Una strepitosa Noa in concerto al Teatro Duse di Bologna

Una strepitosa Noa in concerto al Teatro Duse di Bologna

27 Ottobre. Al Teatro Duse di Bologna c’è l’attesissimo concerto di Noa, dopo la cancellazione dello stesso a Milano. La carica di aspettative da parte del pubblico che la segue e che la ama è ben palese non appena si entra nella sala già affollatissima ben prima dell’inizio, dove un sommesso vocio sembra pregustare nell’attesa, l’importanza dell’evento che presto avrà luogo. Sin dal suo ingresso sul palco, il pubblico sa già che l’evento è di grande levatura. L’atmosfera sembra, a tratti, rarefatta, lei giunge come una brezza di incenso e mirra, a dare un’aura sacrale e orientale insieme, al silenzio raccolto un po’ da chiesa, cosa rara questa: ai concerti non accede sempre così!
Questa di stasera è una performance in forma di concerto. Performance perché la voce, il talento, la musicalità espressa non solo timbricamente ma anche attraverso la perizia di lei che si cimenta con le percussioni e a sorprese anche con la batteria. Concerto perché non è sola ma coadiuvata da tre musicisti di spessore: al contrabbasso Adam Ben-Ezra, alla batteria Gadi Seri e alla chitarra Gil Dor. Elegante, in un particolarissimo abito doppio nero e oro e scalza, movenze agili e aggraziate le sue, Noa si mostra a suo agio ma non esibisce arie da star. Noa ha il gusto per il gesto garbato e misurato insieme, ingentilito però da un sorriso onnipresente a irradiarle il viso, forse il make up più riuscito per una donna del suo calibro.
Attacca con brano racchiuso nell’ultimo album “Love medicine“, dal titolo “Shalom”, non seguirà la scaletta, poiché l’invocazione del testo è così opportuna – visti i tempi – che vale la pena chiarire subito i propri desideri, e caso mai ci fossero ancora dubbi, riguardo le sue posizioni (non sempre gradite nella Madrepatria, quando non apertamente osteggiate). Ma Noa non fa ancora accenni alla situazione “di casa”, non è una propagandista, o se lo è lo fa nel modo più pacato e discreto. Confessa però di amare la comunicazione e questo giungerà al punto che tralascerà l’inglese, sua seconda lingua – visto che è cresciuta negli USA – per proseguire il suo dialogo col pubblico in italiano. Inizialmente si aiuterà con i fogli su cui che è scritto il messaggio, ma più tardi proseguirà senza di essi, “senza rete” quindi. Noa è un’artista che si impegna attraverso l’arte: l’ebraico Shalom si alterna all’arabo Salam, vorrà dire pur qualcosa…
I brani si avvicendano: dalla ritmata “Happy song”,  a “Mere words” fino a “Eternity and Beauty”  brano questo che aveva visto la collaborazione con il grande Pat Metheny. Noa nel dedicargliela, riferisce che era stato proprio lui a pubblicarle il primo album, un’amicizia – la loro –  che dura fino al presente visto che la stessa Noa ne ha scritto le parole.
Briosa, energica, ma al tempo stesso affettiva verso i presenti in sala e i suoi colleghi in palco con lei; riuscirà persino a far cantare il pubblico, già, proprio quel pubblico così riverente che invece risponde poi intonando e ripetendo anche frasi in ebraico, evidentemente con buon accento, visto il grado di soddisfazione espresso dalla cantante.
Nel corso del concerto dove le capita di rimanere impigliata con l’abito nella batteria, risponde con una sonora risata e mentre viene aiutata a districarsi da qualcuno del Teatro, accenna canticchiando a “Everything happens to me”. Allegra, con un evidente sense of humor ma anche ben attenta al presente come quando introducendo la bellissima “Uri” dedicata al figlio dello scrittore israeliano David Grossman, morto nel 2006, durante i combattimenti in Libano, riporta come la vicenda avesse commosso Israele e come poi lo scrittore e la moglie abbiano dato vita, in seguito al doloroso evento, all’associazione “The Circle of parents” a sostegno di tutti quei genitori che hanno perso i propri figli durante questi interminabili conflitti.  La canzone viene  eseguita con l’accompagnamento della sola chitarra, scelta che rende ancora più consapevole i presenti delle qualità canore dell’interprete.
Seguirà anche la dolcissima “Little star”  dedicata a Karol Wojtyla che in gioventù aveva  subito l’internazione nei “campi di lavoro”, Noa commenta a riguardo dicendo che non avrebbe “mai pensato di scrivere una canzone sull’Olocausto”.
Il programma non propone solo brani dall’ultimo cd ma anche altri come melodie tipiche yemenite alle quali si accompagnerà utilizzando non uno Stradivari, come aveva spiritosamente detto, ma una scatola di latta. Dopo gli originali “primi” saluti su ritmo blues e un insolito commiato dal pubblico, ritorna perché richiamata con ferma insistenza da questo che non accenna a muoversi, meritando così la farandola di brani noti e particolarmente vicini a lui, là in piedi in una standing ovation che sortisce il suo effetto poiché Noa ritorna e si concede ancora altri venti minuti per questo concerto che era stato previsto durare un’ora e un quarto senza interruzioni: settantacinque minuti quindi tutti di un fiato e che fiato!
Si prosegue ancora con una kermesse di canzoni napoletane ma non solo, da “No potho reposar” fino a “Beautiful that way” e con i versi “smile without a reason smile” il sorriso sincero di Noa e i suoi ringraziamenti in stile partenopeo “grazie assai!” che risentono dei suoi trascorsi a Panarea, ci lascia o lo farebbe…ma è generosa: ecco l’ultimo regalo, propone di nuovo “Shalom”.
Così era iniziata e così ha avuto termine – con questa dinamica circolare – una delle più attese serate. Peccato non esserci stati. Davvero

noa

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Daniela Ferro

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