La terza intervista in ordine cronologico, ma non di importanza, me la concede Giambattista Giocoli, il Direttore non solo d’orchestra ma anche del Piccolo Teatro del Baraccano; persona cortese, uomo colto col quale scoprirò di avere un grande amore in comune: quello per Puccini. A questo punto trovo già il Maestro simpaticissimo e credo che meriti un trattamento di favore: la domanda a piacere. In realtà mi sto solo cautelando perché agli addetti ai lavori – esperti in materia – è sempre bene lasciare spazio per qualche competente monologo e ascoltare. Si impara sempre qualcosa.

D.F.: Oscar Wilde diceva: “agli esami gli sciocchi fanno domande a cui i saggi non sanno rispondere”, non volendo passare per sciocca, Le chiederei di esprimersi riguardo a Sweeney Todd e a questa produzione.
G.G.: La prima cosa che mi viene in mente è Stephen Sondheim, l’autore di questo musical che ritengo un genio. I miei autori preferiti sono Puccini, Stravinskj e Sondheim, (…) sono gli autori a cui sono più affezionato che dirigo più volentieri; non a caso questo capolavoro di Sondheim l’ho proposi io, dopo aver diretto un altro suo spettacolo: “A Little Night Music”. Sondheim è un genio e ha due elementi fondamentali che lo distinguono da tutti gli altri: il primo è che ogni sua produzione non è per niente simile ad un’altra sua stessa produzione. Secondo me, questo non succede con nessun altro autore. È chiaro che tutti i geni producono cose diverse molto belle, ma si riconoscono. Di lui si ascolta il primo musical e l’ultimo e sembrano due autori diversi; l’unica cosa che si riconosce, in queste opere, è la genialità e l’originalità dei materiali usati della scrittura della tecnica direttoriale.
L’altro elemento fondamentale di Sondheim, secondo me, è che lui è nato non come musicista ma come librettista delle opere; quindi si nota in lui questa duplice forza, cioè l’estremo contatto al 100% tra la musica e il testo proprio perché è la stessa mente che le partorisce. È come se da noi in Italia, Verdi si fosse scritto i libretti!
D.F.: Forse ne avrebbe scritti di migliori, non sono sempre strepitosi i suoi libretti a parte quelli di Boito…
G.G.: Infatti, ma non si sa! Poi lui (Verdi n.d.r.) non ci si è mai messo perché non lo sentiva. Invece Sondheim è nato come librettista di un grande come Leonard Bernstein, lui ha fatto il libretto di “West Side Story” (che forse è considerato il musical per eccellenza) non il musical più innovativo, passati tutti questi decenni. Detto questo mi trovo ad aver affrontato un capolavoro! L’ambiente di lavoro è stato fantastico un po’ perché una scuola ha il difetto tra virgolette – che non è un difetto – è una caratteristica delle scuole che non tutti sono già professionisti e altri forse non lo saranno (…) altri invece prenderanno altre strade…

D.F.: In effetti il percorso è duro, mi chiedo che ne è stato di tutti quegli ottimi pianisti che sono arrivati a vincere un Premio Chopin e poi sono spariti, salvo alcuni…
G.B.: Ci sono una serie di cose… la testardaggine a volte che conta di più del talento, oppure bisogna riuscire a capire cosa fare di questo talento. Poi ci sono le relazioni…ci sono vari altri aspetti. Ora è molto difficile anche perché i soldi che girano attorno a queste cose sono sempre di meno (…) fare il Musical insegna molto perché con poche cose si fa molto. Mentre per l’Opera Italiana – alla quale sono molto legato perché io vengo da lì- non c’è l’abitudine di ‘fare con meno’, perché hanno sempre avuto un’abbondanza di mezzi che adesso bisogna ridiscutere. Detto questo l’esperienza è stata “banalmente” fantastica (…) mi sono trovato bene come direttore, poi io sono anche il direttore del teatro che ospita questo festival, quindi per me è stato un po’ più faticoso perché avevo un duplice ruolo. Il direttore non si può rilassare un secondo perché ha tutto letteralmente in mano basta un gesto sbagliato e si mettono in difficoltà 50 persone.

D.F.: La comunicazione è quindi fluita molto bene fra Lei e il cast…
G.B.: La scuola gode di questa direzione di altissimo profilo, di tutti gli insegnanti ma soprattutto di Shawna Farrell che è la direttrice, con la quale c’è stata subito sintonia e stima profonda reciproca perché si tende tutti e due al perfezionismo, che non si raggiunge mai, ma l’importante è il viaggio non l’arrivo e quando tutti mirano alla stessa direzione si lavora molto bene. È stato un lavoro durissimo perché debuttare all’aperto significa ad avere che fare o con la pioggia o col gran caldo il tempo non basta mai poi è anche vero che te lo fai bastare abbiamo 4 giorni di cui 2 di pioggia!
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