ROMA – Come è noto la grande novità della Festa del cinema di Roma 2022, giunta alla diciassettesima edizione, è la presenza del concorso Progressive Cinema. Tra i film candidati anche due italiani La Cura di Francesco Patierno e I Morti rimangono con la bocca aperta di Fabrizio Ferraro.
La Giuria
Se c’è un concorso c’è inevitabilmente una giuria, quella chiamata a valutare i film della sezione Progressive Cinema della XVII edizione della Festa del Cinema di Roma è così composta: Presidente Marjane Satrapi regista e fumettista iraniana, al suo fianco Louis Garrel, Juho Kuosmanen, Pietro Marcello e Gabrielle Tana. Ricordiamo anche che in parallelo ci saranno due altre giurie che assegneranno il Premio “Ugo Tognazzi” alla Miglior commedia e il Premio Miglior Opera Prima BNL BNP Paribas. Si tratta rispettivamente della giuria presieduta da Carlo Verdone e composta dall’attrice Marisa Paredes e dall’autrice e attrice Teresa Mannino che sceglieranno il vincitore tra i titoli delle sezioni Concorso Progressive Cinema e Freestyle. L’altra giuria è composta invece dalla regista e sceneggiatrice Julie Bertuccelli con Roberto De Paolis e Daniela Michel.
Italiani in concorso
Due i film italiani in competizione La cura di Francesco Patierno con Alessandro Preziosi, Francesco Di Leva, Francesco Mandelli, Cristina Donadio, Peppe Lanzetta e I Morti rimangono con la bocca aperta di Fabrizio Ferraro con Emiliano Marrocchi, Domenico D’Addabbo, Fabio Fusco, Olimpia Donato, Antonio Sinisi.
La Cura
Francesco Patierno propone una rivisitazione contemporanea del celebre romanzo di Camus La Peste, trasferisce però l’ambientazione nella Napoli di oggi e immagina una troupe cinematografica impegnata nelle riprese dell’adattamento della Peste di Camus proprio durante il durissimo lockdown dovuto al Covid 19. Lo spettatore è condotto in un gioco di specchi in cui si alternano realtà e finzione scenica che finiranno per sovrapporsi.
I Morti rimangono con la bocca aperta
In qualche modo la pandemia è anche dietro al film di Fabrizio Ferraro nel senso che lo stesso regista illustra, raccontando come la pandemia lo abbia spinto a fare un film durante quei terribili giorni:
Mi ha spinto, e ci ha spinto tutti, la voglia di vivere, di prendere in mano la situazione da molteplici punti di vista. Se ci si difende troppo dalla vita alla fine ci si accorge, sempre troppo tardi, di non essere più in contatto con le ragioni di vita.
E’ un lavoro sulla memoria il suo, le nostre grandi paure non vengono mai dal futuro ma dal passato, come ci ricorda Primo Levi, spesso le ragioni dell’oggi si devono indagare nel passato. La storia narrata nel film è ambientata nel 1944 sull’ Appennino centrale, coperto di neve. Quattro partigiani sono in fuga inseguiti, ma una ragazza si presenta sul loro cammino. Stilisticamente il regista sceglie di raccontare utilizzando il bianco e nero che rende tutto più drammatico esaltando i contrasti.
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