Io sono Vera: un film magico, un’esperienza mistica al limite del reale

Io sono Vera: un film magico, un’esperienza mistica al limite del reale

ITALIA – Visto in anteprima il film che uscirà nelle sale il prossimo Giovedì 17 Febbraio. Consigliamo caldamente la visione di questa pellicola carica di molteplici significati.

Io sono Vera, in uscita a breve, tiene con il fiato sospeso. Una bambina di quinta elementare sta facendo trekking con il suo insegnante, parlano di stelle, di pianeti, di due comete che stanno per scontrarsi. Siamo in Liguria, si vede il mare che s’infrange sulle scogliere e dietro tanta vegetazione. Ad un tratto la bambina scompare nel nulla. Il suo insegnante, che si trova a due passi da lei, non riesce a capire dove sia finita. L’uomo urla e si dispera, ma Vera è svanita. I genitori e l’insegnante impazziscono dal dolore, non riescono a darsi pace.

Dopo due anni, una giovane donna riaffiora, nuda, in riva al mare. Avrà circa venticinque anni e si presenta a casa dei genitori di Vera. È confusa, infreddolita, si specchia e prende paura della sua stessa immagine. Si ricordava bambina e si vede adulta. Non si ricorda cosa le è successo, sa solo che quella è casa sua e che quei due signori sono suo padre e sua madre. Quella giovane donna è Vera, anche il test del DNA lo confermerà. Come può essere? Cosa può spiegare una situazione del genere?

Senza entrare in dettagli che potrebbero rovinare la visione, tenterò di commentare gli aspetti che davvero ho apprezzato molto di questo bel film italiano. Nominerò alcuni degli attori per farvi entrare a piccoli passi in questa vicenda, per raccontarvi cosa mi hanno lasciato le loro interpretazioni.

IO SONO VERA. LA NATURA VISTA DA BENIAMINO CATENA

Foto da: Ufficio Stampa

A tratti Io sono Vera può sembrare addirittura un documentario. Il regista Beniamino Catena è molto abile nel mostrare da varie angolazioni due luoghi molto distanti, ma allo stesso modo avvolti dal silenzio. La storia si sviluppa fra la Liguria ed il Cile. La regione italiana è mostrata in autunno, quando non ci sono ombrelloni aperti e turisti in ciabatte. Catena cattura alcuni angoli, piccoli passaggi, rovine, boschi, mostra l’anima più esoterica di una terra che da secoli è abituata a combattere contro la natura. Il mare d’inverno, la sua forza, la determinazione delle onde che spingono il nuovo corpo di Vera sulla terra ferma.

E poi c’è il Cile, altro popolo che vive su una sottile striscia di terra. Anche loro da secoli resistono a terremoti e mareggiate. La storia cilena si sviluppa nel deserto di Atacama, in quei paesaggi mozzafiato illustrati in modo splendido dal regista. Colori caldi che si fondono fra loro nell’area costiera nordoccidentale. Un paese splendido e selvaggio. Chilometri e chilometri di strade senza incontrare un ciuco o una fontana. Sabbia e vegetazione brulla, grandi ripetitori sparsi nel deserto, jeep quattro ruote motrici, polvere e negozietti lungo la strada che vendono solo birra.

Questo film ha davvero molti volti. Una volta seduti in sala si capisce di non avere davanti solo una storia. Ci sono un’idea, una mappa per un prossimo viaggio, un ricordo, dei primi piani che raccontano molto di più della vicenda stessa. Andare al cinema a vedere un film come questo può toccare il cuore. Da una pellicola così, ognuno può trarre cosa sente. Io sono stato in Cile tredici anni fa, ma ero a Santiago e ci sono rimasto 72 giorni. Purtroppo, non ho mai potuto lasciare quella caotica città. Vedere tanta natura mi ha scosso, mi ha fatto venire voglia di tornare in quella lingua di Sud America.

MARCELO ALONSO: ELIAS

Foto: Ufficio Stampa. credits Francesco Baudo

Marcelo Alejandro Alonso Claro è un attore cileno, considerato fra i migliori nel panorama latino-americano. Nel mio periodo cileno avevo avuto l’opportunità di vederlo a teatro e la sua potenza in scena era venuta fuori tutta. In questo film l’ho trovato, se possibile, ancora più bravo. È Elias, un uomo di mezza età, un lavoratore ubriacone che ha mandato all’aria tutta la sua vita. È stato lasciato dalla moglie ed ha un pessimo rapporto con la figlia.

Vive in un tugurio pieno di bottiglie di birra vuote ed abiti buttati sulle sedie. È un uomo del deserto, uno che ha fatto della solitudine un’abitudine. Un giorno, mentre si trova a lavoro, il cuore cede e rischia di morire. Mentre si trova in ambulanza e sta per esalare l’ultimo respiro, dall’altra parte del mondo una bambina italiana di nome Vera scompare. Lui miracolosamente resta in vita ed inizia a sognare quella creatura indifesa ed impaurita. Come si uniranno le vite dei due protagonisti non lo dico, ma Elias compie una trasformazione.

Vedere in faccia la morte e venirne fuori illeso, fa riflettere quell’ubriacone. Riprende in mano la sua vita, riallaccia i rapporti con la figlia e decide di prendersi del tempo per capire cosa fare. Marcelo Alonso interpreta uno sconfitto, un miracolato, un tenace, un viaggiatore, un peccatore, un uomo che cambia anche fisicamente durante la durata dell’intera vicenda. Parla solamente in spagnolo ed anche questa l’ho trovata una scelta azzeccatissima. I sottotitoli aggiungono sapore alle parole lente che pronuncia l’uomo che sta vivendo due vite.

MARTA GASTINI: VERA ADULTA

Foto da: Ufficio Stampa

Brava! Il nostro cinema ha bisogno di attrici come lei, di un talento che per fortuna non viene triturato esclusivamente dalla commedia. Marta, nonostante la sua giovane età, ha già un bel percorso alle spalle. Un ruolo da protagonista in un film del genere ne gratifica il lavoro fatto sino ad oggi, quella gavetta di cui tanti parlano ma che molti pretendono di saltare.

È stata Martina nel film Io & Marylin di Leonardo Pieraccioni, ha recitato al fianco di Terence Hill in L’uomo che cavalca da solo, fino ad arrivare a ruoli più nelle sue corde. È una bravissima interprete drammatica: lo ha dimostrato con la candidatura come miglior attrice non protagonista al Nastro D’Argento per il suo ruolo nel Rito. Recitava al fianco di Anthony Hopkins e impersonava una giovane ragazza posseduta dal demonio.

In questo film dimostra tutta l’angoscia di una bambina che, improvvisamente, si trova nel corpo di una donna. Alcuni aspetti ingenui del suo personaggio ne valorizzano l’interpretazione, la bravura nel gestire atteggiamenti infantili. È carica d’affetto verso i genitori ritrovati, un sentimento tipico dell’infanzia e che in età matura invece si perde. Manifesta bisogno d’amore, di comprensione, di vivere tutta una serie di anni che le sono stati strappati da un evento inspiegabile. Nei primi piani di Catena, Marta esprime tutta la straordinarietà che alberga in Vera.

IO SONO VERA: UN GENERE METICCIO

Foto da: Ufficio Stampa

Se dovessi definire questo film inquadrandolo in un genere preciso farei fatica. È senz’altro una storia che sguazza nella grande vasca del paranormale, una causa effetto difficile da catalogare come credibile. Devo ammettere però che il regista e la produzione hanno vinto una difficile sfida. Non capitano spesso film italiani di questo taglio che risultino di spessore. Nel nostro paese spesso si va sul sicuro, sulla commedia fatta di equivoci, sul dramma familiare dove si perdono i protagonisti uno dopo l’altro. Girare un film che lascia l’interpretazione allo spettatore, è raro. In molti vogliono per forza imboccarci, guidarci, indicarci la strada verso il finale. La cosa migliore di Io Sono Vera è che lo spettatore interagisce dando alla vicenda una personalissima lettura.

In America esce un film su strane premonizioni ogni venti minuti e per il novanta per cento si tratta di spazzatura. Non hanno misura, non sanno dosare la sottile linea che c’è fra l’impossibile e il cattivo gusto. Quando si toccano le remote possibilità, i simboli, le congiunzioni astrali e tutta quella materia distante dal mondo razionale, si deve fare molta attenzione: gestire con misura i vari ingredienti. In America spesso questo non accade e ci si può trovare dentro ad un horror dove un vampiro ha il dono di prevedere il futuro di un elfo transgender. Io sono Vera è tutt’latro. La sceneggiatura misura con grande maestria i punti topici ed i momenti nei quali far sobbalzare lo spettatore.

C’è anche simbolismo, perché alcuni disegni della protagonista predicono quello che avverrà. I colori con i quali dipinge una collisione astrale, sono tipici di antiche culture che comunicavano attraverso i murales. E poi c’è la V di Vera, rinchiusa in un grande cerchio che quasi la soffoca. Una lettera, un nome, un’esistenza che non è libera di uscire da quel tondo magico.

C’è esoterismo: un’anziana maga mapuche – antico popolo cileno – davanti ad alcune candele usa intrugli potentissimi per mostrare il cammino ad Elias. L’uomo, fino a quel momento perso nella birra e nel passato, ha una scossa. Elias, grazie alla magia ritrova la luce intorno a lui, capisce perché gli Dei non lo hanno fatto morire, ha chiaro quale sia il suo nuovo compito.

IO SONO VERA: CONSIDERAZIONI FINALI

Foto da: Ufficio Stampa

Questo film tratta molti temi. Il rapporto tra la vita e la morte, la paura e l’accettazione, la solitudine e la prima gestione di un lutto, il rapporto genitori figli. Il film inizia con Vera che sparge le ceneri del suo amato cane: un primo abbandono molto forte e mai provato. Un primo passo verso una sorta di solitudine incolmabile, verso un’educazione alle cose veramente rilevanti. È una bambina, ma da come parla si capisce sia molto intelligente e già pronta al dialogo e la comprensione.

I genitori l’adorano perché è educata, brava a scuola, ha sul volto quelle splendide scintille di chi ha voglia d’iniziare un viaggio. Poi scompare. Quando si ripresenta sulla soglia diversa d’aspetto, cresciuta, viene accolta in modo diverso dai genitori. La madre è disposta a non fare domande, a cominciare una nuova vita con la figlia, a stringerla al petto. Il padre inizialmente non la riconosce, la respinge, vuole la sua bambina di quinta elementare, non accetta di aver perso gli anni migliori senza un motivo. Poi la guarda e capisce che non ha colpe, che quella giovane donna è ancora una bambina e desidera solo essere amata.

L’ignoto mette paura un po’ a tutti. Combattere contro qualcosa che non si conosce è disarmante. A me, però, questo film ha regalato pace. Il finale non mi ha provocato paura, tristezza o angoscia. L’ho accettato come deve essere la fine di qualsiasi percorso. Sono un appassionato di cinema e quando c’è da sparare a zero lo faccio, i miei articoli spesso hanno più spilli che miele. In questo caso, però, mi sento di consigliare la visione di questo piccolo capolavoro italiano, impreziosito dalla colonna sonora dei Marlene Kuntz.

Francesco Danti

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