The Chamber Works: Alessio Bidoli incontra il maestro Nino Rota

The Chamber Works: Alessio Bidoli incontra il maestro Nino Rota

ITALIA – Nino Rota: the Chamber Works. E’ questo il titolo dell’album del violinista che omaggia l’eterno compositore, famoso per le grandi colonne sonore del cinema e non solo. Ecco a voi la nostra intervista con Bidoli che ci ha parlato non solo del suo progetto ma anche del suo percorso, della sua storia e delle tappe decisive della sua brillante seppur giovane carriera. 

Qualche settimana fa è uscito il nuovo album del violinista Alessio Bidoli, dedicato alle composizioni di musica da camera di uno fra i più significativi autori musicali del XX secolo. Nino Rota: Chamber Works, pubblicato da Decca Italy e in distribuzione presso i migliori negozi di musica e sulle principali piattaforme digitali, è un lavoro che il giovane musicista milanese ha interpretato insieme a Bruno Canino al pianoforte, Massimo Mercelli al flauto e Nicoletta Sanzin all’arpa. Il brossurato è impreziosito dalle opere di Gabriele Basilico e Federico Patellani gentilmente concesse dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia unitamente alla mano di Manfredo Pinzauti.

Il talento di Nino Rota, enfant prodige che già all’età di undici anni aveva composto un oratorio per soli, coro e orchestra si è spesso cimentato in forme strumentali impegnative: in questo album si è scelto di privilegiare alcune delle sue pagine cameristiche più suggestive. Il repertorio selezionato contiene opere attinenti alla sua produzione neoclassica come anche alla trascrizione cameristica di brani tratti dalle musiche che compose per il cinema meno noto. Si parte con la Sonata per violino e pianoforte (1936-37) dedicata a Guido Agosti ed eseguita per la prima volta a Milano il 14 marzo del ’38, composizione che rientra nel pieno della stagione del neoclassicismo italiano. A seguire l’Improvviso in re minore per violino e pianoforte, brano di notevole impegno strumentale, suonato in una sequenza del film Amanti senza amore di Gianni Franciolini (1947), adattamento della novella Sonata a Kreutzer di Lev Tolstoj, interpretato da Clara Calamai, Roldano Lupi e Jean Servais nel ruolo del celebre violinista. Di diverso impatto è l’Improvviso in do maggiore (Un diavolo sentimentale), opera del tutto autonoma composta nel 1969 e dedicata al violinista ed editore Alberto Curci: una composizione al contempo brillante e virtuosistica, scorrevole e piacevole, caratterizzata da una scrittura armonica che maneggia in maniera disinvolta e moderna dissonanze ed equivoci tonali. The Legend of the Glass è invece un brano per violino e pianoforte tratto dalla colonna sonora del film del 1949 The Glass Mountain (La Montagna di Cristallo) diretto da Henry Cass, dedicato al violinista Francesco Antonioni, strumentista, storico e docente di violino del Liceo Musicale, poi Conservatorio N. Piccinni di Bari, del quale Rota fu direttore dal 1950. La Sonata per flauto e arpa, edita da Ricordi nel 1939 è invece uno dei lavori cameristici più rappresentativi della poetica neoclassica rotiana, definita da Gavazzeni “la misura più perfetta offerta da Rota”. Infine il Trio per flauto, violino e pianoforte, composto nel 1958 per lo svizzero-cubano Trio Klemm e presentato dallo stesso trio in prima esecuzione il 6 aprile del 1960 presso la Sala del Lyceum Clubs: un lavoro particolare, dotato di un’incisiva scrittura ritmica e trascoloranti ambiguità armoniche.

ALESSIO BIDOLI: “ECCO PERCHE’ HO VOLUTO OMAGGIARE IL GRANDE NINO ROTA”

alessio bidoli

“L’idea di questo lavoro – afferma Alessio Bidolimi è venuta dopo aver ascoltato durante una notte insonne una sua intervista su RAI3. Nino Rota parlava della sua vertiginosa carriera con la semplicità dei grandi e questa umiltà e semplicità mi ha fortemente colpito. Ovviamente lo conoscevo per le colonne sonore del cinema, ma anche perché aveva insegnato al Conservatorio di Bari dove anch’io ho avuto per due anni una bella esperienza lavorativa. Sono quindi andato a curiosare nel suo repertorio cameristico e sono stato molto sorpreso dal fatto che molte sue composizioni meno note fossero davvero poco eseguite. Ecco quindi l’idea di questo disco insieme a Bruno Canino (con cui ho inciso già quattro CD), Massimo Mercelli e Nicoletta Sanzin, per far conoscere ai giovani studenti e agli appassionati della musica del ’900 anche il repertorio da camera raffinato e ironico di questo grande compositore italiano, e ringrazio la Decca per avermi dato questa opportunità.” Affermava Rota: “Non credo a differenze di ceti e di livelli nella musica: il termine ‘musica leggera’ si riferisce solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’ha scritta”. Tale pensiero – secondo Nicola Scardicchio autore della nota introduttiva nel pregevole libretto che accompagna il CD, è perfettamente applicabile alla differenza tra musica da concerto e musica per il cinema: “Gli scambi dalla sala da concerto alle sale cinematografiche connotano un compositore che non stabiliva barriere di genere in un’arte come quella musicale che per Rota aveva senso proprio in quanto libera da limiti di sorta”.

NINO ROTA: THE CHAMBER WORKS: L’INTERVISTA AD ALESSIO BIDOLI

Alessio Bidoli, crediti foto Ugo Zamborlini

Incuriositi dal progetto del talentuoso Alessio Bidoli, abbiamo deciso di intervistarlo. Ecco a voi la nostra chiacchierata con lui.

Buonasera Alessio, che curriculum impressionante il tuo! Cominciamo dalla tua formazione: Hai studiato a Milano, a Losanna, a Salisburgo, a Imola e a Siena. Quale scuola ricordi più con affetto? E qual è il  maestro per eccellenza di Alessio Bidoli?

Innanzitutto piacere di conoscervi! Ti ringrazio ma non è così “impressionante” dai!  La mia è una storia di un violino “resuscitato” dopo una grave malattia ma, dopo anni, non ho più voglia di parlarne.

Le mie esperienze didattiche sono state tutte piuttosto edificanti perché ogni insegnante ha sempre qualcosa da trasmetterti e per me ha avuto un peso specifico diverso, corrispondente alla scuola violinistica di riferimento. Sicuramente Amoyal a Losanna e Salisburgo ha condizionato molto le mie scelte musicali, agogiche e di fraseggio che porto tutt’ora nelle mie esecuzioni. Accardo a Siena è stato un bagno di sapere per la prassi esecutiva. Allora ero eccessivamente eccentrico per capire tutto il bene che voleva trasmettermi affrontando il testo in modo rigoroso.

Ho riscoperto tardivamente questa parte fondamentale dello studio, solo quando ho iniziato a suonare ed incidere con Bruno Canino. Mi ha insegnato che quando si affronta un nuovo brano bisogna essere “funzionari della Musica” e rispettare nel minimo dettaglio , cosa volevano i grandi compositori.

Naturalmente in seguito bisogna metterci anche del proprio, altrimenti come diceva Auer, già maestro del mitico Heifetz, le esecuzioni rimangono sterili come “minestre senza sale”.

Detto ciò, “l’arco” (ossia la corretta impostazione della mano destra) l’ho perfezionato con Berman e soprattutto Semchuk ad Imola. Alla fine dei conti però vale l’aforisma del mio mentore Gigino Maestri: “Bisogna diventare Maestri di se stessi”. Grande verità.

Hai fatto il primo concerto da solista a 17 anni al teatro Signorelli di Cortona, cosa hai provato la prima volta che ti sei trovato solo con il violino sul palcoscenico?

È stata “dura”. Un giorno un famoso impresario, in occasione di un concerto importante, mi disse una frase che non dimenticherò mai: ricordati che quei 10 metri che separano il camerino dal palco ti sembreranno 10 chilometri. È una grande verità. In generale sono una persona che non soffre il palco ma “sente” il concerto dalla sera precedente. Ricordo che Menuhin sosteneva: “ogni volta è sempre la prima volta!”  Altra grande perla di saggezza.

Oltre ad uno Stefano Scarampella del 1902, suoni uno dei violini di tuo nonno, il grande Dante Ragazzoni. E’ stato lui ad avvicinare Alessio Bidoli alla musica?

Si. Lui era un vero artigiano, una figura molto difficile da trovare oggi: una persona schiva, dedita con grande passione al suo lavoro. Ha costruito un centinaio  di strumenti . Oggi il suo laboratorio   è esposto  presso il MUSA all’Auditorium Parco della Musica di Roma dove vinse la medaglia d’oro al concorso di santa Cecilia   nel ’56. Viveva a Cortenova un piccolo paese   sopra Lecco, in Valsassina. Non appena arrivavo per il weekend, non ancora svuotate le valigie mi diceva: “ Alessio suonami qualcosa al violino…”. Già allora pretendeva da me un  approccio estremamente professionale. Questo è stato dirimente nella mia formazione. Insieme a mia madre Domenica Regazzoni , nota scultrice e pittrice, ha contribuito a spingermi nello studio  con rigore e  disciplina aiutandomi a  forgiare  una certa volontà che poi è servita negli anni per la mia formazione al Conservatorio.

Hai detto che ti è venuta l’idea per questo progetto ascoltando un’intervista di Nino Rota a Radio3, ascolti spesso la radio? Qual è il tuo programma preferito?

No in realtà si trattava di RAI 3, prediligo infatti il cinema. Mio padre, primario di Oncologia presso il San Gerardo di Monza dove svolge un’attività in prima linea in questi giorni drammatici, è un critico cinematografico mancato. 

In parte ho ereditato da lui questa passione. Prediligo  Hitchcock, Truffaut, Godard, Buñuel… le loro opere non risentono del passare degli anni…

Guardando a tarda ora “Fuori Orario” di Ghezzi ho apprezzato molto Rota nel corso di un intervista insieme a Mario Soldati dove con la sua semplicità consapevole, ma non semplicistica, asseriva cose profonde senza alcuna presunzione. Questo lato del suo carattere è stato certamente uno dei motivi che l’ha portato a vivere gran parte della sua vita a Bari e diventare direttore del Conservatorio dove anch’io sono stato docente per due anni. Pensa che rifiutò un invito di Malipiero a Venezia per rimanere in Puglia ! Bari era per Rota il bel tempo, l’aria, il mare, la purezza, la naturalezza: elementi che ritroviamo molto nella sua musica con tratti coloristici, timbri e melodie tra l’ironia, il grottesco, l’esotico, con quel pizzico di sarcasmo che fanno anche di questo disco Decca Universal  un opera unica  nel suo genere.

Parlaci del tuo progetto, e dicci, cosa ti è piaciuto suonare di più: le opere neoclassiche o le trascrizioni cameristiche delle colonne sonore? 

Guarda, le trascrizioni delle colonne sonore in questo caso non sono quelle blasonate dei film di Fellini e Visconti, bensì di lungometraggi meno conosciuti. In Rota troviamo un elemento dove la musica diventa “orizzontale” con vedute ed un approccio compositivo meno segmentario dei suoi coevi importanti solo per la musica colta”. Rota è stato un musicista molto poliedrico e prolifico nei vari generi tra musiche da film, musica da camera, sinfonica, per banda, fino a sigle televisive quali “W la pappa col pomodoro” per Rita Pavone! 

Possiamo chiudere tutta la produzione del grande Maestro in questa considerevole citazione: “La Musica è una: meglio una bella canzone che una brutta sinfonia!”

 

Si può ascoltare la sua musica anche semplicemente collegandosi al sito Alessio Bidoli

 Alessio Bidoli canale YouTube

Foto in Homepage: Alessio Bidoli. Crediti Manfredo Pinzauti.

Paolo Riggio

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