Carmen secondo Amedeo Amodìo

Un grande coreografo ritorna insieme con una grande etoile all'EuropAuditorium

Carmen secondo Amedeo Amodìo

Sarà oggi, lunedì 16 maggio che  Eleonora Abbagnato insieme con i danzatori Alexander Gasse (Don José) e Giacomo Luci (Escamillo) saliranno sul palcoscenico di Sala Cagli per un’esaltante Carmen con le coreografie di Amedeo Amodìo. L’opera è talmente nota che non ha certo  bisogno di presentazioni, avendo negli anni ottenuto un numero tale di trasposizioni da risultare fra le più popolari creazioni liriche. Uscita dalle pagine del racconto di Prosper Merimée, Carmen la gitana per antonomasia è divenuta forse l’opera lirica più nota, tanto che  alcune arie e la stessa Ouverture, sono state impiegate perfino nella pubblicità o addirittura per creare  suonerie telefoniche.

Il soggetto però, come  ogni grande testo, continua a interrogare il fruitore e a sua volta non ha smesso di aprirsi a più interpretazioni, tante sono infatti le rivisitazioni che nel tempo  sono state fatte, pur partendo dalla stessa base narrativa.
La ricchezza del soggetto  trova anche  attraverso la danza un’interessante corresponsione soprattutto quando a interrogarsi al riguardo è una mente brillante, come nel caso del coreografo Amedeo Amodìo. Il coreografo  con questa sua versione di  Carmen ha saputo creare un affresco vivo e pulsante  per il palcoscenico e per le punte, che per l’occasione saranno indossate da una delle più talentuose ballerine della panoramica internazionale quale Eleonora Abbagnato.  Il Maestro ha personalizzato in parte la struttura narrativa del testo, creandone uno parallelo ma alleggerendolo dove necessario pur rimanendo fedele allo spirito che pervade l’opera stessa, una “Carmen” che resta quindi classicamente “diversa” e di seguito scopriremo in che misura e perché, senza tradire però né la trama né il contesto.

Ho l’onore e il privilegio di confrontarmi proprio con il M.°Amodìo una settimana prima dell’evento. Amedeo Amodìo è una vera miniera di aneddoti e racconti che condivide con generosità. Giovanissimo era entrato alla Scala come danzatore e in quanto tale, grazie a un indiscusso talento, ebbe in seguito una carriera folgorante riuscendo a passare con nonchalance dal repertorio classico a quello contemporaneo e addirittura al flamenco, rivelando un eclettismo molto spiccato. Amedeo Amodìo ha studiato con i principali coreografi e  la sua bravura  lo ha portato a danzare  nei più grandi teatri; avendo così la possibilità di interagire con grandi artisti e registi, un humus qualitativo che lui ha saputo assorbire restituendo nel tempo creazioni impareggiabili. Oltre alla danza il Maestro si dedica anche al disegno e alla pittura, un uomo di spessore culturale non indifferente, basilare per chi volesse raccontare qualcosa di “nuovo” nell’ambito coreutico, ha poi una predisposizione al dialogo e alla narrazione, chi l’ascolta non vorrebbe  mai che la conversazione con lui avesse fine.
Di seguito la trascrizione fedele di quanto ci ha raccontato.

Parlando della Sua “Carmen”, con un inizio che va a ritroso rispetto l’ordine consueto, da che cosa è stata dettata questa Sua scelta?
Sono esperienze che ho avuto in teatro e nel pensare e realizzare questa Carmen, mi sono venute in mente certe situazioni. Quando ero ancora allievo al Teatro alla Scala facevo parte di uno spettacolo con  la regia di Luchino Visconti  con Maria Callas che era Anna Bolena di Donizetti, io ero uno dei paggetti e mi ricordo che quando terminava lo spettacolo di solito, dietro le quinte c’era una baraonda,  c’era tutto un movimento per lo smontaggio delle scene.  Quando invece finì lo spettacolo di Anna Bolena con la Callas, erano tutti fermi: elettricisti, macchinisti e non volevano rompere quell’atmosfera incredibile, che lei aveva saputo creare  su quel palcoscenico.  Tutti si muovevano lentamente come se fossero tutti stati catturati da quella situazione drammatica. Io ho iniziato proprio da quella situazione e alla fine dell’opera – c’è il finale più o meno tradizionale – Don Josè uccide Carmen, c’è lo smontaggio delle scene, e succede la stessa cosa che io ho vissuto in Anna Bolena. C’è questa violinista che io ricordo, perché all’epoca sempre c’erano delle violiniste che andavano a salutare la Callas, si vede (nel balletto di Carmen ndr) questa violinista che sta attraversando il palcoscenico, urta casualmente un macchinista che deve smontare le scene è lei trova sul pavimento delle carte che nell’opera leggono il destino di Carmen e ne rimane folgorata da questa situazione. Tutti rimangono quasi congelati e lentamente proprio sulla casualità diventano i personaggi (dell’opera stessa ndr) quindi Don Jose,  Escamillo che è l’ammiratore che  va a portarle i fiori e così inizia la storia di Carmen;   poi abbiamo un’interprete come Eleonora Abbagnato  che insieme ad Alexander Gasse etoile dell’Opéra de Paris,   sono due interpreti eccezionali. E’ anche difficile spiegare  questo spettacolo.
Don Escamillo è un ragazzo dell’Opera di Roma e fa un Escamillo incredibile. Ho tradotto Merimée, considerando che  la danza dev’essere libera e proprio riempire lo spazio in modo più suggestivo, difficile da spiegare. La tecnica…sì, c’è una base diciamo classica, ma è molto costruita sul linguaggio del corpo,  non ha limiti si muove nello spazio liberamente ed è accattivante, la musica prima di tutto: prende proprio allo stomaco, perché  la musica è incredibile; poi Giuseppe Calì il musicista  mi ha  composto l’ultima parte dello spettacolo, rispettando sempre il gusto e l’atmosfera di Bizet. All’inizio, quando entra il pubblico, si vede un sipario dipinto sul tulle, il pubblico entrando vede  il sipario dell’Opéra Comique che è stato fatto nella prima volta nell’Ottocentottantadue,  il pubblico entra e vede quello che il pubblico ha visto allora alla prima, poi a un certo punto quando inizia l’orchestra, si illumina dietro le scena, che è in trasparenza si vede  la danza dei gitani e si vede questa doppia situazione: sul fondo quando c’è  lo smontaggio. Lo spettacolo man mano che la storia viene raccontata si tolgono gli elementi scenici fino a completo svuotamento della scena, alla fine non c’è più scena, c’è solo il palcoscenico vuoto. Dietro come fondale si vede il fondo del Teatro Romolo Valli dove è stata creata la coreografia di Carmen. Allora vediamo il sipario della prima dell’Opéra Comique  e la prima che ho fatto al Teatro Valli. E’ uno spettacolo molto articolato, molto danzato e devo dire che mi sono anche molto divertito. Questa è una nuova versione che ho fatto negli Stati Uniti a Tulsa, l’ho un po’ cambiato all’inizio c’erano delle danza abbastanza spagnoleggianti che io ho tolto, mi sono liberato per dare al corpo una maggiore espressività.

Restiamo al “corpo e alla maggiore espressività”, Lei è un coreografo ma è stato anche un grande danzatore l’agevola il Suo trascorso di ballerino nella Sua funzione attuale di coreografo, o cosa accade invece?
Il coreografo deve aver danzato, senz’altro aver avuto l’esperienza di un palcoscenico, l’esperienza di un vissuto con i vari coreografi gli dà una maturità e la possibilità di creare  anche un mondo personale. Io ho avuto l’opportunità di lavorare con i più grandi coreografi: Balanchine, Forsythe, Limon,  Leonide Massine che  mi hanno dato veramente una ricchezza, un patrimonio poi da coreografo tutto quello che avevo incamerato e che ho  vissuto, è rimasto dentro di me e poi io lo interpreto alla mia maniera. E’ come uno scrittore, uno scrittore deve aver letto, se non ha letto nessun libro diventa difficile, uno scrittore deve aver conosciuto le esperienze di altri autori, per poi esprimersi nel proprio linguaggio.
Aver danzato certamente  è una ricchezza per me. Non è detto che uno debba essere stato un primo ballerino, questo no,  però se lo è stato è meglio. Aver avuto un’esperienza, un vissuto in teatro, questo è importante, come per un compositore: se un compositore ha vissuto anche un’esperienza da musicista o da interprete, ha un qualcosa in più, per potersi  esprimere. Così è molto più libero di esprimere  la sua interiorità, perché dentro di sé ha una sua ricchezza che poi si manifesta nel momento giusto.

Lavorare con due etoile, quali sono i protagonisti di questa Carmen, com’è stata questa esperienza?
E’ un’esperienza molto bella, stupenda. Certamente  soprattutto in questi ruoli qui la coreografia è stata stabilita, però  viene anche modificata  sulle qualità e sui pregi dei personaggi, come Eleonora Abbagnato il personaggio di Carmen l’ha trasformato secondo il suo modo di essere rispettando la coreografia, molti accenti  sono di Eleonora. La coreografia è quella ma certi dettagli devono essere suoi, perché lei vive il personaggio, se no diventa obbligato, certamente la coreografia è quella, però c’è qualcosa che lei ha segnato dentro la coreografia. Questo lascia sempre una libertà di interpretazione e anche  di tendere il movimento, perché lo stesso movimento può essere realizzato e interpretato in tante maniere. Questo dipende dalla soggettività dell’artista. L’Abbagnato ha questa ricchezza interiore che è straordinaria: all’inizio quando vede le carte sul pavimento e  lei è ancora violinista, si sente man mano catturata da questo fluido magnetico che ha il palcoscenico ed è bellissimo vedere questa trasformazione, si appoggia la muro dell’opera tradizionale, rimane lì e inizia il suo viaggio, ed è finito con il suo assolo:  lei è diventata Carmen, quando è diventata Carmen esce fuori dal palcoscenico vede Don José e inizia la storia.
Però io devo disegnare certe situazioni su di loro, rispettando però il sapore della coreografia.  Riguardo ai personaggi, per Don Josè mi sono ispirato a Corto Maltese di Hugo Pratt che mi ha fatto un manifesto meraviglioso, il nostro Don Josè quando  entra, vediamo Corto Maltese, c’è un po’ quell’ambientazione (…) i corpi dei danzatori si muovono con una libertà giocosa, gioiosa, anche le sigaraie sono stupende, poi Luisa Spinatelli ha disegnato dei costumi meravigliosi e queste sigaraie sono  la seduzione come idea, ed è bello vedere queste giovani ragazze che si muovono nello spazio, che hanno questo piacere di  poter disegnare lo spazio con il proprio corpo.

Se questi danzatori disegnano lo spazio con il proprio corpo come Lei mi suggerisce, direi che il lavoro del coreografo è  stato perfetto e l’intento quindi riuscito.
C’è sempre un’interazione tra il coreografo, almeno nei miei lavori, io cerco sempre  di dare ai danzatori la possibilità di uno sfogo personale sui loro corpi,  poi quando ci sono gli assieme devono avere lo stesso  stile, però ognuna e ognuno può avere un  proprio intimo di sensazione, questo è il bello non mi piace vedere dieci ballerini che ti guardano tutti uguale.  No, ognuno deve avere il proprio mondo e la propria sensibilità   e questo offre ai danzatori anche il piacere di potersi anche scoprire. Il corpo è uno strumento meraviglioso ma va curato con amore, con passione e  anche con curiosità, il corpo è meraviglioso ma bisogna curarlo e tenerlo ben preparato, perché la fantasia è ricca, ma se il suo corpo non è ben educato,  c’è qualcosa che non funziona. Magari un ragazzo ha una fantasia creativa nelle arti figurative però gli manca il mezzo tecnico… potrebbe iniziare a maturare con i suoi esercizi e il suo studio e allora poi si scatena  nella sua creatività.  (…)
E’ un balletto questo che io amo molto perché c’è qualcosa di magico e anche lirico nell’esperienza del mio passato da Visconti alla Callas. Ho ballato  alla Scala, dirigeva Karajan, io facevo il gitano ed ero su di un tavolo nel secondo atto   e Giulietta Simionato nel ruolo di Carmen era un’esperienza straordinaria. Sono esperienze che ti arricchiscono ed escono fuori naturalmente quando uno affronta certe cose. Mi torna in mente Giulietta Simionato che era meravigliosa e mentre io danzavo sul tavolo e lei era appoggiata là su quello stesso tavolo mi incitava: “Dai, balla, dai, dai!” Era una cosa bellissima, avevo diciassette anni.

Dev’essere stata una cosa bellissima anche per la stessa Giulietta Simionato, avere avuto la possibilità di assistere così da vicino alle prodezze di un danzatore così giovane e già così abile, dev’essere stato sicuramente così.

 

 

CARMEN CAST

Eleonora Abbagnato (Carmen)
Alexander Gasse (Don José)
Giacomo Luci (Escamillo)
Amedeo Amodio Coreografo e Regista
musica di Georges Bizet
adattamento e interventi musicali originali di  Giuseppe Calì
scene e costumi di Luisa Spinatelli
luci di Bruno Ciulli

 

 

INFO

Prezzi (comprensivi di prevendita): I Platea 74,50 € – II Platea 69,00 € – I Balconata 51,00 € – II Balconata 40,00 €

Prevendite biglietti presso la biglietteria del Teatro EuropAuditorium in Piazza Costituzione n°4 a Bologna (dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00), presso la biglietteria del Teatro Il Celebrazioni in Via Saragozza n°234 a Bologna (dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00), presso il Circuito VIVATICKET-CHARTA, i punti d’ascolto delle IperCoop e il Circuito TICKETONE, oltre alle prevendite abituali di Bologna e con carta di credito su www.teatroeuropa.it.

Per informazioni: 051.372540 –  051.6375199    info@teatroeuropa.it

 

Daniela Ferro

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