Notturno di Donna con Ospiti

Ottima l’accoglienza della prima Notturno di donna con ospiti, andata  in scena al Teatro Duse, di Bologna,  visibile fino al 10 Gennaio, con bravissimi interpreti principali e la regia di Enrico Maria Lamanna.  Testo divenuto ormai un cult, trattattandosi di  una delle migliori opere del teatro  contemporaneo, scritta da  Annibale Ruccello. Straordinaria per forza drammatica, organizzazione  scenica e meccanica interna: con tutta probabilità una delle migliori opere dell’autore, uno dei più interessanti esponenti della Nuova Drammaturgia Napoletana, si avvale  di più  punti di forza a definirne  la qualità indiscussa, confluita dello spettacolo. Accanto al testo la  presenza e possanza scenica  di Giuliana de Sio nel ruolo  della protagonista Adriana;  l’attrice ha fatto diventare praticamente sua la parte,  dal momento che ne è  stata, finora, l’unica interprete, familiarizzandosi al punto tale con l’opera  che pare che questa sia stata scritta apposta per lei.

notturno di donna con ospiti - Foto Federico Riva © 2014 - federiva@infinito.it
Foto Federico Riva © 2014 – federiva@infinito.it

Ambientato in un qualche dove, nell’immenso interland napoletano, una non ben specificata estrema periferia, composta da case – risultato di un’urbanizzazione selvaggia – ma la dislocazione  è omologa ad  ogni  disanimato spazio  extra urbano di una qualsiasi  località anonima, posta al di fuori di un vero contesto sociale: “un autobus ogni ora”,  l’acqua a intermittenza, la ricezione discontinua dei canali televisivi dove la radio il televisore immancabile sostituto dell’antico focolare ma privo del contesto di vicinanza affettiva di una socialità concreta, e dove le persone non si conoscono fra di loro ma di queste si subiscono noie e  fastidi: il suono inesperto del pianoforte di un vicino, i rumori  della strada,  la solitudine più totale della giovane donna, già madre di due bambini e con un terzo in arrivo, sposata  a Michele uomo poco condiscendente che fa il metronotte e che la lascia sola anche quando lui è in casa,  Adriana ha un unico forte legame con la madre “chilla era una carabiniera, quando era viva quella bon’anima di papà manco poteva aprire la bocca!” (interpretata en travestì dal bravissimo Gino Curcione qui  doppiamente impegnato anche nel ruolo del padre) donna piuttosto dominante a cui lei non ha mai saputo svincolarsi e che ha sempre preteso di dirigere la sua vita, riuscendoci e relegando Adriana al ruolo di donna mai cresciuta o di bambina che invecchierebbe senza però raggiungere la maturità. In questo campo assolutamente sgombro, l’autore ottiene lo spazio perfetto per dar l’avvio alla discesa agli inferi di Adriana, gli elementi ci sono tutti. In una notte d’estate tormentata dal caldo e dalle zanzare e dalla noia, la protagonista è sola ma lo stesso in compagnia del proprio passato mai sopito, i cui irrisolti conflitti si affacceranno al suo esistente, presentandole i conti che non aveva saputo saldare prima, vuoi per mancanza di volontà che di mezzi.

Da lì si diparte un avvio surreale, al limite del grottesco, ma cadenzato da riferimenti reali – forse! – A svelarci l’altra Adriana, quella di prima del matrimonio e in un certo senso ne stabiliscono le attenuanti al suo gesto sconsiderato: un affetto al limite dell’edipico che la legava al padre, uomo sottomesso alla moglie ma che sapeva dare tanto alla figlia; la tirannia della madre che non le concedeva altri spazi oltre la scuola, che le negava il permesso di andare a ballare, uscire con le amiche, donna dalla  religiosità di facciata, obbediente ai formalismi: candele, processioni e addobbi, ma che non le proibirono di portare Adriana “dal dottore” perché   “tutto ritorni come prima”, non appena la ragazza,  le  rivela di aspettare un bambino da Sandro e altri momenti mal sopiti, fatti da piccoli ricatti e obblighi sottaciuti.

Il desiderio inesaudito di Adriana di poter andare al mare la mattina, in contrasto però  col volere del consorte, prenderà corpo la notte stessa, allorché il suo inconscio – il suo mare interiore – avrà la meglio o la peggio è decreterà per Adriana un taglio diverso alla sua vita. Gli incubi prenderanno il sopravvento, il suo doppio rappresentato da Rosanna l’odiosa compagna di banco alle elementari che farà irruzione a casa sua, portando scompiglio e figure indesiderate prima ma riconosciute poi, la trascineranno in un vortice di desideri, tentazioni, rivendicazioni che la spingeranno a reagire, a modo suo, fino a valutare la propria esistenza come squallida e rifiutarla, poi. Lasciata a sé stessa, sempre sola e isolata da un vero contesto, familiare e sociale, viene nel concreto lasciata libera, ma di impazzire.

La risoluzione sarà tremenda, il castigo di un’esistenza grama che l’ha vista più vittima che protagonista, precederà paradossalmente il delitto stesso ancora a venire,  unica irrazionale, soluzione alla portata di lei, donna immatura eternamente figlia e madre per sbaglio. Giungerà a  sfogare la rabbia di tutta una vita,  assurda  ribellione la sua, che si sfoga proprio su quei figli, non colpevoli dei suoi fallimenti e con essa la  volontà di  cancellare ogni futura discendenza, realizzando così alla cieca, un processo già  innescato dalla madre, allorché sperava, con la prematura morte del nascituro, di riportare “tutto come prima”.  Adriana cresciuta col senso di  stare sempre“con  la morte a tavola”, darà follemente corso a una strategia parallela e  prestabilita  per lei dalla madre per eliminare il bambino che aveva in grembo quand’era  minorenne; a distanza di anni  ma senza alcun senso critico pur con una notevole freddezza, supinamente deciderà  di cancellare due esistenze di quattro e cinque anni però,   nell’assurda pretesa che tutto dovrebbe ritornare come prima.

Al ritorno, il marito  troverà Adriana vestita con l’abito da sposa intriso di sangue, seduta sopra un triciclo, cantando la  filastrocca che cantava da bambina, la stessa proposta in apertura del dramma, una conclusione amaramente circolare.

La tragedia di tante “Adriane” si è ripetuta purtroppo nella storia fino anche  a quella più recente, vi sono tracce della  Kindermörderin anche nella letteratura tedesca, non solo e tanto  i riferimenti alla classica Medea che però infierisce sui figli per punirne il padre, Adriana non ha certo la stoffa né la grandezza di un’eroina classica, benché rea della stessa colpa.  Adriana non sa scegliere, non l’ha mai fatto, la sua colpa è la sua debolezza, il suo essere infantile che non sa adeguarsi  alla realtà, la sua ossessiva passività la porterà  ad agire un’unica volta  ma scegliendo ciò che è peggio.

Opera spessa “Notturno di donna con ospiti”,  testo robusto che rimanda al fruitore più interrogativi, è stata comunque pienamente valorizzata e apprezzata dal pubblico che ha richiamato più volte alla ribalta gli interpreti  che l’hanno presentata, accanto a Giuliana de Sio, Gino Curcione, Rosaria De Cicco, Andrea De Venuti, Mimmo Esposito, Luigi Iacuzio.

Daniela Ferro

2 Responses to "Notturno di Donna con Ospiti"

  1. Rossella   10 Gennaio 2016 at 15:39

    Ho letto la tua recensione ed è molto molto intensa ed efficace e anche coinvolgente!ssi ha la sensazione di vivere il dramma di questa donna assediata dai dai fantasmi e dalle prevaricazioni della gioventù e dalla sua solitudine di tutta una vita!!!!

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  2. Daniela   12 Gennaio 2016 at 15:15

    Grazie Rossella!

    Rispondi

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