Pere Ubu: garage-rock, dada e dintorni @Locomotiv – Bologna

Terza e ultima data italiana quella del 1 aprile al Locomotive di Bologna per la sulfurea band di David Thomas, da oltre quarant’anni sulle scene con il suo Rock magmatico e seminale fatto di orge sonore e rumorismo, garage rock ed elettronica, dissonanze post-industriali e dadaismo. “Noi non promuoviamo il caos. Lo preserviamo”. Così recita lo slogan del Tour. E non saremo certo noi a contraddirlo. Ecco la recensione della serata.

Pere Ubu: garage-rock, dada e dintorni @Locomotiv – Bologna

Un rock sperimentale, liquido, metallico e dadaista, fatto di suoni (e rumori) in libertà, ritmi primordiali e sussulti elettronici, note stridenti e dissonanze post-industriali, quello di David Thomas e dei suoi Pere Ubu.
Magnetico, caotico, ipnotico e surreale.
Sempre uguale a se stesso e sempre diverso da qualunque altra cosa in circolazione.

“ The world changes, Pere Ubu doesn’t. We acquire the means of production. We are self-reliant. We are not dependent on record companies, radio, TV or fans. Fans are an irrelevancy. We have work to do. We have a course to follow. If no one wants to come along with us, then fine – we’re still going there. We know where ‘there’ is. It’s always just over the horizon.”

“Il mondo cambia. Pere Ubu no. (…) Abbiamo un lavoro da fare. Abbiamo un corso da seguire. Se nessuno vuole venire con noi, poco importa. Noi andiamo ugualmente. Sappiamo bene qual è la direzione, la meta da raggiungere. E’ sempre là, poco sopra l’orizzonte”

Sono passati 40 anni insomma e David Thomas continua a scrivere le regole delle sue performance (e del Rock) a modo suo. Irriverente, ironico, caricaturale, provocatorio.
E non chiedetegli dove sta andando: la sua meta è sempre quella, da quarant’anni, un punto lontano sopra l’orizzonte. Non vi dirà niente di più.
Stesso abbigliamento shabby di sempre, lo ritroviamo al LocomotivClub di Bologna – terza e ultima data italiana del Coed Jail! Tour – in total black: bretelle rosse, sguardo acuto e spiritato dietro gli occhialini da intellettuale, bombetta nera.
Non è più l’omone di un tempo che incombeva sul palco con ritmi convulsi, certo.
Ma è comunque Re Thomas, il centro dell’universo Pere Ubu. Oggi più che mai.

Entra in scena con studiata lentezza, stancamente, appoggiandosi a un bastone.
Si siede su una piccola sedia da regista, che campeggia vuota e surreale nel mezzo della scena e con la massima calma, da lì – il bastone di legno posato a terra, un leggio sulla sinistra e una bottiglia di vino rosso vicino al bastone sulla destra – scatena il solito inferno.
Uno spettacolo trascinante, devastante, corrosivo e disorientante come solo lui sa fare.

E non chiamatelo punk. E’ Rock. Alternative rock, garage rock, art rock, noise, prog, caos, entropia. Un mix di sonorità indescrivibile. Un rock espressionista. Concettuale. Primitivo e intellettuale. Dadaista forse. Ma sempre Rock.

Il punk sperimentale, psichedelico, quello degli esordi con i Rocket From the Tombs per intenderci, David Thomas l’ha archiviato nel 1975 e ci tiene a precisarlo:

We had nothing to do with punk. We were a rock band operating in the mainstream. Punk was cliche pablum used to sell merchandise to gullible rubes in a second rate, decaying culture.”

“Non abbiamo mai avuto niente a che fare con il punk. Siamo una rock band mainstream. Il Punk era robetta buona da vendere ai creduloni in una cultura decadente e di seconda mano”

Come dire, facciamola semplice, senza offesa per nessuno.
Ma soprattutto non fatemi sempre le stesse domande. Non dopo quarant’anni.
O vi risponderò per le rime, bonariamente e goliardicamente, a colpi di non-sense.

Ubu Roi / Pere Ubu - Alfred Jarry (Litografia)
Pere Ubu in uno schizzo di Alfred Jarry (1985)

E’ una creatura paradossale David Thomas, ti si rivolta sempre contro, imprevedibile e irriverente come la sua musica.
E non poteva trovare miglior alter ego per calcare le scene che Pere Ubu, l’Ubu Roi di Alfred Jarry, con tutto il carico di avanguardia e teatro dell’assurdo che si porta dietro. Maschera tragica e grottesca, irriverente nella sua apparente in-significanza, della condizione contemporanea.

Heart of Darkness, On The Surface, Petrified, Real World, Rhapsody in Pink, The Modern Dance… il live si snoda attorno alla produzione degli anni 75 -82 e promuove l’uscita dell’ultima delle due raccolte in cofanetto appena rilasciate dai Pere Ubu: Elitism for the People (1975-1978) e Architecture of Language (1979-1982).
La set-list segue a ruota con una vasta selezione di brani tratti dai primi cinque album (Dumb Housing, Modern Dance, New Picnic Time, The Art of Walking, Song of the Bailing Man) e una selezione di singoli messa a punto dall’attuale chitarrista, Tom Herman, alla sua terza apparizione nel gruppo, dopo le parentesi 1975-79 e 1995-2002.

Il resto della formazione (la 32esima come afferma qualcuno – Pere Ubu v.9.5 come preferisce definirla David Thomas) include:
Robert Wheeler (tastiere), Michele Temple (Basso) e Steve Mehlman (percussioni), i primi due nei Pere Ubu dal 1994, l’ultimo dal 1995.

Poi naturalmente c’è lui, la mente indiscussa del progetto, David Thomas, voce, leader e fondatore, coi suoi inconfondibili falsetti, la sua gestualità caricaturale e un impasto di monologhi, bisbigli, cantato e vibrato che fa strumento a se stante.

Ascoltarlo in live è come lasciarsi andare alla deriva nel flusso di un fiume in piena. Inutile opporre resistenza al vortice di suoni e rumori che ti investe, ti riverbera dentro e di cui non riesci a liberarti neanche a concerto terminato..

Perché a quel punto, quando il sipario si chiude e tutto sembra concluso, lui torna in scena e si materializza a pochi passi da te, in mezzo al pubblico, dall’altra parte della “barricata”.
Arriva pacatamente, come uno spettatore qualunque, con lo stesso passo lento e cadenzato e appoggiandosi allo stesso bastone di legno con cui è salito e sceso dal palco poco prima.
Si siede su un divanetto barocco, dai colori accesi e dalle forme morbide, in fondo alla platea, in posizione diametralmente opposta al palco e a quella piccola, scarna, sedia da regista che è appena rimasta vuota.

E mentre lo guardi firmare autografi, stringere mani e farsi foto con chi desidera incontrarlo, ti nasce spontanea l’inquietante impressione che sieda lì, sul suo trono, più che altro per godersi gli echi dello spettacolo (e del caos) che ha appena generato.
Alfred Jarry, e il suo alter ego Ubu Roi, non avrebbero saputo fare di meglio.

“Il mondo cambia. Pere Ubu no”.
Decisamente. Non possiamo che confermare.

Hats off a David Thomas, Ubu Roi, Pere Ubu e a tutta la sua corte.

Sopra: Golden Surf II, video ufficiale tratto dall’ultimo album dei Pere Ubu, “Carnival of Souls”

Pere Ubu – Coed Jail! Tour 2016

Dopo Padova, Roma e Bologna, il tour europeo dei Pere Ubu, inaugurato a Manchester (UK) il 22 marzo, prosegue con le seguenti date:

Geneva
Luzern
Marseille
Le Mans (Allonnes)
Paris
Utrecht
Brugge (B)
More Music Festival
Interstate Mall Akron (OH), Club Wow

(Per info più dettagliate consulta il calendario ufficiale del Coed Jail! Tour qui)

Sotto: David Thomas in un live del 2014 con l’attuale formazione dei Pere Ubu

Sotto: La versione originale di Final Solution, lato A dell’omonimo singolo del 1976 

Sotto: David Thomas in un video d’epoca al late-night music/talk show di David Sanborn

Sotto: Pere Ubu live a Los Angeles, “Birdies” in “Urgh! A Music War” (1981), filmato d’epoca

Daniela Cisi

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