Riconoscersi nel volto dell’altro

Riconoscersi nel volto dell’altro

ITALIA – Il volto dell’altro, un libro sulla gioia di Stefano Davide Bettera. Ho avuto modo di intervistare l’autore. E’ scaturita un’interessante chiacchierata, con tanti spunti sui quali tutti possiamo riflettere. Si parla soprattutto dell’importanza della relazione umana, del vero senso della nostra esistenza. In un tempo che spesso ci porta ad una triste realtà, quella di una distanza fisica, ma non solo. 

Il volto dell’altro è il nuovo  libro di Stefano Davide Bettera. Ecco la mia intervista.

Buongiorno dottor Bettera, vuole parlarci del suo nuovo libro iniziando dal titolo Il volto dell’altro. Da dove origina questo titolo, cosa significa per lei Il volto dell’altro?

Il volto dell’altro è un omaggio al filosofo Emmanuel Levinas, il quale diceva, parafrasando, che è nel momento dell’incontro con il volto di un’altra persona, una persona reale che si manifesta la trascendenza, l’assoluto. Perché questo volto ci giudica, nel senso che ci pone di fronte alla responsabilità della relazione. Ed è proprio in relazione al tema della relazione e al ruolo centrale che questa riveste nella prospettiva etica e nella possibilità di costruire una vera comunità che ho scelto di dare questa direzione già dal titolo.

Viviamo tempi di forte frammentazione e abbiamo bisogno di recuperare quella dimensione di sacralità capace di restituire un senso alla vita, ai rapporti, al nostro stesso essere nel mondo. Incontrare il volto dell’altro vuol dire farsi carico della condizione umana nel suo complesso, compresa la condizione di fragilità che ci connota come esseri umani. Vuol dire ripartire proprio da questa fragilità per riscoprire quella saggezza che ci consente di vivere quella che chiamo una vita filosofica, in altre parole una vita compiutamente ed eticamente umana.

 

Con il suo libro Il volto dell’altro ha deciso di dedicare questa sua opera alla GIOIA. Che cosa è la gioia? In che misura viviamo nella gioia nelle nostre vite quotidiane? Chi sono le persone gioiose e perchè fa così bene questa emozione?

La gioia, va detto subito, non è una semplice emozione. È, piuttosto, un processo, una condizione che può essere coltivata proprio a partire dalla capacità di riconoscere quei momenti di gioia spontanea e autentica, creativa per farne un’aspirazione, un modo di vivere. Per dirla con Nietzsche, la gioia è la natura più autentica dell’essere umano, ciò che ci impedisce, proprio per la sua forza istintiva, di non morire quando siamo ancora in vita. Ci aiuta a non vivere, cioè, come se fossimo addormentati. Ci richiama all’autenticità, alla consapevolezza, allo stupore e persino al mistero.

Proprio perché la gioia è misteriosa, per questa sua caratteristica ci apre le porte al sublime inaspettato della vita. Vivere la gioia sta a noi. Coltivarla sta a noi. Non solo nei momenti straordinari, ma anche nel presente ordinario. É dunque una condizione che, per quanto fugace, può essere trasformativa perché ci indica un modo di stare nel mondo, di godere del mondo, di vivere una dimensione epicurea, solare, mediterranea. É anche la via per onorare il corpo che ci ospita e che è il veicolo del sacro nel quotidiano. Ogni momento di gioia è una scintilla di luce, è un momento della presenza dell’assoluto nel tempo.

STEFANO DAVIDE BETTERA AUTORE DEL LIBRO IL VOLTO DELL'ALTRO

Nel libro Il volto dell’altro si parla anche di forza, di speranza, coltivare il proprio “io” ed un capitolo importante è dedicato al perdono. Vuole spiegare meglio come è tutto correlato per vivere una vita nella gioia?

Sempre Nietzsche, che è un po’ il “padrino” ideale di questo libro, ci esortava a diventare ciò che siamo e per farlo insegnava che la via è imparare a dire si alla vita, ad amare ciò che ama anche quando questo è sfidante e magari ci fa soffrire. A vivere, cioè, con coraggio indomito la propria vita in ogni condizione. Anche gli stoici insegnavano che la saggezza sta proprio nel comprendere ciò che possiamo cambiare e nel trovare il coraggio per seguire i passi del destino quando e come ci viene richiesto. Questo è il vero superuomo. È l’uomo la cui vita e la potenza di esistere coincidono. Anche questa predisposizione può essere coltivata, deve essere coltivata. Con speranza, dove la speranza non è fatalismo ma un atteggiamento di fiducia verso la vita e di non abbandono a un moralismo di ripiego.

Vivere con coraggio significa diventare precisamente ciò che siamo, significa ascoltare la voce di quello che i Greci chiamavano il buon demone che è in noi e che guida le nostre azioni. Perdonare è il primo passo per curare le ferite e ricostruire quell’unità che spesso i fatti della vita tendono a infrangere. La cura diventa dunque la porta di accesso per ricostruire questa unità e ritrovare la nostra voce più autentica e profonda. Per tornare ad essere davvero ciò che siamo e amare ciò che ci ama e, di conseguenza, amare la vita con gioia. Con una gioia profonda.

Un altro importante capitolo del libro il volto dell’altro è dedicato ai bambini, simbolo di purezza e felicità. Cosa possono insegnare i bambini agli adulti?

Non ho mai ceduto alle semplificazioni che vedono nei bambini il paradigma di una purezza superficiale. Credo, al contrario, che nella loro complessità, i bambini ancora non abbiano rinunciato a sognare e siano capaci di guardare ancora il mondo con gli occhi dell’incanto. I bambini sono capaci di quella meraviglia di cui parlava il poeta Lucrezio. La meraviglia di un cielo stellato che fa emergere in noi il sentimento oceanico che ha spinto, per esempio, un grande pensatore come Pierre Hadot a dedicare la propria vita alla ricerca filosofica.

I bambini vivono una vita positivamente edonistica, una vita assoluta. Una vita senza tempo. Possono ancora indicarci lo sguardo della meraviglia, ma molto spesso i nostri occhi sono così distratti e immersi nello schermo di uno smartphone che non facciamo caso al sublime della vita…

STEFANO DAVIDE BETTERA AUTORE DEL LIBRO IL VOLTO DELL'ALTRO

Ed infine le radici, la casa. Temi simbolici che riportano anche alla casa interiore. Quanto prestiamo attenzione nelle nostre vite distratte alle nostre radici?

Le radici sono fondamentali. Tornare alle nostre radici significa, di fatto, prendere in mano il testimone di chi ci ha preceduto e condotto fino qui. Di tutti coloro che ci hanno preceduto, che hanno aperto la strada e ci hanno mostrato i passi sul cammino e imparare a percorrere i nostri in modo simile ma nuovo. Ritrovare le radici vuol dire ritrovarsi e testimoniare la presenza nel tempo nel mondo.

Un detto ebraico dice che il tempo è la presenza di Dio nel mondo. Ecco, le radici sono la strada verso questa presenza. Allo stesso tempo ritrovare la via verso le proprie radici è ritrovare la strada verso casa, il modo per ritornare uno, per rimettere la cura al centro delle nostre vite. Coltivare la cura e tornare alle radici, a ciò che siamo davvero, è ciò che ci fa amare ciò che ci ama, ciò che permette alla potenza della vita di farci gioire e, dunque, ci riporta a noi stessi, ci risveglia da quel torpore distratto in cui la società delle emozioni, con le sue logiche distraenti, ci fa vivere perché ci vuole consumatori e non persone.

Riscopriamo la nostra sacralità, dunque, e viviamo con coraggio. E che la forza della gioia sia con noi, come direbbe il buon vecchio saggio Joda di Guerre Stellari!

Carmen Bartolone
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One Response to "Riconoscersi nel volto dell’altro"

  1. Erminia   24 Ottobre 2022 at 21:39

    Ciao Carmen, comlimenti, con il tuo stile leggiadro di farfalla ci fai spaziare nell’universo degli scrittori contemporanei, più o meno noti al grande pubblico. Con questo ultimo ci avvicini ai temi filosofici delle categorie fondanti la nostra esistenza.
    Come sei entrata in contatto con Bettera? Ci racconti un po’ di background della tua intervista?

    Rispondi

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