre sulla fotografia di moda e design. Il vero problema in Italia sembra essere la mancanza di musei di moda e fotografia di rilevanza internazionale, guidati da persone con una mentalità aperta nei confronti dell’estetica contemporanea.
Un altro punto interessante riguarda la connessione tra la fotografia commerciale e quella artistica. Penn non era solo un fotografo di moda, ma anche un artista che sperimentava le possibilità creative offerte dal processo fotografico. Le sue fotografie, anche quelle più commerciali, erano caratterizzate da un’estetica particolare che univa informazione visiva e deviazioni che rivelavano una strana bellezza sensibile. Questa capacità di fondere l’aspetto commerciale con quello artistico dimostra l’approccio innovativo di Penn e la sua volontà di esplorare i confini della fotografia.
Infine, il testo sottolinea l’importanza del talento e della sensibilità di Penn per l’aspetto formale dell’estetica. Nonostante la sua vocazione iniziale per la pittura e le difficoltà incontrate nel mondo dell’arte, Penn ha saputo utilizzare il suo talento nel contesto della fotografia di moda, diventando uno dei fotografi più importanti del settore. La sua capacità di creare immagini che combinano oggetti e contesti realistici con un punto di vista americano distintivo ha contribuito alla crescita di Vogue e ha ridefinito l’approccio estetico alla moda dell’epoca.
In conclusione, questo testo mi ha fatto riflettere sulla complessità e sulla connessione tra fotografia commerciale e artistica, sulla necessità di musei internazionali che valorizzino la moda e la fotografia come forme d’arte e sulla capacità di Irving Penn di trasformare il suo talento e la sua sensibilità in un’importante carriera nel mondo della moda. La sua capacità di unire estetica, innovazione e deviazioni creative rende le sue opere uniche e degne di essere esplorate.
L’articolo ci introduce alla vita e all’opera di Irving Penn, uno dei fotografi più influenti del XX secolo. Penn ha lasciato un’impronta significativa nel mondo della fotografia grazie al suo stile distintivo e alla sua capacità di catturare l’anima dei suoi soggetti.
La mostra a Milano è un’opportunità per immergersi nel suo mondo artistico e per apprezzare la sua maestria tecnica e il suo occhio attento per i dettagli. Penn era noto per la sua attenzione alle forme, alle linee e alla luce, che conferivano alle sue fotografie una straordinaria profondità e una bellezza senza tempo.
Una delle caratteristiche più affascinanti del lavoro di Penn è la sua capacità di catturare l’essenza interiore delle persone che fotografava. Le sue immagini rivelano una profonda intimità e una connessione emotiva con i soggetti, trasmettendo un senso di autenticità e vulnerabilità. Tuttavia, nonostante l’apprezzamento per il talento di Penn, è importante anche sollevare alcune riflessioni critiche. Alcuni critici sostengono che le sue fotografie potrebbero essere percepite come eccessivamente patinate o create in uno studio controllato, mancando di una spontaneità o di un legame con la realtà. Alcuni argomentano che la perfezione estetica delle sue immagini potrebbe creare una distanza tra il soggetto e lo spettatore, rendendo difficile l’identificazione o l’empatia. Inoltre, è importante contestualizzare il lavoro di Penn nella sua epoca. Il suo lavoro è emerso in un periodo in cui la fotografia pubblicitaria e di moda stava vivendo un’evoluzione significativa. La sua estetica elegante e sofisticata ha contribuito a ridefinire gli standard di bellezza e stile nel settore, ma ha anche sollevato interrogativi sulle idee di perfezione e idealizzazione. Irving Penn è stato un maestro della fotografia che ha lasciato un’impronta duratura nel mondo dell’arte visiva. La sua capacità di catturare l’anima dei suoi soggetti e la sua maestria tecnica sono ammirevoli. La mostra a Milano offre un’opportunità per apprezzare e interrogare l’eredità di Penn nel contesto della fotografia contemporanea.
Irving Penn fu un maestro dell’obiettivo che ha segnato indelebilmente la storia della fotografia. La sua visione audace e la sua tecnica impeccabile hanno catturato l’anima dei suoi soggetti, trasformando momenti fugaci in icone durature.
Nonostante Penn fosse estremamente dedicato al mondo della moda, nel corso della sua carriera ha immortalato incredibili personalità, le quali erano estremamente conosciute a livello artistico. Ad esempio, Penn riuscì a captare il mistero di Pablo Picasso, Audrey Hepburn e Miles Davis, rivelando la loro essenza attraverso l’obiettivo. Le sue fotografie sono un ponte tra il mondo dell’arte e della fotografia documentaristica, con un profondo rispetto per il carattere unico di ogni individuo. Questa caratteristica che può risultare banale agli occhi di alcune persone, per altri mostra l’incredible capacità di Penn di riuscire a relazionarsi con il soggetto e svelarne le sfaccettature più buie.
Penn era un maestro dell’illuminazione, giocando con l’ombra e la luce per creare profondità e drammaticità nelle sue immagini. La sua abilità nel controllare l’atmosfera e la composizione ha reso ogni scatto un’opera di precisione e bellezza senza tempo.
Oltre alla sua perizia tecnica, Penn è stato un pioniere nell’uso delle tele di sfondo e delle pose minimaliste, rompendo le convenzioni e aprendo nuove strade nella fotografia di ritratto. Le sue immagini sono rimaste impresse nella memoria collettiva, testimonianze di un artista che ha saputo catturare l’anima umana in ogni scatto.
Irving Penn ha lasciato un’eredità indelebile. Le sue immagini rimangono un’esplorazione della bellezza, dell’individualità e della profondità umana. La sua capacità di creare connessioni emotive attraverso le fotografie è un testamento della sua maestria e del suo immenso talento.
Devo ammettere che prima di leggere l’articolo non conoscevo bene Irving Penn, ma dopo aver fatto qualche ricerca posso dire di essere contenta di averlo scoperto. La fotografia è un medium che abbraccia l’arte, la tecnica e la creatività, e pochi fotografi incarnano questa fusione meglio di Irving Penn. La sua incredibile abilità nell’utilizzo della luce, combinata con la sua maestria nella composizione, ha portato alla creazione di immagini iconiche che affascinano ancora oggi. Penn era un mago della luce, capace di trasformare anche gli oggetti più comuni in opere d’arte straordinarie. La luce che permeava i suoi scatti conferiva loro una dimensione quasi magica. La sua conoscenza tecnica approfondita e la sua sensibilità artistica gli permettevano di sfruttare ogni singola sfumatura luminosa per creare atmosfere suggestive e emozionanti. Sapeva come modellare le ombre e catturare i riflessi in modo tale da aggiungere profondità e tridimensionalità alle sue immagini. La maestria di Penn si manifestava non solo nella gestione della luce, ma anche nella sua attenta scelta di inquadrature e composizioni. Ogni dettaglio veniva studiato con cura, risultando in immagini armoniose e simmetriche. Le sue composizioni erano spesso caratterizzate da una ricerca dell’equilibrio perfetto, in cui ogni elemento trovava il suo posto. I suoi sfondi minimalisti o neutri permettevano al soggetto di brillare, catturando l’attenzione dello spettatore con forza ed eleganza. Oltre alla sua genialità artistica, Penn era anche un animo avventuriero. Nel corso della sua carriera, si spinse oltre i confini del suo studio, viaggiando in tutto il mondo per catturare la bellezza di luoghi come il Messico. Queste esperienze arricchirono il suo bagaglio creativo, offrendogli nuove prospettive e influenze culturali che si riflettevano nelle sue fotografie. I suoi scatti in Messico trasmettono la vivace energia e la ricchezza culturale di questa terra affascinante, grazie alla sua abilità nel catturare l’essenza e la personalità dei suoi soggetti. In sintesi, Irving Penn è stato un maestro della luce e della composizione, un artista che ha saputo coniugare tecnica, creatività e una profonda comprensione del medium fotografico. Le sue immagini iconiche continuano a ispirare e a incantare gli spettatori di tutto il mondo, testimoniando il suo straordinario talento e la sua capacità di trasformare la realtà in arte.
Leggendo l’articolo sono stata attratta dal termine “punctum creativo” e, ritenendomi una persona creativa, ho voluto fare una ricerca più approfondita, visto che tale espressione era a me sconosciuta. Nel contesto della fotografia, il concetto di “punctum” è ancora associato al lavoro di Roland Barthes e alla sua teoria sulla fotografia.
Barthes utilizzò il termine “punctum” per descrivere quell’elemento o dettaglio all’interno di una fotografia che colpisce l’osservatore in modo personale ed emotivo, andando oltre ciò che è intenzionale o evidente nella composizione dell’immagine. Il “punctum” può essere un particolare oggetto, un’espressione o un dettaglio visivo che attira l’attenzione dell’osservatore e provoca una reazione emotiva o una connessione personale.
Nel caso di Irving Penn, il suo “punctum creativo” potrebbe essere individuato nella sua capacità di cogliere l’essenza dei suoi soggetti e di creare immagini che comunicano un senso di intimità e profondità. La sua attenzione per i dettagli, la composizione e l’uso della luce gli consentiva di creare fotografie che andavano oltre la mera documentazione visuale, trasmettendo un’esperienza emotiva e comunicativa.
Penn era noto per la sua ricerca della perfezione formale e la sua attenzione meticolosa ai dettagli. Attraverso l’uso della luce, la disposizione dei soggetti e la scelta dei set, era in grado di creare immagini potenti che rivelavano la personalità e l’intimità dei suoi soggetti. Era anche un innovatore nel campo della fotografia di moda, portando un approccio artistico e concettuale a un genere spesso considerato commerciale.
Il “punctum creativo” di Penn, quindi, potrebbe essere visto come il risultato della sua capacità di andare oltre le convenzioni e i confini dei generi fotografici, cercando un’espressione personale e sperimentando con i determinanti del processo creativo. La sua attenzione per l’arte e la sua voglia di esplorare e sperimentare nuove idee hanno contribuito a renderlo un protagonista nell’evoluzione della fotografia come forma d’arte nel contesto culturale degli anni ’50.
La foto dei mozziconi di sigaretta è un esempio di come l’artista abbia preso un oggetto di uso comune e lo abbia presentato in modo inaspettato e provocatorio. Questa immagine può generare diverse reazioni e interpretazioni, come il commento sulla società dei consumi, la tossicità del fumo o la fragilità dell’oggetto stesso.
Secondo me questa foto riflette la sua capacità di trovare bellezza e interesse anche negli oggetti trascurati o considerati insignificanti. L’immagine sfida lo spettatore a considerare questi mozziconi di sigaretta sotto una luce diversa, facendo emergere significati simbolici o emotivi.
Il punctum non ha niente a che fare con l’essenza del soggetto di una foto. Si riferisce ad una qualità percettiva della ricezione e dunque appartiene più all’esperienza del fruitore che al soggetto dell’immagine.
Ciò che tu tiri in ballo con il concetto metafisico di “essenza” per Barthes è il noema di una foto cioè qualcosa “è stato”, lì davanti all’obiettivo. Nel libro “La camera chiara” Barthes abbandona l’approccio semiologico e propone una lettura fenomenologica dell’immagine fotografica.
Irving Penn, uno dei più rinomati fotografi del XX secolo, ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia artistica e della moda. La sua carriera si è estesa per oltre sette decenni, durante i quali ha affrontato tematiche complesse e ha prodotto immagini iconiche che hanno influenzato generazioni di fotografi successivi. Un aspetto particolarmente interessante del lavoro di Irving Penn è la sua abilità di catturare l’anima e l’essenza dei suoi soggetti. Attraverso la sua lente, ha saputo cogliere la bellezza e la profondità degli individui, spogliandoli di ogni artificio e mostrando la loro autenticità. Questa capacità è evidente nelle sue celebri serie di ritratti, in cui le personalità degli individui emergono in modo tangibile.
Allo stesso tempo, Penn ha anche esplorato l’aspetto più oscuro della società umana. Le sue fotografie su temi come la povertà, la guerra e l’alienazione sociale sono testimonianze viscerali della condizione umana. In queste immagini, Penn mette in luce l’impatto devastante di forze e sistemi che portano alla sofferenza umana, e lo fa in modo che sia impossibile ignorare o eludere la realtà. Un altro aspetto significativo del lavoro di Penn è stata la sua maestria tecnica e la sua attenzione perfezionista riguardo ai dettagli.
Ogni sua immagine è stata meticolosamente pianificata, dalla scelta del soggetto al set, dall’illuminazione alle pose. Questa precisione e rigore si riflettono nell’estetica pulita e raffinata delle sue fotografie, che sono un vero e proprio piacere per gli occhi. Un esempio concreto può essere la fotografia della modella seduta ad un tavolo che pare non curante dell’uomo di fronte a lei; non riusciamo a capire le sue emozioni, se è adirata o stanca, ma riusciamo a percepire la bellezza affascinante dello scatto. Irving ha sapientemente studiato le luci e le regolazioni di grigi per donarci questa fotografia con un effetto simile ai reportage di moda. Mi affascina anche la sua capacità di esplorare una vasta gamma di temi, dalla moda alla povertà, dalla bellezza all’alienazione. Riesce a trasmettere emozioni complesse attraverso le sue immagini, creando un dialogo con lo spettatore che va oltre la semplice superficie visiva.
Una delle cose che apprezzo di più nel lavoro di Penn è la sua abilità nel cogliere l’autenticità dei suoi soggetti. Non importa se si tratta di celebrità, di persone comuni o di oggetti inanimati, riesce a svelare la loro essenza e a rivelare un aspetto nascosto o intimo, in particolare mi ha molto colpito la capacità di rivelare la bellezza nascosta in ogni cosa.
Tuttavia, il lavoro di Penn è soggetto a diverse critiche, una delle più consuete è che, alcune delle sue immagini potrebbero essere considerate troppo distanti dalla realtà o eccessivamente idealizzate. Inoltre, il suo successo nel campo della moda può far sorgere interrogativi sulla rappresentazione e l’accessibilità nel mondo della fotografia. Personalmente non mi trovo ad assecondare queste considerazioni, in quanto è indiscutibile il contributo di Irving nel mondo della fotografia e ritengo che egli sia riuscito a conciliare alla perfezione l’eleganza degli scatti fotografici legati al mondo della moda, con quelli di natura più coinvolta nelle cause sociali.
Penn è considerato uno dei pionieri della fotografia di moda.
Ha introdotto nuovi approcci e stili nella rappresentazione delle creazioni di moda, utilizzando un’illuminazione particolare, composizioni innovative e un’estetica raffinata.
Nonostante sia considerato uno dei più grandi fotografi del XX secolo, le sue mostre in Italia sono state rare. Tuttavia, negli anni, l’atteggiamento intellettuale verso la fotografia di moda è cambiato e i musei di tutto il mondo cercano di presentare mostre su questo tema.
Penn era noto per la sua capacità di combinare dettagli precisi con elementi sorprendenti, creando una bellezza strana e sensibile, con il suo stile raffinato e inconfondibile. Penso che la sua capacità di combinare precisione e sorpresa abbia reso le sue fotografie uniche e straordinarie.
Il suo lavoro sfidava le interpretazioni convenzionali e influenzava il punto di vista sulla moda in modo distintamente americano.
La sua sensibilità verso gli oggetti e la presentazione di contesti realistici gli hanno garantito il successo nel campo della moda, inoltre, il suo lavoro continua ad avere un impatto significativo sulla fotografia e sulla moda e la sua influenza si riflette nel lavoro di molti fotografi contemporanei.
Io penso che definire Penn uno dei pionieri della foto di moda sia una imprecisione dal momento che porta a rimuovere l’importanza delle generazioni precedenti. Steichen, de Meyer,Hoyningen-Huene, Man Ray, Lee Miller, Horst, Blumenfeld…solo per citarti più importanti.
È fondamentale riconoscere che la fotografia di moda è un campo che ha radici profonde e che si è evoluto nel corso del tempo grazie al contributo di molte menti creative, che hanno apportato innovazioni e stili unici alla fotografia di moda prima che Penn emergesse come figura influente. Mi rendo perfettamente conto che attribuire il titolo di ‘pioniere’ a Penn da solo potrebbe essere un’omissione delle contribuzioni significative di coloro che sono venuti prima di lui, grazie dell’appunto.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più innovati della sua epoca. La collaborazione con Vogue ha sicuramente aiutato la sua carriera a decollare e tutt’ora, dai suoi progetti, molti altri artisti prendono ispirazione. Ha aperto le porte ad un nuovo mondo fotografico e museale. Possiamo dire che è anche merito suo se ora non ci sono più tutti quei giudizi sulle mostre fotografiche riguardanti la moda e lo stile.
Quello che svolgeva Irving Penn, oltre ad un eccellente lavoro di fotografo nella moda, era una vera e propria critica al modo di fare fotografia a quel tempo, una critica che spesso si ritorceva anche contro di lui, ma è proprio questo che lo rendeva un così grande fotografo. Riusciva ad essere sia moderno e rivoluzionario sia amante della classicità con i suoi scatti che sembrava cercassero di assomigliare ad un passato quasi perduto, allontanandosi dai canoni estetici americani che si imponevano in quel periodo.
Il fotografo lavorava sulla ricerca della bellezza che in un qualche modo lo contraddistingueva dalla massa creandosi attorno un’aurea di originalità che lo portarono sul tetto del mondo negli anni 50 del ‘900. Si dilettò anche con l’arte con alcuni quadri, sicuramente meno famosi delle sue foto, che risalgono al periodo del suo viaggio in Messico dove non trovava più l’ispirazione per le sue fotografie. In ogni caso rimane comunque uno dei più grandi fotografi il mondo abbia mai conosciuto.
La mostra di Irving Penn in Italia rappresenta un’opportunità unica per gli appassionati di fotografia e arte. Nonostante la sua fama nel campo della moda, le sue opere non sono state presentate in modo esaustivo nel nostro paese per molto tempo. Questo potrebbe essere attribuito a pregiudizi verso le immagini legate alla moda, ma negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento di mentalità.
Va sottolineato che Irving Penn non era solo un fotografo di moda, ma anche un innovatore nel linguaggio fotografico. Attraverso le sue opere, ha sfidato i canoni estetici europei del suo tempo, cercando di superare gli ideali e gli ideologismi che spesso limitavano la sperimentazione estetica in America.La sua abilità nel combinare classicità e modernità, creando composizioni ordinate e controllate, ha contribuito al suo successo nel campo della moda.
La mostra dedicata a Irving Penn offre una straordinaria opportunità di immergersi nel mondo unico e affascinante di questo fotografo della moda. Attraverso un’analisi attenta e interpretativa del suo stile, si scopre la sua specificità nell’uso della luce, con una particolare predilezione per una luce ambiente a bassa specificazione che crea una regolazione raffinata dei toni di grigio. Questa luce conferisce alle sue fotografie un’aura di intelligenza e libertà, trasmettendo un senso di disinvoltura nelle modelle che le rende autentiche e potenti.
La carriera artistica di Penn, che passa dalla pittura alla fotografia e poi ad altre forme espressive, dimostra la sua sensibilità grafica e la capacità di creare composizioni visive innovative. Le sue opere presentano punti di vista fotografici insoliti, che rivelano una bellezza estrema ma mai banale o kitsch. Questa mostra ci permette di apprezzare il talento e l’evoluzione di Penn come artista, che ha saputo ritrovare la sua passione primordiale e esprimerla in modo pacificato attraverso varie forme d’arte.
Penn, uno dei più grandi maestri indiscussi della fotografia, con una carriera lunga e prolifica che ha influenzato generazioni di artisti, con le sue immagini che ritraggono un connubio perfetto tra moda, ritratto e arte concettuale, con una profonda attenzione per la composizione, la luce e la capacità di catturare l’anima dei suoi soggetti. È interessante notare come, nonostante la sua enorme fama internazionale, le mostre dedicate a Penn siano state sorprendentemente rare in Italia. Forse questo è dovuto a una certa reticenza nel riconoscere il suo impatto nel campo della moda, poiché veniva considerato principalmente un fotografo di moda. Tuttavia, è innegabile che le sue immagini abbiano superato i confini della moda stessa, diventando vere e proprie opere d’arte che affrontano temi universali. Questa retrospettiva è un’opportunità unica per immergersi nell’universo creativo di Penn e apprezzare la sua capacità di trasformare ogni scatto in un’opera senza tempo. Spero che questa mostra possa aprire la strada a una maggiore valorizzazione di artisti di tale calibro nel nostro paese. La mostra su Irving Penn rappresenta una straordinaria opportunità per i visitatori di immergersi nel mondo affascinante e complesso della sua fotografia, siccome Penn ha il dono unico di catturare l’essenza delle persone e degli oggetti che fotografa, trasformandoli in immagini che raccontano storie e suscitano emozioni profonde. Attraverso la sua lente, Penn ha saputo svelare la bellezza nascosta in situazioni di vita quotidiana e ha dato voce a personaggi che spesso passano inosservati. Le sue fotografie sono intrise di un realismo poetico, in cui la luce e l’ombra si fondono in modo armonioso, creando composizioni di grande impatto visivo. Una delle caratteristiche distintive di Penn è stata la sua capacità di cogliere la personalità e l’anima dei suoi soggetti, rivelando la loro vera essenza. Sia che si trattasse di celebrità, artisti o persone comuni, le sue fotografie ci permettono di entrare in contatto con l’umanità dietro l’apparenza esteriore. Inoltre, Penn ha sempre dimostrato una grande maestria nell’utilizzo delle tecniche fotografiche e nell’esplorazione delle possibilità artistiche. Le sue sperimentazioni con le pose, gli sfondi e gli elementi scenografici hanno conferito alle sue immagini un senso di teatralità e profondità che le rendono davvero uniche. Spero che molti possano cogliere l’opportunità di visitare l’esposizione e di lasciarsi ispirare dalla sua visione artistica, dato che le sue fotografie sono un vero e proprio tesoro culturale che ci ricorda l’importanza di osservare il mondo con occhi curiosi e sensibili.
…cogliere l’anima dei suoi soggetti…la loro essenza…Mah! Boh! …descrivi Penn con se fosse uno psicoanalista. Se ben ricordo l’anima è immateriale. Si può fotografare l’invisibile?
Irving Penn, fotografo riconosciuto pet essere un maestro della fotografia di moda del XX secolo.
I suoi lavori sono passati in differenti ambiti fotografici, dal ritratto alle nature morte.
Nel 1941 si trasferisce in Messico per diventare pittore, ma in questo periodo si appassiona alla fotografia, deluso dai suoi lavori pittoreschi decise di tornare New York, dove nel 1943 il nuovo direttore di Vogue, A. Liberman, lo assume come suo assistente per preparare le copertine delle sue riviste, Liberman, colpito dai suoi negativi, decide di assumerlo come fotografo.
Onestamente amo le fotografie di Penn, soprattutto per la sua attenzione all’ordine e al controllo dello scenario fotografico riuscendo a combinare la classicità e la modernità.
Possiamo dire che di Penn si distingue tra la sua produzione artistica e quella di moda, poiché il fotografo era in grado di trasgredire gli standard di bellezza e sfidando così le convenzioni estetiche.
Gli anni decisivi della sua carriera sono proprio quelli durante il periodo di Vogue.
Irving Penn durante la sua carriera ha utilizzato diverse tipologie di macchine fotografiche e differenti tecniche, ma ciò non distolse il nostro amato fotografo a rigenera ancorato al suo elegante marchio minimalista.
Un tratto che ritrovo molto affascinante e quasi incantevole è il suo utilizzo per gli sfondi neutri, principalmente chiari, riuscendo a mettere in piena evidenza la modella e il forte distacco con in vestiti.
Irving Penn inventerà anche una nuova composizione per le sue fotografie, difatti Penn inizia a portare i suoi modelli in mezzo a due muri, chiusi in un angolo, poiché sosteneva che, se mettendo delle perone alle “strette” la vera personalità di quest’ultime si esternava.
Però all’inizio degli anni ’70, decise di chiudere il suo studio di Manhattan e decise di immergersi nella stampa al platino realizzando una delle stampe al platino che più mi affascinano concepite “Cigarettes”, non tanto per il soggetto; essendo mozziconi di sigaretta, ma per il motivo del quale decise di fotografarlo, essenzialmente Penn decise di raffigurare oggetti considerati spazzatura e stamparli attraverso una tecnica molto costosa e pregiata proprio per dare un valore a quest’ultimi.
In conclusione Irving Penn è stato sicuramente uno dei fotografi più ammirati e ispirati della storia della fotografia, amante delle composizioni perfette e ben studiate, riuscendo a modificare e a cambiare la concezione della moda all’interno della fotografia in maniera esemplare.
Le fotografie di Irvig Penn sono senza dubbio influenzate da uno sguardo autentico, dotato di uno spiccato equilibro estetico. Ogni suo scatto è frutto di premeditazione : a partire dalla scelta delle luci, dei colori, delle inquadrature: tutto doveva funzionare alla perfezione, non a caso, data l’ormai nota propensione al controllo, era solito realizzare i propri elaborati in set appositi (molto famoso il set angolare, nel quale ha ritratto molteplici personaggi dell’ambito artistico e culturale) . La formazione pittorica ha senz’altro contribuito ad abituare Penn ad intervenire manualmente sui negativi. I ritratti di penn sono caratterizzati da sfondo neutro, luce naturale e ricerca continua di forme geometriche (suggerendo varie pose delle mani, era in grado di creare elementi geometrici all’interno dello scatto, atti a donare maggior precisione).
Ulteriore aspetto curioso: la sperimentazione delle più svariate tecniche fotografiche , dalla stampa in gelatina d’argento, a quella su platino, che molto spesso finivano per regalare effetti davvero particolari, come texture della pelle che somigliavano quasi a statue di marmo pregiato.
Ho adorato le nature morte di I.P. a primo impatto potrebbero perfino definirsi “disturbanti”, nell’accezione più innocua del termine: la capacità di dare vita a oggetti statici , attraverso l’utilizzo di elementi bizzarri e cromature vivide, conferiscono all’artista uno spiccato stile personale. La raccolta fotografica “cigarettes” , oltre a presentare contrasti perfetti, è a mio avviso una delle più interessanti: utilizzando elementi che ognuno di noi è abituato ad incontrare nel quotidiano, è riuscito a conferire significati ben specifici, in grado di far riflettere . “Fotografare una torta può essere arte”, affermava.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più in voga nel secolo scorso. Personalmente non conoscevo questo fotografo e le sue opere, all’inizio mi sono sentita confusa di fronte all’enorme quantità di materiale prodotto, ma soprattutto dei temi trattati.
Non è solo fotografia di moda, ma anche di reportage di viaggio , ritratti, foto etnografica, composizioni minimaliste e tanto altro.
Non riuscivo a spiegarmi come una persona potesse interessarsi ad ambiti così differenti fra loro, poi ho letto questa affermazione di Penn: “Posso essere ossessionato da qualsiasi cosa se la guardo abbastanza a lungo, questa è la maledizione di essere un fotografo“ ed ho capito di dover uscire fuori da una prospettiva ordinaria per comprenderlo.
Tentando di ritrovare un filo conduttore fra le sue fotografie ho percepito che i suoi scatti vogliono restituire una eterea essenza al soggetto rappresentato. Infatti che sia una persona o un mozzicone di sigaretta egli utilizza uno sfondo neutro, bianco o grigio, che secondo lo stesso isola l’elemento rispetto al proprio contesto permettendo all’osservatore di soffermarsi sui dettagli, sui piccoli elementi che spesso tendiamo a non vedere, permettendoci di rivalutare persino l’oggetto più banale. Questa tecnica gli permette di far uscire dall’anonimato qualsiasi elemento.
Egli, inoltre, spesso pone i soggetti nell’angolo fra due pareti, creando questo gioco prospettico che accompagna il nostro sguardo verso il centro dello scatto, dove è posizionato il soggetto principale.
Approfondendo questi aspetti ho capito che si tratta di un artista che vuole utilizzare lo strumento della fotografia come mezzo etico attraverso il quale restituire dignità ai soggetti fotografati.
Attraverso le sue fotografie egli ci priva del cosiddetto velo di Maya schopenhaueriano, privandoci delle nostre conoscenze precostituite ci rende insensibili ai nostri pregiudizi, e ci porta a vedere davvero, ad ammirare tutti quei delicati dettagli che a causa delle nostre frettolose vite non degnamo più di uno sguardo, come direbbe il filosofo, la vera realtà.
Di conseguenza suppongo che Penn quando scatta non vede quello che vediamo noi, lui è in grado di soffermarsi su qualcosa che ci sfugge, ma vuole renderci in grado di vederlo attraverso le sue fotografie.
Sono rimasto affascinato dalla genialità e dall’innovazione di Irving Penn nel campo della fotografia e della moda. Il suo lavoro ha il potere di trasformare uno scatto in una vera e propria opera d’arte. Ogni immagine racconta una storia, catturando l’attenzione e suscitando emozioni profonde. Il suo stile unico è caratterizzato da una combinazione perfetta tra eleganza e audacia. Le sue composizioni sono sempre impeccabili, con un controllo magistrale della luce e una precisione millimetrica nell’incorniciare ogni scatto. Ammiro la sua capacità di trasformare anche i soggetti più semplici in vere e proprie icone di stile.
Le sue fotografie erano caratterizzate da una forte attenzione per la simmetria e il bilanciamento, utilizzando linee e forme geometriche per creare armonia visiva. Nei suoi ritratti di celebrità come Marlene Dietrich, Penn sfruttava le linee del viso e del corpo per creare una struttura visiva dinamica e interessante. Questo approccio geometrico era evidente anche nelle sue fotografie di still life, come la serie dei fiori, in cui le forme delle piante venivano esplorate in modo meticoloso, creando composizioni armoniose e equilibrate.
Inoltre, Penn aveva un notevole controllo della luce, sia naturale che artificiale. Era in grado di modellare la luce con maestria, creando effetti suggestivi attraverso l’uso di ombre e riflessi. Questa gestione della luce conferiva alle sue immagini una profondità e una tridimensionalità straordinarie. Nei suoi celebri scatti di moda, come la fotografia di Lisa Fonssagrives con il cappello di pelliccia, Penn utilizzava una luce morbida e diffusa per incorniciare il volto del soggetto, creando un effetto di delicatezza e raffinatezza.
Un altro aspetto distintivo dello stile di Penn era il suo approccio minimalista. Egli eliminava gli elementi superflui dalle sue fotografie, concentrandosi sul soggetto principale. Questa semplicità visiva permetteva ai suoi soggetti di emergere in tutta la loro bellezza e personalità. I suoi sfondi neutri o semplici mettevano in risalto il soggetto, creando un impatto visivo immediato.
Ciò che mi ha sorpreso di più è scoprire che le opere di Penn non hanno ricevuto la giusta attenzione e esposizione qui in Italia, nonostante il nostro Paese sia considerato un leader nel mondo della moda. È un peccato che il suo talento non sia stato pienamente riconosciuto e celebrato nella nostra cultura, forse a causa di pregiudizi e mentalità obsolete che considerano la fotografia di moda come meno meritevole rispetto ad altri generi artistici.
Tuttavia, negli ultimi anni, ho notato un cambiamento nella percezione e nell’apprezzamento della fotografia di moda. Finalmente, molti musei internazionali dedicano spazi e mostre di alto profilo alla fotografia di moda, riconoscendo il suo valore artistico e l’influenza che ha avuto sulla cultura visiva contemporanea.
Credo che sia giunto il momento che l’Italia segua questa tendenza e crei musei dedicati alla moda e alla fotografia di livello internazionale. Sarebbe meraviglioso avere spazi espositivi che permettano di mostrare e divulgare il lavoro dei grandi fotografi come Irving Penn. Le sue opere non solo hanno rivoluzionato la fotografia di moda, ma hanno anche trascendato il genere stesso, offrendo uno sguardo unico e raffinato sull’estetica e sulla società.
Penn è stato un pioniere nel combinare l’aspetto commerciale con quello artistico, sfidando i limiti e creando immagini che sono vere opere d’arte. Le sue fotografie, sia quelle legate alla moda che quelle artistiche, sono un testamento alla sua visione estetica e al suo talento tecnico.
Spero con tutto il cuore che in futuro si possa apprezzare appieno l’eredità di Irving Penn in Italia e che le sue opere vengano finalmente esposte e studiate come meritano. La sua influenza e il suo contributo alla fotografia e alla moda sono indiscutibili, e sarebbe un peccato se rimanessero nell’ombra a causa di vecchi pregiudizi e mancanza di riconoscimento.
Più musei internazionali per design, moda e fotografia? Condivido, sono d’accordo, perdinci e poi perbacco.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più influenti del XX secolo, riconosciuto per il suo straordinario talento nel catturare l’anima dei suoi soggetti e per il suo stile distintivo che ha reso le sue fotografie riconoscibili in tutto il mondo.
In quattro anni di fotografia non ne ho mai sentito parlare e leggerne questo articolo mi ha fatto scoprire un fotografo molto avvincente.
La mostra di Irving Penn a Milano rappresenta un omaggio straordinario a un artista che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia. Nonostante le sue mostre in Italia sono state da sempre una rarità.
Sarà un’occasione per ammirare da vicino la sua maestria tecnica e per apprezzare la sua capacità di cogliere la bellezza nei dettagli più semplici.
Irving Penn dal mio punto di vista le sue opere rappresentano un’opportunità unica per riflettere sulla differenza che l’arte può fare nelle nostre vite. L’arte, in tutte le sue forme, ha il potere di ispirare, provocare emozioni profonde e trasformare la nostra prospettiva sul mondo.
Penn ha avuto una straordinaria capacità di stabilire un rapporto autentico con i suoi soggetti, riuscendo a svelare la loro vera essenza attraverso la lente della sua macchina fotografica. Le sue composizioni erano caratterizzate da una precisione impeccabile, una cura meticolosa per i dettagli e un uso sapiente della luce e delle ombre. Ogni immagine di Penn ha un’intensità e un’atmosfera uniche, che catturano l’attenzione dello spettatore e suscitano una profonda riflessione.
L’arte, compresa la fotografia di Penn, ci invita a osservare il mondo con occhi diversi, a prestare attenzione ai dettagli che spesso sfuggono alla nostra percezione quotidiana. Ci sfida a mettere in discussione le nostre convinzioni, a considerare nuove prospettive e a esplorare le profondità dell’animo umano.
La sua visione unica e il suo talento senza tempo hanno influenzato generazioni di fotografi successivi e la sua eredità continua a ispirare e affascinare. Sono sicura che questa esposizione susciterà emozioni profonde nei visitatori e contribuirà a preservare il ricordo di Irving Penn come uno dei più grandi maestri della fotografia del nostro tempo.
Conclusa la lettura del suo articolo sono andata a cercare qualche fotografia del famoso artista da lei trattato, Irving Penn. Sicuramente si può subito intuire che una delle caratteristiche distintive delle sue fotografie di moda è un approccio minimalista e pulito. Ciò che mi ha veramente colpito però è come nelle sue fotografie di moda il soggetto dello scatto non è unicamente l’abito, ma Penn si focalizza sul cogliere l’anima dei suoi soggetti, che fossero modelle, celebrità o personaggi del mondo della moda. Le sue fotografie esprimono un senso di intimità, catturando l’essenza e la personalità di ogni individuo. Ha spesso ritratto i modelli senza i tradizionali abbellimenti o gli accessori esagerati, concentrando l’attenzione sull’espressione e sulla postura, creando così un’immagine atemporale. Oltre alle immagini di moda tradizionali, Penn ha realizzato anche scatti più sperimentali e concettuali nel campo della moda. Ha utilizzato tecniche innovative, come l’uso di specchi, per creare effetti visivi sorprendenti. Inoltre, ha sperimentato con l’uso di abiti insoliti, pose inusuali e prospettive insolite, sfidando le convenzioni e spingendo i limiti della fotografia di moda.
Irving Penn è stato uno dei fotografi più influenti del XX secolo.
Nel corso della sua carriera ha lasciato un’impronta indelebile nel campo della fotografia artistica e della moda.
Penn è noto per la sua abilità nell’affrontare i soggetti in maniera intima e penetrante.
L’artista ha la capacità di catturare, all’interno dei suoi ritratti l’anima del suo soggetto.
Utilizzando un approccio minimalista è riuscito a creare uno stile tutto suo semplice.
La sua carriera è stata segnata dalla collaborazione con la rivista Vogue, per cui ha prodotto alcuni dei ritratti più iconici del mondo della moda.
Oltre alla fotografia di moda, ha anche esplorato altri generi, come la fotografia etnografica, i still life e la fotografia commerciale.
La sua curiosità e la sua capacità di spingersi oltre i confini convenzionali hanno reso il suo lavoro eclettico e innovativo.
Oltre alla sua maestria tecnica, Penn era anche un artista concettuale. Ogni immagine che creava aveva uno scopo e un significato profondo.
Il racconto fotografico di Salgado è senza dubbio un’esperienza di grande impatto, dalla quale si può chiaramente percepire quanto egli fosse comprensibilmente turbato e demoralizzato dalle vicende di violenza vissute durante la sua avventura nel viaggio dei paesi del Mozambico e della Ruanda.
A livello personale vorrei esprimere quanto io stessa sia davvero rimasta impressionata dalla storia delle sue foto, attraverso le quali si può notare a pieno il dolore provato dai soggetti presentati e analizzando meglio il contesto è possibile riscontrare purtroppo un estremo distacco da quello che viene solitamente inteso come il “mondo occidentale”. Sono d’accordo sull’intento del fotografo di dover presentare tali aspetti come elementi di denuncia sociale ma anche come possibilità di garantire solidarietà nei confronti di coloro che vivono in tali tragiche situazioni e penso sia altrettanto apprezzabile l’utilizzo della fotografia come riscoperta degli spazi incontaminati del pianeta dal quale emerge una prospettiva basata sull’idea di rispetto per l’ambiente e verso altre culture ed esprime inoltre attraverso i suoi lavori l’armonia tra natura e civiltà come messaggio di ritorno alle origini.
Da ciò, ci terrei a sottolineare, come sia necessariamente evidente la passione e l’impegno che Salgado presenta nel corso del tempo e come, nonostante l’avvilimento provato a causa di esperienze a tutti gli effetti drammatiche, egli abbia comunque trovato il coraggio di fotografare ancora per poter permettere a qualsiasi persona di poter ammirare la strabiliante bellezza insita nella maestosità della natura. Altrettanto interessante in tale ambito è la sua visione “panica”, esperienza che consiste nel riscoprire il proprio sé nella natura come se l’uomo in stesso fosse parte del tutto; purtroppo oggigiorno questo discorso può sembrare abbastanza scontato e spesso, nonostante la fotografia possa ben rappresentare l’esperienza visiva in sé, osservare qualcosa su carta o su schermo non potrà mai corrispondere ad avere una vera e propria esperienza diretta sul campo.
Per quanto riguarda invece la necessità di Salgado di fotografare in bianco e nero è abbastanza comprensibile la motivazione di voler dare un impatto emotivo molto più pungente ma tuttavia a mia personale opinione vedere la bellezza del colore naturale in una fotografia rappresenta qualcosa di insuperabile, specialmente per quanto riguarda la straordinaria grazia di un ambiente naturale, se invece spostassimo il discorso su foto in circostanze più drammatiche il bianco e nero sarebbe a mio parere più adeguato.
Comprendo che la sua preoccupazione sia quella che i colori possono diventare più importanti delle emozioni, tuttavia credo che invece i colori accentuino la bellezza del soggetto rappresentato, in quanto rendere una foto in bianco e nero toglierebbe l’uomo dalla prospettiva dalla quale è abituato non permettendogli quindi di adeguare la sua percezione agli splendidi e incontrastabili colori della natura stessa.
Molto bene, anzi benissimo…ma cosa c’entra Salgado con Penn?
Non mi dispiacerebbe se, come espresso del testo stesso, esistesse un maggior numero di musei di moda e di fotografia, anche sulla base di uno scopo commerciale, poiché anche la pubblicità stessa, a mio giudizio, può essere considerata arte in un certo qual modo e credo che potrebbe essere davvero interessante quindi analizzare quest’ultima sia dal punto di vista visivo che psicologico per poterlo confrontare in un secondo momento sulla base di tecniche e modalità utilizzate in passato per la pubblicità.
Per quanto riguarda le fotografie di Penn trovo le sue composizioni in generale estremamente simmetriche e nonostante la loro essenzialità nella struttura, suppongo che proprio queste caratteristiche possano facilmente attrarre l’occhio dello spettatore per trasmettere un senso di finito, completo, ordinato e armonia tale da avermi riportato alla mente (anche nell’uso dei colori della fotografia presentata nel testo) una sorta di possibile affiancamento ad alcuni dipinti di Van Gogh e nonostante la modernità del fotografo è possibile fare un parallelismo tra le opere di ambo gli artisti. Solo io ho percepito tale affinità? È realmente possibile che Irving si sia ispirato proprio al pittore e alla sua tecnica?
Provo inoltre notevole ammirazione per l’astuzia presentata da Irving nell’adeguare la moda all’epoca del tempo con l’eventuale scopo e estetica necessaria al periodo storico preso in considerazione.
Ho apprezzato molto poi la presa in considerazione da parte di Penn dell’espressione dei volti del protagonista della fotografia correlando l’espressione ad un’analisi psicologica del soggetto a livello interpersonale più che concentrarsi sull’abito indossato.
Non vedo nell’immagine che commenti un riferimento a Van Gogh. Però bisognerebbe sapere a quale quadro dell’autore pensi. Comunque Penn conosceva benissimo i grandi maestri della pittura post impressionista e non si può escludere che nelle fasi di preparazione dello scatto, non cercasse conforto in opere che, il quel preciso momento, potevano evocargli qualità percettive pregnanti. Tuttavia, devi considerare che Penn era fortemente impegnato a creare un immaginario americano, autonomo dallo stile di immagini di tradizione europea.
Irving Penn è stato un fotografo straordinario, ammirato e rispettato nel mondo della fotografia.
Penn ha avuto una carriera eccezionale, lavorando sia nel campo della moda che nella fotografia artistica.
La sua prima copertina di Vogue l’ha realizzata nel 1943 e le sue immagini di moda sono state rivoluzionarie, portando un nuovo stile al genere.
Ha saputo catturare la bellezza e l’eleganza dei suoi soggetti in modo unico, creando immagini che sono diventate icone.
Le sue foto sono estremamente grafiche e si concentrano maggiormente sul contrasto tra il bianco e il nero,
Ma ciò che mi affascina di più in Irving Penn è la sua capacità di introdurre sempre una nota di disturbo nelle sue fotografie di moda, come se la bellezza e l’eleganza non fossero sempre perfette ed impeccabili, un esempio é la fotografia “le dodici modelle” e alcune delle varie copertine realizzate per Vogue.
Realizzò anche vari ritratti alle persone famose come Yves Saint Laurent o Giorgio De Chirico usando uno sfondo neutro e dando molta importanza all’emotività realizzando i ritratti ad angolo per sprigionare al massimo la personalità del soggetto.
Irving Penn, uno dei fotografi più influenti del XX secolo, che ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia grazie alla sua maestria tecnica e alla sua capacità di cogliere l’essenza di soggetti comuni e straordinari. Con una carriera che si è estesa per oltre sette decenni, Penn ha trasformato la fotografia di moda, il ritratto e il reportage in forme d’arte distintive, combinando una sensibilità artistica con una precisione quasi scientifica. La sua estetica raffinata e la sua attenzione ai dettagli hanno reso le sue immagini icone senza tempo, che continuano a ispirare e affascinare gli appassionati di fotografia di tutto il mondo.
Qual’è il soggetto principale ritratto da Irving Penn? Questa è una domanda complessa perché, nel corso della sua carriera, l’artista si è concentrato su diversi elementi, tutti diversi tra di loro (modelle per le case di moda, prodotti commerciali, fiori, nature morte, rifiuti trovati per strada, personaggi influenti ritratti in un angolo strettissimo). Questo ci fa capire quanta importanza riserva il soggetto da ritrarre nel modo di fotografare di Penn. Difatti, i personaggi principali delle sue fotografie, non sono altro che pretesti utili ad esibire un perfetto esercizio formale di linee, volumi, siluette e valori tonali. Ciò che è davvero importante per la sua fotografia, è la cura maniacale della forma, trascurando spesso il contenuto psicologico. Il fotografo si distingue dai suoi contemporanei, rimettendo in luce uno stile classicheggiante e semplicistico dei ritratti, che si scontra fortemente con quello sperimentale delle avanguardie. Un tratto di essenzialità la notiamo, infatti, dagli sfondi chiari che mettono in rilievo il protagonista dello scatto, in contrasto con la parete alle sue spalle. Tipico della fotografia di Penn è inoltre l’utilizzo di due fondali disposti ad angolo come background, ribattezzato successivamente con il nome “Penn’s Angle” (Angolo di Penn).
Come si può notare, l’autore attribuisce grande importanza all’ambientazione di una fotografia, perché il suo compito, secondo lui, è separare le persone dal loro contesto sociale per poterle isolare e attirare l’attenzione sulle loro caratteristiche individuali. Lo sfondo neutro pone in risalto l’individuo e lo fa emergere dall’anonimato.
Altro aspetto che, a mio avviso, rende interessante la fotografia di Penn, è il fatto che le sue fotografie contengono sempre dei tratti che rimangono invariati. I tagli dei soggetti, gli sfondi, gli ambienti, le geometrie sono tutti elementi che si ripetono indipendentemente dalla cosa o persona ritratta nella foto (tanto che un’attrice famosa viene rappresentata allo stesso modo di un commerciante). Penn ha sviluppato una tecnica per democratizzare i suoi soggetti che consiste nell’eliminare ogni artificio. In aggiunta, lo stratagemma dello sfondo ad angolo era oltretutto utile per rivelare la psicologia dei modelli immortalati. Fotografando i suoi soggetti in un angolo ristretto, lo spazio ha mostrato quanto il soggetto fosse a suo agio in quella determinata situazione, esponendo la sua personalità o ritirandosi in sé stesso. Lo possiamo capire comparando, ad esempio, il ritratto nell’angolo di Georgia O’Keefe (evidentemente a disagio con l’ambiente circostante) e dello scrittore Truman Capote, la cui personalità traspare in modo chiaro. Per la prima volta, è il soggetto ad adattarsi al fotografo. Egli infatti, costringe il protagonista del ritratto nel suo schema di stile, invece che seguirlo nelle sue peculiarità psicologiche.
Anche per quanto riguarda la sponsorizzazione dei prodotti commerciali, Irving Penn fotografa gli oggetti nel modo in cui ha sempre fatto: isolati e in risalto dallo sfondo chiaro.
Nelle fotografie di moda, ancora una volta non si dà molta importanza alla modella o all’abito, ma allo stile con cui l’abito viene rappresentato.
Tuttavia, se devo esprimere un parere riguardo il portfolio dell’autore, gli scatti che più preferisco, considerando la relazione tema-soggetto ritratto, sono senza dubbio quelli dedicati agli “street materia” ovvero tutti quei resti di materiali di tutti i giorni trovati abbandonati per strada, e immortalati poi nello studio dell’autore. Questa raccolta è per me molto affascinante perché riesce a dare importanza a oggetti che nel quotidiano non vengono valorizzati. Sono ritratti dell’umanità, gli echi delle vite vissute e il disordine che ci lasciamo alle spalle. Le sue foto di sigarette sono di particolare importanza, avendo perso Brodovitch a causa del cancro poco prima dell’inizio della serie.
Infine, credo che il fattore che rende singolare questo fotografo è la poliedricità dei suoi scatti. Il suo spirito fotografico si manifesta anche nel più “insignificante” oggetto, tanto che è l’autore ad affermare: “Posso essere ossessionato da qualsiasi cosa se la guardo abbastanza a lungo, questa è la maledizione di un fotografo”.
Provo una grande ammirazione e rimango affascinata davanti alla carriera e ai lavori dell’artista della fotografia Irving Penn. Mi era già un nome noto, ma a mio dispiacere non avevo mai approfondito ciò che lo riguardasse. Leggendo questo articolo e effettuando alcune ricerche, ho avuto l’opportunità di conoscerlo più affondo.
Irving Penn è stato un fotografo americano noto per i suoi influenti contributi alla fotografia di moda, ritratto e natura morta. Penn ha iniziato la sua carriera lavorando nel dipartimento artistico della rivista Harper’s Bazaar, ma presto è passato alla fotografia di moda. È proprio nel campo della fotografia di moda che Irving Penn comincia ad essere apprezzato in tutto il mondo. La sua idea va in controtendenza rispetto alla fotografia di moda dell’epoca.
Si è sempre contraddistinto per la sua meticolosa attenzione ai dettagli e le tecniche innovative. Nei suoi lavori presenta un marcato stile minimalista, utilizzando fondali semplici e luce naturale per creare composizioni uniche. Per l’appunto uno dei più notevoli contributi di Penn alla fotografia di moda è stata la sua esplorazione del concetto di “studio in scena”. Costruiva set elaborati, spesso utilizzando materiali di scena semplici, per creare un’atmosfera unica. Ha creato scenografie straordinarie utilizzando un’illuminazione drammatica per catturare modelli e capi di moda, che definirei teatrali.
Una delle particolarità che più ha catturato la mia attenzione sicuramente è il “Penn’s corner” piccolo set fotografico ad angolo, trasportabile creato da lui stesso. La parete neutra diventa lo sfondo di ogni suo ritratto. Le linee dell’angolo portano l’attenzione verso il soggetto. Non esiste nessuna distrazione e ma è presente il massimo contrasto: questo è l’ineguagliabile approccio di Irving Penn nella fotografia di moda.
Ciò che più mi ha colpito è stata la massima attenzione, oserei dire quasi maniacale al dettaglio e ai particolari. Ammiro la cura che Irving Penn adottava per le sue creazioni, soprattutto il suo stile raffinato ed elegante.
Rigoni Matilda LABA Graphic design 1
Irving Penn
Irving Penn è un maestro della fotografia di moda del 20° secolo, e non solo, ha investigato differenti ambiti del medium fotografico, dal ritratto alle nature morte still life.
Una delle caratteristiche che rendono immediatamente riconoscibili le fotografie scattate da Irving Penn è l’essenzialità. La grande rivoluzione che ha apportato al mondo dell’immagine riprodotta meccanicamente consiste proprio nell’aver cercato di togliere quanto più possibile gli orpelli che, soprattutto nella fotografia di moda, caratterizzano le produzioni precedenti. Il suo è sempre stato un lavoro a togliere, una ricerca per sottrazione che mira a scavare in profondità nell’anima di cose e persone.
Lo scopo sembra essere sempre lo stesso tanto al cospetto di esseri umani quanto di oggetti inanimati: trovare l’essenza che esprime quanto si trova davanti all’obiettivo e lo rende unico.
Questo suo modo di fotografare del tutto nuovo gli permetterà di lavorare, sin dagli anni Cinquanta, con clienti di tutto il mondo, tanto da considerare la fotografia su commissione una vera e propria opportunità per la messa a punto della sua ricerca personale.
Irving Penn ha sempre affrontato in modo creativo tutti gli incarichi che ha avuto, ha sempre risolto in modo prima non visto quello che ha avuto da fotografare, per questo i suoi lavori continuano a essere esempio a cui ispirarci o proprio copiare. Penn ha saputo conciliare e impegnarsi in diversi generi della fotografia e allo stesso modo e con pari impegno ha saputo conciliare il suo fare la professione al suo essere fotografo dedicandosi alle proprie ricerche, ai propri interessi, con la medesima energia e creatività.
Gli scatti di Irving Penn esercitano un fascino straordinario, una grandezza che lascia senza parole. La sua sensibilità artistica si manifesta attraverso uno sguardo acuto e una ricerca incessante della perfezione, dell’ordine e dell’armonia. Non solo riesce a comporre le sue fotografie con una maestria impeccabile, creando composizioni dei soggetti diverse, perfette ed eleganti, ma sa anche utilizzare il giusto equilibrio di colori per conferire raffinatezza agli scatti. Mi affascina particolarmente il suo utilizzo magico del bianco e nero, che, attraverso contrasti armoniosi creati dalla luce, conferisce un senso di ordine e bellezza.
Nelle opere di Penn, la bellezza si nasconde in ogni angolo, in ogni singolo dettaglio, rivelando la sua straordinaria abilità artistica. È come se, prima di scattare, egli studiasse attentamente ogni elemento, cogliendo l’essenza e il significato profondo di ciò che ritrae. Le emozioni si sprigionano improvvisamente nello spettatore, grazie a un’armonia insolita che rende l’eleganza della bellezza stupefacente. Penn riesce a rendere bello l’immaginabile, a conferire un senso a tutto, anche a ciò che prima sembrava impossibile da cogliere. Ogni elemento sembra avere un posto ben definito e un messaggio da trasmettere. Perché, alla fine, la fotografia è proprio questo: donare significato, arricchire, completare, emozionare, avere il controllo e trasmettere il massimo possibile, tutto ciò con eleganza e discrezione. E l’impronta stilistica di Irving Penn riesce a raggiungere tutti questi obiettivi in modo sorprendente.
La creatività di Penn si manifesta non solo nella scelta dei soggetti, ma anche nella sua capacità di catturare l’essenza e la personalità di ogni individuo o oggetto che fotografa. Ogni scatto tiene conto del contesto in cui si inserisce, e riesce a trasformare cose comuni in opere d’arte senza tempo. Oltre alla sua maestria tecnica e alla creatività visiva, Penn è stato un pioniere nel campo della stampa fotografica, sperimentando nuove tecniche e approcci, utilizzando diverse superfici e supporti. Il suo lavoro sfida le convenzioni tradizionali della fotografia, dando vita a immagini straordinarie.
Le opere di Irving Penn hanno lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia e delle arti visive. È considerato un maestro e un’ispirazione per le generazioni future di fotografi. La sua dedizione all’arte, la ricerca costante e la straordinaria creatività lo rendono una figura leggendaria nella storia della fotografia e al di là di essa.