Il Lago dei Cigni

Il Lago dei Cigni

Eterea e trasognata come si conviene, ma innegabilmente bella la versione del balletto romantico russo per antonomasia: Il Lago dei Cigni, di P. I. Chaikovskij presentata all’Europauditorium di Bologna, nell’interpretazione  della celebre compagnia di balletto russo “La Classique”. Come ogni anno, da vent’anni ormai a questa parte, un appuntamento imperdibile, in prossimità delle feste.   Opera confezionata con la cura e la maestria di un grande ensamble sotto la direzione di E. Melikov, vanta una crew giovane, ottimamente formata, sicura di sé e tecnicamente ben preparata, nell’affrontare quest’opera, dall’appeal immortale.

L’interpretazione dei due ruoli principali è stata affidata a due protagonisti di rilievo poiché si tratta nientemeno che di Georgi Smilevski e di Natalia Somova, ballerini del celebre teatro Stanislavskiy, di Mosca. Il balletto – come da tradizione, per questa Compagnia – si basa sulle coreografie di M. Petipa, anche se andrebbe specificato che le coreografie, sono frutto di una ricostruzione incrociata poiché non venivano scritte; ciò che abbiamo, è stato ricreato basandosi su una tradizione orale tramandata nell’ambiente e raccolta da danzatori e coreografi, aiutati anche ma solo in parte dalle immagini di repertorio conservate (vedi a riguardo l’intervista con Nadia Sidorova,   MyWhere)

“Il Lago dei Cigni” a differenza di altri titoli, sin da subito più fortunati, prende l’avvio dal racconto tedesco, “Der geraubte Schleler” (in italiano “Il velo rubato”), scritto da J. K. A. Musäus sin dal suo debutto ebbe un impatto con il pubblico dei più devastanti e a ragione! Tutto apparve come scollegato e di pessima fattura alla prima: la compagnia di ballo, non una delle migliori, lasciata per di più a improvvisare, e persino l’orchestra suonò decisamente “male”, stando alle cronache. La storia era apparsa debole e peggio ancora, rappresentata: un fiasco, a parlar fuori dai denti! Ci volle tempo e una buona serie di correttivi, ma alla fine, i rimaneggiamenti furono calzanti, arrivando poi a creare, ben due finali diversi e alquanto divergenti: uno tragico e l’altro vittorioso ma entrambi apprezzabili, a seconda dello stato d’animo dello spettatore. Da quel momento in poi, l’opera ha conquistato il cuore di tutti, divenendo il titolo più noto e popolare, emblema del balletto russo, per antonomasia.

Ad ogni buon conto, fra le varie versioni del “lago”, la presente sebbene di ottimo livello, è stata un po’ decurtata, rispetto le varie versioni che di esso sono state fatte, nella parte iniziale, qui lasciata al solo commento musicale, viene di solito narrato l’antefatto, utile a comprendere il maleficio e la semi-metamorfosi della principessa Odette (Natalia Somova, nel duplice ruolo di Odette e Odile) in cigno, ad opera di Rothbart (Alexander Sedov) un potente mago che vuole così vendicarsi della fanciulla che l’ha respinto. Nello specifico invece, il passaggio è stato volutamente omesso e il sipario si è aperto dinanzi la scena dei festeggiamenti al castello; tale scelta seppur opinabile, funzionerebbe meglio a patto che ci fosse un’orchestra che suonasse dal vivo, ma a sipario chiuso e con la registrazione, a parere di chi scrive, sicuramente meno. Va però subito detto che le scenografie sono talmente ricche, belle e così ben costruite da far dimenticare questa scelta. Eccoci quindi proiettati nel salone delle feste dove la corte si è riunita per festeggiare il compleanno, del principe Sigfried (un interessante Georgi Smilevski) fra i doni che il principe riceve c’è anche l’arco con cui lui andando a caccia farà l’incontro destinato a cambiare la sua vita, con quel cigno così speciale: Odette che di giorno è un cigno, la notte invece, si riappropria delle sue sembianze umane.

L’incantesino cui Odette è sottoposta, potrà essere spezzato, solamente, nel momento in cui, un umano le dichiarerà di amarla per sempre. Ecco quindi Rothbard non perderla mai di vista! L’argomento è stato sviscerato a vari livelli divenendo pellicola in più occasioni sia parlando di cartoni animati riservati teoricamente a un pubblico di minori che nelle varie versioni filmiche, ma questa è ormai storia. Il punto è che per quanto noto e conosciuto ai più, il titolo esercita sempre e comunque una grande attrattiva sullo spettatore, complice anche una musica celestiale.

Benché vi siano già state altre versioni –nell’arco dell’anno – ad opera di altre compagnie, Sala Cagli era lo stesso affollata. “La Classique” è una compagnia di danzatori molto preparati e gli spettacoli sono generalmente di ottima fattura. Nello specifico, anche questo appuntamento non ha deluso, come avrebbe potuto? Dal punto di vista estetico c’è stata grande attenzione nel presentare scenari molto curati e di grande bellezza, i costumi colorati e bellissimi sono stati comunque in linea con la qualità artistica – ciò che in effetti davvero conta!- dei suoi danzatori, precisi, eleganti nelle movenze agilissimi come nel caso dello spettacolare giullare (Roman Shuparsky) che ha saputo interpretare la parte con grande simpatia e vigoria insieme. Ben eseguite le danze collettive fra i momenti più ammalianti certamente la celeberrima danza dei giovani cigni, precisa e rapida come la musica impone. Belle anche le danze che verranno presentate a palazzo, dalla danza spagnola a quella napoletana e la czarda. Riguardo i protagonisti principali, hanno saputo calarsi nella parte, dal punto di vista tecnico esibendo un’eleganza impeccabile delle movenze, forse l’interpretazione di Odette è risultata un po’ freddina, pur nella sua eterea eleganza e meno drammatica nell’espressione scenica, nel rispettare, quanto la parte richiedeva: un senso d’angoisse  disperato e profondo, dovuto dal  suo essere cigno nella forma, di giorno,  conservando la  sensibilità di donna,  proprio ora che lei ama.   Paradossalmente è apparsa più convincente  nel ruolo di Odile, il lato oscuro! Ben interpretato invece anche sotto il profilo drammatico ed espressivo, la parte di Sigfried, un buon equilibrio di eleganza e pathòs, hanno reso giustizia alla parte.

Nella versione vista, il balletto termina con un ottimistico “happy end”, quindi Rothbard viene sconfitto e la principessa ripreso il suo aspetto originale, coronerà il suo sogno con Sigfried: dopo tutto siamo alla vigilia delle feste e forse un po’ di sano ottimismo non guasta, soprattutto di questi tempi!

Il pubblico è stato sicuramente soddisfatto da quanto visto, prova l’entusiasmo e il calore con cui ha salutato gli artisti.

Una breve intervista con Nadya Sidorova della compagnia “La Classique”

Voi in quanto compagnia “La Classique”, siete noti presentare balletti con le coreografie che si rifanno   alla tradizione del balletto classico russo e di autori del passato, in questo caso di Petipa; però in passato, le coreografie non venivano, di fatto, scritte. Che risposta ti sei data pensando a questo? Come si è arrivati a questo “Lago dei Cigni”?

Noi siamo arrivati a queste coreografie perché ci sono stati dei ballerini che avevano conosciuto e lavorato con Petipa, e sono poi stati, a loro volta, insegnanti di altri ballerini e hanno trasmesso cosa avevano visto e imparato e via di seguito. Poi anche per noi è stato così!

“Il lago” è stato modificato, sicuramente, ma c’erano quelli che avevano visto il balletto e si ricordavano di com’era stato, hanno messo insieme quello che ricordavano e un po’ alla volta l’hanno ricostruito. Per esempio 50 anni fa “Il lago“ e le coreografie erano tutte uguali e anche  più facili sicuramente, poi è stato modificato fino alla versione attuale.

Ho letto che venivano utilizzate anche vecchie immagini, ma da lì, a montare un intero balletto c’è la sua differenza!

Sì, sì ma anche la musica di Ciaikovskji,   ti dice come tu devi ballare: perché quando tu sei un professionista e senti questa musica, secondo me, proprio capisci quali movimenti ci devono essere.

Quindi una musica intuitiva, per chi la sa ascoltare! Per questa versione ci sono due finali: quello tragico, poi quello voluto da Modest, il fratello di Ciaikovskji, voi quale presenterete? 

Noi abbiamo versione più bella, che finisce bene, non so perché abbiamo scelto questo, ma non mi piace quando una storia finisce male!

Uno degli immortali capolavori della storia del balletto del XIX secolo firmato Marius Petipa è stato in scena al Teatro EuropAuditorium di Bologna l’8 dicembre.

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Daniela Ferro

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