Paola Minussi e l’archivista di Torrechiara

Paola Minussi e l’archivista di Torrechiara

ITALIA – Paola Minussi, artista poliedrica a tutto tondo. Concertista, docente di chitarra e sempre scrittrice. Ecco la mia intervista dove mi racconta anche di sé.

Paola Minussi è tornata recentemente con il suo ultimo libro L’archivista di Torrechiara edito da Bertoni Editore. Le sue prime opere dedicate ai suoi figli sono “Progetto Aranjuez. Diario di Bordo di una madre adottiva”  di ETS Edizioni e “il primo raggio di sole. Canto a tre voci” di La Ruota Edizioni.

Il suo ultimo romanzo è L’archivista di Torrechiara e racconta una storia di sorellanza e resistenza. Una vicenda politica molto attuale sebbene ambientato nel 2027 al castello di Torrechiara, splendido gioiello dell’arte italiana. L’intervista è legata ad un desiderio di conoscere la donna, l’artista, la musicista e la mamma quale Paola Minussi è.

La scrittrice Paola Minussi
La scrittrice Paola Minussi

Dalla tua biografia leggo che hai un percorso a tutto tondo nell’esprimere te stessa attraverso la musica, la scrittura, la radio. Parlaci un po’ di te se c’è qualcosa che vuoi aggiungere alla tua storia.

In effetti il mio percorso è, fin dalla più tenera età, costellato di studi e di, come direbbe il poeta Giacomo Leopardi, da anni di “studio matto e disperatissimo”. Lo ammetto, sono sempre stata una “secchiona”, almeno fino ai primi anni di liceo classico, che ho frequentato parallelamente al Conservatorio di Musica di Milano (nella sezione distaccata di Como, che si trovava proprio vicino a casa mia). Anche il liceo che frequentavo era a dieci minuti a piedi di distanza da casa dei miei genitori, che abitavano proprio in centro città, per cui la mia adolescenza è stata una triangolazione perfettamente ritmata tra casa, scuola e Conservatorio.

Con qualche puntata fuori città, nelle trasferte che, già da ragazzina, facevo per partecipare a concorsi nazionali e internazionali di musica e per frequentare quei corsi di perfezionamento chitarristico e musicale, che mi hanno permesso di sfuggire da una città un po’ chiusa e provinciale come Como, per affacciarmi a realtà e a luoghi di più largo respiro, come, uno su tutti, l’Accademia Internazionale Chigiana di Siena.

Proprio nelle estati, indimenticabili,  trascorse a Siena, con grandissimi Maestri e artisti, tra le lezioni, i concerti e le serate con le compagne e i compagni di corso, provenienti da tutto il mondo, nei paesini toscani attorno alla città, in cui ci mandavano come giovani concertisti e esibirci in concerti sia come solisti che con gruppi di musica da camera creati per l’occasione, ebbene, tutte queste esperienze mi hanno dato modo di vivere atmosfere artistiche e umane di grandissima importanza per la mia crescita e per il mio sviluppo. E non solo musicale.

Ho cominciato ad allargare i miei orizzonti lacustri e ad aprirli verso altri Paesi, altre culture e altre lingue. E forse proprio in queste estati della mia adolescenza, è nata la mia passione per le lingue (parlo inglese, tedesco e portoghese) e per l’idea di una vita che andasse oltre quel programma standard che ci viene suggerito (soprattutto a noi donne) come ideale di realizzazione per le nostre esistenze: studio, lavoro, famiglia, casa e figli – magari, una volta che sei madre, senza quel lavoro per cui hai studiato tanto – e poi magari di nuovo un lavoretto, quando i figli sono cresciuti, giusto per uscire un po’ di casa e contribuire all’economia familiare (che si sa, i soldi non bastano mai).

Paola Minussi e Bertoni editore
Paola Minussi e Bertoni editore

Ecco, io mi sono sempre opposta a tale programma e, in effetti, ho cercato di percorrere sentieri alternativi, per quanto ho potuto. Ho sposato un tedesco, ho adottato una prima figlia dai tratti mediorientali e poi un secondo figlio nato in India. Sono riuscita a continuare a lavorare e viaggiare, grazie anche alla collaborazione in famiglia; ho coltivato sempre di più la mia passione per la scrittura, raccontando, dapprima, le mie esperienze di vita (e qui sono nati i miei primi due libri, dedicati ai miei figli: “Progetto Aranjuez. Diario di bordo di una madre adottiva” e “Il primo raggio di sole.

Canto a tre voci”, una fiaba illustrata in italiano e in inglese, dedicata al mio secondo figlio Rohith, il cui nome in hindi significa, appunto, il primo raggio rosso di sole del mattino). Poi mi sono dedicata alla narrazione di racconti e al mio ultimo progetto in ordine di tempo. Un vero e proprio romanzo, opera di totale fantasia, e si intitola: “L’archivista di Torrechiara”, pubblicato da Bertoni Editore.

C’è un tema conduttore nei libri di Paola Minussi oppure ogni racconto è una storia a sè?

Ogni libro, ogni racconto che scrivo è una storia a sé. Forse più che un tema, c’è qualcosa che accomuna la loro ideazione: spesso le mie storie (nello specifico quelle di fantasia) nascono da luoghi ben definiti e che conosco bene. Spesso i luoghi che fanno da scenario alla storia, sono proprio quei luoghi che, in qualche modo, hanno suggerito la storia. Così è stato per il mio racconto dedicato a Lisbona, nella raccolta “A Lisbona non è mai lunedì” (Tuga Edizioni), sicuramente lo è stato per “L’archivista di Torrechiara”, dove il castello ha un vero e proprio ruolo da protagonista.

Di certo è stato lui, insieme al paesaggio circostante, a darmi l’ispirazione per la vicenda narrata nel romanzo. Mi ha molto colpito fin dalla prima volta che l’ho visitato; poi ci sono tornata tantissime volte per raccogliere dettagli, particolari, planimetrie delle sale e tutte le informazioni che potevo “respirare” e assorbire in quel luogo che, secondo me, possiede qualcosa di magico e di inafferrabile.

Se proprio devo trovare un filo rosso tematico in molte delle mie pubblicazioni c’è l’invito a “essere partigiani”, a vivere e lottare per i valori che riteniamo degni; insomma un monito a non essere indifferenti, come diceva il grandissimo Antonio Gramsci.

L’archivista di Torrechiara è ambientato nel futuro. Si tratta di un romanzo di riflessione per i tempi che stiamo vivendo per non ritrovarsi intrappolati in un futuro di intelligenze artificiali. Il senso che AI prenda il sopravvento sull’uomo… Infatti quanto è  importante rimanere umani.

Sì, L’archivista di Torrechiara è  ambientato in un futuro molto prossimo, siamo infatti nel 2027. Ma più che una riflessione sul fatto di non ritrovarsi intrappolati in un futuro dominato da intelligenze artificiali, è un monito a non ritrovarsi circondati da beceri molto poco intelligenti e molto poco artificiali, anzi, umani, troppo umani nella loro stupidità e mancanza totale di una visione ampia che abbia un senso.

cover frontale copertina L'archivista di Torrechiara di Paola Minussi
La copertina L’archivista di Torrechiara di Paola Minussi

Il vero pericolo qui non è un progresso che sfugge di controllo all’umanità, bensì un genere umano che ha molto poco di umano e che non riesce a mantenere un briciolo di umanità e senso di fratellanza e sorellanza, soprattutto nei confronti dei più deboli e di chi ha più bisogno. È questo lo scenario che più mi preoccupa, non certo quello dell’intelligenza artificiale. Almeno per ora e almeno nel mio romanzo.

Leggo dalla rassegna stampa che è importante per te far passare il messaggio dove ognuno di noi può fare la differenza. Seppur piccola ma sempre una differenza. Vuoi aggiungere qualcosa a riguardo?

Si, per me è molto importante passare il messaggio che ciascuna, ciascuno di noi, nelle proprie vite e nella propria quotidianità possa fare qualcosa per migliorare il mondo. A volte chiamiamo eroi delle persone che in una certa situazione, investite da una certa responsabilità anche per il lavoro che svolgono, si sono trovate nel posto giusto, al momento giusto, e hanno compiuto il proprio dovere o, semplicemente, non si sono voltate dall’altra parte, facendo finta di niente. Ecco, sono convinta che tutte e tutti noi possiamo assumerci un pezzetto di responsabilità nelle nostre esistenze per non voltarci dall’altra parte e restare indifferenti.

Non si tratta di essere eroi ed eroine, ma di non chiudere gli occhi davanti a certi accadimenti. A far sentire la nostra voce, a indignarci ma poi ad agire. Praticamente. Non solo a parole o con un like sui social. A volte basta davvero poco (per esempio, svolgere in modo coscienzioso il proprio lavoro). A volte bisogna metterci un po’ più  di impegno e correre qualche rischio in più,  ma sono convinta che sia assolutamente necessario farlo. Per restare umani. E poi ben vengano anche gli eroi. Se necessario.

Quanto è importante per Paola Minussi rimanere umani ?

Fondamentale. Restare umani e coltivare il rispetto, la compassione e l’amore per noi stessi e per il prossimo. Alla fine dei conti è l’unica cosa davvero importante.

 

Grazie di questa piacevole chiacchierata dove hai raccontato ai nostri lettori di questo tuo nuovo romanzo. Segnaliamo il link di Bertoni editore dove poter acquistare L’archivista di Torrechiara.

Carmen Bartolone
Latest posts by Carmen Bartolone (see all)

Leave a Reply

Your email address will not be published.