San Valentino: intervista a Federico Moccia, lo scrittore dell’amore

San Valentino: intervista a Federico Moccia, lo scrittore dell’amore

ROMA – A San Valentino e non solo, non c’è niente di più romantico di un libro o un film d’amore. Per festeggiare al meglio la festa degli innamorati, vi riproponiamo la nostra intervista a Federico Moccia, che da sempre fa del binomio sentimenti e letteratura la sua più grande forza. 

Se c’è un autore che incarni lo spirito e il romanticismo di San Valentino quell’autore è Federico Moccia. Scrittore, regista, sceneggiatore. Federico Moccia in questi anni ha scritto e dato luce a grandi successi poi trasformati in film campioni al botteghino (talvolta diretti da lui stesso). Ma quali sono le pellicole a cui lo scrittore romano è più legato? Qual è il rapporto tra Federico Moccia e il cinema? Qual è il miglior film tratto da un suo libro? E il suo nuovo lavoro, Semplicemente Amami, potrebbe trasformarsi in una serie tv? Per conoscere le risposte, vi invito a leggere la nostra intervista.

 Il libro che l’ha lanciata nel panorama della settima arte è “Tre metri sopra il cielo”. Cosa ha pensato quando le hanno proposto la trasposizione cinematografica?

Federico Moccia e il cinema: la copertina del libro Tre Metri sopra il cielo

Sicuramente sono rimasto sorpreso. Da quando l’avevo pubblicato a spese mie, il 16 novembre 1992, il libro aveva continuato a girare fotocopiato tra i ragazzi di Roma e non solo. Erano finite le tremila copie che avevo fatto fare, ma quei malloppi di fogli rilegati in qualche modo erano diventati una specie di leggenda metropolitana ben dopo che l’editore con cui era uscito aveva chiuso. Ogni tanto, anche dopo anni, arrivava qualcuno e mi diceva “Ma lo sai che ho appena letto la storia di Step e Babi?”. E quella parola, “appena”, mi faceva sorridere, perché era una specie di long seller senza più editore. Era arrivato dove mai avrei pensato. Questo è ciò che ha spinto un produttore come Riccardo Tozzi, colpito da questa incredibile fenomeno, a fare un film tratto dal libro. È stato allora che gli ho detto “Ma perché non proviamo anche a ripubblicarlo, che magari potrebbe avere più visibilità anche il film?”. E così fu. Lo proponemmo a varie case editrici, anche quelle che nel 1990 lo avevano rifiutato. Il fatto che invece adesso fosse legato alla produzione di un film, lo rese improvvisamente interessante e meraviglioso. Questo anche per far capire come spesso le storie facciano dei giri davvero strani, esattamente come l’amore e che non si può mai sapere quello che succederà anche dopo anni. Ne sono stato felice e ho sempre pensato che qualunque cosa accada sia comunque legata a un movimento, alla possibilità di incontrare delle persone, la possibilità di comunicare qualcosa, e se qualcosa poi è bello nel tempo viene premiato.

Avrei anche voluto fare la regia di “Tre metri sopra il cielo” e invece purtroppo non me l’hanno data e l’hanno affidata a Luca Lucini, che sicuramente ha fatto un ottimo film, ma guardando la storia con i suoi occhi, con il suo cuore e quindi con quella che era la sua esperienza, che non poteva avere tutto quello che avevo visto da ragazzo, quello che avevo vissuto e che poi ho messo all’interno del libro.

Federico Moccia e il cinema: la copertina di Ho voglia di te, altro libro divenuto un film sotto la regia di Luis Prieto

Credo però che nella vita sia necessario accettare dei compromessi, come quello di allora, che fu un compromesso professionale, se vogliamo. Ecco, ci sono dei compromessi come questo che possono essere accettati alla luce del fatto che il libro avesse avuto di nuovo luce, una nuova vita e diventasse incredibilmente un successo internazionale, tanto che il prossimo anno verrà pubblicato anche negli Stati Uniti, dopo essere stato tradotto gli anni scorsi in 15 Paesi del mondo. Ha anche ispirato una serie Netflix, “Summertime”, che ha avuto un grande successo. Tutto questo è stato possibile perché ho accettato la regia di un altro film. Ecco, secondo me a volte nella vita bisogna cedere in virtù di qualcosa di più alto, di più grande, senza però che questo intacchi mai la nostra dignità.

In generale quando scrivo mi muovo per immagini. Voglio vedere tutto, anche i sentimenti, quando nascono, come si evolvono. Quindi mentre scrivo “inquadro” la mia immaginazione e la metto a fuoco. Per riuscirci resto sempre ben ancorato alla realtà. Ho bisogno che ogni pagina risulti credibile per me e per il lettore. Per questo il mio stile di scrittura è molto “visuale” e si adatta con una certa facilità alla trasposizione cinematografica. Ci sono molti fatti, azioni, dialoghi. È quello che accade che fa emergere e mette in scena la parte profonda e nascosta dei protagonisti. I lunghi monologhi interiori nella vita vera sono sempre interrotti dalla realtà, dall’imprevisto di un piccolo accadimento che sposta la nostra attenzione su altro. Per questo quando scrivo non posso buttar giù pagine pagine di riflessioni silenziose senza che in contemporanea non accada nulla di concreto. Non è possibile. L’invisibile (ovvero i sentimenti) puoi mostrarli solo attraverso i fatti.

Restiamo su “Tre metri sopra il cielo”: quanto è cambiato Federico Moccia dall’uscita di quel film?

Federico Moccia e il cinema: Step (Riccardo Scamarcio e Babi (Katy Saunders) i protagonisti di Tre metri sopra il cielo.

Non credo di essere cambiato, ho continuato a essere come sono, almeno così mi sembra, con i miei pregi e i miei molteplici e vari difetti. Ognuno può lavorare su se stesso e migliorare un pochino, ma se qualcuno ti ama, ti ama per quello che sei, con i tuoi limiti, le tue fragilità, i tuoi pregi, se no ama un’altra persona. Non si può mai cambiare fino al punto di diventare irriconoscibili. Se alla fine quella persona è così cambiata non è più Federico Moccia. “Tre metri sopra il cielo” mi ha fatto un regalo bellissimo, quello di girare per il mondo e di avere tantissime persone che hanno letto le mie storie, persone che si sono emozionate, divertite e questo è il dono più grande per una persona che ama scrivere: sapere che i tuoi libri sono diventati parte delle persone che li hanno letti e che questo dura da anni, senza interruzioni. Non credo sinceramente di essere cambiato molto, forse anche perché il successo l’ho avuto in età adulta, avevo 38 anni. Quando invece accade da giovani, la grande attenzione può anche destabilizzare. Essere al centro di tante cose, articoli, interviste, situazioni in cui sei coinvolto, comporta una grande forza d’animo unita a lucidità. Io facevo già dei bellissimi i programmi in televisioni con Fabrizio Frizzi, Paolo Bonolis, Raffaella Carrà, quindi avevo già avuto il mio successo, anche se come spesso accade condiviso con altri autori e naturalmente i conduttori, che sono i veri protagonisti. Il cielo mi ha dato la possibilità anche di farmi conoscere per me stesso, da solo, come unico autore di quel libro e di ciò che ha portato.

 Si sarebbe mai aspettato un successo così grande per Riccardo Scamarcio? In che rapporti è rimasto con lui?

Federico Moccia e il cinema
Federico Moccia e il cinema: Riccardo Scamarcio, il più grande esempio di attore lanciato da un film di Federico Moccia

Quando io ho conosciuto Riccardo lo avevo appena visto nel film “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, in una piccolissimo ruolo nel quale faceva il figlio di uno dei protagonisti. Così sono andato da Riccardo Tozzi, il produttore del film “Tre metri sopra il cielo”, dicendo “Forse ho visto l’attore che potrebbe andare bene per il nostro film”. E lui mi ha detto “Forse l’ho trovato anch’io”. Ha messo su un DVD nel quale c’era proprio Riccardo Scamarcio. Quindi senza saperlo, abbiamo scelto la stessa persona in due momenti diversi e vendola in due ruoli completamente diversi. Quando poi l’ho conosciuto durante le riprese, mi ha detto che gli era piaciuto moltissimo il libro, perché si ritrovava in molti suoi momenti da ragazzo. Mi è stato particolarmente simpatico, ho pensato che avesse una grande e bellissima passione per la recitazione, molto carattere e che fosse proprio il personaggio giusto per raccontare questa storia. Da lì è nato il suo grande successo e naturalmente molta gente l’ha identificato con il personaggio di Step, perché era diventato famoso e conosciuto grazie al fatto che tutti hanno letto il libro e quelle frasi romantiche e tutti in qualche modo lo credevano artefice di quel giovane sogno d’amore che aveva regalato a tutte quelle ragazze. Forse è stato un successo incredibilmente grande che in qualche modo  inizialmente l’ha travolto. Ma credo che poi abbia trovato l’equilibrio perfetto per dimostrare a tutti che, a prescindere dal personaggio di Step che lo ha reso inizialmente famoso, ha saputo dare altre grandi prove come attore, per farsi conoscere e apprezzare anche in altri ruoli. Mi dispiace che non abbia accettato di girare il terzo episodio, che invece stanno preparando in Spagna, tratto dal libro “Tre volte te”, ovvero il seguito di “Tre metri sopra il cielo” e “Ho voglia di te” dov’è stato protagonista. Mi sarebbe piaciuto vederlo, ora più grande, alle prese con la storia di un Step cresciuto, che si sta per sposare, che sta per avere un figlio e tutte quelle dinamiche che inevitabilmente fanno parte della vita, dopo le scuole superiori, l’università, le prime esperienze di lavoro, quando si decide di mettere su famiglia. In questi tre libri ho voluto raccontare il percorso di un ragazzo che diventa uomo, che rinuncia alla sua violenza, che lavora sul suo carattere, sui suoi desideri e sulle delusioni che inevitabilmente la vita ogni tanto ti presenta. Ma siccome sono un sognatore e un romantico, spero ancora che Riccardo Scamarcio torni sui suoi passi e possa dare a tutti i fan che lo hanno così apprezzato una dimostrazione di sensibilità in una nuova interpretazione di uno Step adulto e cambiato.

In questi anni, oltre ad aver scritto le sceneggiature dei film ispirati ai suoi libri, ne ha anche diretti alcuni. Le piace il lavoro dietro la macchina da presa?

Federico Moccia e il cinema. Foto di Antonello Nusca

Mi piace moltissimo raccontare delle storie, il rapporto che si crea con gli attori, trasmettere loro la sensazione dell’immagine della scena che ho e condividerla, perché poi umanamente possono aggiungere qualcosa di inaspettato, nuovo, personale, qualcosa che non avevi considerato e che rende quella scena diversa da come te l’aspettavi, magari più intensa, più profonda, più sentita, per quella certa espressione, quell’emozione che l’attore riesce a dare. È importante farli sentire parte della storia, della vita dei personaggi, perché così possono regalare una parte di loro stessi e rendere tutto unico e speciale.

Mi piace moltissimo girare i film, perché si crea una magia che ti permette di cogliere l’atmosfera giusta, quel determinato momento pieno di emozione che ti porta veramente a trovare una soluzione che ti sorprende. Perché poi il segreto è proprio questo, sorprendersi sempre, ogni volta come fosse la prima.

Scrittore, sceneggiatore, regista, autore sono ruoli che si completano a vicenda. Anzi, non li definirei ruoli, ma tasselli di me. Ognuno mi permette di esprimermi in modo diverso e mi piace. Akira Kurosawa diceva “Il cinema racchiude in sé molte altre arti; così come ha caratteristiche proprie della letteratura, ugualmente ha connotati propri del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica”. Quindi mi sento un po’ un contenitore. Ho iniziato presto a collaborare con mio padre, Giuseppe Moccia, meglio conosciuto come Pipolo, che è stato prima sceneggiatore cinematografico, assieme a Castellano, di varie pellicole con Totò, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia ed altri comici italiani, e poi regista di alcuni tra i maggiori successi commerciali della commedia all’italiana a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Il 1982 segna il mio esordio nel mondo del cinema come aiuto regista e nel 1986 fui tra gli sceneggiatori della prima stagione de “I ragazzi della 3ª C”, una divertente serie Tv. Nel 1987 la mia prima prova come regista di lungometraggi con il film “Palla al centro”. Poi sono tornato alla Tv con altri telefilm come regista e sceneggiatore e anche autore di molte trasmissioni nel campo dell’intrattenimento. “Tre metri sopra il cielo” è stato uno spartiacque, è un libro ed è stato anche un ritorno sul grande schermo.

Domanda da 1 milione di dollari. Qual è la miglior trasposizione cinematografica di un suo libro?

Federico Moccia e il cinema: la locandina di Scusa ma ti chiamo amore, scritto e diretto da Moccia

 Beh è facile rispondere a questa domanda, sicuramente “Scusa ma ti chiamo amore” con Raoul Bova e Michela Quattrociocchi, se non altro perché è stato il primo film tratto da un mio libro che ho anche diretto, quindi è normale che mi possa trovare a mio agio e vedere rappresentato in quella pellicola tutto quello che ho scritto e che poi io stesso ho girato. Devo dire comunque che Luca Lucini in un modo e Fernando González Molina, il regista che ha girato le due trasposizioni spagnole, “Tres metros sobre el cielo” e “Tengo ganas de ti”, in un altro, mi hanno fatto vedere le mie storie in un modo che mi ha sorpreso e che sicuramente mi è piaciuto molto. Un altro punto di vista, un po’ come quando i lettori dei Paesi in cui sono stati tradotti i miei libri mi stupiscono con le loro considerazioni. Quei registi mi hanno fatto vedere con altri occhi e un altro cuore ciò che avevo scritto con grande passione nel mio libro, senza deludermi.

Semplicemente amami. L’ultimo suo libro appena uscito è già un progetto, un film o una serie dopo il successo di “Summertime”?

Federico Moccia e il cinema
Federico Moccia e il cinema: la copertina di Semplicemente Amami, nuovo libro uscito il 18 giugno dello scrittore romano. Come la vedete una trasposizione al cinema o nella serialità?

Semplicemente amami è il seguito di un libro che avuto grande successo nel mondo, “L’uomo che non voleva amare”. È la storia di una pianista, Sofia, che ha un grande senso di colpa. È sposata e ad un certo punto della sua vita incontra un uomo completamente diverso da tutti quelli che aveva conosciuto, soprattutto da suo marito Andrea. Lui si chiama Tancredi, viene dal Piemonte mentre lei è una donna siciliana, ed è un uomo ricchissimo. Si conoscono per caso in una chiesa durante un giorno di pioggia. Lui sta cercando riparo durante una corsa, è in pantaloncini e maglietta, entra e la vede lì. Addirittura Sofia in un primo momento teme che lui possa rubarle la borsa. Però capisce subito che quell’uomo in qualche modo la sta travolgendo. I suoi occhi, il suo sguardo, il suo modo di fare la rapiscono, come non le era mai capitato prima nella vita. Ma anche Tancredi ha un grandissimo senso di colpa alle spalle, è colpevole di non essere stato vicino a una persona amata per un impegno stupido e quella persona che gli aveva chiesto aiuto poi si è tolta la vita.

Questo sequel racconta come queste due persone, così diverse, ma legate da qualcosa di incredibile, stiano cercando una soluzione di felicità uno lontano dall’altra, convinti di poterla trovare. Ma in amore nulla è mai come si programma ed entrambi verranno travolti da sorprese e cambi di rotta.

Penso che sia un libro diverso dal solito. “Semplicemente amami” è più profondo, più adulto, più complesso, più difficile forse perché tratta di un uomo e una donna alle prese con il senso di colpa, ma anche con la voglia di perdonarsi e di avere una vita felice.

Federico Moccia e il cinema: i protagonisti della serie tv Netflix, liberamente ispirata a Tre metri sopra il cielo

Potrebbe essere una bellissima serie Tv che racconta degli spaccati diversi di vita, percorrendo la storia fin da ragazzi di due persone, fino al momento in cui si incontrano più adulte, quando hanno 30/ 35 anni, con tutto quello che è successo loro prima di quel momento. Secondo me è sempre molto interessante questo tipo di narrazione. Una serie, rispetto a un film, permette di mostrare tanti episodi specifici del passato che contribuiscono a creare una specie di puzzle dell’esistenza delle persone. Così si capiscono molto meglio le sfaccettature. C’è più spazio e più possibilità di far capire e far conoscere agli spettatori la bellezza dei caratteri dei personaggi, proprio come accade in un libro, dove con i tuoi tempi, la tua emozione, la tua commozione, puoi scoprire pagina dopo pagina dei personaggi che finisci per amare profondamente.

 

Crediti foto in homepage: Antonello Nusca

Paolo Riggio

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