Marco Pantani: 20 anni dalla morte di un mito

Marco Pantani: 20 anni dalla morte di un mito

ITALIA – Oggi, 14 febbraio 2024, ricorrono i 20 anni dalla morte di Marco Pantani. Ripercorriamo la vita di questa leggenda del ciclismo italiano.

Marco Pantani ha entusiasmato migliaia di persone nel nome del ciclismo, capace di imprese impossibili che nessun tifoso potrà mai dimenticare. Sono trascorsi 20 anni dalla sua morte, quella un eroe che ha riportato il ciclismo ai tempi mitici di Fausto Coppi.

Per lui la vita era una soltanto: quella sulla bicicletta. Ad essa ha dedicato tutto sé stesso. Lui era davvero il ciclismo. Il suo ricordo negli anni si è amplificato, accresciuto, come racconta la madre di Marco, Tonina: “L’affetto della gente è bellissimo, ma non può restituirmi il mio Marchino, la sua risata, la sua voce, i suoi gesti. Quando vado a trovarlo al cimitero non riesco a stare sola con lui perché c’è un via vai di ciclisti. E’ una cosa incredibile: con gli anni questo amore è aumentato”.

Marco Pantani: una vita da pirata

Tutti lo chiamano “il pirata” per la sua bandana, l’orecchino, il pizzo tinto di giallo ed è considerato tra i più forti “scalatori” di ogni tempo per i suoi record in salita. Ultimo ciclista capace di vincere nello stesso anno, il 1998, Giro e Tour, Marco cresce in una famiglia semplice e trascorre un’infanzia serena. E’ suo nonno a regalargli, quando ha poco più di dieci anni, la sua prima bicicletta. Il 22 aprile 1984 Marco ottiene la prima vittoria da professionista, in solitaria, a Casa Castagnoli di Cesena.

Marco Pantani
Marco Pantani

Con gli anni, la sua innata attitudine per le salite cresce di pari passo coi suoi successi. Gli anni 90 sono fatti di traguardi, vittorie e sfide sempre più ardue. Nonostante gli infortuni, passa da un trionfo all’altro. La sua parabola incredibile, quella che sembra un’avventura infinita, si arresta improvvisamente il 5 giugno del 1999 a Madonna di Campiglio. Pantani ha ormai vinto il Giro d’Italia, quando un medico spagnolo decreta che il suo sangue è fuori dalla norma. Pantani è costretto a lasciare il Tour. Tutte le sue imprese sono cancellate in un colpo solo.

Fine della corsa

La favola sportiva lascia il posto alla tragedia. Il ciclista è sicuro di essere vittima di un complotto, ma per lui comincia la lenta discesa all’inferno. Nonostante non sia squalificato, entra in una spirale in cui i nemici sembrano dovunque. Sulla sua strada adesso ci sono tribunali, perizie mediche e un clamore mediatico asfissiante. Pantani scappa anche da chi gli vuole bene e vuole allontanarlo dai suoi fantasmi, dalla droga. Ma lui ormai è un uomo smarrito che cammina verso l’autodistruzione, fino al residence di Rimini, nella sua Romagna, che per prima segue sgomenta la sua tragica fine.

Marco Pantani
Marco Pantani

Il 14 febbraio 2004, Pantani muore per arresto cardiaco dovuto ad eccesso di sostanze stupefacenti. L’inchiesta sulla sua morte viene archiviata in soli 55 giorni e riaperta altre due volte. Nonostante le tante incongruenze sulla scena del crimine, secondo la Procura di Rimini, che per ultima è tornata a investigare sulla tragedia in seguito all’inchiesta della commissione antimafia, Pantani non è stato ucciso. L’ipotesi di reato di omicidio volontario non ha trovato riscontri. Per tutti coloro che amano lo sport, Pantani è rimasto nella memoria come il fuoriclasse che ha vinto tutto, ha fatto sognare e regalato emozioni indimenticabili.

Il ciclismo mi piace perché non è uno sport qualunque. Nel ciclismo non perde mai nessuno, tutti vincono nel loro piccolo, chi si migliora, chi ha scoperto di poter scalare una vetta in meno tempo dell’anno precedente, chi piange per essere arrivato in cima, chi ride per una battuta del suo compagno di allenamento, chi non è mai stanco, chi stringe i denti, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi non si sente mai solo. Tutti siamo una famiglia, nessuno verrà mai dimenticato. Questo è il ciclismo per me, diceva Pantani. Un uomo che ha segnato un’epoca e il cui straordinario talento non è bastato a salvarlo dalle proprie fragilità, paure, insicurezze e dagli eccessi fatali.

Alex D'Alessandro
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