NAPOLI – Avrete tempo per ammirare la mostra de Gli Etruschi e il MANN (12 giugno 2020/31 maggio 2021) ma una visita in questo periodo post lockdown renderà tutto più piacevole, senza affollamenti e nel massimo rispetto delle leggi vigenti.
Una visita al Museo Archeologico Nazionale è sempre un’esperienza. Non solo perché si ha modo di vivere l’antico centro della città più affascinante e misteriosa che abbiamo in Italia (scusate se sono di parte), ma perchè anche il quartiere dove sorge quest’edificio, ed il Palazzo stesso, sede prestigiosa del MANN, vi accoglierà nel cuore di Napoli con tutta la sua maestosità.
In realtà se parliamo dell’antica civiltà etrusca ci viene naturale associarla ai territori dell’alto Lazio e Toscana, invece questa mostra ci porta a scoprire quanto il legame de Gli Etruschi e la Campania fondi le sue radici più profonde. Le Mostre al MANN non sono mai una semplice “raccolta” di opere con un classico percorso ben illustrato, ma sono sempre delle esperienze che ti forniscono stimoli che ti coinvolgono in visioni inedite.
Alla riapertura del Museo c’era il Direttore Paolo Giulierini, ed ho avuto la possibilità di visitare la mostra con una guida d’eccezione: Valentino Nizzo, curatore del progetto scientifico, del catalogo ma, soprattutto, direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma.
Gli Etruschi e il MANN è una grande mostra che racconta l’antica popolazione italica. Un percorso espositivo inedito, che presenta 600 reperti di cui 200 opere visibili per la prima volta Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Seicento i reperti presentati al pubblico: almeno duecento opere, dopo un’attenta campagna di studio, documentazione e restauro, sono visibili per la prima volta in occasione dell’esposizione, che abbraccia un arco temporale di circa sei secoli (X- IV sec. a. C.).
Nel percorso di indagine ricostruito sulle orme degli Etruschi si ricostruiscono le fondamenta storiche di questa popolazione, la cui grandezza derivava anche dal controllo delle risorse di due fertilissime pianure, quella padana nel Nord e quella campana nel Sud.
Due le sezioni dell’itinerario di visita: la prima, Gli Etruschi in Campania, con un carattere prettamente archeologico approfondisce la presenza dell’antica civiltà nel Mezzogiorno d’Italia.
La seconda, Gli Etruschi al MANN, valorizza, in una prospettiva storico-culturale i materiali etrusco-italici acquisiti sul mercato collezionistico dal Museo di Napoli.
Ad arricchire l’esposizione napoletana c’è poi uno straordinario gruppo di materiali dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia come l’intero corredo della celeberrima Tomba Bernardini da Palestrina (675-650 a.C.), sepoltura tra le più ricche e famose che il mondo antico ci abbia restituito, tanto da divenire un vero e proprio “manifesto” dell’età orientalizzante, epoca delle grandi rotte commerciali e degli scambi di beni di lusso su scala mediterranea.
La storia della scoperta della Campania etrusca si configura come uno dei capitoli più avvincenti della ricerca archeologica in Italia e nel Mediterraneo: in tal senso, il ricchissimo patrimonio, custodito nei depositi del MANN e studiato in occasione della mostra, fornisce uno spaccato inedito nel panorama espositivo internazionale.
GLI ETRUSCHI IN CAMPANIA
Gli “antefatti” della presenza degli Etruschi in Campania (X-VIII sec. a. C.) risalgono al momento cruciale del passaggio tra la fine dell’Età del Bronzo e l’inizio dell’Età del Ferro, quando si avvia il lungo processo di definizione delle diverse culture che caratterizzeranno la regione in età storica. Nella sezione “Preistoria e Protostoria” del MANN, molteplici reperti, in gran parte provenienti dai corredi funerari rinvenuti nei siti archeologici della regione, tracciano le differenze tra le popolazioni indigene inumatrici, portavoci della “cultura delle tombe a fossa”, e le comunità che seguivano il modello cosiddetto protoetrusco e villanoviano, incinerando i defunti.
Le necropoli di Carinaro e Gricignano d’Aversa (cultura protovillanoviana), Capua (cultura protovillanoviana e villanoviana), analogamente a quelle di Sala Consilina e Pontecagnano (cultura villanoviana), sono tutte localizzate in aree di passaggio dall’entroterra appenninico verso il Tirreno (le Valli del Volturno, del Clanis, del Sarno, del Picentino, del Sele e del Tanagro): i siti testimoniano come l’interazione con gli Etruschi abbia avuto una valenza economica, commerciale e culturale.
Corredi come quelli capuani attestano la presenza nella regione dei “primi Etruschi” portatori della cosiddetta cultura villanoviana caratterizzata dall’adozione prevalente dell’incinerazione, con ossuario tendenzialmente biconico, decorato con motivi geometrici incisi a pettine.
In alcuni centri della Campania (Capua, Sala Consilina e Pontecagnano), che hanno restituito importanti testimonianze materiali di tipo villanoviano, si riflette la permeabilità culturale delle genti che popolarono la regione, sin dalla prima età del Ferro, stabilendo contatti con i territori dell’Etruria propria (odierna Toscana e Lazio settentrionale). Non soltanto le ceramiche, ma anche i metalli raccontano il ricco apparato decorativo delle sepolture: armi, rasoi, oggetti di ornamento in ambra del Baltico (il cui commercio sin da epoca remotissima fu monopolizzato dagli Etruschi), fibule da parata con decorazioni a sbalzo da Suessula (Acerra).
Tra VIII e VII sec. a.C., si diffonde, nella vita quotidiana così come nella sua proiezione funeraria, un intenso fenomeno culturale oggi definito “orientalizzante”: gli insediamenti stabili dei Greci, da Pithecusa (Ischia) a Cuma, favoriscono l’adozione di nuovi modelli artistici e comportamentali, ispirati alle mode delle aristocrazie orientali ed ai prototipi eroici propri dell’epica omerica.
Ne è una splendida testimonianza la Tomba 104 Artiaco di Cuma (fine VIII sec. a. C.), in cui, grazie ai doni aristocratici, il rituale greco è arricchito da raffinati manufatti etruschi: scoperta nel 1902 da Gaetano Maglione e Giuseppe Pellegrini, la Tomba 104 ha restituito, infatti, reperti di straordinario valore.
Appartenente ad un defunto di grande prestigio, sottoposto a un complesso rituale incineratorio di ispirazione omerica, il sepolcro custodiva un ricco corredo funerario: armi, anche contorte e distrutte dal fuoco, così come vasellame, strumenti legati al banchetto e al simposio, preziosissimi ornamenti personali.
Tra i manufatti di pregio, in esposizione al MANN, spicca un affibbiaglio a spranghe in oro e argento (ultimo quarto dell’VIII sec. a. C.), anch’esso restaurato per l’occasione: importato probabilmente dall’Etruria e decorato con la rappresentazione di quattro caratteristiche sfingi orientali, il reperto offre un’eccezionale testimonianza del melting pot culturale che caratterizzò la regione nel periodo “orientalizzante”.
Nel VI sec. a.C., in Campania, si assiste ad una progressiva urbanizzazione del territorio: si definisce, così, un fenomeno di osmosi culturale tra le poleis greche ed il modello “etruschizzante” dei centri indigeni. Ancora una volta dalle necropoli viene confermata questa tendenza alla contaminatio, che resterà viva anche dopo le pesanti sconfitte subite dagli Etruschi ad opera dei Greci (Cuma, 524 e 474 a.C.). Da Nocera Superiore ed, in particolare, dal sepolcreto rinvenuto nell’Ottocento in località Oschito, provengono interessanti reperti (databili tra fine del VI e il secondo quarto del V sec. a. C.), che testimoniano il consolidarsi del modello di simposio di matrice greca, associando ceramica ateniese di importazione con utensili e vasellame metallico di produzione etrusca (in particolare vulcente) e campana.
Anche nei centri greci del Golfo di Napoli, sin dalla fine del VII ed ancora in parte nel V secolo, sono presenti manufatti importati dall’Etruria o prodotti nei centri etruschi della Campania, come documentano, in particolare, gli unguentari etrusco-corinzi e, soprattutto, gli esempi di ceramica in bucchero campana (la caratteristica ceramica in argilla nera, lucidata e lavorata al “tornio”, nota come bucchero, costituisce ancora oggi un indicatore fondamentale dalla presenza etrusca).
In termini di attestazioni storiche e culturali, da segnalare la selezione di importanti iscrizioni, testimonianze della lingua etrusca: in mostra, oltre ad un gruppo di coppe con iscrizioni dedicatorie, una copia della celeberrima Tegola di Capua (in prestito dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia), “emigrata” a Berlino alla fine dell’Ottocento, perché ritenuta un falso sulla scia di quanti ancora negavano l’importanza avuta dagli Etruschi in Campania. E’ interessante poi approfondire gli avvicendamenti di questa intrigata storia che rende ancora più affascinante la testimonianza archeologica di questo reperto.
Insomma è un viaggio nel tempo, nelle nostre radici, non solo originarie del Lazio, Toscana o Campania, ma di una civiltà che ci ha sempre affascinato e di cui amiamo ripercorrerne le orme. La mostra è un’occasione unica per intraprendere questo itinerario.
In questa dichiarazione del Direttore Paolo Giulierini è racchiuso tutto lo scopo di questa esposizione che vi consigliamo vivamente:
“Gli Etruschi al MANN tornano per restare. Non solo con una mostra raffinata e dall’altissimo rigore scientifico, ma con l’annuncio dell’allestimento permanente che restituirà alla fruizione del pubblico un altro fondamentale pezzo della storia del nostro Museo, ‘casa’ dei tesori di Pompei ed Ercolano, così come custode di eredità molto più antiche. Museo della capitale di un Regno, l’Archeologico di Napoli vanta, infatti, collezioni sterminate derivate sia da scavi che da acquisizioni come, ad esempio, quella del bronzetto dell’Elba, reperto più antico ritrovato sull’isola toscana…”.
Tutte le foto sono MyWhere copyright
Se volete leggere un altro articolo sulla mostra Gli Etruschi e il MANN di Fabiola Cinque ecco il link
INFO: Gli Etruschi e il MANN
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
12 giugno 2020 / 31 maggio 2021
a cura di Paolo Giulierini e Valentino Nizzo
promossa dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli
con l’organizzazione di Electa; La Regione Campania ha contribuito alla realizzazione dell’exhibit.
La mostra è accompagnata da un catalogo (Electa), a cura di Valentino Nizzo. Per l’occasione è stato inoltre edito nelle pubblicazioni scientifiche “Quaderni del MANN” il volume, a cura di Valentino Nizzo, Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo, strettamente correlato alle tematiche della seconda sezione del percorso espositivo.
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