Luigi Tenco: una voce fuori dal coro. Oggi come 55 anni fa, nel romanzo Un uomo solo

Luigi Tenco: una voce fuori dal coro. Oggi come 55 anni fa, nel romanzo Un uomo solo

ITALIA – Continuando a parlare del Festival di Sanremo 2022 rischiamo di dimenticare che il 27 gennaio scorso sono passati 55 anni dalla morte di Luigi Tenco. Vi parlo del libro appena uscito Un uomo solo, di Antonio Iovane, che ripercorre gli ultimi giorni di vita di uno dei cantautori che ha rivoluzionato la musica leggera italiana.

Siamo in quel periodo dell’anno in cui il mood del Festival di Sanremo travolge tutto il Paese. Le passerelle, i vip, le canzoni e tutto il mondo patinato che ruota intorno a quest’evento si è messo in moto facendo di nuovo sognare gli italiani. Ma quest’anno oltre allo scintillio degli abiti firmati e al gossip tipico sanremese si aggiunge il ricordo di un personaggio come Luigi Tenco che proprio durante il Festival del 1967 fu ritrovato morto nella sua stanza d’albergo.  Il libro Un uomo solo di Antonio Iovane ripercorre gli ultimi giorni di vita di uno dei cantautori che ha rivoluzionato la musica leggera italiana.

Il 27 gennaio scorso sono passati 55 anni dalla morte di Luigi Tenco, l’antidivo per eccellenza. Il mistero sulle cause della sua morte non si sono mai realmente dissipate. Nonostante le indagini e la riesumazione della salma del cantautore avvenuta nel 2005 abbiano confermato la tesi del suicidio, intorno alla vicenda molti rumors hanno avanzato dubbi e fatto ipotesi da spy story. Sicuramente una morte improvvisa come quella di Tenco avvenuta proprio sotto i riflettori di un evento mediatico come Sanremo, anche se con i mezzi di comunicazione del 1967, rappresenta terreno fertile per dare libero sfogo all’immaginazione. Anzi forse proprio quei mezzi di comunicazione agli albori davano ancora più spazio alle fantasticherie e alle supposizioni e quindi alla creazione di quell’alone di mistero che ci affascina ancora oggi.

Il libro di Antonio Iovane fa una ricostruzione dei fatti a partire dai giorni precedenti la morte di Tenco raccontandoci anche quelli immediatamente successivi. Ci mostra i retroscena di un Festival d’altri tempi ma nel quale ritroviamo molti aspetti in comune con i Festival di oggi, e sebbene non cerchi di risolvere il mistero, ci fornisce molti spunti di riflessione sulla modalità con cui sono state svolte le indagini e sull’atteggiamento degli organizzatori verso l’accaduto.

I giorni precedenti l’esibizione

Siamo catapultati nel 1967 e tra gli artisti in gara al Festival di Sanremo di quell’anno si presenta con la canzone “Ciao amore ciao” Luigi Tenco, un giovane cantautore di origine piemontese le cui canzoni ambivano a trattare temi di rottura rispetto alla musica tradizionale italiana. Il testo della canzone viene modificato più volte da Tenco rispetto alla versione iniziale considerata troppo antimilitarista dalla casa discografica. Ne esce una nuova versione che parla d’amore e dell’urbanizzazione forzata del ceto contadino italiano dell’epoca che verrà cantata da Tenco e dalla cantante Dalida, all’anagrafe Iolanda Cristina Gigliotti.

Dal libro il personaggio Tenco emerge con tutta la sua umanità e, come recita il titolo, la sua solitudine. Si sente in un ambiente a lui completamente estraneo, ormai la ragione è offuscata dai dubbi e dalle domande che gli frullano in testa. “Che ci faccio qui?” Il pubblico del Festival vuole altro, tutti si sentono a loro agio tranne lui. Ha preso questa decisione quasi come punto di principio, vorrebbe arrivare al grande pubblico anche passando per un palcoscenico forse a lui non così congeniale e far conoscere le sue idee, come amava dire “le idee non valgono da sole, valgono solo se qualcuno le recepisce”. La sera del 26 gennaio la sua esibizione è probabilmente condizionata da uno stato di inquietudine e angoscia. Vorrebbe essere altrove, pensa già al viaggio in Kenya che lo aspetta con la fidanzata Valeria. Certamente non vorrebbe essere su quel palco a cantare per un pubblico che disprezza. Il risultato è un’esibizione fuori tempo con una voce sovrastata dalla musica che crea disappunto nel pubblico e nella giuria e lo porta all’eliminazione dalla gara.

Dopo l’esibizione

E’ proprio Dalida alle due e dieci della notte del 27 gennaio a ritrovare il cadavere di Luigi Tenco riverso a terra nella stanza numero 219 dell’Hotel Savoy. La porta accostata e le chiavi infilate nella serratura esterna. Quasi in contemporanea anche l’amico Lucio Dalla arriva sul luogo del ritrovamento e da lì un susseguirsi di cantanti, personale dell’hotel e giornalisti. Un biglietto e la pistola ritrovati vicino al corpo indirizzano da subito le indagini verso il suicidio. L’impressione che si ha è quella del tentativo di chiudere velocemente il caso per poter far andare avanti lo spettacolo senza turbare il pubblico. Meglio pensare ad un suicidio che ad un omicida che si aggira nel backstage del Festival di Sanremo. La salma viene rimossa in fretta e furia dalla stanza del Savoy, tanto velocemente che la polizia si dimentica di fare le fotografie sul luogo del ritrovamento e il feretro deve essere riportato indietro dall’obitorio.

libro Luigi Tenco Festival di Sanremo

Un uomo solo

Leggendo il libro di Antonio Iovane si ha l’impressione di essere spettatori della frenesia con cui si cerca di riportare l’atmosfera al suo stato originario. Lo spettacolo deve continuare nonostante le rimostranze di qualcuno. Mike Bongiorno sale sul palco la sera stessa dedicando solo poche parole all’accaduto, e in un discorso di 11 secondi liquida la morte di Tenco senza neanche nominarlo. E’ quasi come se il Festival respingesse un personaggio scomodo e non gradito fin dall’inizio a cui non si vuol lasciare in mano il palcoscenico nemmeno dopo la sua morte. La leggerezza del Festival non può in alcun modo essere messa a repentaglio.

Luigi Tenco scriveva di temi sociali e concreti, criticando i cantanti “annacquati”, retorici e i falsi rivoluzionari, la maggior parte dei quali ha fatto finta che non esistesse. Tra i cantanti solo De Andrè andrà al suo funerale.

E’ un libro da leggere d’un fiato che oltre a informarci in modo preciso sui fatti, ci mostra un personaggio affascinante e ci fa riflettere sui messaggi che avrebbe potuto portare con la sua musica se non fosse mai andato a quel Festival del 1967.

Testo di Veronica Ciancolini

Autore MyWhere

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