Aggiungi un posto a tavola

Aggiungi un posto a tavola

Teatro Duse 16 gennaio. Un pubblico numerosissimo e partecipe, ha festeggiato ieri sera con la Compagnia dell’Alba i primi quarant’anni e la prima insieme, di “Aggiungi un posto a tavola”, una delle più belle commedie musicali del teatro italiano, a Bologna in cartellone fino a domenica.
L’opera continua a fare proseliti rinnovando gli appuntamenti sia con i vecchi fans, in grado di snocciolarti cast, costumi e varianti, poiché sono quelli che ne hanno seguito le diverse produzioni, sin dal suo esordio avvenuto nel 1974; ma attrae anche i più giovani: alzi la mano, infatti, chi non conosce o non ha mai canticchiato il motivo che dà titolo all’opera, anche solo una volta, tanto è riconoscibile, immediato e orecchiabile.
10636312_10205663034037652_4546952833092788760_nLa commedia prende spunto da un testo di David Forrest e pur non convincendo troppo i suoi autori Garinei e Giovannini, ha invece avuto una presa immediata sin da subito, una volta confezionata come l’hanno resa in veste musicale: un po’ per l’argomento, il contesto di simpatia, la contrapposizione laico clericale impersonata rispettivamente dal Sindaco Crispino (Tommaso Bernabeo) e Don Silvestro (Gabriele De Guglielmo), il messaggio di speranza, di sentimenti positivi quali la solidarietà, l’aiuto reciproco che forse allora durante l’austerity come adesso – in piena crisi economica – hanno un certo mordente, ma anche aspetti di natura etico morale quali il perdono, l’errore, la redenzione; senza tralasciare poi – essendo un prodotto d’arte – le musiche del grande Maestro Armando Trovajoli.
Il plot si snoda in un imprecisato paesino di montagna, una piccola comunità di parrocchiani dove tutti si conoscono, apparentemente tranquilla, fintanto che Dio non decide che “le cose devono cambiare” e mandare quindi un secondo diluvio universale; contatta al telefono Don Silvestro – giovane sacerdote con la passione della composizione musicale e del canto – e gli ordina di costruire una grande arca per sé e per tutti i suoi parrocchiani.
Aggiungi-un-posto-a-Tavola-Gallery-2-771x514Semplice, no? Ma dove procurarsi tutto il legname che serve? Dal sindaco Crispino è la risposta, poiché questi che ha una grande falegnameria, oltreché una figlia, Clementina, innamorata senza speranze, di Don Silvestro. L’anticlericale e affarista Crispino, non vuole però cedere il suo legname già promesso a fornitori illustri e paganti, se aggiungiamo poi che Crispino ha velleità artistiche ma frustrate, volendo far parte della corale ed essendo stonato più delle campane che sentiremo più tardi suonare per miracolo, ne viene inesorabilmente escluso dal musicale sacerdote. Sembrerebbe la classica- ormai – diatriba fra Peppone e Don Camillo. Ma fra colpi di scena, qualche trucco del parroco e l’intervento divino, Crispino finirà col cedere, senza però arrendersi per davvero, ma continuando le sue piccole nonché comiche macchinazioni.
I tempi per preparare l’arca sono stretti, la notte precedente la partenza, tutti, nessuno escluso, dovranno abbandonarsi alla passione e al concepimento poiché il nuovo mondo dovrà essere ripopolato proprio grazie a loro. Il primo miracolo avverrà sul semplicione del paese: Toto (Gaetano Cepa), ingenuo e con evidenti problemi proprio in quella sfera, fintanto che non apparirà Consolazione (Jacqueline Ferry) personaggio che sa il fatto suo in materia, una “Bocca di rosa” espertissima in faccende d’amore che riporterà Toto in carreggiata facendogli scoprire tutta la sua virilità. In questo senso Don Silvestro esprime a Dio le sue perplessità essendo lui sacerdote e come tale votato al celibato, ma Dio gli risponde che “Io invento un mondo (…) e poi ne divieto l’uso ai miei collaboratori diretti?”. Quest’aspetto del celibato sacerdotale a suo tempo face il suo effetto, tanto che si temeva una censura come poi non avvenne; allorché Bice Valori e Paolo Pannelli già nel cast della prima e seconda versione, recandosi in udienza dal papa, ne ebbero, al contrario, gli elogi.
FotoAggiungi2-550x340Fra battute, colpi di scena, cori e recitativi, si arriverà al finale e a un cambiamento di direzione, ben orchestrato, verso un happy end, dove si capirà solo alla fine chi sarà quell’ospite, a occupare quel “posto a tavola”.
Il cast è sicuramente stato all’altezza della situazione, hanno cantato dal vivo e l’opera è durata 2 ore e 45 minuti, un coro ben diretto con interpreti solisti di qualità hanno fatto sì che questo gioiello del nostro patrimonio musicale contemporaneo non andasse rovinato, le scenografie intelligenti di Gabriele Moreschi si ispirano a quelle originali di Giulio Coltellacci. Belle le coreografie a opera di Fabrizio Angelini, nel duplice ruolo qui di direttore.
Molto meritatamente applauditi dal pubblico in sala, come c’era da aspettarsi!

Daniela Ferro

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