Dipinti, brevi storie di fragilità: i racconti di Silvia Argento

Dipinti, brevi storie di fragilità: i racconti di Silvia Argento

ITALIA – Un libro gentile e complesso che “esiste grazie a sole donne, dalla prefazione al testo, fino ad arrivare ai disegni e alla copertina”. Ecco la nostra intervista all’autrice Silvia Argento.

Silvia Argento, siciliana, giovane autrice e docente di Letteratura e Lingua italiana, dopo essersi dedicata ad un saggio di Estetica Oltre lo specchio, Oscar Wilde e l’estetica del quotidiano, esce con un libro di racconti  dal titolo Dipinti, brevi storie di fragilità edito sempre da Ex Libris.

Un libro ricco, gentile e complesso che  trae sostegno dalle sue storie trascinanti  in cerca di una svolta. Le fragilità umane che una volta visibili, possono esse stesse  essere forza alla quale attingere per andare avanti nella vita. Silvia Argento collabora anche a diversi magazine on line  di divulgazione culturale.

Nella seguente intervista scopriamo insieme l’autrice.

Buongiorno Silvia, così giovane balza all’occhio il tuo curriculum davvero invidiabile…vuoi raccontarci come si è sviluppato per te l’amore per la letteratura e la scrittura?

Grazie davvero. In realtà non riesco nemmeno a ricordare quando è cominciata la grande passione per la letteratura. Si è sviluppata lentamente, fin da bambina ascoltavo semplici fiabe e quelle storie rimanevano dentro di me per diverso tempo, ci riflettevo, non mi lasciavano mai, ma non ricordo quando ho davvero cominciato ad amare così tanto i libri e le parole.Invece, la scrittura è stata stranamente non legata alla letteratura all’inizio. Per me scrivere non era connesso al leggere, non avevo la presunzione di pensare di produrre anche io “letteratura” come facevano coloro che leggevo. Perché per me scrivere era quasi come respirare, un atto naturale che mi spingeva ad osservare il mondo riflettendo sull’esterno e sulla percezione che ne avevo, quindi anche su me stessa. Fabrizio De André diceva che scriveva affinché non si perdesse il ricordo delle persone di cui scrive, di sé e per essere protetto da una storia, ecco nelle storie io ho sempre cercato rifugio, protezione, ma anche un modo per comprendere meglio come vivere al di fuori di esse.

Quanto è rilevante per te poter lasciare traccia del proprio cammino sulla terra attraverso i propri scritti?

La scrittura per me è in prima istanza un fatto puramente individuale e personale, solo dopo (e solo per alcune delle cose che scrivo) inizio a pensare di metterla a disposizione degli altri. E una delle motivazioni che mi spinge a farlo è non solo lasciare traccia di me, ma dialogare con i lettori. Come ha brillantemente osservato Umberto Eco, ogni scrittore ha una sua idea di “lettore modello”. Io pretendo molto poco: purché legga ciò che ho da dire e possa colpirlo, perfino in negativo. Quando è uscita la mia raccolta, la prima cosa che ho detto è stata che speravo di aiutare almeno una persona, fortunatamente è già successo e quindi di conseguenza una traccia è stata lasciata.

Silvia Argento

Il tuo libro “Dipinti” si sviluppa in più racconti talvolta piuttosto complessi; come hai maturato l’idea di questa serie di racconti e soprattutto da che cosa sono scaturiti?

Molti racconti derivano dalle tipiche crisi “esistenziali” che derivano dall’adolescenza, naturalmente con vari rimaneggiamenti da parte mia in tempi più recenti. Ne ho scritti diversi, ben più dei dieci che si trovano nella raccolta, per poi selezionarli. Il mio libro è nato quindi da una forte riflessione che però non riguarda solamente me. Anziché chiedermi “come mi sento io?”, ho pensato a come potrebbero sentirsi gli altri, a come in generale l’essere umano affronta la sua sensibilità e la sua umanità. Quando viviamo attimi di debolezza in noi si innesca un meccanismo unico e particolare, che ci porta ad allontanare gli altri oppure a fare del male a noi stessi, eppure forse non è questa la chiave. La chiave potrebbe essere accettarsi.

Trovi che “Dipinti” sia un libro dedicato alle donne?

Un po’ come Elsa Morante, sostengo l’idea che esistano scrittori e autori, in senso neutro, come lei non amo concentrarmi su una categoria. In quest’epoca in cui però spesso sentiamo parlare di sensibilità in riferimento alle donne, probabilmente il libro è dedicato a loro nella misura in cui mostra come la fragilità riguarda tutti, uomini compresi, poiché riguarda gli esseri umani, volendo eliminare qualsiasi differenza tra i generi in un’ottica di uguaglianza tra gli uomini. Ricordo spesso la canzone “Boys don’t cry” dei Cure a questo proposito, che è straordinariamente attuale per come mostra un luogo comune riguardo agli uomini, concepiti come più “forti” e meno fragili, quando – fortunatamente – fragili lo siamo tutti. Poi c’è la fortunata coincidenza che, tolto il mio straordinario editore, il libro esiste grazie a sole donne, come l’autrice della prefazione e le autrici di disegni e copertina. Non è successo di proposito, il che lo rende ancora più bello: tutte queste persone sono state “scelte” per le loro capacità e la loro unicità, che è la chiave giusta per considerare qualcuno, al di là di qualsiasi altra categoria.

Tu sei anche docente di Lingua e Letteratura italiana. Che approccio hai con i tuoi allievi affinché la nostra meravigliosa cultura non vada persa nell’era dei social?

Il mio modus operandi è sempre stato volto alla spontaneità, raramente preparo una lezione prima. Rispetto i programmi, ma prima di tutto mi interessa suscitare l’interesse di chi ho di fronte senza costruire distanza, anche letteralmente: non mi siedo mai dietro la cattedra, mi appoggio sempre su di essa proprio per non creare un muro tra me e gli alunni. Per quanto riguarda il mondo dei social, io stessa sono cresciuta con i social e li uso tuttora come veicolo per diffondere la cultura stessa. Spesso ai miei allievi consiglio delle pagine Instagram da seguire, dove possono trovare frasi latine spiegate brillantemente o consigli di lettura interessanti. Proprio perché fortunatamente non abbiamo un forte divario in termine d’età, è stato difficile inizialmente trovare un equilibrio tra giovane e docente, ma adesso ho costruito un approccio improntato al dialogo e al confronto, per fare capire loro che ciò di cui parliamo non riguarda le mura scolastiche, ma è utile per la vita. L’errore che si commette spesso è quello di proteggere i classici dentro una teca di vetro, invece i classici sono vivi, sono vicino a noi ogni giorno e se usiamo bene i nostri mezzi possiamo esserne più consapevoli. Sono anche i miei alunni ad aiutarmi a insegnare, perché uniamo le nostre risorse sempre per conseguire un unico scopo: formare e formarci insieme.

Carmen Bartolone
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