Una giornata al Max Biaggi

Una giornata al Max Biaggi

“Ciao Giulio, stavamo pensando di farti provare la moto di Max Biaggi. Non abbiamo ancora organizzato nulla ma tra un paio di giorni ti richiamo e ti do i dettagli”. Se sei un appassionato di moto, una telefonata così ti sconvolge. E non importa se sei di ritorno dall’ultima gara del Mondiale Superbike. Se hai appena finito una stagione di gare in giro per il globo come inviato di MotoSprint e se già hai avuto la possibilità di provare in pista alcune delle moto più belle del mondo. Se sei un appassionato di moto, una telefonata così, ti sconvolge sempre. Perché proverai l’Aprilia numero tre che ha appena vinto il Mondiale Superbike. La moto di Max Biaggi. L’acerrimo nemico di Valentino Rossi, che adesso vince nelle gare delle derivate dalla serie. Un sogno irrealizzabile per tutti. Ma non per te. Non questa volta.

La moto di Max Biaggi

L’appuntamento è sulla pista di Aragon, in Spagna, in mezzo alle montagne a 80 chilometri da Saragozza. Lei è li, nel box del team Aprilia, con Max al suo fianco che sta finendo di fare il briefing con i suoi tecnici. Lui è appena sceso dalla sella. E ora tocca a me. “Speriamo di non fare danni. Questa moto costa 300.000 euro”. È il mio pensiero prima di salire. Poi ingrano la prima ed entro in pista. E tutto viene facile. La Superbike è una categoria entusiasmante che fa scatenare gli appassionati perché in pista ci corrono moto derivate da quelle che sono in vendita nei concessionari. Quella di Biaggi è l’Aprilia RSV4, una quattro cilindri a V di 1000 cc super tecnologica, dotata di una serie di diavolerie elettroniche nate proprio grazie alle corse. La somiglianza tra la belva di Biaggi e la moto stradale è imbarazzante. E non solo esteticamente. Va bene, la moto del campione del mondo va più forte, molto più forte. È più agile e veloce a scendere in piega, ma è pur sempre una RSV4. E lo si capisce sin dalla prima curva. Questo è il dato disarmante. Solo che in fondo al rettilineo più lungo della pista, ti spara a 330 km/h. Si, 330. Dai quali poi bisogna rallentare fino a 60 all’ora per fare uno stretto tornantino a destra. E qui la moto di Max ti sorprende ancora di più: nella frenata.

Giulio Fabbri durante l’intervista a Max Biaggi

Una Superbike non è una moto per tutti. Altrimenti non si chiamerebbe super. Ma non è nemmeno quel mostro indomabile che è una MotoGP. Si fa guidare, non ti porta a spasso come un pupazzo attaccato ai semimanubri. Ma bisogna trattarla con garbo. Non bisogna esagerare, altrimenti si rischia di finire sulla luna… E poi cadere pesantemente sull’asfalto. Per fortuna che su queste moto c’è l’elettronica. La tanto amata ed odiata elettronica. Quella serie di algoritmi che anche se non si vedono si percepiscono quando si gira con troppa foga la manopola del gas. Perché ti fanno evitare brusche perdite di aderenza. Evitano che la moto si cappotti in accelerazione e in frenata la fanno stare bella ferma. Come su di un binario. Tutte cose che tra l’altro sono presenti anche sulla moto di serie. Ma che ovviamente non sono settate con la cura maniacale che invece è d’obbligo nelle corse. Anche perché questa moto ha oltre 230 cavalli. Puledri di razza, che ti sparano fuori dalla curva con una velocità tale da arrivare a quella successiva senza fiato. E anche se sei abituato a moto iper prestazionali, ti emozionano. Ti fanno scendere dalla sella quando rientri ai box con quell’adrenalina che non puoi provare in sella a nessun’altra moto. Anche perché di Aprilia numero 3 ce n’è solo una. Quella del campione del mondo della Superbike. Quella di Max Biaggi.

Giulio Fabbri mentre prova la moto di Max Biaggi
Giulio Fabbri
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