HOGARTH, REYNOLDS, TURNER – Nella prima metà del XVIII sec., l’aristocrazia inglese e la ricca borghesia mercantile nata insieme all’espansione dell’impero coloniale e di Londra, quando desideravano arricchire le proprie dimore con opere d’arte preferivano circondarsi di quadri prodotti da artisti stranieri. In particolare era la pittura di storia a essere ambita come forma d’arte d’eccellenza.
Agli artisti inglesi veniva riservata una certa considerazione solo nell’esecuzione di ritratti e paesaggi, ovvero di quei generi che potevano piacere, suscitare interesse ma al tempo stesso si pensava fossero incapaci di evocare i grandi ideali dell’arte. Insomma, i ricchi mecenati, desiderosi di costruirsi una collezione, preferivano di gran lunga circondarsi di quadri di maestri italiani del passato, e per quanto riguarda le opere di artisti a loro contemporanei la prima scelta andava a pittori specializzati in ritratti come Godfrey Keller (1646-1723), Jonathan Richardson (1665-1745), Charles Jervas (1675-1739), Jean-Baptiste van Loo (1684-1745), Peter Tillemans (1684-1734)…Insomma pittori che emulavano grandi ritrattisti, a loro tempo attivi sul suolo inglese, come Holbein il Giovane e Van Dyck, oppure i paesaggi classicheggianti di Claude Lorrain e Poussin.
Questo stato di cose generò una reazione polemica da parte di artisti nazionali, costretti a lavorare duramente per poche sterline a fronte d’investimenti importanti per poter produrre un quadro, subendo quindi gli effetti di una situazione che premiava solo l’incasso dei mercanti d’arte.
Uno degli pittori più risentiti per quest’atteggiamento conservativo che privilegiava sistematicamente artisti stranieri alla moda, fu William Hogarth (1697-1764), probabilmente il più reattivo contro l’egemonia culturale dell’ideale classico eletto dalle élite a canone del gusto.
Hogarth, pur studiandoli, non provava alcuna paralizzante reverenza verso gli antichi maestri e creò i presupposti per conquistare un nuovo tipo di pubblico attratto da “narrazioni” figurative situazionali facilmente interpretabili dal senso comune. In mostra a Roma, come esempio dell’innovazione che il pittore contribuì a radicare, si può ammirare “Marriage A’-la-Mode”, una acquaforte datata 1793, tratta da una delle delle serie più famose dell’autore, dipinta nel 1743, oggi conservata alla National Gallery di Londra. Hogarth, con queste narrazioni che prevedevano una sequenza di quadri, si proponeva di dipingere storie utili, edificanti e moralmente significative. Nella serie Marriage intendeva mettere in luce i disastri di un matrimonio di convenienza e i vizi di uno stile di vita disordinato e incontinente. Ma se avessimo potuto vedere i dipinti e non solo le acqueforti avremmo ammirato non solo l’abilità dell’autore nella caratterizzazione di personaggi, nella composizione dei gruppi e nella costruzione di un contesto ricchissimo di dettagli, ma ci saremmo stupiti soprattutto per gli effetti pittorici che rimandavano all’abilità di evocare luci, figure, caratteri ed oggetti con poche, precise, intense pennellate degne di rivaleggiare con maestri del passato come l’olandese Ian Steen e il contemporaneo Guardi. Hogarth, impegnato in comprensibilissimi tentativi di auto celebrazione, presentava le sue narrazioni come se fossero vere scoperte o innovazioni. In realtà si trattava di strategie visuali ben conosciute fin dal Medio Evo e sfruttate dalla Chiesa per diffondere il messaggio biblico/evangelico ad un pubblico analfabeta, impossibilitato a comprendere fino in fondo le rituali enunciazioni in latino dei sacerdoti, ma particolarmente empatico verso le immagini che illustravano i momenti salienti delle sacre scritture.
Hogarth reagiva nei confronti della tradizione, animato da un desiderio di emulazione creativa. Credeva fortemente nella sua missione in difesa dei colleghi inglesi e di una visione sull’arte più aperta alle sottili innervazioni che la collegano ai fatti della vita ordinaria. Era tuttavia un tipico rappresentante dell’etica protestante maturata in Inghilterra in seguito ai sanguinosi conflitti religiosi. Un moralista dunque, critico nei confronti dello stile di vita e dei comportamenti improntati ai vizi dei suoi conterranei. Ma non un ottuso bigotto rompicoglioni. Infatti, piuttosto che glorificare in modo diretto virtù e leggi morali, preferiva rappresentare le drammatiche ridicolaggini che discendevano a cascata da scelte esistenziali sbagliate, immorali. Per questo motivo la satira divenne una delle sue armi privilegiate e, contestualizzata, dobbiamo pensarla come una intelligente difesa di un’umanità logorata dall’eccessivo degrado morale. A volte nelle sue narrazioni visive lo sdegno morale e l’evidente disgusto per gli aspetti peggiori del comportamento dei suoi simili devia verso il comico per poi approdare ad una pungente ironia. Ma non sconfina mai nel cinico sarcasmo che caratterizzava gli scritti di Swift, letterato suo contemporaneo e feroce moralista. Piuttosto è evidente un parallelismo con le opere di Henry Fielding. Hogart aldilà della missione morale che trasudava dalle sue opere era anche un sincero e appassionato artista interessato a riflettere sulle specifiche questioni del suo mestiere. Non a caso scrisse un libro, Analysis of Beauty nel quale sosteneva di aver scoperto la formula della bellezza che a suo avviso coincideva con una linea leggermente ondulata, contenuta in un triangolo innalzato sopra il concetto di variety. Quindi non ci sono dubbi sul fatto che il pittore avversasse la pigra sudditanza agli ideali classici e rinascimentali. Ma bisogna aggiungere che la qualità delle sue opere e l’audacia della sua teoria sulla bellezza che animava l’intero order of form, dimostra che la lotta per la visibilità che intraprese era sempre sostenuta da uno strenuo confronto con maestri del passato. Un confronto necessario per l’affinamento degli effetti pittorici che potevano incapsulare, in contesti figurativi in cui il comico, il lato basso e materiale della vita dei suoi protagonisti, incuriosivano e divertivano i nuovi collezionisti, valori visivi che alludevano ad un desiderio di catturare una dinamica bellezza aggraziata, la cui misura Hogarth considerava superiore a quella di pittori sovrastimati dai grandi mecenati. La sua pratica artistica era, infatti, libera da rigide idee preconcette e ancorata a ciò che oggi potremmo definire la supremazia dell’osservazione diretta.
Un quadro proveniente dalla Tate Gallery, presente nella mostra di Palazzo Sciarra, a mio avviso, visualizza benissimo il vangelo estetico di Hogarth: nel “Ballo“, dipinto nel 1745, è facilmente leggibile l’inquietudine di un bello capace di sorprendere, avvicinabile solo grazie ad un superamento delle regole della buona pittura.
Struttura della mostra
Naturalmente Hogarth è solo uno dei tanti pittori esposti a Roma. Infatti la mostra è stata progettata per documentare in modo suggestivo l’arco di tempo e le generazioni di artisti che affermarono sia tra i mecenati e sia tra i cultori dell’arte un vero e proprio stile nazionale britannico.
La prima sezione è dedicata a vedute di una Londra divenuta la più importante città del mondo, con opere di Canaletto, Marco Ricci, Samuel Scott, Thomas Rowlandson, William Marlow.
La seconda sezione documenta il nuovo mecenatismo di origine borghese che premia artisti che ritraggono figure emergenti e situazioni di vita collettiva che vorrebbero trasmetterci l’entusiasmo e la vitalità dell’Inghilterra (opere di Wright of Derby, Mortimer, William Hodges, Francis Swain Ward, Julius Ibbenson, Reynolds, Gainsborough, Zoffany).
La terza sezione presenta gli artisti che secondo i curatori presentano i tratti di stile che rimanderebbero all’idea dell’origine di un’arte tipicamente britannica, ovvero soprattutto Hogarth e Fussli.
La quarta sezione, etichettata “L’età dell’oro del ritratto”, grazie a bellissimi quadri di Gainsborough, Reynolds, Ramsey, Zoffany, Hogarth, John Russell… vuole mostrare al pubblico la maestria e l’originalità della ritrattistica inglese del periodo.
La quinta sezione, presentata con il curioso titolo Paesaggio “on the spot“, si interessa del paesaggio realizzato con la tecnica ad acquerello, diffusissima nel ‘700 (opere di Paul Sandby, John Robert Cozens, Francis Towne, Thomas Girtin).
Infine, la sesta e settima sezione, Variazioni sul paesaggio e Guardare dentro il paesaggio con opere di Wilson, Gainsborough, George Stubbs, Thomas Jones, Wright of Derby sono in realtà dedicate soprattutto a celebrare Constable e Turner, presentati come il culmine dell’evoluzione della pittura di paesaggio, divenuta tra la fine del ‘700 e i primi decenni dell’800 una espressione artistica pari o superiore alla pittura di storia. Le opere di questi due interpreti magistrali dell’arte centrata sul fascino della natura che a questo punto possiamo definire di matrice britannica, secondo curatori rappresentavano l’eredità e il punto di arrivo di tutte le tensioni settecentesche proiettate verso il romanticismo (o come riporta il titolo della mostra, verso la modernità).
La tradizione v/s esperienza
Ho presentato la struttura della mostra, per valorizzare il lavoro dei curatori nel loro apprezzabile tentativo di evitare i rischi di uno storicismo incapace di restituirci la ricchezza del dibattito sulle arti nell’Inghilterra del ‘700, fatalmente attratto da narrazioni che vorrebbero convincerci della plausibilità che in quel periodo fosse al lavoro uno spirito nazionale alla ricerca di un suo modo di espressione nell’arte.
In realtà, la scelta delle opere e la sequenza delle sezioni, ci permette di ammirare la strenua lotta tra punti di vista sull’arte antinomici, dai quali sono emerse singolarità (Hogarth, Gainsborough, Reynolds, Constable, Turner) capaci di trasformare il contesto inglese in un laboratorio di nuove idee di assoluta rilevanza.
Un buon esempio può essere la rivalità tra Gainsborough e Reynolds. Il primo fu un pittore che si era fatto da sé: il secondo venne vissuto nel suo tempo, oltre ad un eccezionale artista, anche come un intellettuale impegnato a legittimare la pittura d’autore, considerata in quel periodo, da molti influenti committenti, una sorta di artigianato evoluto al servizio dell’ideale classico.
Gainsborough prediligeva prendere spunto dalle sottili regolazioni alle quali sottoponeva le sue osservazioni dal vero, arricchendo la sua tecnica pittorica in modo empirico; Reynolds era proiettato verso ciò che potremmo definire il contenuto poetico sottoposto al controllo delle regole dell’armonia, per così dimostrare che il pittore poteva ambire ad avere lo stesso rango del letterato, del poeta. Il primo amava i passaggi; il secondo fremeva per progetti di pitture mitologiche o di storie antiche. Per Gainsborough la campagna inglese poteva trasmettere sentimenti preziosi quanto le composizioni di soggetto storico; Reynolds invece demarcava nettamente la linea di confine tra l’arte che aspirava alla grandezza e alla reverente emulazione dei maestri del passato, con una pittura d’entertainment, certamente popolare ma al tempo estranea al gusto del pubblico colto.
C’è da aggiungere che entrambi furono celebri ritrattisti e in realtà riesce difficile oggi riscontrare una sostanziale differenza tra essi. Forse perché i grandi mecenati volevano fosse rispettata la tradizione dei già citati Holbein e Van Dyck e quindi, qualunque fosse la visione privata sull’arte dei pittori, l’ampiezza dello scarto dalle attese doveva essere tenuto sotto controllo.
Il campo pittorico in cui entravano in massima tensione i rispettivi vangeli estetici era il paesaggio. L’amore per la natura e il desiderio di Gainsboroug di trasformarla in soggetto autonomo per l’arte, lo avvicinano idealmente a filosofi inglesi come Locke, Hume, Shafterbury che stavano combattendo contro l’innatismo cartesiano per fare dell’esperienza empirica l’origine delle credenze utili, dal momento che potevano essere dimostrabili, controllabili e criticabili. Reynolds pensava, invece, che la grandezza dell’arte fosse un programma di ricerca che i grandi maestri del passato avevano felicemente eseguito. Il vero pittore che aspirava alla grandezza non poteva quindi che prendere spunto da schemi pittorici dati e consolidati da una tradizione, per rinnovarne in un secondo tempo gli esiti (la bellezza e la grazia). Prima veniva lo studio degli antichi poi l’affinamento tecnico necessario per emularli, rispondere alle nuove sfide e forse superarli.
Verso nuovi mondi visivi
La rivalità tra i due pittori citati sopra, possiamo ritrovarla cinquant’anni dopo nel confronto tra Constable e Turner. Con alcune differenze sostanziali. In primo luogo, ora, gli artisti erano liberi di scegliere il soggetto che preferivano. In particolare il paesaggio incorporava meglio di altri generi i nuovi valori passionali che il romanticismo voleva imporre.
La tradizione cominciò a essere oggetto di una irriverente, competitiva emulazione che sconfinò presto in critiche radicali.
Sia Constable e sia Turner studiarono con attenzione i maestri del passato. Ma mentre il primo pur rispettando la lezione di grandi paesaggisti come Lorrain e Wateloo, non recedeva dal principio che solo i suoi occhi potevano offrire alla pittura la retta via per una verità importante quanto la bellezza; il secondo bramava la gloria, il successo, la notorietà e quindi non poteva che tentare di superare in tecnica, abilità, immaginazione i vecchi maestri che pur ammirava. Constable suggeriva di non offuscare la visione con il ricordo di altri quadri, immaginando in tal modo di restituire all’occhio l’innocenza perduta. Solo in questo modo il pittore poteva sperare di rappresentare qualcosa di coerente con la verità visiva, una verità severa, disadorna, umile ma non priva di poesia. E immagino fosse felice di lasciare a pittori come Turner lo sviluppo eroico dei temi con le iperboli di colore e di luce e gli esercizi di bravura grazie alle ai quali nella Natura esplorata nei momenti di massima tensività (tempeste, nebbie, sole accecante) si rifletteva il mondo interiore dell’artista.
Due quadri in mostra a Roma esemplificano le diverse traiettorie dei due grandi pittori. In “La cattedrale di Salisbury” e “Paesaggio a Nepi“, Constable e Turner alludono a mondi visivi incredibilmente diversi.
In Constable scorgiamo gli effetti di un metodo che si alimentava d’infinite osservazioni e di rapidi schizzi, trasformati poi in disegni e pittura in studio: comprendiamo che il pittore intendeva trasmetterci il resoconto onesto e sincero di ciò che i suoi occhi pensava vedessero, compreso il sentimento di reverente partecipazione a una Natura animata da forze autonome. Oggi, sappiamo che le sue credenze erano in parte sbagliate. Ma l’errore non intacca minimamente la cifra della bellezza del quadro.
Cosa dire invece dell’opera di Turner? E’ ancora un paesaggio? Forse sì, ma di quale luogo ci parla? Lo splendore di una luce debordante, destabilizza le forme e le trasforma in un mondo fantastico. I colpi a effetto di Turner fanno percepire dietro all’occhio del pittore, il desiderio per un Altrove, un aldilà della verità, impossibile da incapsulare all’interno del bello. Il concetto di “sublime”, attribuito a Pseudo Longino (I sec. D.C.), elaborato in contesto inglese dagli scritti di Jonathan Richardson e soprattutto da Edmond Burke, si era assunto la responsabilità di imporre come tema di un dibattito fin da subito polarizzante, la plausibilità di esercitare un controllo (regole compositive) su una bellezza estrema. Con Turner anche questa idea di bellezza non è più inquadrabile in un corpus di regole stabili; nasce dalla percezione del mondo intesa come esperienza estetica vissuta come trauma interiore.
Devo dire che mi è dispiaciuto non trovare nella mostra di Palazzo Sciarra un confronto con un’altra coppia di artisti esemplificativi della rottura con la tradizione. Infatti, possiamo ammirarvi alcune pregevoli opere di Johan Heinrich Fussli alias Henry Fuseli, per esempio “Titania e Bottom“, che presentano una singolare sintesi tra i precetti di Reynolds e l’altrove d’ispirazione fantastica, onirica, spesso tenebrosa, tipica del romanticismo.
A questi quadri avrei associato qualcosa di William Blake, perché ha rappresentato la rottura più radicale e intransigente di tutto ciò che in quel periodo veniva considerata arte. Infatti detestava disegnare dal vero, se ne fregava del canone, della tradizione, interpretava i maestri del passato in assoluta libertà (es. Michelangelo); in breve, prendeva sul serio solo le proprie visioni interiori, surriscaldate da una terrificante religiosità.
A vantaggio dei curatori della mostra, devo aggiungere che, i contemporanei di Blake lo consideravano praticamente un pazzo, e dunque un artista che non fu in grado di influenzare nessuno della sua generazione. Tuttavia, dopo più di un secolo venne clamorosamente riconosciuta alla sua brutale e intransigente auto referenzialità e alle sue opere, la valenza attribuita ai grandi visionari dell’arte. E dal momento che gli organizzatori ci hanno presentato la rassegna come se fosse una ricognizione sull’origine di un’arte tipicamente inglese, la presenza di Blake avrebbe aggiunto alle opere in mostra un vertiginoso salto nell’eccentricità, alla quale attribuiamo oggi un ruolo primario in ciò che ci piace chiamare stile british.
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Vista la situazione artistica dell’Inghilterra dell’epoca, questi artisti hanno sicuramente portato una ventata di aria fresca. Ognuno dei tre ha delle specializzazioni diverse, ma tutti loro hanno una base tecnica ottima. Turner è conosciuto per i suoi paesaggi e si nota il suo lavoro con le masse di luce. Reynolds ha una propensione per i ritratti, io vedo in lui un che di Raffaello, vista la delicatezza nei sui tratti. Hogarth è il mio preferito tra i tre, nonostante lui abbia fatto fortuna non grazie ai suoi quadri di per sé ma alle stampe di essi, ciò che mi interessa di più di lui sono i significati dietro e sue saghe. Il suo moralismo è riconosciuto e riconoscibile, ma il fatto che lo mostri tramite l’esemplificazione di un nobile con nome e cognome rende il tutto più interessante. Trovo la saga di quadri ‘’La carriera di un libertino’’ molto simile a un fumetto o a un fotoromanzo, che all’inizio viene diviso in scene che vengono scattate, come nei fotoromanzi, o in questo specifico caso dipinte, e poi riportate in xilografi per essere vendute, similmente a come oggi tavole dei fumetti vengono prima fatte a mano e poi digitalizzate.
A voler essere precisi la vera aspirazione di Reynolds era dipingere quadri che raffiguravano miti classici. Erano queste opere che a suo avviso lo avrebbero trasformato in un vero artista, degno di collocarsi al fianco dei grandi del passato. Certamente era anche un grande ritrattista e infondeva nei personaggi che ritraeva l’aura idealizzante che conferiva ad essi prestigio e gloria. I suoi ritratti sono una menzogna detta a fin di bene. Dicono il falso per dare dignità, bellezza, e infondere reverenza per i committenti. Hogarth impersonava l’artista che non guarda al passato ma si mette al servizio di idee fortemente legate al suo tempo. Lo studio dei grandi maestri gli serve per realizzare buone pitture ma oltre la forma sono i contenuti che lo attraggono. In particolare i contenuti morali. I suoi personaggi dicono la verità su chi sono veramente. Oltre allo studio in essi vedo la realizzazione di un primato per l’osservazione visiva ricca di dettagli.
I suoi ritratti di Reynolds saranno anche dei quadri fatti solamente per compiacere i committenti, ma guardandoli li trovo eleganti e raffinati, si notano gli insegnamenti dei grandi maestri precedenti a lui. In ”Lady Smith and her children” le masse di colori chiari sono ben gestite e bilanciate dalla massa scura sullo sfondo. In ”Lady Charless Bentic”, la bambina mostra dei dettagli deliziosi sulla cuffietta e sul vestito, che pur non essendo paragonabili a quella massa intricata di dettagli che è il barocco francese, sicuramente si inseriscono bene nel quadro. Hogarth ha osato di più andando a criticare una situazione presente all’epoca e per questo lo ritengo comunque più memorabile, di altri artisti.
L’arte inglese nella prima metà del XVIII secolo emerge come un palcoscenico di tensioni creative e di scontri tra punti di vista estetici divergenti: in questo periodo, l’aristocrazia e la borghesia mercantile inglese preferivano opere d’arte straniere, specialmente dipinti storici, anziché commissionare artisti inglesi.
William Hogarth, reattivo contro l’egemonia culturale dell’ideale classico, si distingue come un pioniere
grazie ai dipinti che rappresentano la realtà in maniera innovativa e socialmente critica. La sua serie “Marriage A’-la-Mode” è un esempio di come abbia cercato di dipingere storie utili e moralmente significative, sfidando la tradizione e aprendo la strada a un nuovo tipo di pubblico.
Trovo notevole la rivalità tra T.Gainsborough e J.Reynolds presentata nell’articolo, poiché evidenzia una netta divisione nella visione artistica dell’epoca. Gainsborough, con la sua predilezione per la natura e la spontaneità, si scontra con Reynolds, orientato verso il contenuto poetico e l’armonia controllata. Questo affiancamento tra due prospettive artistiche così divergenti diventa un terreno fertile per il confronto e la rivalità che successivamente si riflettono nella dinamica tra W.Turner e J.Constable.
Questa successione di pittori pone l’arte inglese in un continuo dibattito tra il rispetto della tradizione e l’innovazione.
La mancanza di opere di William Blake, nella mostra tenuta a Palazzo Sciarra, come suggerito dall’autore, potrebbe aggiungere un elemento di eccentricità e rottura radicale, completando così il quadro di un’arte inglese in costante evoluzione, in cui ogni pittore, attraverso il confronto e la rivalità, ha contribuito a plasmare l’identità artistica nazionale.
A mio parere trovo Hogarth un ribelle, l’innovatore dell’arte inglese. La sua audacia ha creato un movimento unico, rompendo gli schemi e lasciando un’impronta ispiratrice. Posso anche affermare che grazie al suo ingegno e al suo coraggio nel dipingere ciò che che l’occhio vede, un po come facciamo oggi con le nostre reflex, fu un precursore del Realismo, un movimento artistico sviluppatosi nella seconda metà del 1800. Questo è un dettaglio non trascurabile dato che questa tendenza artistica fu successivamente fonte di ispirazione a quelle correnti letterarie che al giorno d’oggi vengono considerate tra le più importanti come il Naturalismo, Realismo e il Verismo.
Hogharth, Reynolds e Turner possono essere considerati come gli artisti che hanno contribuito alla trasformazione della pittura inglese del ‘700, sensibilizzando l’arte verso l’epoca moderna del Romanticismo.
Hogarth va ricordato per aver dipinto cronache di vita urbana dell’epoca. Egli utilizza la satira sociale per evidenziare le caratteristiche tipiche della società inglese del XVIII secolo, utilizzando lo stile realistico.
La pittura ritrattista di Reynolds aspira alla grandezza dei classici. Nei suoi dipinti emerge l’eleganza e l’idealizzazione che contribuiscono a definire il “Grande stile” inglese.
Turner invece sfida le convenzioni tradizionali applicando un uso innovativo della luce e del colore. Nei suoi dipinti si possono ammirare paesaggi romantici ed atmosferici che, grazie alle sfumature e alla luminosità applicata, suscitano una profonda emozione.
Però tieni presente che Hogarth e Reynolds sono estranei al romanticismo. E tra i due e Turner abbiamo una fase definita neoclassica che anticipa la svolta romantica che possiamo congetturare fosse tra le altre cose una reazione alle teorie di Winckelmann.
Ció che piú ammiro di questi artisti inglesi del 1700 é questa loro capacitá di staccarsi dal pesante fardello dei maestri passati e di tentare una nuova via non ancora provata.
La ricerca del bello nei secoli aveva preso ogni direzione possibile ed era stata oggetto di ogni sperimentazione, con tecniche e impostazioni differenti.
Ora peró vedo soprattutto in loro un forte slancio verso il sublime, che é oltre il bello.
Ció che é bello é piacevole, armonico, alla stregua della perfezione.
Ció che é sublime peró citando Kant é qualcosa che ti fa sentire piccolo, ma allo rtesso tempo grande, ti eleva l’anima.
Il sublime gioca con le emozioni creando un ossimoro che porta l’esaltazione di entrambe.
Ad esempio nei paesaggi di Turner oltre alla piacevolezza del paesaggio vi é una forte carica emotiva che investe lo spettatore, senza la necessità di alcuna narrazione drammatica o teatrale.
Al contrario invece Hogart riesce a creare un’emozione profonda, che rimane dentro, che ti obbliga a pensare, in chi guarda anche senza l’ausilio del bello.
Le sue opere non sfruttano un canone classico di perfezione ma si affidano a una sua interpretazione innovativa che va a braccetto con il suo stile ironico e narrativo.
Il contrasto tra Constable e Turner rivela diverse prospettive sul concetto di “sublime”. Constable, noto per la sua attenzione ai dettagli e la rappresentazione realistica della natura, incarnava l’approccio romantico che celebrava la bellezza serena e idilliaca del paesaggio. Le sue opere, come “Il carro da fieno”, riflettono un’armonia con la natura e una predilezione per la rappresentazione ordinaria della vita rurale.
Dall’altro lato, Turner si distingueva per il suo approccio innovativo e il desiderio di catturare il sublime attraverso l’uso audace di luce, colore e atmosfera. Opere come “Pioggia, vapore e velocità” testimoniano il suo intento di suscitare emozioni intense e spirituali, sfidando le convenzioni artistiche del tempo. Turner cercava il sublime non solo nella bellezza visiva, ma nell’esperienza emotiva profonda che la sua arte poteva evocare. Le sue opere sono come finestre aperte su universi alternativi, stimolando l’immaginazione e un coinvolgimento emotivo più profondo.
In un certo senso, vedo questo contrasto come una rappresentazione simbolica delle tensioni creative e culturali del periodo. Constable riflette la stabilità di un mondo rurale tradizionale, mentre Turner abbraccia la sfida di un’epoca in rapida trasformazione, proiettando il suo sguardo verso il futuro.
Personalmente, ammiro la capacità di Hogarth di rendere la sua critica sociale così accessibile attraverso l’arte narrativa. Le sue opere agiscono come uno specchio critico della società del suo tempo, unendo estetica e commento sociale in modo unico. Reynolds, invece, mi affascina per il suo impegno accademico e la volontà di stabilire standard artistici. La sua influenza nella fondazione della Royal Academy evidenzia la sua visione per una pittura elevata e istruita.
Infine, Turner cattura la mia attenzione con la sua audace sperimentazione e il suo approccio emotivo al paesaggio. La sua capacità di trasmettere l’atmosfera e l’emozione attraverso il colore mi colpisce profondamente. In un certo senso, questi tre artisti, pur appartenendo a epoche diverse, sembrano condividere la determinazione di sfidare le convenzioni artistiche del loro tempo, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’arte britannica.
Nel XVIII secolo, l’aristocrazia inglese e la ricca borghesia mercantile preferivano circondarsi di quadri prodotti da artisti stranieri per arricchire le proprie dimore. Gli artisti inglesi erano considerati solamente nell’esecuzione di ritratti e paesaggi, mentre la pittura di storia era ambita come forma d’arte d’eccellenza. William Hogarth reagiva nei confronti della tradizione per difendere i colleghi inglesi e promuovere una visione dell’arte più aperta alla vita ordinaria.
La mostra, esposta a Roma, presenta diversi pittori che vanno dalla rappresentazione di Londra, al nuovo mecenatismo borghese, al ritratto e al paesaggio. E’ presente una vera e propria rivalità tra tradizione ed esperienza. I curatori della mostra cercano di evitare uno storicismo che rimuove il dibattito artistico dell’epoca, scegliendo opere che mostrano la lotta tra punti di vista contrastanti sull’arte. Un esempio di questa rivalità è rappresentato dalla rivalità tra Gainsborough e Reynolds. Gainsborough prediligeva la pittura di paesaggio e riteneva che la natura potesse trasmettere sentimenti preziosi quanto i soggetti storici, mentre Reynolds riteneva che la grandezza dell’arte si basasse su modelli pittorici dati dalla tradizione. La tensione tra tradizione ed esperienza si manifestava principalmente nel campo del paesaggio, con Gainsborough che cercava di creare un soggetto autonomo per l’arte basato sull’esperienza empirica, mentre Reynolds si basava sulla tradizione per creare opere di grande bellezza e grazia.
Analizzando invece la rivalità tra i due pittori, Constable e Turner. Mentre Constable cercava di rappresentare la verità visiva attraverso il paesaggio senza influenze esterne, Turner cercava la gloria e la notorietà superando i vecchi maestri.
Non sono però presenti nella mostra altri artisti che rappresentano la rottura con la tradizione, come Fussli e Blake. Entrambi sfidavano le convenzioni artistiche del loro tempo e cercavano nuove forme di espressione. Henry Fuseli, credeva nell’importanza dell’immaginazione e dell’invenzione personale nell’arte. Le sue opere erano caratterizzate da scene oscure e visionarie, che rompevano con lo stile accademico dominante dell’epoca ed enfatizzavano l’uso dell’immaginazione e la libertà artistica. Le opere di William Blake, rompevano con la tradizionale rappresentazione dell’arte religiosa e mitologica. Blake si distingueva per il suo stile personale, che combinava elementi di romanticismo, simbolismo e visione mistica. Cercava di esprimere la sua visione alternativa del mondo attraverso l’arte, sfidando le aspettative del suo tempo. Entrambi Fuseli e Blake hanno apportato contributi significativi alla rottura con la tradizione attraverso la loro innovazione artistica e la loro apertura all’esplorazione creativa. Le loro opere provocatorie e spesso contorte hanno sfidato le norme estetiche e hanno ispirato futuri movimenti artistici, aprendo la strada a una nuova visione dell’arte.
Personalmente, trovo molto interessante e apprezzo il confronto tra Constable e Turner e come rappresentano la verità visiva in modi così diversi. Inoltre, concordo che sarebbe stato un ulteriore arricchimento includere anche la figura di Blake nella mostra, poiché rappresenta una rottura ancora più radicale con la tradizione e ha avuto un grande impatto sulla visione artistica successiva. Sono affascinata dal ruolo dell’eccentricità nell’arte britannica e penso che Blake avrebbe sicuramente contribuito a enfatizzare la mostra.
William Hogarth, Joshua Reynolds e Joseph Mallord William Turner, tre titanici artisti del XVIII secolo, hanno contribuito in modo unico al panorama artistico inglese. Hogarth, celebre per il suo stile narrativo e satirico, ritraeva la vita quotidiana in opere come “Marriage A’-la-Mode,” con una mirata critica sociale. Reynolds, maestro dei ritratti, aspirava a un’estetica classica, spesso raffigurando i suoi soggetti in pose mitologiche o storiche, cercando di elevarne il significato culturale. Turner, d’altra parte, si distingueva per i suoi paesaggi romantici, sperimentando con il colore e cercando di catturare l’emozione e la grandezza della natura.
Mentre Hogarth rifiutava l’adesione agli ideali classici, Reynolds li abbracciava e li incorporava nei suoi ritratti, considerandoli fondamentali per l’elevazione dell’arte. Turner, pur rispettando la tradizione, esplorava in modo più sperimentale la bellezza naturale, utilizzando colori audaci e atmosfere suggestive.
La loro influenza varia nel tempo: Hogarth fu un pioniere, ma inizialmente limitato nella sua portata a causa della natura satirica delle sue opere. Reynolds godette di successo e popolarità durante la sua vita, contribuendo a istituire la Royal Academy of Arts. Turner, inizialmente contestato, divenne una figura influente nel corso del tempo, anticipando l’impressionismo.
In sintesi, Hogarth, Reynolds e Turner incarnano tre prospettive uniche sull’arte inglese, contribuendo in modo distintivo all’ evoluzione e arricchendo una tradizione artistica in continua trasformazione.
Parto col dire che a parer mio l’articolo è scritto in maniera più lineare e fluida rispetto ad altri. Lo trovo di facile comprensione anche per chi, come me, è ai primi approcci con la storia dell’arte. Interessante affrontare il parallelismo fatto tra Hogarth e l’utilizzo dello storytelling tramite i quadri, e lo stesso metodo, utilizzato dalla Chiesa, per veicolare il loro messaggio anche ai meno colti. Vediamo la Via crucis, tutt’ora utilizzata ad esempio.
Lo storytelling anche ad oggi è largamente utilizzato, persino nelle canzoni. Infatti sono innumerevoli i brani che accostano vicende create con metafore al fine di raccontare una storia, un’aneddoto o trasferire un messaggio.
La satira di cui si parla in articolo, in mano al pittore anglosassone era uno strumento che denotava come ci fosse una maggior possibilità d’esprimersi, seppur non totale, si iniziava a poter aver modo di far notare e far parlare di atteggiamenti errati. A tutto ciò, era sicuramente complice l’antecedente invenzione della stampa di Gutenberg. Il quale grazie all’invenzione dei caratteri mobili, ha aiutato fortemente la nascita dei quotidiani, autori del veloce veicolare di notizie da ogni parte del mondo.
L’ironia di Hogarth, potrebbe esser stata precorritrice, seppur in un altro settore, per altri grandi della storia, arrivati un secolo e oltre più tardi.
Infatti circa 80 anni a seguire si ebbe Oscar Wilde, che utilizzò a sua volta una pungente ironia nel sbeffeggiare gli americani ed il loro attaccamento al denaro ne “Fantasma di Canterville”.
Oppure ci fù Pirandello, in Italia, che improntò parte della sua letteratura sulla satira, come ad esempio quando scrisse “La vecchia imbellettata”.
L’ideale del pittore de “Marriage-à la Mode” penso sia passato, a giudicare anche da ciò che scritto nelle decisioni prese alla mostra citata in articolo.
Trovo corretta l’espressione “laboratorio di nuove idee” credo infatti che sia sintetizzante per le lotte e le filosofie portate avanti dagli esponenti dell’Inghilterra che voleva avere un’identità artistica.
Curiosa sarebbe stata una riflessione su come Gainsboroug avrebbe voluto rendere la natura un soggetto autonomo in Inghilterra, mentre in Olanda con la pittura fiamminga il cielo divento soggetto senza grossi ostacoli.
Porgo una domanda per concludere, può essere che ciò sia un precoce testimone del dna fiammingo, ovvero di come ad oggi, i Paesi Bassi, siano tra le nazioni con meno restrizioni, sotto molti termini?
Il testo fornisce una visione generale sulla situazione artistica in Inghilterra nel XVIII secolo. Come ogni suo testo è ricco di molte informazioni ed è difficile trovare delle lacune sotto questo punto di vista.
Proviamo a prendere in esempio la teoria sulla bellezza di Hogarth. “La bellezza risiedeva su una linea leggermente ondulata, contenuta in un triangolo innalzato sopra il concetto di variety” questa concezione della bellezza, espressa nel suo libro “Analysis of Beauty,” sfidò le convenzioni classiche e rinascimentali. La teoria di Hogarth non solo rifletteva la sua resistenza all’adesione agli ideali del passato, ma indicava anche un desiderio di liberare l’arte da vincoli rigidamente predefiniti. Tale concetto può ancora essere un’ispirazione per gli studenti di graphic design, incoraggiandoli a esplorare nuove forme di bellezza e a sfidare le norme estetiche convenzionali nel loro lavoro contemporaneo.
Altra cose che ho notato è che Thomas Gainsborough abbracciò con fervore l’empirismo nel suo approccio artistico e nella sua ricerca della bellezza naturale si distinse per l’osservazione diretta del mondo circostante (preferendo scene di vita quotidiana, sottili sfumature naturali ed emozioni umane). Questa metodologia potrebbe essere il collegamento tra arte e scienza, evidenziando come l’esperienza diretta potesse essere la chiave per trasmettere la verità ed autenticità nelle opere.
Nella pittura inglese del XVIII secolo, mi ha colpito come artisti come Hogarth, Reynolds e Turner abbiano segnato il passaggio a un’arte più “inglese”, che parla della loro società e dei suoi cambiamenti. Hogarth, per esempio, mi sembra un vero innovatore perché non seguiva alla lettera gli stili del passato ma raccontava storie della gente comune, con un occhio critico sulla società. Poi, la rivalità tra Gainsborough e Reynolds mi sembra una di quelle storie che ti fanno capire quanto fossero diversi i modi di vedere l’arte anche allora. Gainsborough con i suoi paesaggi sembra più “a terra”, mentre Reynolds va alla grande con i suoi ritratti imponenti. E poi c’è la mancanza di Blake nell’esposizione, che a me sembra un peccato. Blake è stato un tipo a sé, con le sue visioni e il suo stile così personale e fuori dagli schemi. Avrebbe aggiunto quel tocco di eccentricità e profondità in più. In breve, quello che ho trovato affascinante è come questi artisti abbiano lottato per farsi spazio e come abbiano cercato di raccontare la loro realtà, ognuno a modo suo. Mi sembra che ci sia una lezione importante qui: l’arte evolve con la società e riflette le sue tensioni, le sue aspirazioni e anche le sue contraddizioni. E questo dialogo tra passato e presente, tra tradizione e innovazione, è qualcosa che continua a rendere l’arte così interessante e vitale anche oggi.
Ho notato anch’io la mancanza di William Blake. La sua assenza potrebbe essere stata una scelta curatoriale, ma chissà se l’artista stesso avrebbe apprezzato di essere inserito in una mostra che sembra celebrare l’evoluzione dell’arte inglese.
Mentre l’idea che l’arte rifletta la società è interessante, mi chiedo se sia così diretta o se ci siano sfumature più complesse da esplorare. La tensione tra passato e presente nell’arte è affascinante, ma forse c’è ancora molto da scoprire su come queste dinamiche hanno influenzato realmente gli artisti e il loro lavoro.
Il settecento è caratterizzato da numerosi eventi chiave nella storia europea, per lo più sanguinosi e repressivi, basti pensare anche solo alla rivoluzione francese, perciò non stupisce il grande impatto che la pittura ha risentito. Ma forse più che impatto è corretto parlare di transizione visto l’amore dei mecenati per i grandi maestri e per la ritrattistica a confronto con l’esigenza di commissioni per i pittori nazionali che certo non potevano emulare la maestria italiana del passato. Un contesto del tutto favorevole alla ricerca di nuovi soggetti, ed alla formazione di una nuova committenza. La mostra, proposta dall’autore, presenta tanti artisti con cui esplorare nel dettagli questa epoca inglese anche se più di tutti è il confronto Constable e Turner a contraddistinguerla. Da un lato è presente una visione paesaggistica accurata, la più realistica possibile per ravvicinarsi alla natura e poterla ammirare anche all’interno delle affollate città inglesi. Di conseguenza è visibile una forte tecnica pittorica, sopratutto osservando le nuvole, ma è anche presente una vena nostalgica della campagna, non a caso Constable ha passato la sua infanzia ad ammirare questi luoghi. Dall’altro lato emerge una visione di sfuggita, dinamica, offuscata, che ricerca forti emozioni nei suoi luoghi come la paura, la tensione, la meraviglia. Ad esempio “Il ponte del diavolo” dove l’incombente dirupo paralizza l’osservatore oppure “L’incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni” dove le fiamme divampano suggestivamente verso il Tamigi. Se il primo sceglie la quotidianità e tranquillità di una vita semplice, Turner vuole essere incisivo e impressionare sia in senso positivo che negativo. Purtroppo, la ricerca di Constable si rivela fallimentare in quanto i quadri riportano il paesaggio filtrato dai suoi occhi e non forniscono un corretto termine di studio ma ne rimane l’incredibile tecnica. Mentre Turner diventa un polo della pittura romantica basando la propria arte sulla ricostruzione emotiva dello spettatore, fornendo un quadro appositamente abbozzato. Si parla comunque di un periodo di sperimentazione lontano dal classicismo perciò per realizzare un’analisi è necessario uno studio approfondito di tutti gli artisti del tempo.
Hogarth era un fervente sostenitore della riforma sociale e della giustizia, e spesso utilizzava il suo lavoro artistico per promuovere cause politiche e sociali. Le sue opere riflettono una profonda preoccupazione per le ingiustizie della società e un desiderio di miglioramento sociale, ne è una perfetta rappresentazione “Marriage A’-la-Mode”, dove una donna e un conte aristocratico si trovano in un matrimonio combinato. Si conclude con la morte di lui per essere stato infedele. La cosa che più mi affascina di questa serie di quadri, oltre alla tecnica con cui sono stati rappresentati e la bravura dell’artista, è la tematica, perché Hogarth offre una riflessione profonda sulla natura umana e sulla società del suo tempo, evidenziando le conseguenze disastrose di un matrimonio basato su interessi materiali e convenzioni sociali anziché su sentimenti veri e sinceri.
Reynolds invece affronta una vasta gamma di tematiche, ma quelle che più mi ammaliano sono i soggetti, poiché ha avuto grande maestria nel catturare le personalità di ognuno, è come se essi si mettessero in mostra e ci presentassero una loro caratteristica o una passione, come se ci stessero raccontando qualcosa di personale e caratteriale.
I quadri di Turner e Constable li trovo molto interessanti e incantevoli, mentre Constable rifiutava le convenzioni accademiche e ricercava sincerità nella rappresentazione della natura, Turner aveva una predilezione per la rappresentazione di agenti atmosferici catastrofici come naufragi e tempeste. Entrambi gli artisti mi affascinano perché pur provenendo dalla stessa epoca e pur condividendo le stesse tematiche, hanno un modo completamente diverso di dipingere e rappresentare i paesaggi. Sono maestri nell’utilizzo del pennello, della luce e nella trasmissione di emozioni intense.
Ho letto il tuo commento sugli artisti come Hogarth, Reynolds, Turner e Constable e trovo che tu abbia fatto un’analisi davvero interessante! Mi piace come hai messo in luce le tematiche sociali nelle opere di Hogarth, specialmente in “Marriage A’-la-Mode”. È vero, mostra in modo critico come i matrimoni d’interesse possano avere conseguenze negative, e penso che sia importante capire questo aspetto per comprendere meglio il contesto storico e sociale del suo tempo.
Anche il tuo punto di vista su Reynolds mi ha colpito. Hai ragione a dire che era bravissimo nel catturare le personalità dei suoi soggetti nei ritratti. È come se ogni ritratto raccontasse una storia a sé.
Ho letto il tuo commento e sono molto colpito dalla scelta delle opere che hai fatto per analizzare l’artista Hogarth.
Nel tuo commento infatti sottolinei giustamente la sua fervente difesa della riforma sociale e della giustizia. Tuttavia, potrebbe essere interessante esplorare in modo più dettagliato le tecniche artistiche specifiche utilizzate da Hogarth per veicolare il suo messaggio sociale. Un’analisi più approfondita delle scelte compositive, delle sfumature cromatiche e degli elementi simbolici nelle opere di Hogarth potrebbe arricchire ulteriormente la comprensione del suo impegno politico.
Hoghart, Reynolds e Turner sono stati tre pittori rivoluzionari per il loro periodo storico per aver trasformato la pittura inglese del ‘ 700.
William Hogarth ha diversi aspetti della sua personalità e della sua pratica artistica in quanto utilizza uno stile narrativo, satirico: rappresentando le assurdità della società del suo tempo, in oltre emerge anche nelle opere di Hogarth lo sdegno morale che si trasforma in ironia invece che nel sarcasmo.
Sull’Arte e sulla Bellezza, l’artista dimostra che non era solo un moralista, ma anche un appassionato e un teorico. Ed evidenzia il suo rifiuto delle rigide idee classiche e rinascimentali.
Hogarth attribuiva anche grande importanza all’osservazione della vita reale per catturare la dinamica bellezza che desiderava. Questa pratica sottolinea la sua attenzione alla realtà.
La rivalità tra Gainsborough e Reynolds emerge come un chiaro esempio delle tensioni artistiche del periodo, mettendo in evidenza la differenza tra un pittore autodidatta che si basa sull’osservazione diretta e un intellettuale che cerca di legittimare l’arte d’autore. La divergenza nella percezione del paesaggio mette in luce la disputa tra l’amore di Gainsborough per la natura e la visione di Reynolds che enfatizza la grandezza artistica attraverso l’adesione a schemi consolidati. La sfida nel campo del ritratto suggerisce le difficoltà nel differenziare gli artisti, influenzati dalle aspettative dei mecenati e dalla tradizione.
Constable e Turner erano due pittori inglesi nel periodo romantico. Constable dipingeva la natura in modo dettagliato, cercando di catturare la sua bellezza basandosi su osservazioni dirette. Turner, invece, cercava gloria e voleva superare i vecchi maestri, creando paesaggi fantastici e luminosi. La loro rivalità riflette le differenze nel modo di vedere la pittura paesaggistica.
Constable faceva opere dettagliate ispirandosi alla natura, anche se alcune delle sue idee erano sbagliate. La sua arte conserva comunque una bellezza intrinseca. Turner, invece, usava la pittura per creare esperienze estetiche intense, sfidando le regole convenzionali. Il confronto tra loro evidenzia il dibattito nel Romanticismo, dove alcuni cercavano nuove strade, mentre altri rispettavano la tradizione.
Con Hogarth il quadro diventa palcoscenico, i personaggi diventano attori, i suoi dipinti sono come scene di romanzi che si animano, rappresentazioni teatrali mostrate attraverso la pittura e raccontano la società inglese del Settecento.
A lui si deve la creazione di un genere di pittura che rappresenta le vicende della sua epoca, una pittura satirica, che attiri e che faccia sorridere. I soggetti dei suoi quadri si allontanano dalla tradizione della pittura religiosa ossia quadri con Sacre famiglie o Crocifissioni, ma si concentra sugli abitanti di Londra.
Le scene rappresentate dall’artista inducono lo spettatore a identificarsi nei personaggi, sono scene movimentate ma quotidiane. Dall’autoritratto di Hogarth possiamo evincere che egli si considerasse anche un possibile scrittore, un regista teatrale che però comunica attraverso le immagini; infatti egli nell’autoritratto si raffigura appoggiato su tre libri, non a caso un grande amico di Hogarth era proprio uno scrittore, Henry Fielding, autore di Tom Jones, un romanzo di grande successo.
Hogarth è celebre anche come incisore e stampatore. A lui si deve una petizione al Parlamento per una legge che vietava di riprodurre a stampa opere d’arte senza il consenso dell’autore (legge Hogarth).
Anche Reynolds ha la sua importanza, è un pittore inglese tra i più celebri ritrattisti inglesi del settecento.
La sua pittura rivela uno sviluppo dal semplice ritratto, verso uno stile più ambizioso e immaginativo nel quale i modelli vengono rappresentati come personaggi mitologici o fantastici.
Nelle sue opere la ricerca psicologica è sottolineata dall’uso della luce e del colore. Reynolds rappresentava quadri che raffiguravano miti classici e le sue opere lo portarono ad identificarsi come un grande artista al fianco dei grandi artisti del passato.
Turner è invece un pittore del secolo romantico, il Romanticismo è un movimento che nacque verso la fine del 700.
Inizialmente nel periodo neoclassico ed illuminista era molto importante il concetto di razionalismo, nel romanticismo invece la razionalità lascia il posto alla fantasia.
In questo periodo viene rivalutato il periodo del medioevo che nel rinascimento era stato definito come un periodo negativo ricco di guerre, carestie e pestilenze dove un ruolo dominante era investito dal divino.
Nel romanticismo invece il medioevo viene utilizzato come punto di partenza per la cultura e per la ricerca delle proprie origini, secolo della magia e della follia. Il romanticismo si sviluppa grazie all’università di Jena dove nasce il movimento dello Sturm und Drang in Germania, caratterizzato dalla rivalutazione del sentimento e dell’irrazionale.
Alla razionalità e al culto della bellezza classica caratteristiche tipiche del periodo illuminista e Neoclassico, il Romanticismo contrappone la spiritualità, l’emotività, la fantasia, l’immaginazione; in questo periodo l’idea della bellezza viene messa in secondo piano, a favore del sentimento. Per l’artista l’opera non doveva colpire gli occhi ma l’anima.
Turner realizza quadri pienamente sentimentali, per lui l’arte doveva manifestare i sentimenti.
Anche Francisco Goya era un pittore romantico e questa attenzione al sentimento e all’inconscio si può ritrovare nella sua incisione “sonno della ragione genera mostri”, o anche nell’opera “il manicomio” dove si ritraggono persone in svariate pose, simboli della follia dell’uomo.
Nell’era romantica si verifica pertanto un notevole progresso nell’esplorazione dell’irrazionale: i sentimenti, la follia, il sogno, le visioni, assumono un ruolo di primaria importanza.
Turner si formò sulla base dei grandi artisti del passato ma un ruolo di notevole importanza fu investito dai viaggi che compì in Svizzera, in Francia dove scoprirà paesaggi che diventeranno poi i soggetti dei suoi quadri. Tra le opere più celebri troviamo “il ponte del diavolo San. Gottardo” in cui si ha l’idea del “sublime”, ovvero qualcosa di affascinante e al contempo spaventoso, o anche “il naufragio”, in cui si può ritrovare una somiglianza con “la zattera della medusa” di Gericault, il naufragio è una delle paure dell’uomo, trovarsi su una nave in mezzo alla tempesta ci fa sentire vinti, senza speranza.
Insieme a Turner anche Constable è considerato uno dei più celebri paesaggisti del romanticismo e ciò che li distingue sono proprio le correnti a cui appartengono; quella del “paesaggio sublime”, di cui Turner fu il massimo rappresentante, e quella del “paesaggio pittoresco”, alla quale appartenne invece Constable. La sostanziale differenza fra le due correnti è che se da una parte Turner era affascinato dal potente spettacolo della natura al cui cospetto l’uomo è infinitamente piccolo, dall’altra Constable voleva suscitare attraverso i suoi paesaggi, sentimenti di malinconia e nostalgia, facendo riflettere lo spettatore sullo scorrere del tempo e sulla brevità dell’esistenza.
L’articolo fornisce una panoramica illuminante sul contesto artistico della Gran Bretagna del XVIII secolo, enfatizzando il conflitto tra le tradizioni artistiche consolidate e le emergenti espressioni nazionali. La scelta di William Hogarth come fulcro di questa narrazione è particolarmente appropriata, in quanto la sua opera incarna la tensione tra l’importazione di stili artistici stranieri e il desiderio di sviluppare un’autentica voce artistica britannica.
La reazione di Hogarth alla predominanza degli artisti stranieri e dei loro stili classici riflette un momento cruciale nella storia dell’arte, dove l’accento inizia a spostarsi dall’imitazione della grandezza classica verso un’espressione più personalizzata e nazionalmente distintiva. La sua enfasi sulle “narrazioni figurative situazionali” ricorda, in alcuni aspetti, la tradizione medievale di comunicare storie attraverso immagini, un punto evidenziato brillantemente nell’articolo. Tuttavia, Hogarth innova questa tradizione incorporando un forte senso di critica sociale e di moralismo, prefigurando il ruolo che l’arte avrebbe giocato nell’Illuminismo e oltre.
Il confronto con artisti come Jonathan Swift e Henry Fielding è particolarmente pertinente. Come Swift nella letteratura, Hogarth utilizza la satira per esprimere le sue osservazioni sociali, sebbene, la sua satira sia meno cinica di quella di Swift. Questo collegamento tra diverse forme di espressione artistica dimostra come l’arte del XVIII secolo sia profondamente intrecciata con i più ampi movimenti culturali e filosofici dell’epoca.
La discussione sul paesaggio inglese e la sua evoluzione da semplice sfondo a soggetto autonomo nell’arte di Gainsborough e Reynolds riflette la crescente importanza dell’individualismo e dell’esperienza personale, temi centrali dell’Illuminismo. La tensione tra l’empirismo di Gainsborough e l’idealismo di Reynolds riflette un dibattito più ampio nel contesto culturale britannico, dove figure come John Locke e David Hume esploravano le implicazioni filosofiche dell’esperienza diretta contro la tradizione e l’innatismo.
Il passaggio alla rivalità tra Constable e Turner offre una transizione eccellente verso l’era romantica, con la sua enfasi sulla passione, sull’individualità e sull’espressione personale. Turner, in particolare, con la sua esplorazione del sublime, porta l’arte in una nuova direzione, dove l’esperienza emotiva e sensoriale diventa tanto importante quanto l’oggetto rappresentato.
L’assenza di William Blake nella mostra, come sottolineato dall’articolo, è un’occasione mancata. Blake, con le sue visioni intensamente personali e il suo rifiuto delle norme artistiche, rappresenta un altro aspetto cruciale della transizione verso un’arte più espressiva e personale, una che prefigura i movimenti modernisti del XIX e XX secolo.
William Hogarth, Joshua Reynolds e J.M.W. Turner sono tre pilastri dell’arte britannica, ognuno dei quali ha lasciato un’impronta indelebile nel suo specifico campo. Hogarth è celebre per le sue opere satiriche che ritraggono con acume la società del suo tempo, ma la sua enfasi sulla critica sociale può a volte sembrare eccessiva, rischiando di sovrastare altri aspetti dell’umanità e della complessità dei suoi soggetti. La sua arte, pur essendo ricca di dettagli e significati, può essere percepita come moralisticamente pesante, limitando forse la sua universalità.
Reynolds, al contrario, ha elevato l’arte del ritratto a nuove vette, promuovendo ideali di bellezza e grandezza. Tuttavia, la sua insistenza sull’idealizzazione può a volte distanziare i suoi soggetti dalla loro umanità reale, rendendo i suoi ritratti meno accessibili o direttamente connessi alla vita delle persone comuni. Inoltre, il suo approccio può essere visto come troppo ancorato ai canoni classici, forse frenando l’innovazione in favore della tradizione.
Turner, infine, è noto per la sua capacità di catturare la forza emotiva della natura, anticipando movimenti come l’impressionismo. Tuttavia, la sua spinta verso l’astrazione e il suo uso sfrenato del colore e della luce possono a volte confondere o alienare gli spettatori che cercano una rappresentazione più chiara o letterale del soggetto. Inoltre, la sua continua ricerca dell’effimero e del sublime può rendere alcune delle sue opere percepite come meno accessibili o direttamente comprensibili al grande pubblico.
In conclusione, mentre Hogarth, Reynolds e Turner hanno tutti contribuito in modo significativo all’evoluzione dell’arte britannica, ognuno presenta anche delle sfide. Hogarth può apparire troppo critico, Reynolds eccessivamente idealizzante e Turner talvolta astratto per i gusti di alcuni. Nonostante queste potenziali criticità, il loro lavoro continua a essere fondamentale per la comprensione dello sviluppo artistico in Gran Bretagna, riflettendo le tensioni tra satira, idealizzazione e innovazione che hanno caratterizzato l’arte del loro tempo.
Il panorama artistico del XVIII secolo in Gran Bretagna è segnato dalla presenza di tre figure di spicco: William Hogarth, Joshua Reynolds e Joseph Mallord William Turner. Ciascuno di questi artisti ha contribuito in modo significativo allo sviluppo dell’arte britannica, distinguendosi per il proprio stile unico e le tematiche affrontate.
William Hogarth, considerato uno dei pionieri della narrativa visiva e della satira sociale. Una delle sue opere più celebri è “The Marriage à-la-mode”, una serie di sei dipinti realizzati tra il 1743 e il 1745. Questa serie ritrae la tragedia di un matrimonio combinato, raffigurando la dissolutezza e le conseguenze nefaste di un’unione senza amore. Hogarth utilizza il suo acuto senso dell’umorismo per mettere in luce le ipocrisie della società contemporanea. Ad esempio, nel terzo dipinto della serie, intitolato “The Inspection”, Hogarth dipinge un medico che esamina un’urina campionata, sottolineando così la superficialità e la vacuità di una connessione basata solo su interessi economici. La sua abilità nel catturare dettagli e esprimere emozioni attraverso l’uso del colore e della composizione conferisce forza e profondità alla sua critica sociale.
Passando a Joshua Reynolds, noto per essere il primo presidente della Royal Academy of Arts, è impossibile non menzionare il suo ritratto “Mrs. Siddons as the Tragic Muse” del 1784. Quest’opera incarna l’idealizzazione del sublime e della grandezza, riflettendo le influenze neoclassiche dell’epoca. Sarah Siddons, una famosa attrice teatrale, viene raffigurata come la Musa Tragica, una figura mitologica che personifica la tragedia. Reynolds utilizza l’iconografia classica per elevare l’arte drammatica al rango di un’arte nobile e dignitosa. La drammaticità del dipinto è enfatizzata dalla maestria tecnica di Reynolds nell’uso della luce e delle ombre, conferendo un senso di teatralità alla scena. Quest’opera è emblematica del suo contributo nel trasformare il ritratto in un genere più elevato e colto.
Infine, Joseph Mallord William Turner, spesso considerato uno dei precursori dell’Impressionismo, ha prodotto opere influenti che abbracciano il sublime paesaggistico. “Rain, Steam, and Speed – The Great Western Railway” del 1844 rappresenta un punto culminante nella sua carriera. In questo dipinto, Turner cattura l’accelerazione e la modernità dell’era industriale. La locomotiva, avvolta da fumo e pioggia, attraversa un ponte mentre il paesaggio circostante è solo abbozzato, creando un senso di velocità e dinamismo. Turner sfida le convenzioni artistiche del suo tempo, dimostrando una concezione astratta e emotiva del paesaggio. La sua interpretazione del sublime si allontana dalla visione classica di Reynolds, focalizzandosi sulla potenza e l’energia della natura trasformate dalla mano dell’uomo.
Quando parliamo della pittura di storia in relazione a questi artisti, notiamo che ciascuno ha affrontato il genere in modo unico. Hogarth, attraverso la sua satira sociale, ha contribuito a narrare storie di vita quotidiana e ingiustizia. Reynolds, elevando il ritratto a un genere storico, ha celebrato il potere e l’eleganza. Turner, con la sua visione romantica del paesaggio, ha incorporato elementi storici nelle sue opere, sottolineando l’interazione tra l’uomo e la natura in un contesto in continua evoluzione.
In conclusione, Hogarth, Reynolds e Turner rappresentano tre pilastri fondamentali della pittura britannica del XVIII e XIX secolo. Le loro opere intrinseche riflettono le sfide e le trasformazioni della società britannica del loro tempo, offrendo prospettive uniche attraverso stili diversi. Hogarth con la sua satira sociale pungente, Reynolds con la sua elegante idealizzazione, e Turner con la sua rappresentazione del sublime paesaggistico, hanno lasciato un’impronta duratura nella storia dell’arte britannica, influenzando generazioni successive di artisti.
Partendo da una mia considerazione personale riuscire a paragonare artisti a William Hogarth, Joshua Reynolds e Joseph Mallord William Turner richiede l’individuazione di figure che abbiano condiviso temi simili, stili artistici affini o che siano emerse in periodi storici comparabili. Sebbene ogni artista sia un individuo unico con il proprio contributo distintivo, è possibile individuare altri pittori e opere che possono essere confrontati con il trio britannico in termini di contesto storico, temi o approccio artistico.
Per quanto riguarda William Hogarth e la sua abilità nell’interpretare la vita quotidiana attraverso la satira sociale, un confronto significativo potrebbe essere con l’artista francese Honoré Daumier. Daumier, attivo nel XIX secolo, ha anch’egli utilizzato il suo talento per la caricatura per rappresentare satiricamente gli aspetti critici della società, spesso concentrandosi sulla politica e sulle ingiustizie sociali. Opere come “Gargantua” o “Third-Class Carriage” di Daumier possono essere considerate in questo contesto, poiché anch’esse esplorano le dinamiche sociali attraverso una lente satirica.
Nel caso di Joshua Reynolds, il suo contributo al ritratto e alla sua idealizzazione formale può essere paragonato a quello di Thomas Gainsborough, un contemporaneo e membro della Royal Academy. Mentre Reynolds tendeva a enfatizzare la dignità e la nobiltà nei suoi ritratti, Gainsborough adotta uno stile più spontaneo e naturale. Opere come “The Blue Boy” di Gainsborough possono essere considerate un contrasto interessante con i ritratti formali di Reynolds, poiché evidenziano un approccio più informale e un’attenzione alla rappresentazione della personalità del soggetto.
Per Joseph Mallord William Turner, il suo fascino per il paesaggio e la rappresentazione del sublime può essere collegato agli impressionisti francesi del XIX secolo. Claude Monet, in particolare, con le sue serie di dipinti di ninfee e paesaggi, condivide una sensibilità romantica e un interesse per gli effetti atmosferici simili a quelli di Turner. “Impression, Sunrise” di Monet potrebbe essere considerato in parallelo a opere come “Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour’s Mouth” di Turner, in quanto entrambi gli artisti esplorano la fluidità della luce e della natura.
In conclusione, sebbene ogni artista sia unico nel suo genere, individuare paralleli con altri pittori può arricchire la comprensione delle influenze reciproche e delle tendenze artistiche emergenti in determinati periodi storici. Honoré Daumier, Thomas Gainsborough e Claude Monet sono solo alcune delle figure che possono essere considerate in relazione a Hogarth, Reynolds e Turner, evidenziando la diversità e la ricchezza dell’arte attraverso i secoli.
Il settecento è caratterizzato da numerosi eventi chiave nella storia europea, per lo più sanguinosi e repressivi, basti pensare anche solo alla rivoluzione francese, perciò non stupisce il grande impatto che la pittura ha risentito. Ma forse più che impatto è corretto parlare di transizione visto l’amore dei mecenati per i grandi maestri e per la ritrattistica a confronto con l’esigenza di commissioni per i pittori nazionali che certo non potevano emulare la maestria italiana del passato. Un contesto del tutto favorevole alla ricerca di nuovi soggetti, ed alla formazione di una nuova committenza. La mostra, proposta dall’autore, presenta tanti artisti con cui esplorare nel dettagli questa epoca inglese anche se più di tutti è il confronto Constable e Turner a contraddistinguerla. Da un lato è presente una visione paesaggistica accurata, la più realistica possibile per ravvicinarsi alla natura e poterla ammirare anche all’interno delle affollate città inglesi. Di conseguenza è visibile una forte tecnica pittorica, sopratutto osservando le nuvole, ma è anche presente una vena nostalgica della campagna, non a caso Constable ha passato la sua infanzia ad ammirare questi luoghi. Dall’altro lato emerge una visione di sfuggita, dinamica, offuscata, che ricerca forti emozioni nei suoi luoghi come la paura, la tensione, la meraviglia. Ad esempio “Il ponte del diavolo” dove l’incombente dirupo paralizza l’osservatore oppure “L’incendio delle Camere dei Lord e dei Comuni” dove le fiamme divampano suggestivamente verso il Tamigi. Se il primo sceglie la quotidianità e tranquillità di una vita semplice, Turner vuole essere incisivo e impressionare sia in senso positivo che negativo. Purtroppo, la ricerca di Constable si rivela fallimentare in quanto i quadri riportano il paesaggio filtrato dai suoi occhi e non forniscono un corretto termine di studio ma ne rimane l’incredibile tecnica. Mentre Turner diventa un polo della pittura romantica basando la propria arte sulla ricostruzione emotiva dello spettatore, fornendo un quadro appositamente abbozzato. Si parla comunque di un periodo di sperimentazione lontano dal classicismo perciò per realizzare un’analisi è necessario uno studio approfondito di tutti gli artisti del tempo.
Trovo interessante come l’arate italiana venga da sempre apprezzata all’estero, difatti l’articolo nasce proprio esprimendo di come l’aristocrazia e borghesia mercantile inglese preferisse focalizzarsi sull’acquisto e il commercio di arte straniera, in particolar modo i dipinti storici italiani. William Hogarth reagisce al commercio di arte straniera proponendo una nuova forma di pittura, la pittura narrativa, Marriage-A’-La-Mode, aprendo l’arte alle sfumature della vita quotidiana. Al fianco della quotidianità fuori dai canoni classici di Hogarth si trovavano Joshua Reynolds e William Turner, il primo realizzava ritratti per lo più di aristocratici e figure intellettuali, con grazia formale, giocando alla perfezione con le luci, creando profondità e contrasti che donavano quasi vita ai suoi soggetti; William Turner invece sfidava le convenzioni artistiche del suo tempo, ritraendo paesaggi in scenari caleidoscopici di luci e colori, donando una forte carica emotiva nell’interpretazione della natura. Affiancato all’ultimo, nell’articolo nasce il paragone con un altro celebre paesaggista, John Constable, che approccia in maniera distinta la rappresentazione della natura; come detto prima Turner gioca molto con luci e colori della natura generalizzata, invece Constable si focalizza sulle campagne inglesi, esplorandone la potenza emotiva e poetica, noto per la precisione e dettaglio realistico, con intense luci e forte atmosfera nelle sue opere; due artisti a contrasto proprio come Reynolds e Thomas Gainsborough.
Reynolds, ritrattista sofisticato e razionale, crea una “rivalità” con l’arte di Gainsborough, che si distingue per la sua naturalezza e bellezza spontanea.
Il panorama artistico inglese del XVIII secolo, esplorato attraverso l’esposizione, costituisce un periodo caratterizzato da un’intensa attività creativa e da un acceso dibattito estetico, contribuendo a delineare l’identità artistica della nazione. Tale epoca viene spesso paragonata a una piazza centrale, in cui diverse influenze culturali e stili artistici si amalgamano, generando un contesto ricco di diversità e innovazione.
Il confronto con il Rinascimento italiano sottolinea l’ambizione degli artisti inglesi di rompere con le tradizioni preesistenti e di plasmare una nuova identità artistica nazionale. Analogamente al Rinascimento, si verifica una ricerca di autenticità e originalità, con un’attenzione particolare alla vita quotidiana e ai dettagli realistici. Gli artisti inglesi del XVIII secolo, tra cui spicca William Hogarth, si sono discostati dall’idealizzazione classica per abbracciare una rappresentazione più autentica e moralmente pregnante della vita.
La rivalità tra Gainsborough e Reynolds, e successivamente tra Constable e Turner, evidenzia le tensioni e le diverse prospettive presenti nel contesto artistico britannico.
Questi scontri estetici richiamano il Romanticismo europeo, in cui gli artisti cercavano di catturare l’essenza emotiva e spirituale della natura attraverso visioni personali e sperimentazioni stilistiche.
Un chiarissimo esempio è l’assenza di William Blake nella mostra, che può essere interpretata come una lacuna ma allo stesso tempo sottolinea la complessità della scena artistica del periodo. Blake, con la sua ribellione radicale contro la tradizione, avrebbe costituito un’ulteriore sfida alle convenzioni artistiche, aggiungendo una dimensione eccentrica e visionaria al panorama artistico.
Concludo esprimendo che, secondo il mio punto di vista, il panorama artistico inglese del XVIII secolo emerge come un crocevia di influenze e dibattiti, contribuendo a definire l’identità artistica britannica attraverso una varietà di approcci e stili che riflettono la complessità e la vitalità di quel periodo. Per queste motivazioni, già precedentemente descritte, ritengo che si può trovare perfettamente una similitudine con la tumultuosa Belle Époque parigina alla fine del XIX secolo. Questo mio paragone, è scaturito dal fatto che entrambi i periodi hanno assistito a una miscela di influenze, stili e idee, generando un calderone creativo e una vitalità culturale senza precedenti.
Nel contesto della Belle Époque parigina, figure come Monet, Renoir e Degas stavano mettendo alla prova le norme accademiche dell’arte, sperimentando nuove tecniche e orientandosi verso rappresentazioni più libere e immediate della vita quotidiana. Parallelamente, gli artisti inglesi del XVIII secolo, come Hogarth e Gainsborough, adottavano un approccio più realistico e moralistico, sfidando le convenzioni artistiche del loro tempo.
In conclusione, entrambi questi periodi sono rivelatori di epoche fondamentali in cui gli artisti hanno sperimentato con il passato, sfidato le convenzioni esistenti e contribuito a definire nuovi paradigmi artistici. Ciò dimostra che l’arte è intrinsecamente connessa al contesto culturale e sociale in cui si sviluppa, plasmando e riflettendo le sfumature di un’epoca.
Ottimo intervento. Il paragone con la Belle Époque pone però problemi di scala. All’incirca dal 1870 fino al primo conflitto mondiale l’Europa conosce un periodo di sviluppo e di ricchezza senza precedenti. Le città sono illuminare dall’elettricità, le case hanno l’acqua corrente, per strada si vedono le prime automobili, si ascolta la radio, si scoprono i vaccini…. È un periodo di grandi povertà di massa che alimentano grandi migrazioni che portano gli europei un po’ dappertutto. La città simbolo è Parigi (Ville lumiere) nelle quale la moda comincia a costruire il suo dominio sull’immaginario popolare. Nell’arte la rivoluzione dei vari movimentismi è permanente. È possibile un paragone con la Londra settecentesca? Se optiamo per una lettura sintomale allora si può sostenere che nell’età da Hogarth a Turner vi fossero indizi che convergevano verso ciò che si pensa quando si parla di Belle Époque, ma ritengo più significative le differenze. Quando si comincia ad usare l’espressione Belle Époque? Dopo l’orrore del primo conflitto mondiale si volge lo sguardo al passato con il profondo desiderio di ritrovarvi qualcosa di perduto, un’età di ricchezza,pace, bellezza, sviluppo. Insomma si crea un mito.
Esplorando le diverse correnti artistiche, i protagonisti e le tensioni culturali dell’epoca. Vorrei proporre alcune osservazioni critiche e riflessioni su alcuni punti sollevati.
In primo luogo, l’articolo fornisce una panoramica esaustiva delle varie sezioni della mostra e delle opere esposte, dimostrando una comprensione approfondita del contesto storico e artistico. Tuttavia, alcuni passaggi potrebbero essere resi più fluidi e sintetici per migliorare la leggibilità e l’accessibilità del testo.
Inoltre, l’autore sottolinea l’importanza della rivalità tra gli artisti e le diverse concezioni estetiche che caratterizzavano l’arte britannica del tempo. Questo approccio è essenziale per comprendere la complessità del periodo e le influenze reciproche tra gli artisti. Tuttavia, potrebbe essere utile approfondire ulteriormente le relazioni tra gli artisti e le loro opere specifiche per evidenziare meglio le divergenze e le influenze reciproche.
Un altro punto interessante sollevato dall’articolo riguarda l’assenza di artisti come William Blake e la loro rappresentazione nella mostra. Blake, con la sua visione innovativa e radicale, ha contribuito in modo significativo allo sviluppo dell’arte britannica, anche se la sua influenza non è stata riconosciuta immediatamente dai suoi contemporanei. Integrare artisti come Blake nella narrazione della mostra avrebbe arricchito ulteriormente la comprensione dell’eclettismo e della diversità dell’arte britannica del periodo.
Ll’articolo offre una prospettiva approfondita e stimolante sulla mostra dedicata alla pittura britannica del XVIII secolo, ma potrebbe beneficiare di una maggiore chiarezza nell’esposizione delle idee e di una discussione più ampia su alcune tematiche chiave.
Stimata Giulia, ti ringrazio di aver sottolineato i limiti di chiarezza e di ampiezza del mio script, però potevi essere ancora più generosa ovvero suggerire gli aspetti che potevano conferire maggiore profondità ai temi in oggetto. In definitiva il gioco didattico che abbiamo condiviso ha nell’incremento di conoscenza nato da un lavoro collettivo una delle sue finalità.
William Hogarth, Joshua Reynolds, e Joseph Mallord William Turner sono tre figure di spicco nella pittura inglese del XVIII secolo, ciascuno con un approccio unico e una visione distintiva.
Lo stile di Hogarth è noto per le sue scene di vita quotidiana e la sua satira sociale. Le sue opere, come “La carriera di una prostituta” e “Il matrimonio a la moda”, sono ricche di dettagli e narrativa.
Ha contribuito a definire l’identità artistica britannica attraverso il suo stile narrativo e la rappresentazione realistica della società e la sua influenza si riflette nei successivi artisti inglesi, che hanno continuato a esplorare temi sociali e umani.
Reynolds era un ritrattista di talento. I suoi ritratti, come “Lady Sarah Bunbury Sacrificing to the Graces”, sono eleganti e raffinati.
Primo presidente della Royal Academy, ha promosso l’arte come strumento educativo e morale e ha influenzato generazioni di artisti ritrattisti e ha contribuito a definire l’arte inglese del suo tempo.
Turner è un artista visionario. Le sue opere paesaggistiche, come “Paesaggio a Nepi, Lazio, con acquedotto e cascata”, catturano la grandezza della natura e anticipano l’approccio romantico all’arte.
Ha rivoluzionato il genere del paesaggio, utilizzando colori e luce in modo innovativo e la sua visione ha ispirato molti artisti successivi, influenzando l’arte paesaggistica e la percezione della natura.
In sintesi, Hogarth ha affrontato la vita quotidiana, Reynolds ha ritratto l’eleganza, mentre Turner ha esplorato la bellezza della natura. Insieme, questi tre maestri hanno contribuito a plasmare la pittura inglese verso la modernità, aprendo nuove strade espressive e definendo un linguaggio artistico che avrebbe influenzato l’intero continente europeo nel corso dell’Ottocento
L’opera di Hogarth, Reynolds e Turner rappresenta un affascinante viaggio attraverso le epoche artistiche del XVIII secolo in Inghilterra, una cronaca delle tensioni e delle innovazioni che hanno plasmato il panorama artistico dell’epoca. Personalmente, trovo intrigante il modo in cui questi artisti hanno risposto alle sfide culturali e sociali del loro tempo, ciascuno contribuendo in modo unico alla creazione del linguaggio artistico distintamente inglese.
Iniziando con William Hogarth, posso dire che la sua ribellione contro l’egemonia culturale dell’ideale classico mi colpisce molto. La sua capacità di tradurre narrazioni morali in immagini accessibili al senso comune è evidente nella serie “Marriage A’-la-Mode”, che rappresenta un esempio eloquente della sua innovazione nel dipingere storie utili e moralmente significative, un’anticipazione delle narrazioni figurative sequenziali.
La rivalità tra Gainsborough e Reynolds, e successivamente tra Constable e Turner, offre uno spaccato interessante sulla diversità di approcci nell’arte. Mentre Gainsborough predilige la spontaneità delle osservazioni dal vero e la trasmissione di sentimenti autentici attraverso il paesaggio, Reynolds si orienta verso il controllo delle regole dell’armonia.
La transizione verso il Romanticismo, evidenziata dalla mostra, sottolinea il cambiamento nei valori artistici e la sfida alla tradizione. Turner, in particolare, con la sua ricerca del sublime e la volontà di superare i vecchi maestri, rappresenta un salto verso nuovi mondi visivi. La sua interpretazione della luce, la destabilizzazione delle forme e l’uso audace del colore suggeriscono un desiderio di esplorare l’oltre-verità, oltre la concezione tradizionale di bellezza.
La mancanza di William Blake nella mostra, sebbene i suoi contemporanei lo considerassero un pazzo, avrebbe potuto arricchire ulteriormente la visione eccentrica e innovativa dell’arte inglese. La sua ribellione totale contro la tradizione e la sua auto referenzialità radicale avrebbero aggiunto un elemento di sconvolgimento e originalità, evidenziando un’altra sfaccettatura della diversità artistica di quel periodo.
In definitiva, l’analisi di questo periodo artistico in Inghilterra rivela la complessità delle influenze culturali, la lotta tra tradizione e innovazione, e la varietà di approcci degli artisti che hanno contribuito a plasmare l’identità artistica britannica.
William Hogarth è indubbiamente uno degli artisti inglesi più originali, noto per la creazione di sequenze narrative uniche nel loro genere. Contrariamente alla tendenza di emulare le opere d’arte classiche, Hogarth si distingueva per la sua volontà di rappresentare soggetti originali, ispirati agli eventi contemporanei. Questo lo portava ad utilizzare un linguaggio pittorico insolito, la satira, attraverso la quale affrontava temi che per lui erano immorali come i comportamenti eccessivi dei suoi contemporanei con ironia anziché con severità.
Nel suo libro “Analysis of Beauty”, Hogarth espresse la sua concezione di bellezza come una linea sinuosa, in armonia con gli ideali classici che egli si confrontava per riuscire a migliorarsi e a superare le convenzioni della buona pittura.
Verso la fine del XVIII secolo, a Londra, si sviluppò una nuova corrente artistica, il Romanticismo, che aveva come tema centrale il sublime, un sentimento contrastante di terrore e piacere di fronte all’immensità. Due dei massimi esponenti di questa corrente, Constable e Turner, erano in una rivalità artistica accesa. Entrambi erano disinteressati alla rappresentazione accurata della figura umana, preferendo concentrarsi sul paesaggio e cercando di catturarne l’essenza piuttosto che la forma esatta.
Turner si concedeva grandi libertà poetiche per trasmettere stati d’animo, aspirando a superare le tecniche e i maestri del passato, mentre Constable si impegnavo a rappresentare la natura così come la osservava. Sono in accordo con le parole di Mark Evans ha saggiamente osservato che “Turner è il mago, Constable il tecnico”. Per il motivo che Turner, con le sue opere vivide e intense, trasmetteva il senso di sublime che lui stesso provava di fronte alla grandezza dello spettacolo naturale, mentre Constable cercava di esprimere il sublime attraverso la sincerità della sua rappresentazione, concentrandosi sull’osservazione accurata e lo studio della natura, la quale è in grado di far esprimere i sentimenti dell’artista.
Constable, a differenza di Turner, dipingeva una natura serena e calma, in cui l’uomo si integrava armoniosamente e viveva senza ansie esistenziali e angosce. Turner, al contrario, era attratto dagli aspetti più drammatici della natura, come tempeste e incendi, che suscitavano in noi una miscela di paura e fascino. Attraverso queste opere, il sublime di Turner ci faceva sentire piccoli e impotenti di fronte a forze che ci superano.
L’articolo si apre esplorando la situazione artistica dell’Inghilterra del XVIII secolo: in particolare della preferenza verso opere d’arte straniere anziché di artisti locali. Dato il seguente contesto, emergono nello specifico tre artisti britannici: Hogarth, Reynolds e Turner, grazie ai quali è invece possibile, attraverso opere e parallelismi, analizzare la pittura inglese del periodo e l’influenza che questi ultimi hanno apportato ad essa.
William Hogarth presenta uno stile fortemente narrativo e satirico, frutto del suo spirito provocatorio e contrario alla tradizione. Il suo obiettivo è infatti quello di mettere in discussione le norme sociali e politiche del suo tempo, criticando apertamente le élite politiche, le istituzioni religiose e le pratiche culturali che egli riteneva corrotte. Ci tengo quindi a citare due opere che rappresentano appieno questa suo intento di rivelare le ipocrisie della società inglese del XVIII secolo: “The Rake’s Progress” e “Gin Lane”. The Rake’s Progress è una serie di otto dipinti che illustra il degrado di un giovane ereditiere dato dallo spreco di soldi per rincorrere una vita lussuosa fatta di prostituzione e gioco d’azzardo. Gin Lane raffigura invece un quartiere in degrado colpito dall’alcolismo: Hogarth ne mette in evidenza la disperazione, la violenza e la miseria data dall’estremo consumo di gin. Inoltre, trovo interessante l’accostamento che Hogarth fa a Gin Lane con “Beer Strret” nella quale, al contrario, raffigura una strada animata e prospera, dove la birra è la bevanda preferita e viene consumata con moderazione.
Joshua Reynolds, noto per i suoi ritratti e per essere stato il primo presidente della Royal Accademy of Arts, ha fortemente influenzato lo stile e lo sviluppo dell’arte britannica nel XVIII secolo. Dai suoi ritratti traspare una forte carica espressiva data dalla sua abilità nell’uso di luce, di colore e di chiaroscuro. Portando alcuni esempi nei quali trovo che abbia espresso emotivamente al meglio l’emozione rappresentata, cito “The Death of Dido”: ispirato alla figura mitologica di Didone, rappresenta il momento in cui Didone si suicida per amore; Reynolds in quest’opera cattura la drammaticità della scena con intensità emotiva, enfatizzando il dolore e la disperazione del personaggio principale. Un altro esempio è “Saul and the Witch of Endor”: rappresenta un momento biblico in cui il re Saul consulta la strega di Endor per ottenere consigli divini; Reynolds cattura l’atmosfera intensa e spettrale della scena, evidenziando la tensione emotiva tra i personaggi attraverso l’uso del colore e della composizione, anche le espressioni facciali e la resa del paesaggio aggiungono drammaticità e profondità emotiva.
William Turner presenta uno stile pittorico caratterizzato da un’eccezionale abilità nel catturare la luce e l’atmosfera. Egli è noto per aver introdotto nella pittura il concetto di sublime, che nella sua concezione si manifesta attraverso paesaggi grandiosi spesso caratterizzati da forze naturali come tempeste, cascate o montagne maestose. Turner trasmetteva questo senso di sublime attraverso l’uso del colore, della luce e della composizione, creando opere che evocavano una potente reazione emotiva nello spettatore. Ad esempio con “The Slave Ship”, attraverso i colori vibranti e una tecnica di pennellata tumultuosa, trasmettere un senso di terrore misto a meraviglia, oppure con “The Fighting Temeraire”, nel quale, attraverso la combinazione di luce e colore, trasmette un senso di malinconia.
In conclusione, tutte tre gli artisti hanno contribuito a rivoluzionare il panorama artistico inglese su diversi fronti: Hogarth ha introdotto un nuovo modo di raccontare storie anche attraverso la sequenza di immagini per descrivere al meglio narrazioni più complesse, Reynolds ha contribuito ad elevare il ritratto incorporando elementi di bellezza classici ad emotivi, infine, Turner, ha rivoluzionato il modo in cui veniva rappresentato il paesaggio sfidando le convenzioni tradizionali e catturando luce e atmosfera in modo più impressionistico ed emotivo.
Brava Martina. A mio avviso però ti sei fatta condizionare dal titolo della mostra: hai infatti sottovalutato il lavoro di Constable quale interprete della rappresentazione della natura come arte tout court (e non pittura di genere) ed esplorazione di una verità ottica.
Trovo intrigante come l’arte italiana abbia sempre suscitato grande interesse oltre confine. In particolare, l’articolo discute della predilezione dell’aristocrazia e della borghesia mercantile inglese per opere d’arte straniere, soprattutto dipinti storici italiani. William Hogarth introdusse una nuova forma di pittura, la pittura narrativa, con opere come Marriage-A’-La-Mode, che aprirono l’arte a nuove prospettive sulla vita quotidiana. Artisti come Joshua Reynolds e William Turner ebbero un impatto significativo sulla scena artistica dell’epoca. Reynolds si distinse per i ritratti di aristocratici e figure intellettuali, sfruttando le luci per creare profondità e contrasti che davano vita ai suoi soggetti. Turner, invece, sfidò le convenzioni artistiche del tempo con paesaggi caleidoscopici di luci e colori che trasmettevano una forte carica emotiva. Nel confronto tra Turner e John Constable emergono diversi approcci alla rappresentazione della natura: Turner giocava con luci e colori, mentre Constable si concentrava sulle campagne inglesi, esplorandone la potenza emotiva e poetica con precisione e dettaglio realistico. Questi artisti, in contrasto tra loro, richiamano alla mente la rivalità artistica tra Reynolds e Thomas Gainsborough, con il primo noto per uno stile sofisticato e razionale, mentre il secondo per una bellezza spontanea e naturale.
L’analisi della pittura inglese nel XVIII secolo, con particolare attenzione ad artisti come Hogarth, Reynolds e Turner, evidenzia la preferenza dell’aristocrazia e della borghesia mercantile per artisti stranieri, specialmente nella pittura di storia.
Hogarth, reattivo all’egemonia culturale dell’ideale classico, emerge come un pittore impegnato, intraprendente e critico nei confronti della società del suo tempo. La sua serie “Marriage A’-la-Mode,” in particolare, rappresenta una pungente critica sociale attraverso narrazioni figurative situazionali, dimostrando la sua volontà di dipingere storie moralmente significative.
Turner, associato al concetto di “sublime” nel paesaggio, è un elemento chiave da esplorare. La sua aspirazione alla gloria, al successo e alla notorietà attraverso una tecnica e un’immaginazione straordinarie evidenzia una sfida alle convenzioni artistiche dell’epoca. Opere specifiche di Turner, come “La cattedrale di Salisbury” e “Paesaggio a Nepi”, contribuiscono a una comprensione più approfondita della sua unicità artistica e della sua ricerca dell'”Altrove.”
Turner e Hogarth hanno influenzato o sfidato reciprocamente le convenzioni artistiche dell’epoca, tuttavia ritengo che l’assenza di artisti come William Blake è notevole.
William Blake rappresenta una figura chiave, distinguendosi per la sua rottura radicale con la tradizione e la sua auto-referenzialità. Le sue opere presentano una sintesi unica tra i precetti di Reynolds e l’ispirazione fantastica tipica del romanticismo. La sua avversione per la tradizione e la sua interpretazione libera dei maestri del passato, come Michelangelo, lo collocano come un visionario intransigente, anticipando l’eccentricità che oggi caratterizza lo stile britannico.
L’inclusione di Blake, considerato all’epoca un pazzo, avrebbe aggiunto un elemento di stravaganza che oggi attribuiamo al carattere distintivo dell’arte britannica.
L’articolo fornisce al lettore una panoramica ben dettagliata riguardo la situazione artistica inglese nella prima metà del XVIII secolo, evidenziando come ai pittori inglesi veniva riservata una considerazione veramente minima rispetto a quelli stranieri (per esempio italiani). La mostra a Roma è stata l’occasione ottimale per poter diffondere agli occhi di tutti la bellezza artistica dello stile britannico. Organizzata in diverse sezioni che coprono varie tematiche e periodi, dalla veduta di Londra al mecenatismo borghese, dall’età dell’oro del ritratto al paesaggio realizzato ad acquerello, fino a esplorare le tensioni tra tradizione ed esperienza attraverso artisti come Hogarth, Gainsborough, Reynolds, Constable e Turner. E’ interessante inoltre come venga sottolineata la rivalità tra alcuni di questi artisti, per esempio tra Gainsborough e Reynolds, oppure Constable e Turner, evidenziando le differenze sostanziali nelle loro visioni artistiche e nell’approccio alla pittura di paesaggio.
Artisti come William Blake, rappresentano invece una radicale e intransigente rottura con la tradizione artistica del loro tempo, sottolineando l’importanza di interpretare la propria visione interiore senza restrizioni. Si può quindi affermare che la presenza di Blake avrebbe aggiunto un elemento di eccentricità alla mostra, contribuendo alla comprensione dell’arte inglese come un’entità variegata e complessa che includeva sia la tradizione che la rottura con essa.
Hogarth, Reynolds e Turner sono tre artisti che hanno avuto un impatto significativo sulla pittura inglese del XVIII secolo grazie ai loro diversi approcci artistici che hanno influenzato il panorama dell’epoca. William Hogarth era noto per il suo stile narrativo e satirico, utilizzato per criticare la società del tempo e trasformare le narrazioni morali in immagini accessibili, ribellandosi all’idealismo classico e creando un linguaggio artistico tipicamente inglese. Joshua Reynolds, al contrario, ha rivoluzionato il ritratto con opere idealizzate di grande grandezza artistica e stile accademico, contribuendo a definire gli standard del ritratto inglese del tempo. J.M.W. Turner era celebre per i suoi paesaggi luminosi e fantastici che catturavano l’emozione della natura, sperimentando visivamente e sfidando le convenzioni artistiche dell’epoca.
La rivalità tra Gainsborough e Reynolds e tra Constable e Turner rifletteva le divergenze nelle loro concezioni artistiche, stimolando la creatività, l’innovazione e la diversità nell’arte inglese e offrendo differenti prospettive agli artisti e al pubblico dell’epoca.
In conclusione, Hogarth, Reynolds e Turner sono tre maestri che hanno lasciato un’impronta indelebile sulla pittura inglese del XVIII secolo grazie alla loro straordinaria creatività e originalità. I loro diversi approcci artistici hanno contribuito a modellare il panorama artistico dell’epoca, offrendo prospettive uniche e innovazioni che hanno influenzato artisti successivi. La rivalità tra questi maestri e le differenze nei loro stili hanno arricchito il dibattito artistico, stimolando la creatività e la diversità nell’arte inglese. Personalmente, ritengo che il contributo di questi artisti sia fondamentale per comprendere e apprezzare lo sviluppo dell’arte inglese e che le loro opere continuino a ispirare e influenzare gli artisti contemporanei.
L’analisi delle opere di William Hogarth, Joshua Reynolds e J.M.W. Turner offre una panoramica affascinante delle diverse prospettive e innovazioni presenti nell’arte britannica del XVIII secolo.
Hogarth emerge come un provocatore, sfidando l’egemonia culturale dell’ideale classico e difendendo un’arte più aperta alle sottili innervazioni della vita quotidiana. Le sue narrazioni visive, come “Marriage A’-la-Mode”, sono non solo satiriche ma riflettono anche una visione critica del mondo circostante.
Reynolds, d’altra parte, si distingue per il suo approccio più classico e raffinato, mirando a legittimare la pittura come un’arte elevata e poetica. È stato uno dei più grandi ritrattisti inglesi e definito maestro della “grande Maniera”. La sua maestria nel ritratto e la ricerca dell’armonia compositiva riflettono un impegno verso gli ideali classici e una visione più idealizzata della realtà.
Turner, infine, rappresenta una rottura ancora più radicale con le convenzioni artistiche del tempo. La sua pittura si distingue per la sua visione ‘emotiva’ della natura, con un uso audace del colore e della luce per evocare emozioni e atmosfere intense. Attraverso la sua ricerca del ‘sublime’, Turner sfida le regole stabilite dell’estetica, aprendo la strada al romanticismo britannico e diventandone uno dei maestri.
In conclusione, l’esplorazione di queste tre figure offre un’affascinante prospettiva sulla diversità e la complessità dell’arte britannica del XVIII secolo, mostrando come Hogarth, Reynolds e Turner abbiano contribuito in modi unici e significativi allo sviluppo dell’arte nel loro tempo e oltre.
Sono ovviamente d’accordo con il tuo intervento. Insieme ai pittori che hai citato io avrei messo anche il grande Constable. Era l’artista che più di tutti concepiva il proprio lavoro come una applicazione di scienza naturale. Anche se sopravvalutava la portata cognitiva dell’osservazione diretta e in qualche modo aderiva alla teoria percettiva dell’occhio innocente che sappiamo essere falsa, il suo desiderio di scoprire il modo di rappresentare la verità visiva sulla tela (su una superficie bidimensionale) perfezionando scoperte e le tecniche di altri grandi pittori (penso a Claude Lorrain e a Ruysdael) era veramente genuino.
Nel periodo storico in cui agli artisti inglesi veniva riservata una considerazione limitata, si pensava che fossero in grado di esprimere appieno gli ideali artistici solo attraverso la realizzazione di ritratti e paesaggi. I ricchi mecenati preferivano collezionare opere di maestri italiani del passato, relegando gli artisti contemporanei a un secondo piano. I pittori specializzati in ritratti come Godfrey Keller, Jonathan Richardson, Charles Jervas, Jean-Baptiste van Loo e Peter Tillemans erano quindi i più ricercati.
Questa situazione generò una reazione polemica tra gli artisti inglesi, che dovevano lottare per ottenere commesse a fronte di investimenti significativi necessari per produrre opere d’arte. William Hogarth fu uno degli artisti più critici nei confronti di questa situazione conservativa che favoriva gli artisti stranieri. Pur studiando i maestri del passato, Hogarth non mostrava reverenza paralizzante verso di loro e cercava di conquistare un nuovo tipo di pubblico attraverso narrazioni figurative facilmente comprensibili.
La mostra evidenzia, attraverso opere e sezioni selezionate, come questi artisti abbiano contribuito a trasformare il panorama artistico dell’Inghilterra del XVIII secolo, mostrando una varietà di approcci e idee che vanno ben oltre la semplice imitazione degli ideali classici. In questo modo, la mostra offre uno sguardo approfondito sulla complessità e la vivacità del dibattito artistico di quell’epoca, evidenziando l’importanza di figure come Hogarth, Gainsborough, Reynolds, Constable e Turner nell’evoluzione dell’arte britannica.
Capita spesso di vedere pittori che raggiungono la fama solo successivamente alla loro morte, unico momento dal quale i loro quadri acquistano valore diventando famosi e riconoscibili, logicamente all’artista questo cambia poco dato che è morto, può anche risultare ingiusto in quanto dopo aver vissuto una vita di stenti, senza nessuno interessato a comprare i loro quadri costringendoli a fare la fame, arrivano le vendite una volta morti quando dei soldi se ne fanno poco e niente. È un po paragonabile a quello che è successo agli artisti inglesi che disprezzati e scartati dalla borghesia londinese del loro tempo, ad oggi sono nomi di tutto rispetto e di una certa importanza apprezzati sicuramente di più rispetto ad allora. Per quanto riguarda Costable e Turner analizzati dal punto di vista odierno, quindi tenendo conto dell’importanza che ad oggi gli viene riconosciuta, posso dire che confrontati ad altri pittori coevi a loro che realizzavano la stessa tipologia di dipinti, quindi paesaggi, comprendo il fatto che alla vista un collezionista, o chi era interessato a comprare quadri, ricercando la bellezza, potesse preferire un’altro stile di rappresentazione, che si discostava molto dall’innovazione rappresentativa proposta dai due. Se si andava ricercando la bellezza ovviamente la scelta ricadeva su rappresentazioni di paesaggi realistici, dettagliati e che rispecchiavano la realtà a pieno, scartando quindi quelle che erano le rappresentazioni di Turner specialmente più caotiche e tendenti all’astratto. Tuttavia se non apprezzati all’epoca ad oggi appunto, come dissi all’inizio, hanno raggiunto un valore e un’importanza ben superiore di quella riconosciutagli all’epoca.
Nel corso della storia, abbiamo potuto constatare una lenta evoluzione dell’uomo e di come l’arte possa mutare così profondamente negli occhi dell’artista. Eppure credo che alcuni dipinti realizzati da due pittori provenienti da intervalli di tempo differenti possano ricongiungersi con la modernità. “L’arte non ha tempo”: se possiamo definirla così, la mia teoria potrebbe non essere effimera.
Ecco, siamo nella prima metà del XVIII secolo, quando i gusti nobiliari inglese cominciano a subire l’influenza dalle varie bellezze straniere come quelle italiane. Ma non solo quelle: a partire dal 1600 l’Olanda era nel suo “Secolo d’oro” e i traffici con le varie colonie attraverso le Compagnie delle Indie dove aderirono la Gran Bretagna, Francia e Portogallo per portare differenti merci come le spezie provenienti dall’America del sud. Non dimentichiamoci che se ad Amsterdam il commercio era diventato fiorente, anche i dipinti come quelli di Rubens, Van Dyck, Vermeer hanno potuto trovare vigore all’interno di saloni privati di critici d’arte. In fondo, molte opere d’arti venivano commissionati dalle persone di un ceto alto.
William Hogarth è riuscito attraverso la sua duplice abilità da incisore che da pittore a rivelare la vera facciata di una società corrotta e piena di controsensi. Possiamo osservare nella serie “Marriage a-la-mode”, dove tutte le convenzioni sociali diventano come una sorte di catena che imprigiona i due sposi per unire una classe nobiliare in lastrico con una classe borghese priva di un titolo nobiliare, oppure nel dipinto seguente dove compare l’uomo sdraiato sulla sedia con una donna che si sta stirando dopo aver passato la notte ad una festa. Sono tutti segnali che Hogarth vuole mostrare in una maniera quasi satirica la società “ricca” di quei tempi. Non manca però l’estrema cura dei dettagli e della grande ricchezza nei materiali che richiamano all’impostazione che avevano i dipinti e le decorazioni su sfondo Barocco e a sua volta dello stile Rococò.
John Constable è un grande esempio di pittore che ha saputo riportare su tela una “fotografia” in olio. Il suo campionamento di ogni singolo fenomeno naturale e umano ne fanno in lui un grande ‘scienziato’ pittore. Infatti nel corso della storia dell’arte i gusti della nobiltà hanno subito diverse influenze da parte degli altri paesi adiacenti e molto spesso i temi preponderanti verso il sacro (la madonna col bambino, il cristo, ecc.) vengono sostituiti dalla ritrattistica e dalla paesaggistica. Questo non vuole far sviare il lettore da una improvvisa scomparsa delle pitture sacre, ma sempre più i ceti più elevati della piramide sociale hanno potuto assaporare l’avvento delle nuove tecnologie e dei bellissimi dipinti che vengono importati dalla fiorente Olanda. Constable è rimasto fedele alla realtà “fenomenica”, portando il lettore nella sua stessa posizione e all’esatto momento in cui il pittore stava dipingendo. Il percorso però si distacca dal nuovo modo di vedere lo spazio. Contemporaneo di Constable, William Turner, è riuscito a stravolgere la stessa idea di paesaggio “scientifico”. Non riusciamo a comprendere nei minimi dettagli come nei dipinti fiamminghi o carpire l’elemento classico e gotico, ma percepiamo una nuova emozione: il sublime. E’ ciò che va oltre il bello, portando ad una sensazione di sgomento davanti alla grandiosità della natura stessa e della sua potenza atmosferica. Lo possiamo percepire nel “La sera prima del diluvio” dove una mandria di animali stanno cercando rifugio nell’arca di Noè mentre un enorme cumulo di nero si sta abbattendo pesantemente nel cielo. Secondo lo stesso John Ruskin (un importante scrittore e critico dell’ottocento di religione cattolica) le opere di Turner hanno segnato l’inizio di un “nuovo stile” perché quest’ultimo è riuscito a catturare quella realtà che non viene decifrata seguendo regole matematiche ma possiedono una grande carica simbolica.
La riflessione su questi grandi artisti inglesi ha potuto creare in me una grande meraviglia verso la complessità di stili che in un certo senso si osservano a vicenda e si studiano, ma ognuno ricrea qualcosa di totalmente rivoluzionario per gli occhi.
Mi trovo d’accordo con ciò che é stato scritto in questo articolo soprattutto dopo essermi documentato con la visione del film “Turner” dove vengono spiegate, come all’interno di esso, l’articolazione e la motivazione della scelta di queste tipologie di pittura che, come dice il titolo, punta a una tipologia di “astrattismo” e che consiste nell’abbandonare i vecchi valori dell’arte classica senza però dimenticare che esistono differenti metologie anche di questa rappresentazione e che, per questo, per esempio, il metodo utilizzato da Turner non piaceva all’affermato artista John Constable, che utilizzava la tecnica del “puntinismo”.
Mi trovo in accordo con il collega Pollini per quanto riguarda la stesura del testo, questa volta, l’articolo è scritto in modo lineare e scorrevole, rendendolo più di facile comprensione rispetto ad altri, nonostante io abbia studiato approfonditamente la storia dell’arte alcuni in precedenza li trovavo confusionari.
La satira di Hogarth, che vorrei collegare a George Orwell che fece uso della satira politica e Voltaire, che sottolineò sempre in modo scherzoso e critico la tolleranza religiosa, la corruzione politica e l’ingiustizia sociale; detto questo riprendendo il discorso su Hogarth: la sua satire era uno strumento di espressione per evidenziare dei comportamenti al di fuori dei canoni – per questo sicuramente non ebbe la stessa “giustizia” rispetto alle preferenze dei ritratti o di grandi artisti italiani del passato -, favorita dall’invenzione della stampa di Gutenberg che accelerò la diffusione delle notizie.
L’ideale del pittore di “Marriage-à-la-Mode” sembra sopravvivere, come dimostrano le decisioni della mostra citata.
Personalmente trovo la pittura inglese del ‘700 uno dei più grandi periodi storici dell’arte, Hogarth era un’artista che non conoscevo così tanto, in conclusione posso dire che sicuramente apprezzo tantissimo il suo stile di pittura e il suo concetto.
Parlando della rivalità fra Gainsborough e Reynolds e, successivamente, Constable e Turner.
Partendo dai primi due: Gainsborough sembra essere stato un osservatore attento della realtà, che trae ispirazione dalle piccole sfumature della vita quotidiana, arricchendo la sua tecnica in modo praticamente empirico. Questo suggerisce un approccio più spontaneo e personale alla pittura, dove la bellezza può essere trovata anche nelle scene semplici e naturali della campagna inglese.
Dall’altro lato invece abbiamo Reynolds sembra essere stato più orientato verso un’arte più formale e poetica, che aspirava a emulare i grandi maestri del passato. La sua preferenza per i soggetti mitologici e storici suggerisce un desiderio di elevare la pittura a un livello di importanza simile a quello della letteratura e della poesia. Tuttavia, questa tendenza potrebbe averlo distanziato dal pubblico più ampio, che potrebbe non aver compreso appieno le sue ambizioni artistiche.
Passiamo poi a Constable e Turner: il primo, con il suo approccio basato sull’osservazione diretta e l’onestà emotiva, cerca di catturare la vera essenza della natura senza distorsioni. La sua pittura riflette una profonda connessione con il mondo naturale, trasmettendo un senso di reverenza e partecipazione.
Dall’altro lato, Turner si distingue per la sua ricerca del “sublime”, cercando di trascendere la realtà visiva per esplorare un mondo fantastico di luce e colore. La sua pittura destabilizza le forme e sfida le convenzioni, creando un’esperienza estetica che va oltre il concetto tradizionale di bellezza. Turner, infatti, sfida l’idea stessa di bellezza come qualcosa di definito da regole fisse, portando l’osservatore a confrontarsi con un’esperienza estetica carica di suggestioni e emozioni.
Questo confronto mette in luce non solo le differenze artistiche tra i due maestri, ma anche la complessità e la ricchezza della pittura paesaggistica del XIX secolo.
Ho apprezzato il tuo intervento. Attenzione però a come dici le cose. A un certo punto manca poco affinché tu lasci intendere a un lettore poco informato che Gutenberg e Hogarth fossero contemporanei. Ovviamente so che tu sai che il primo inventò la stampa a caratteri mobili all’incirca nel 1450. E poi più che la diffusione delle notizie a me pare più pertinente per Hogarth la diffusione delle incisioni che ebbero uno sviluppo importante in Europa a partire dal sev.XV.
L’articolo offre una panoramica dettagliata sulla scena artistica inglese nella prima metà del XVIII secolo, evidenziando come i pittori inglesi fossero considerati molto meno rispetto ai loro colleghi stranieri, come gli italiani.
La mostra a Roma è stata l’occasione perfetta per mettere in luce la bellezza artistica dello stile britannico. Suddivisa in varie sezioni, copriva temi e periodi diversi, dalla veduta di Londra al mecenatismo borghese, dall’età dell’oro del ritratto ai paesaggi ad acquerello, esplorando anche le tensioni tra tradizione ed esperienza. Artisti come Hogarth, Gainsborough, Reynolds, Constable e Turner sono stati protagonisti, con la rivalità tra alcuni di loro, ad esempio Gainsborough e Reynolds o Constable e Turner, che ha messo in risalto le differenze sostanziali nelle loro visioni artistiche e nell’approccio alla pittura di paesaggio.
William Blake, invece, rappresenta una rottura radicale e intransigente con la tradizione artistica del suo tempo, enfatizzando l’importanza di esprimere la propria visione interiore senza restrizioni. La presenza di Blake avrebbe aggiunto un elemento di eccentricità alla mostra, aiutando a comprendere l’arte inglese come un’entità variegata e complessa, che includeva sia la tradizione che la rottura con essa.
Nel XVIII secolo, in Inghilterra, l’arte straniera, soprattutto quella italiana, era molto apprezzata dall’aristocrazia e dalla borghesia. Gli artisti inglesi, invece, non godevano della stessa considerazione, soprattutto quando si trattava di dipingere opere importanti come scene storiche. Questo generava disagio tra gli artisti locali, tra cui spiccava William Hogarth, che si ribellò a questa situazione.
Hogarth divenne famoso per le sue serie di quadri che raccontavano storie, come “Marriage A-la-Mode”, che criticava i matrimoni di convenienza e i comportamenti sbagliati della società. La mostra a Roma, dedicata all’arte britannica del XVIII secolo, esplora diversi aspetti di quest’epoca artistica. Si parte dalle vedute di Londra per arrivare alle opere di artisti che cercavano di definire uno stile nazionale britannico, come appunto Hogarth.
La mostra mette in evidenza anche la rivalità tra artisti come Gainsborough e Reynolds, e tra Constable e Turner, che rappresentavano visioni artistiche diverse. Infine, si suggerisce che sarebbe stato interessante includere anche William Blake, un artista innovativo e visionario, per completare il quadro dell’arte britannica del tempo.
È sempre affascinante esplorare la storia dell’arte e vedere come gli artisti del passato hanno influenzato e plasmato il mondo dell’arte contemporanea. La figura di Hogarth, in particolare, mi affascina per la sua audacia nel ribellarsi agli ideali convenzionali del suo tempo e per il modo in cui ha cercato di trasmettere messaggi moralistici attraverso le sue opere. La mostra a Roma sembra offrire un’opportunità unica per immergersi in questo periodo artistico ricco di contrasti e rivalità, e sarebbe sicuramente un’esperienza affascinante da vivere.
Hogarth, Reynolds e Turner sono figure fondamentali nella storia della pittura inglese, ciascuno contribuendo in modo significativo al percorso verso la modernità. William Hogarth è noto per le sue vivaci scene di vita quotidiana e le sue satiriche rappresentazioni della società del suo secolo, portando una nuova immediatezza e critica sociale nell’arte. Joshua Reynolds, uno dei fondatori della Royal Academy, ha elevato il ritratto inglese attraverso la sua padronanza tecnica e l’influenza delle tradizioni classiche, stabilendo nuovi standard di eccellenza. Turner, con le sue sperimentazioni sulla luce e il colore, ha spinto i confini del paesaggio pittorico verso l’astrazione, anticipando movimenti moderni come l’Impressionismo. Insieme, questi artisti hanno trasformato la pittura inglese, preparando il terreno per l’arte contemporanea e ridefinendo il ruolo dell’artista nella società.
Nella prima metà del XVIII secolo, l’aristocrazia e la borghesia mercantile inglese preferivano adornare le proprie dimore con opere d’arte straniere, in particolare dipinti storici, un riflesso dell’espansione dell’impero coloniale e della crescita di Londra come centro culturale ed economico. Gli artisti inglesi, d’altro canto, erano relegati a un ruolo di secondo piano, specializzandosi principalmente in ritratti e paesaggi, considerati generi di minore prestigio incapaci di trasmettere i grandi ideali dell’arte secondo il canone classico. Questa dinamica generò una reazione tra gli artisti britannici, costretti a lottare per ottenere commesse significative in un contesto che privilegiava gli artisti stranieri alla moda. William Hogarth emerse come uno dei critici più acuti di questa situazione conservatrice. Nonostante il suo studio degli antichi maestri, Hogarth non mostrò alcuna reverenza paralizzante verso di essi, a differenza di molti suoi contemporanei. Egli innovò creando “narrazioni” figurative, come nella celebre serie “Marriage A-la-Mode”, oggi conservata alla National Gallery di Londra. Questi dipinti narrativi illustravano storie moralmente edificanti, evidenziando i disastri dei matrimoni di convenienza e i vizi della vita dissoluta. A differenza di altri moralisti contemporanei come Jonathan Swift, Hogarth evitò il cinismo puro, preferendo un tono di ironia pungente e satirica. La sua critica sociale si rifletteva nelle sue opere, che mettevano in ridicolo le scelte esistenziali sbagliate e i comportamenti immorali della società inglese del tempo. Questo approccio lo collega idealmente ad altri scrittori e artisti britannici del periodo, come Henry Fielding, noto per il suo umorismo e la sua satira, e anche a William Blake, sebbene quest’ultimo fosse più radicale nella sua rottura con la tradizione artistica. La mostra a Roma, che espone una varietà di artisti britannici del XVIII secolo, evidenzia la lotta tra diverse visioni artistiche e i parallelismi con altri autori che si opponevano alle convenzioni del loro tempo. Hogarth, insieme a Reynolds, Gainsborough, Constable e Turner, è considerato una figura chiave nel tentativo di definire uno stile artistico nazionale britannico. Mentre Reynolds e Gainsborough erano celebrati per i loro ritratti e il loro approccio alla pittura storica e paesaggistica, Hogarth si distinse per la sua audace innovazione nella rappresentazione narrativa e satirica, contribuendo a plasmare un’arte britannica che sfidava le norme e i canoni artistici europei dell’epoca. In conclusione, Hogarth emerge come un precursore nella rottura con la tradizione per abbracciare un’arte più vicina alla vita reale e alla critica sociale, influenzando profondamente il panorama artistico britannico del XVIII secolo. La sua capacità di mescolare moralità ed umorismo nella rappresentazione visiva anticipa la sfida continua degli artisti successivi nel cercare di definire e rinnovare un’identità artistica nazionale. Personalmente, ammiro l’audacia di Hogarth nel mettere in discussione le norme estetiche e sociali del suo tempo attraverso l’arte. Il suo impegno nel rappresentare la realtà umana in tutte le sue complessità, spesso usando il ridicolo per smascherare la falsità e l’ipocrisia, rimane un modello di come l’arte possa essere un potente strumento di critica e di cambiamento sociale. Hogarth non solo dipinse scene di vita quotidiana e morale, ma contribuì anche a forgiare un’identità artistica britannica distintiva, fondata sulla vivacità narrativa e sulla profondità emotiva delle sue opere.
La mostra a Palazzo Sciarra omaggia artisti britannici come Hogarth, Reynolds, Gainsborough e Turner che hanno contribuito a definire un’identità artistica nazionale nel XVIII e XIX secolo.
Hogarth emerge come critico dell’egemonia culturale dell’ideale classico, utilizzando l’arte non solo per l’estetica ma anche per la satira e la moralità, come mostrato nella serie “Marriage A-la-Mode”.
La mostra presenta un panorama completo delle diverse fasi artistiche, con Reynolds e Gainsborough che innovano nel ritratto e nel paesaggio, cercando di superare le convenzioni artistiche del loro tempo con approcci personali e innovativi.
Turner e Constable rappresentano il culmine di questa evoluzione: Turner sfida le convenzioni con la sua ricerca del sublime nel paesaggio, mentre Constable cerca di catturare la verità visiva attraverso un’arte osservativa e poetica.
Penso che l’assenza di William Blake sia una grave mancanza. Sarebbe stato meglio includere anche figure più eccentriche e radicali che hanno influenzato l’arte britannica. Blake per esempio rappresenta un’altra faccia della rivoluzione artistica, egli spinse i limiti dell’arte e della percezione estetica del suo tempo.
Sono contento del fatto che la mostra offa l’opportunità unica di esplorare l’evoluzione e le innovazioni dell’arte britannica del XVIII e XIX secolo, evidenziando tensioni e progressi che hanno arricchito il panorama artistico di quei tempi.
Il testo offre un’analisi approfondita del contesto artistico inglese del XVIII secolo, evidenziando la tensione tra tradizione e innovazione che ha caratterizzato l’epoca. Trovo interessante come nel testo si sottolinei la lotta degli artisti inglesi, in particolare di Hogarth, contro l’egemonia culturale dei classici e la preferenza per artisti stranieri. Questo mi fa riflettere su quanto sia complesso per un artista emergere in un ambiente dominato da modelli estetici consolidati e dall’influenza di correnti esterne. Hogarth, con la sua satira e la sua attenzione ai dettagli della vita quotidiana, rappresenta una figura di rottura, che non solo sfida i gusti dominanti, ma cerca anche di dare dignità artistica a temi meno elevati, come i vizi della società. Apprezzo come nel testo si riconosca il valore della sua ironia e la sua capacità di evitare il moralismo pedante, proponendo invece una critica sociale attraverso un linguaggio visivo accessibile e mordace. La rivalità tra artisti come Reynolds e Gainsborough, e più tardi Constable e Turner, è un altro elemento affascinante. Mi colpisce l’idea che queste rivalità non fossero semplici competizioni, ma riflettessero divergenze filosofiche profonde su cosa dovesse essere l’arte: imitazione dei grandi del passato o esplorazione della realtà empirica. In definitiva, il testo mi ha fatto riflettere sul ruolo degli artisti nel definire la propria identità culturale in un contesto di continuo confronto con l’eredità storica e con l’evoluzione della società.
Questi tre artisti sono indiscutibilmente parte integrante della cultura artistica inglese del XVIII secolo, grazie al loro contributo all’arte inglese di questi anni.
Reynolds e Turner hanno entrambi rivoluzionato l’arte, il primo con i suoi ritratti dalla grande bellezza artistica, ha aiutato a stabilire gli standard delle opere ritrattistiche di quel tempo. Turner, anche lui, si è confrontato con le convenzioni dell’epoca creando opere di paesaggi che trasmettessero le emozioni della natura.
Hogarth, invece, con il suo stile satirico, viene utilizzato per criticare la società del tempo che vedeva gli artisti inglesi capaci solo di realizzare opere di paesaggio e ritratto. Hogarth introdusse narrazioni morali attraverso serie di quadri, come Marriage A-la-Mode, usando una satira pungente ma non cinica. Questa serie di opere ha come tema un matrimonio finito male, un matrimonio forzato che ha portato alla morte del conte per colpa della sua infedeltà, un tema che parla senza alcuna censura della società del tempo.
Tutti questi artisti sono diventati importanti per l’arte inglese grazie alla loro creatività e originalità, hanno contribuito al cambiamento del patrimonio artistico inglese.
Gli artisti inglesi del 1700 offrono una visione ritrattistica e paesaggi piuttosto interessante e diversificata rispetto al passato.
Le loro opere mostrano una forte tendenza ad applicare nuove tecniche pittoriche per la realizzazione di nuovi stili e approcci artistici, ove prevale l’ammirazione verso la natura con dei tratti delicati, rappresentando la realtà in maniera innovativa portando una forte riflessione agli osservatori verso i temi sociali e morali.
Nei dipinti di questi artisti entra in gioco il concetto del sublime, emanando dentro di sé un forte sentimento di inquietudine e piacere, che risiede nel nostro animo mettendoci a confronto con l’immensità della natura che ci circonda, l’uomo si rende conto che non è in grado di controllarla.
Nelle opere di Turner, troviamo evidente questa bellezza sublime provocando dentro di noi una forte emozione piacevole per merito delle sfumature applicate giocando in questo modo sui sentimenti e sensazioni umane, percependo nei suoi dipinti un idea di un paesaggio immenso, la cui bellezza va leva sull’anima.
Hogarth offre una prospettiva differente ma sempre intrigante, l’artista attua un approccio innovativo indirizzato verso la narrativa, trattando storie di vita quotidiana
come punto di riflessione critica sulla società del tempo.
Reynolds adatta un nuovo atteggiamento riguardante la ritrattistica delle figure umane, il suo obiettivo si concentra nell’esprimere a piano le emozioni dei vari personaggi presentati, è possibile affermare che i loro volti rispecchiano la perfetta rappresentazione del proprio animo.