Cultura della vita, culto dell’Aldilà e ruolo della donna negli Etruschi – 1° parte

Cultura della vita, culto dell’Aldilà  e ruolo della donna negli Etruschi – 1° parte

ROMA – Intervista a Valentino Nizzo, l’innovativo direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, sulla cultura della vita, il senso dell’Aldilà e  il ruolo della donna presso il popolo degli Etruschi. Focus sulle sue attività museali al tempo del coronavirus.

Il mese di novembre richiama immediatamente alla mente il grande popolo degli Etruschi, per i quali il culto dei morti ha avuto un ruolo centrale: nella stessa struttura architettonica delle tombe si ritrova un riferirsi esplicito alla casa. Consideravano quindi la tomba come anticamera dell’Aldilà?

Gli Etruschi adottavano per le sepolture la metafora della casa ancor prima che venissero introdotte le tombe a camera, fenomeno che si è diffuso a partire dalla fine dell’8°secolo a.C.. Questa tendenza è infatti documentata fin dalla prima età del ferro attraverso l’adozione di urne direttamente conformate a capanna, sia in ceramica che generalmente in metallo.

Urna a capanna

Nella prima età del Ferro era più diffusa tra gli Etruschi/Villanoviani (così si chiamano in questa prima fase della loro storia) l’urna di ceramica di forma biconica, spesso assimilata al corpo del defunto e che contiene le sue ceneri. L’idea metaforica della casa può essere in tal caso trasmessa idealmente al pozzo che conteneva l’urna, mediante la sua chiusura con coperchi monolitici o strutture deperibili conformate come tetti di capanne. In altri casi è il coperchio stesso dell’urna che assimila concettualmente l’idea della casa, ad esempio conformando la parte apicale del coperchio che negli uomini era spesso costituita da un elmo fittile pileato, come fosse un tetto di capanna. In casi come quelli citati si assiste dunque all’assimilazione di due concetti metaforici: l’antropomorfizzazione dell’urna e la concezione della sepoltura come fosse una casa.

Il fenomeno si accentua ancora di più con l’introduzione delle prime tombe a camera che, nel corso del tempo, diventano sempre più simili alle case nella struttura. Se lei osserva, ad esempio, la pianta dell’Ipogeo dei Volumni di Perugia è come se stesse osservando la planimetria di una domus di epoca medio-repubblicana. Chiaramente questo è evidentissimo laddove il banco geologico consente di plasmare la pietra o il tufo in cui sono scavate in negativo le tombe in modo più simile a una casa rispetto ad altri luoghi in cui non ci sono pietre facilmente lavorabili. A Populonia, ad esempio, le caratteristiche del banco rendevano necessaria in molti casi la costruzione delle sepolture in elevato con pietre sovrapposte, mentre a Cerveteri è possibile scavare il tufo e realizzare una casa con tutti i suoi arredi, con risultati eccezionali come quello splendido della Tomba dei Rilievi, detta anche Tomba Bella, nel quale tutti gli arredi della casa sono configurati in modo assolutamente fedele, a rilievo anche grazie al ricorso allo stucco e alla pittura.

Intervista a Valentino Nizzo etruschi
Vaso biconico

L’idea che il corpo dei defunti continui a sopravvivere è ben esplicitata dai sarcofagi come quelli in pietra tipici di Tarquinia o il famosissimo sarcofago degli sposi in terracotta di Cerveteri, che non fanno altro che dare alla morte una parvenza di vita verso l’eternità.

La visione della morte era dunque di che tipo presso gli Etruschi? Cosa pensavano dell’Aldilà?

La civiltà degli Etruschi dura quasi mille anni, prima di essere assorbita da quella romana e, nel corso di questo spazio, che non è di poco conto, c’è un’evoluzione anche del rapporto con l’Aldilà. Nelle prime fasi della sua storia, quelle cosiddette villanoviane, precedenti al contatto con i Greci e all’introduzione dei loro culti e miti antropomorfi, prevalevano culti di carattere astrale e agricolo, nei quali la divinità senza dubbio più importante era esemplificata dal Sole che con la sua traiettoria giornaliera garantiva benessere, fertilità e la necessaria alternanza dei giorni e delle stagioni. L’aldilà poteva essere concettualmente collocato là dove tramonta il sole. Non è un caso, quindi, che in molti oggetti funerari e di uso quotidiano venga riprodotta la stilizzazione della barca solare trainata da uccelli acquatici; uccelli idealmente garanti della transizione del sole e che, forse, si auspicava potessero garantire un esito positivo anche al transito dei defunti verso una nuova dimensione, assimilandolo attraverso gli antenati con il sole e, in tal senso, alludendo anche alla sua funzione di garante della rigenerazione della natura.

                                                                                               Il direttore di Villa Giulia, Valentino Nizzo 

In seguito ai primi contatti con il mondo greco e orientale a partire dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. le cose diventano un po’ più complesse e si comincia ad assimilare un’idea dell’Aldilà e degli Inferi affine a quella che avevano i Greci: manca la concezione del Paradiso come siamo soliti intenderlo noi, ma vi è l’aspirazione a poter essere assimilati alle divinità dell’Olimpo, come avvenne con Eracle, divenuto semidio dopo le sue imprese. Il culto di Eracle va anche in questa direzione, così come il Dionisismo e l’Orfismo offrono indicazioni agli adepti per superare l’ultimo passaggio rituale: la morte. Il mondo infero degli Etruschi era popolato da creature infernali che ricorrono poi in parte nell’immaginario del cristianesimo e di Dante; esseri demoniaci alati come Caronte o Vanth, con la pelle livida color dei corpi putrefatti. La dimensione degli Inferi non ha però quella connotazione negativa che siamo portati ad attribuirle, negli affreschi di Tarquinia, ad esempio, può apparire come un luogo nel quale la vita prosegue e proseguono gli aspetti più piacevoli, come i giochi, che si auspicava valessero per l’eternità. In alcune tombe emerge quelli che sono i modelli degli Inferi nel mondo greco e nell’Ellenismo, le pene e i supplizi come quelli di Tantalo o Sisifo.

Nelle fasi dei primi contatti dovette sicuramente avere una grande influenza l’immaginario omerico, in particolare Odissiaco, come attesta la precocissima ricezione di miti e modelli culturali connessi all’epica.

Al contrario di quanto avviene contemporaneamente in Grecia, il ruolo della donna è socialmente rilevante nella società etrusca e in questo aspetto noi vediamo anche la modernità di questo popolo.

L’opera che rappresenta di più questo concetto è il sarcofago degli sposi, risalente alla fine del VI secolo a.C. Agli occhi dei Greci, infatti, come attesta Teopompo di Chio, filosofo, retore, storico del 4° secolo a.C., le donne etrusche apparivano come prostitute che si univano ai loro uomini sulla kline/letto del simposio dove si beveva il vino e questo per loro era inammissibile. Teopompo arrivava addirittura ad accusare le donne Etruschi di essere troppo disinibite e promiscue, al punto che non era possibile identificare il padre dei loro figli. A parte questo, quello che emerge indubbiamente è il ruolo rilevante della donna documentato storicamente anche da figure come quella di Tanaquilla, la moglie di Tarquinio Prisco. Probabilmente fu lei a garantire il successo del marito e a favorire l’ascesa del marito al trono di Roma dando inizio alla fase etrusca della monarchia romana.

Sarcofago degli sposi

Le fonti letterarie attestano che Tanaquilla era in grado di interpretare i presagi e questo non è da poco rispetto ai limiti notevoli che avevano le donne latine. Ma le donne etrusche erano anche in grado di dare in eredità i loro beni, spesso venivano citate sulle tombe come madri del defunto per tramite del matronimico, oltre alla menzione del patronimico consueta se non proprio esclusiva nel mondo greco e in quello latino. Potevano partecipare agli spettacoli, alle gare di bighe, ad esempio, in prima fila e senza nessun scandalo cosa che la dice lunga quindi sulla loro emancipazione e che da un tocco di modernità alla società etrusca, anche se neppure il loro era un mondo ideale. Spesso non lo è neppure il nostro, se pensiamo alla situazione femminile in molti stati moderni e non lo era senz’altro quello antico, Etruschi inclusi, se guardiamo ai parametri di eguaglianza che, con fatica, le donne stanno ancora combattendo per conquistare.

testa femminile in terracotta

Nella storia dei dipinti all’interno delle tombe c’è stata un’evoluzione, per esempio anche per quanto riguarda la moda e  il costume, sia per le donne che per gli uomini.

Per gli uomini l’elemento caratteristico è la barba: ci sono epoche in cui la barba c’è, come nel VI secolo, ed è possibile che una certa influenza l’abbia avuta l’iconografia di Eracle; nella seconda metà del IV secolo si afferma invece

Etruschi
Kylix- figure rosse

il modello di Alessandro Magno, privo di barba. Nelle epoche precedenti, quando le raffigurazioni umane sono rare, aspetti della moda come questi possono essere colti, al massimo, dalla presenza o assenza nelle tombe di utensili come i rasoi.

Riguardo le donne in realtà la differenza più significativa la fanno gli accessori. La sposa del sarcofago indossa il tipico copricapo a globo denominato tutulus che le trattiene i capelli divisi in trecce. Per le fasi più recenti i modelli iconografici sono molto simili a quelli delle donne greche, non c’è grande differenza.

Nella seconda metà del IV e nel III secolo a.C. si afferma tra gli uomini il modello corpulento, simbolo di opulenza e ricchezza ma che successivamente ha fatto coniare a Orazio la nota espressione obesus etruscus, il pingue etrusco, divenuto lo stereotipo della mollezza degli Etruschi ormai definitivamente conquistati e assoggettati dai romani. Il che non è del tutto vero perché a lungo gli Etruschi hanno conteso ai romani il controllo di tutta la Penisola.

Stiamo attraversando questo momento di emergenza sanitaria. Lei, a museo chiuso, come sta continuando il suo lavoro, di cosa si sta occupando?

Quello che stiamo facendo in questo momento lo abbiamo cominciato a fare da molto tempo, anche prima del covid, pur avendo introdotto forme di intrattenimento più immediate e che meglio possono dare l’idea e la sensazione di quella fruizione in presenza che è stata purtroppo inevitabilmente limitata dalla chiusura dei musei. Abbiamo realizzato molte dirette interattive sia su Facebook (facebook Villa Giulia) che su youtube (Romulus su youtube),

 facendoci letteralmente guidare dagli spettatori e rispondendo alle loro domande. Abbiamo fatto dirette on the road, dalla mia macchina, nel tragitto da casa al museo e viceversa, descrivendo la Roma primitiva e arcaica. Abbiamo realizzato video immersivi a 360° e realizzato molte iniziative di approfondimento e di didattica dedicate anche ai più piccoli.

Intervista a Valentino Nizzo Etruschi

In questo periodo, ogni giovedì alle 17.30 su Etruschannel stiamo commentando in diretta la serie televisiva Romulus di Matteo Rovere in onda su Sky, rispondendo ai commenti di un pubblico che si aspettava un VIII secolo a.C. simile a quello raccontato da Tito Livio o Dionigi di Alicarnasso e si è trovato spiazzato perché quell’epoca era in realtà molto diversa da come l’hanno descritta gli autori successivi. Tutto questo è legato anche al mio ruolo di consulente archeologico della serie, circostanza che mi ha consentito di offrire spunti e suggestioni agli autori e agli scenografi.

Il martedì alle 12 c’è un altro appuntamento sempre in diretta dalle sale del Museo, ma questa volta su Facebook; si chiama Intervallo ETRU e offre agli spettatori l’opportunità per dieci minuti di pormi tutte le domande che desiderano.,

Etruschi

Naturalmente non sono solo io l’unico a comunicare online ma c’è dietro tutta la squadra del Museo che continua anche durante la chiusura a offrire contenuti al nostro pubblico virtuale. Io sono finora l’unico che lo fa in questo modo estemporaneo e interattivo, con collegamenti che hanno contribuito a fare apprezzare il Museo in tutto il mondo.

Link segnalati:

Museo Villa Giulia

Gli Etruschi al MANN

Teresa Paladin
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2 Responses to "Cultura della vita, culto dell’Aldilà e ruolo della donna negli Etruschi – 1° parte"

  1. Franca   30 Novembre 2020 at 19:48

    Trovo interessante questo articolo.mi ha invogliato a visitare il museo.Grazie

    Rispondi
  2. Teresa Paladin
    Teresa Paladin   30 Novembre 2020 at 20:30

    Cara lettrice, ringrazio per il giudizio espresso: in effetti Villa Giulia è un museo ricco di fascino.

    Rispondi

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