Una famiglia americana verso i diritti civili.

Una famiglia americana verso i diritti civili.

Mercoledì il 2 dicembre Gail Milissa Grant presenterà il suo libroCASA GRANT Il percorso di una famiglia americana verso i diritti civili, al Centro Studi Americani.

Prima che presentasse il suo libro qui a Roma, ho incontrato Milissa, che conosco da diversi anni, alla contemporary art gallery Artribù, per la straordinaria vernice della mostra: “L’Interno Estero” con protagonisti i due artisti Robert Pan e Aron Demetz. E qui, parlando del suo libro, abbiamo approfittato per farci fare delle belle foto davanti al quadro di Robert Pan, anche in presenza del gallerista Claudio Proietti.

Milissa con Claudio Proietti
Milissa con Claudio Proietti

Milissa raccontaci di te, chi sei e che lavoro hai fatto.

Io sono stata una diplomatica di carriera per oltre vent’anni presso la United States Information Agency (meglio conosciuta in Italia come USIS) e il Dipartimento di Stato Americano. Ho prestato servizio in Norvegia, Francia e Brasile, occupandomi della gestione di programmi di scambio internazionali, educativi e culturali. Prima di entrare nel corpo diplomatico, ho insegnato storia dell’arte e dell’architettura alla Howard University di Washington DC e ho lavorato anche al Smithsonian Institution (anche a Washington, DC) come archivista.

Non sei una scrittrice, almeno fino ad oggi, giusto? Sì non sono una scrittrice, o almeno non è la mia primaria attività. Il mio primo amore, tuttavia, è e rimane la scrittura a cui ora posso dedicarmi con passione anche svolgendo la mia attività di oratore freelance. Ho presentato il mio libro e parlato della storia dei diritti civili negli Stati Uniti d’America in oltre 60 sedi, come la Oxford University, la Columbia University, lo Smithsonian Institution, la Mohammed V University in Marocco e numerose Missioni Diplomatiche americane in tutta Europa.
Ma questo libro è un romanzo, un saggio o cosa? cosa ti prefiggi con questo testo?
Io volevo scrivere questo libro, un libro di memorie di famiglia, da quando ero ragazza perché sentivo che la mia famiglia era speciale. Come tanti bambini, io sono cresciuta ascoltando i racconti dei miei genitori, della loro giovinezza, delle loro famiglie, ecc. Niente così fuori dal normale, no? Però quello che mi ha coinvolto di più erano le storie delle loro battaglie per i diritti civili della gente di colore durante la prima metà del XX secolo, prima del più noto e più famoso movimento di Martin Luther King, Jr. Hanno lottato contro un sistema istituzionale di segregazione, chiamato Jim Crow, durante un’epoca che era ancora più segregata di quella che vivevo io a St. Louis negli anni cinquanta. La mia città era quasi divisa in due. Bianchi da una parte e neri dall’altra.  Quasi tutti i servizi pubblici erano segregati. Scuole statali, ristoranti, ospedali, cinema, piscine.
Qual’è il messaggio più importante che vuoi trasmettere? Ho ascoltato i racconti di papà e delle volte in cui è stato arrestato e messo in galera per la sua attività politica come uno dei primi avvocati di colore a St. Louis che combatteva per i diritti civili della gente di colore. Ho rivissuto il momento sulla mia pelle quando alla mia bellissima, elegantissima madre è stato negato l’uso delle toilet in una stazione di servizio. Ho rivissuto sulla mia pelle quando lei e il suo bel vestito sono diventati neri di carbone perché ha dovuto sedersi in un vagone Jim Crow per la gente di colore, situato proprio dietro la motrice. Però ridevo anche tanto quando mi spiegavano di come loro erano riusciti a “mettere nel sacco l’uomo bianco,” a volte senza che lui se ne accorgesse. Mi meravigliavo anche del mondo gioioso che loro e i loro amici avevano creato per isolarsi dagli insulti di una società ufficialmente segregata.  I circoli privati, le serate di gala, i balli formali, le straordinarie feste a casa dove a volta arrivarono i grandi personaggi, attori, cantanti, politici conosciuti in tutto il mondo, tipo Josephine Baker, Cab Calloway (il mio padrino), Lena Horne… un mondo a parte ma comunque divertente. Questi racconti mi spaventavano ma mi affascinavano anche. 

Volevo condividerli perché la maggior parte di questa storia americana è stata ignorata nei nostri libri di storia.

Da quanto tempo scrivevi questo libro? quanto ci hai messo a scriverlo? Questa è la prima edizione del libro che esce?
In Italia sì. La versione originale (in inglese intitolato “At the Elbows of My Elders: One Family’s Journey Toward Civil Rights) è stata pubblicata nel duemilaotto, dopo undici anni di lavoro. E adesso dopo altri nove anni esce l’edizione italiana, “CASA GRANT Il percorso di una famiglia americana verso i diritti civili”. (Colosseo Editore) Non posso esprimere quanto sono felice di presentarlo a un pubblico italiano.

E’ il tuo primo e forse “unico” libro, giusto?
Benché sia il mio primo libro, non sarà l’ultimo. Sto scrivendo un romanzo adesso, e trovo che sia molto più difficile che scrivere un ‘saggio.’

Ed il prossimo che storia sarà?
Siccome la storia dei miei e i loro colleghi è quasi sconosciuta negli Stati Uniti, volevo onorare questa gente e aprire il sipario su quei tempi, presentando toccanti episodi delle battaglie quotidiane dei neri (sia individuali che istituzionali).

Bene, il 2 Dicembre verremo alla tua presentazione. Ma puoi dirci se c’è una ragione specifica per il quale hai scritto “CASA GRANT”?
E’ importante conoscere la strada che Barack Obama ha percorso, preparata da tanta gente ignota.

Photo by: Marco Serri.

PRIMA DI COPERTINA

Libro: CASA GRANT Il percorso di una famiglia americana verso i diritti civili

Editore: Andrea Menaglia.

Costo Euro 14,00

per prenotazione ed acquisto contattare

menaglialibri@libero.it

Fabiola Cinque

3 Responses to "Una famiglia americana verso i diritti civili."

  1. Paolo Riggio
    Paolo Riggio   1 Dicembre 2015 at 17:06

    Interessante e coinvolgente. E’ sempre importante ricordare e soprattutto ricordare quel periodo specifico: gli anni delle proteste e delle conquiste degli afroamericani ripercorse attraverso la storia di una donna che contribuì in maniera decisiva a quella battaglia.
    .

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    • Fabiola Cinque
      Fabiola Cinque   1 Dicembre 2015 at 17:19

      Sì, tanto più che in questi giorni si sta ricordando l’impegno di Rosa Parks. Ricorrono 10 anni dalla sua morte (24 ottobre 2005). E comunque c’è sempre un motivo importante per ricordare le lotte per i diritti civili.

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  2. Paolo Riggio
    Paolo Riggio   1 Dicembre 2015 at 18:34

    Come non ricordare il gesto simbolo della lotta al razzismo: Rosa parks seduta su un autobus nel posto riservato ai bianchi si rifiutò di alzarsi e per questo venne denunciata e arrestata.

    Rispondi

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