ITALIA – In tournée fino a maggio il nuovo spettacolo prodotto da ERT, La classe operaia va in paradiso, pièce che, con la regia di Claudio Longhi, riprende e allo stesso tempo reinterpreta il celebre film di Elio Petri.
«Lavoratori, buongiorno. La direzione aziendale vi augura buon lavoro. Nel vostro interesse, trattate la macchina che vi è stata affidata con amore. […] La vostra salute dipende dal vostro rapporto con la macchina. Rispettate le sue esigenze, e non dimenticate che macchina più attenzione uguale produzione. Buon lavoro.» Questo stesso annuncio accoglie ogni mattina gli operai della BAM. Reminiscenza orwelliana, il reiterato slogan svuota le menti dalle questioni private, abitua lo spirito alla più profonda segregazione e cancella nei suoi destinatari qualsiasi barlume di pensiero per dare unicamente spazio alla necessità dell’azienda metalmeccanica di aumentare esponenzialmente la quantità dei prodotti riducendo sempre più il tempo utile alla loro fabbricazione.

La sfida della nuova produzione di Emilia Romagna Teatro Fondazione è stata quella di trasporre teatralmente, decodificare attraverso nuovi strumenti e far rivivere nel nostro così confuso presente la pellicola di Elio Petri che negli anni ’70 fece molto discutere e che oggi semina ancora riflessione, “La classe operai va in paradiso”. La pièce, adattata al palcoscenico da Paolo Di Paolo e diretta da Claudio Longhi, si manifesta come un complesso intreccio d’intenti: la messa in scena teatrale acquisisce una dimensione laboratoriale in cui si immagina di svelare il processo creativo che ha dato vita al film attraverso rimaneggiamenti, prove e considerazioni che aggiungono elementi nuovi e stratificano la rilettura dell’opera. Come nel lungometraggio a convivere in scena i lavoratori della fabbrica, gli studenti e i sindacalisti, ai quali si aggiungono nella rappresentazione teatrale lo sceneggiatore e il regista del film in fieri, le voci critiche degli anni ‘70 che si levano dal pubblico e numerosi escamotage che riportano nella nostra contemporaneità l’urgente tematica del lavoro.

Cinema nel teatro, teatro nel teatro e realtà nel teatro: tutto si mescola alla perfezione stimolando nello spettatore una sorta di sturm und drang che lo costringe non solo al necessario recupero di una memoria storica oramai evaporata negli anni ma anche a fare i conti con il background che lo circonda oggi. Disoccupazione, precariato, massacranti turni di lavoro, tutele inesistenti, scarsa sicurezza, poco rispetto e reperibilità h 24, questi e tanti altri i mali che affliggono il mondo del lavoro in questo nostro giovane secolo che è diretto discendente di quello narrato ne “La classe operai va in paradiso”, periodo storico certamente difficile ma sicuramente pregno di spirito di coesione e appartenenza e di voglia di reagire lottando e facendo fronte comune. La mise en scène di ERT recupera quel senso di aggregazione che oggi ha ceduto il passo all’isolamento e alle nevrosi ben mascherate nei social network, nuove sterili “piazze” virtuali in cui ci si allena esclusivamente al tiro al bersaglio del capro espiatorio di turno. Protagonista assoluto del palcoscenico teatrale è un nastro trasportatore che attraverso il suo metodico, veloce e ciclico incedere materializza nella mente dell’osservatore il complesso inferno della catena di montaggio che dalla BAM si irradia nella vita privata degli operai, nelle loro azioni quotidiane, insidiandosi addirittura nel loro modus cogitandi.

Da uomo-macchina, Lulù Massa, interpretato al cinema dal grande Gian Maria Volonté e a teatro dal talentuosissimo Lino Guanciale, diventerà uomo; un incidente in fabbrica, come il pirandelliano fischio del treno, lo sveglierà dal suo inconsapevole torpore, dal subdolo e depauperante meccanismo del cottimo. L’inventario che Lulù farà degli oggetti acquistati nel tempo segnerà la sua ulteriore presa di coscienza, il suo essere diventato uomo-consumatore. La rilettura teatrale de “La classe operai va in paradiso” sopperisce alla mancanza degli stratagemmi filmici attraverso colte citazioni letterarie e l’utilizzo di filmati e foto dell’epoca che s’intrecciano con i rumori del mondo operaio, sapientemente ricreato nella musica di Ennio Morricone e qui riproposto più volte nell’intreccio della pièce assieme ai titoli di coda del film. Dal grande schermo si passa al palcoscenico teatrale e dal passato al presente, eppure il filo conduttore dell’opera è ciclico e circolare.

Cos’è la collettività oggi, esiste ancora o bisogna ritrovarla nel dialogo, nel confronto? Chi sono oggi gli operai? Sono i giornalisti sotto pagati, sono i dipendenti schiavizzati dalle grosse multinazionali, sono coloro che lavorano in un supermercato che non chiude mai, sono gli insegnanti precari, sono i proletari di tutto lo stivale magistralmente interpretati da Guanciale all’inizio dello spettacolo, siamo tutti noi. Il teatro è un rifugio per chi ha ancora voglia di porsi delle domande senza necessariamente trovare nell’immediato delle risposte; una messa in scena nidifica nello spettatore regalandogli nuove piste da seguire, mortificandolo, esaltandolo e chiamandolo all’azione. Questa rappresentazione è riuscita in questo nobile intento generando un irrefrenabile desiderio di confronto e di comunità. “Teatri occupati” è la scritta che giganteggia a lungo su tutta la scena, come un invito a ritrovarsi in questi luoghi per pensare e poi agire.
«Se dunque l’inferno umido e grasso della fabbrica cottimista dell’operaio Lulù Massa appare ben lontano dagli asettici e sterilizzati spazi industriali o dai lindi uffici dei precari odierni, lo stesso non è del ritmo ossessionante e costrittivo di una quotidianità, allora e ancora oggi, alienata.» Claudio Longhi
Le prossime date della tournée dello spettacolo sono:
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- Non esisterà mai una donna più felice di Elizabeth – 10 Maggio 2018
- A rievocare Ravel, a Parigi, in scena le coreografie di Millepied e Béjart – 19 Marzo 2018
- La classe operaia à la recherche del paradiso perduto – 5 Marzo 2018
appunto grazie per la conferma ?
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