Powerchair Football e Powerchair Hockey: lo sport con una marcia in piu’.

Powerchair Football e Powerchair Hockey: lo sport con una marcia in piu’.

ROMA – Intervista a Marco Ferrazza, capitano della Nazionale di Powerchair Football, della Fipps (Federazione Italiana Paralimpica Powerchair Sport)

Marco, qual è lo sport di  cui sei atleta specialista? Attualmente pratico entrambi i powerchair sport, vale a dire powerchair hockey e powerchair football.. In italiano sarebbe hockey in carrozzina elettrica e calcio in carrozzina elettrica.

Quando hai iniziato e in che modo? Mi sono affacciato al mondo dei powerchair sport, in particolar modo al powerchair hockey quando avevo circa otto anni e mi ci sono ritrovato perché, a quell’età, volevo fare quello che facevano un po’ i miei compagni di classe, quindi iniziare a praticare lo sport a livello serio. Grazie a mia madre, che si mise a cercare uno sport adatto alle mie esigenze, trovammo il powerchair hockey, che, all’epoca, si chiamava wheelchair hockey e questo era uno dei pochissimi sport che permetteva a me, con la mia disabilità, di praticare appunto uno sport in quanto era sufficiente e necessario saper e poter guidare una carrozzina elettrica. Dall’anno scorso invece ho cominciato anche la pratica del powerchair football, perché soltanto dall’anno scorso è arrivato in Italia e anche in questo caso l’elemento che lo accomuna al powerchair hockey è quello di essere praticabile con l’ausilio appunto della carrozzina elettrica e quindi soltanto riuscendo a poterla controllare, guidando attraverso il joystick.

Quali sono state le sfide che hai vinto e gli obiettivi che hai raggiunto? Nella mia carriera finora ho avuto la possibilità di togliermi diverse soddisfazioni. Nel powerchair hockey, ad esempio, faccio parte della Nazionale Italiana dal 2006 praticamente, quindi da più di 15 anni. Con la mia squadra di club ho vinto 4 scudetti, quindi 4 campionati nazionali, una coppa Italia, una super coppia italiana, mentre, con la nazionale, sicuramente il mio successo maggiore è stato quello di vincere il campionato del mondo nel 2018 in Italia, quando ci siamo laureati campioni del mondo con la nazionale italiana. Attualmente sono il vice capitano della nazionale di hockey e il capitano della nazionale di football, di cui faccio parte da quando è nata, quindi a partire dall’anno scorso e, per quanto riguarda il club di powerchair football anche lì ci siamo laureati campioni di Italia alla prima competizione ufficiale, quindi attualmente siamo i campioni di Italia del mio club e ho la fortuna e l’onore di partecipare e di essere convocato in tutte e due le nazionali. Queste sono sicuramente le esperienze che finora sono riuscito a maturare e gli obiettivi raggiunti.

Quali sono state le figure, anche della tua cerchia personale, a cui ti sei ispirato? Due figure sicuramente molto importanti per me, per la mia crescita sportiva, ma oserei dire, assolutamente anche umana, sono stati i gemelli Lazzari, Marco e Daniele, che sono stati per tanti anni la colonna portante della mia squadra di club, e che sono purtroppo scomparsi da non molto. A loro devo molto perché chiaramente quando sono arrivato ero veramente un ragazzino, appunto a 8 anni, e osservando il loro modo di giocare, i loro comportamenti dentro e fuori dal campo, ho avuto la possibilità di crescere e di apprendere tanto e quindi, adesso che non ci sono più, mi sento un po’ in dovere di fare e di comunicare quello che loro hanno comunicato a me, alle nuove generazioni, a chi si affaccia alla squadra per la prima volta, e spero di onorare sempre la loro memoria mettendocela tutta e continuando a creare quel clima e portando avanti quei valori che caratterizzano la nostra squadra.

Come si pone lo sport che pratichi rispetti a concetti come agonismo, inclusione, crescita personale? Io credo che appunto lo sport nel mio percorso di crescita e di formazione sia stato fondamentale, in particolar modo uno sport come il nostro ci permette di venire a contatto con realtà molto spesso simili alla mia oppure peggiori o a volte migliori ma che comunque ci danno sicuramente degli spunti di riflessione, ma anche degli spunti pratici che ci permettono di crescere e di imparare tanto e la fortuna di essere poi in nazionale da tanti anni mi ha permesso di girare in lungo e in largo l’Italia e l’Europa e quindi di conoscere non solo una realtà magari italiana ma anche appunto internazionale, quindi credo che per me sia stata davvero una grandissima fonte di formazione e di ispirazione. Per quanto riguarda l’agonismo, io assolutamente quello che cerco d far trasparire è che il nostro è uno sport a tutti gli effetti, quindi ad alti livelli, e ognuno di noi vuole vincere e farà di tutto per vincere, quindi non c’è assolutamente nessun tipo di differenza con gli sport per normodotati. Anzi, noi mettiamo in campo tutto quello che possiamo, tanto impegno, tanta dedizione, tanto allenamento, e facciamo di tutto per raggiungere i risultati che qualunque sportivo vuole appunto perseguire.

Che cos’è stato per te un limite e cosa invece non lo è più? Il concetto d limite ritengo che sia molto importante nella mia carriera sportiva ma anche insomma nella mia vita d tutti i giorni. A me piace pensare che l’asticella vada sempre alzata d più e quindi mi pongo quelli che più che limiti sono diventati obiettivi ed è ciò che mi permette di andare avanti, di evolvermi, di crescere e di aspirare sempre a un qualcosa in più, quindi sicuramente gli ostacoli tecnici, molto spesso anche dovuti, magari alla carrozzina, la difficoltà di praticare lo sport per i disabili chiaramente esistono, ma non sono una cosa che mi ha mai intimorito, anzi. Dal punto di vista sportivo sono uno che non si sazia mai, quindi ogni qualvolta riesco a raggiungere un obiettivo, che mi ero prefissato, me ne pongo sempre uno maggiore, quindi è quello che mi spinge a migliorarmi, a crescere sempre come sportivo, ma non solo, anche appunto nella vita come persona, quindi assolutamente per me il limite è qualcosa di stimolante, non di disturbante. E’ una cosa che mi piace raggiungere, superare e poi pormene sempre di più alti.

Alessandra MR D'Agostino
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