Mentre attendiamo la prima de “Il mondo non mi deve nulla”

Mentre attendiamo la prima de “Il mondo non mi deve nulla”

Pamela Villoresi è una fra le figure più rappresentative del Nostro teatro, inizia giovanissima la carriera di attrice, ha a suo attivo un consistente numero d’interpretazioni prevalentemente teatrali, sebbene ve ne siano anche di cinematografiche e televisive, sempre accanto ad attori importanti; è stata anche diretta da registi di grosso spessore. Assieme a Claudio Casadio sarà in scena dal 6 all’8 marzo, al Teatro Duse, coprotagonista della piece di Massimo Carlotto.

Ho acquistato il libro ma ancora non l’ho aggredito, Claudio Casadio mi ha consigliato di farlo dopo aver visto la piece, io volevo sapere intanto, qualche dato su questo testo e soprattutto sul Suo personaggio.

Massimo Carlotto aveva già in mente di scrivere questa storia perché aveva conosciuto una croupier però questo era solo uno spunto, per poi far incontrare questa donna con un uomo del popolo, terra terra. Casadio che già aveva fatto con lui “Quest’oscura immensità”, gli aveva chiesto un altro testo e così sono nati insieme, non è un adattamento da un romanzo. Naturalmente in teatro servono molte meno descrizioni, in un testo teatrale c’è molto meno scritto di quanto non ci sia nel romanzo. Lui è stato molto disponibile perché addirittura era gioioso, proprio contento che noi portassimo anche tante piccole sottigliezze, battute, canzoncine che fanno parte di un nostro bagaglio di ricordi e d’identità personali; perché loro mi hanno offerto questa parte senza sapere che io veramente sono mezza tedesca.

Sua mamma, vero?

La mamma tedesca e la nonna austriaca! Per cui ha fatto i salti di gioia, Carlotto, perché l’abbiamo arricchito di tante piccole cose ed è stato un bellissimo rapporto con Carlotto e continua ad esserlo con Casadio perché siamo due panzer, non molliamo mai, in nessuna parte del mondo, con nessun acciacco!, e abbiamo davvero una bella squadra dietro. E’ una coproduzione fra tre realtà: Teatro di Udine, Romagna Teatro con un impresario privato storico del teatro che è Mezzasoma e quindi abbiamo una confezione, più da teatro stabile, che da teatro così detto di “giro”, perché abbiamo dei disegni animati di Laura Riccioli bellissimi, scenografie importanti di Amodio, i costumi di Lucia Mariani, le musiche di Paolo Danieli, abbiamo veramente una confezione importante, di grande artigianato italiano dello spettacolo che come vediamo non manca mai ogni anno di prendersi pure degli oscar!

Senta, di questa Lise che è un po’ particolare è l’altra faccia di questo uomo; Lise prima è una croupier, una sorta di sirena ammaliatrice, non dico che ”rubasse” – dato il lavoro – che poi verrà a sua volta ”derubata” dalla banca che la lascia sul lastrico, e quest’uomo che ruba ma per necessità…

E’ proprio così in realtà, sono proprio due facce della stessa medaglia, però sono anche l’uno il rovescio dell’altro nel senso che tutti e due sono fortemente simbolici del nostro periodo storico, più che economico, culturale. Da una parte il ladro rappresenta la persona del popolo che è rimasta senza lavoro, è distrutto da una crisi economica, forse anche culturale, però; rubacchia per sopravvivere però è anche una persona aperta all’ascolto dell’altro: infatti lui sarà in capace di cambiare vita. Lei invece, come la società di oggi, ha messo le radici, nelle vanità delle vanità, nel finto benessere, dove il rapporto con l’altro è solo strumentale e solo in funzione del proprio tornaconto. Quindi lei non è più capace di ascoltare l’altro – come l’umanità di oggi – lei non sarà capace di cambiare idea e di cambiare vita.

L’arricchimento quindi è tutto da parte di lui, lei è così cinica che arriva a dire “il mondo non mi deve nulla”.

Eh sì! Una che ha passato la vita a sfruttare il prossimo, il mondo che le deve? Rimane sola come un cane, il suo è un fallimento completo.

Il mondo non mi deve nulla Villoresi Casadio pf Federico RivaQual è stato il suo riferimento nel ricreare il personaggio, l’immagine che mi sono costruita di lei è molto diversa da questa teutonica croupier, molto cinica eccetera, è pur vero che Lei ha un’esperienza teatrale di amplissimo raggio, come se l’è cucito questo ruolo?

Ma qui attingiamo sia ai nostri ricordi personali, ma non solo famigliari, gli errori che fanno i tedeschi parlando in italiano li conosco bene! Non è che esagero tanto, è come sentire una musica che parlata benissimo, ma che come una musica ha dei richiami, lì non è che ho fatto molta fatica, diciamo che c’è tutta una gestualità che anche questa io l’ho ben in mente: in un funerale tedesco, ci si avvicina, tutt’al più si mette la mano sul braccio e si abbassa la testa; da noi: “Mammaaa miaaaa!!!”. C’è una compressione di tutti i sentimenti, di tutte le emozioni, estremamente controllati, c’è proprio un altro modo di esprimere i sentimenti. Lise, infatti, ha anche questo modo di muoversi che mi è venuto in mente non solo da personaggi di famiglia, ma anche da tante persone più nordiche che ho frequentato nella mia carriera, quindi c’è una compostezza, un’eleganza, ma anche dei modi di fare molto diversi, devo dire che anche mi conosce da un po’ di tempo, professionalmente, si è stupito da tanta compostezza, perché io sono molto carnale nei miei personaggi. Qui devo dire ho fatto un’operazione di estrema compressione, per cui questo è forse il personaggio più misurato che abbia fatto nella mia vita. Poi naturalmente non è detto che i personaggi ci assomiglino, questo lo dico perché appena finito “Il Mondo non mi deve nulla” andrò in scena per i 500 anni di Teresa d’Avila, quando mi dicono: “Lei non ne Sente il peso?”, rispondo: “Certo che ne sento il peso, è una responsabilità enorme!”. La prima donna dottore della Chiesa. Per fortuna per interpretare un’assassina non occorre aver ucciso qualcheduno, si può pure rappresentare una santa, pure con un animo sgangherato come il mio. E allora anche per la Lise vale anche questo: io non sono né così compressa, né così, probabilmente elegante, né così sensuale. Perché poi, quelle donne così calcolate, così misurate, hanno quella famosa sensualità per cui gli uomini devono, diciamo, detronizzare, quindi non ho nella vita quel tipo di attrattiva, perché io sono molto più mediterranea, in questo senso. Ripeto non dobbiamo aderire o assomigliare ai nostri personaggi, facciamo appello ovviamente alle cose che di noi assomigliano di più a un personaggio, ma grazie al cielo non gli dobbiamo poi, aderire. Il bello di questo mestiere è poter spaziare!

C’è una frase da quanto ho leggiucchiato qua e in là, fra la vita e la morte, c’è in mezzo…

Sì, è la frase di Adelmo: “Ho scoperto che uno nasce e poi muore, ma in mezzo può vivere tutte le vite che vuole”.

Questa mi sembra una bella metafora per descrivere bene il mestiere dell’attore, che cosa ne dice?

E’ vero! E’ vero! Non ci avevo mai pensato!

Daniela Ferro

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