La Ragazza di Vermeer e il Vecchio rincoglionito di Rembrandt

La Ragazza di Vermeer e il Vecchio rincoglionito di Rembrandt

Il mio Vermeer

Parecchi anni or sono vidi per la prima volta la Ragazza con l’orecchino di Johannes Vermeer al Mauritshuis (Aia). Il quadro si trovava in una sala con il pavimento e le parti basse delle murature laterali in legno. Il resto delle pareti della grande stanza era ricoperto da un tessuto verde olivastro, sul quale le cornici dorate dei dipinti emergevano dolcemente, senza alcun strillo. Trovai l’ambientazione molto il sintonia con la morbida bellezza del famoso quadro di Vermeer, già in quei giorni considerato una delle opere pittoriche più amate dal pubblico. Devo aggiungere però che le mie preferenze erano catalizzate da un’altra opera del misterioso pittore fiammingo.

Vermeer La veduta di Delft MyWhere
Johannes Vermeer – La veduta di Delft

In realtà fremevo dal desiderio di vedere finalmente dal vivo La veduta di Delft, che nel mio personale Olimpio collocavo ai vertici delle gerarchie che classificavano i capolavori dell’arte.

Nella mia immaginazione l’avevo eletta a capolavoro assoluto. Tuttavia avendola vista solo in fotografia, temevo che non reggesse la prova di realtà. Probabilmente la mia ossessione aveva a che fare in parte con l’impronta sensibile lasciatami dalla lettura della Recherche di Proust.

Nel volume La Prigioniera l’autore narra della morte dello scrittore Babette, avvenuta in circostanze dovrei dire struggenti anche se attraversate dal senso del ridicolo. La storia è questa. Allo scrittore, già in precarie condizioni fisiche, arriva la notizia che una mostra appena aperta al pubblico esibisce la famosa Veduta. Aveva già visto più volte in passato il quadro del quale pensava di conoscere praticamente tutto, ma dopo la lettura di un articolo scritto per l’occasione da un giornalista/critico d’arte, gli era venuto il dubbio che gli fosse sfuggito un particolare forse decisivo. Leggermente a destra rispetto il centro del quadro non ricordava la presenza una piccola ala di muro gialla; apparentemente una inezia, senza la quale l’effetto percettivo/estetico della Veduta, secondo il giornalista/critico, sarebbe stato diverso. Incredulo ma anche incuriosito dall’articolo, decide quindi di sbarazzarsi di ogni prudenza raccomanda dai medici e dopo aver mangiato patate bollite si recò a vedere con i suoi occhi l’effetto pittorico scotomizzato dai suoi ripetuti e forse troppo amorosi sguardi del passato, alla ricerca dell’ingaggio percettivo forse decisivo per la piena comprensione del capolavoro. La rilettura dell’opera a partire dalla percezione di quella macchia gialla confermò le intuizioni giornalistiche di partenza restituendogli il frammento di verità artistica che gli era sfuggito; ma, subito dopo aver registrato l’ennesima conferma della prodigiosa maestria del suo pittore preferito, colto da un malore, crollò al suolo per morire di colpo.

Pieter de Hooch – Uomo che fuma e donna che beve in un cortile
Pieter de Hooch – Uomo che fuma e donna che beve in un cortile

Qual’è il significato di questa narrazione nella narrazione? Lo scrive benissimo Proust/Babette: “E’ così che avrei dovuto scrivere… i miei ultimi libri sono troppo secchi, ci voleva più colore, bisognava rendere più preziosa la frase, come questa piccola ala di muro giallo”. Insomma, Proust con la storia di Babette ci fa capire qualcosa del suo stile letterario. Come Vermeer impreziosisce la pittura, orchestrandone in modo mirabile i dettagli, così dovrebbe fare lo scrittore con le parole e le frasi.
Ma il mio desiderio di ammirare la Veduta, non dipendeva solo dal ricordo proustiano. Probabilmente ero influenzato anche dalle bellissime pagine scritte da Sir.Gombrich sulla pittura olandese del seicento, contenute nella sua “Storia dell’arte” (Einaudi) e in altre raccolte di saggi, fondamentali per insegnarmi a riconoscere i particolari effetti attraversi i quali una banale veduta poteva trasformarsi in un innovativo modello di bellezza. Credo inoltre di dover aggiungere alle fonti delle mie preferenze giovanili, la lettura dello stimolante testo che Steven Nadler intitolato “Baruch Spinosa e l’Olanda nel Seicento” (Einaudi). Infatti, in quei giorni pensavo che la mirabile precisione con cui Vermeer e altri pittori olandesi restituivano ai propri committenti, minuziose descrizioni di ogni aspetto della natura e della vita quotidiana, all’insegna di un, per certi versi, sorprendente ordine, fossero una sorta di trasduzione (nel linguaggio pittorico) del celebre detto di Spinosa, Deus sive Natura. Il filosofo e il pittore erano nati entrambi a Delft nello stesso anno (1632), e quindi non potevano non aver vissuto il profondo disordine della situazione geopolitica dell’Olanda del periodo. Attaccata da ogni lato dai più potenti Stati europei praticamente si trovava coinvolta in guerre che non sembravano aver fine. Nulla di tutto ciò traspare nelle opere di Vermeer e anche Spinosa pur divenendo uno dei filosofi più radicali del suo tempo, non perse mai il senso dell’ordine geometrico che secondo lui permetteva di emendare la realtà in tutte le sue imperfezioni, per arrivare a cogliere le leggi della Natura ovvero del suo Dio. Entrambi in qualche modo negavano il loro tempo per poter scorgere un reale più vero nel quale intravedevano qualcosa di essenziale che nessun immerdamento tipicamente umano poteva cancellare. Per Vermeer a funzionare da barriera contro l’orrore, erano le lunghe ore di lavoro artistico dedicate a scoprire la microfisica materiale ed emotiva delle atmosfere di quiete, di vita ordinaria con al centro più che altro figure femminili, per poi fissarle in una rappresentazione esemplare; per Spinosa, una vita ordinaria, semplice, modesta, era il sentiero stretto necessario per concentrarsi sulla ricerca di una verità più profonda. Entrambi avevano la propensione di osservare minuziosamente le cose dalle quali erano attratti. Mi piace aggiungere che nel loro stesso anno a Delf nacque anche Anthonie Van Leeuwenhoek, l’inventore del microscopio. E allora? Cazzo c’entra vi chiederete… Capisco le perplessità ma credo di aver intravisto in queste coincidenze un senso di fondo che forse non riesco a spiegarmi; tuttavia coltivo il pensiero che questa volontà di catturare le cose del mondo con la precisione di uno specchio o di un microscopio, rappresenti il culmine di qualcosa di nuovo che attraversava la forma di vita del piccolo territorio delle Province Unite, come se il vivere nella costante incertezza di un domani (guerre, invasioni, povertà, letali contrasti religiosi)  invece di generare sentimenti di resa o di spossatezza interiore, producesse effetti controfattuali: più profondità e precisione e un persistente desiderio di circondarsi di rappresentazioni di vita tranquilla, gioiosa qualche volta caotica ma vitale (penso alle opere di Jan Steen).

Infatti, avendo letto il libro di Svetlana Alpers, “Arte del descrivere. Scienza e Pittura nel seicento olandese” (Boringhieri, 1984), sapevo che la propensione a dipingere la realtà così come ci appare ai nostri occhi poteva essere spiegata con la centralità della vista come strumento di conoscenza nella cultura olandese del seicento, contro le pretese filosofiche di ricondurre tutto al pensiero, alla scrittura (atteggiamento che caratterizzava, secondo l’autrice, la pittura italiana). Tuttavia, la contrapposizione tra arte descrittiva e arte narrativa non mi convinceva fino in fondo. Consideravo le ipotesi interpretative della Alpers intelligenti e di grande interesse; ma al tempo stesso trovavo, per esempio, nella Veduta ben altro di una dominante, fredda volontà di descrivere, immaginata essere un dispositivo simbolico del desiderio di controllo o potere sulle cose del mondo. Vermeer non descrisse affatto esattamente ciò che vedeva: nella configurazione del dipinto aggiunse dettagli e modificò l’ordine del reale dando ascolto in parte ai feedback della sua memoria, guidato dall’intenzione di presentare la sua città e la natura nella quale si integra, privilegiando un evidente senso di tranquillità e ordine.
La veduta di Delft, apparentemente incredibilmente precisa e al tempo stesso carica di emozioni, rappresentava ai miei occhi, il modo in cui i pittori olandesi come Vermeer contribuirono a diffondere una nuova sensibilità verso la bellezza del mondo, non distante dalle parole con cui Spinoza cercava di unificare il concetto di divinità con tutto ciò che ci circonda.

La ragazza con il tortellino

Oggi, la Veduta di Delft non è più il quadro icona di Vermeer. Presso il largo pubblico il suo posto è stato preso dalla Ragazza con l’orecchino.

La Ragazza con l'orecchino
Johannes Vermeer – La Ragazza con l’orecchino di perla

La mostra di Bologna, rappresenta una conferma del trend del gusto che da almeno vent’anni ha trasformato il magistrale ritratto (o tronia) di un’avvenente ragazza, in una specie di Gioconda del nostro tempo. Tutta o quasi, la comunicazione preventiva dell’evento si basava sulla riproduzione in vari formati dell’immagine della Ragazza. Un mese prima dell’apertura dell’esposizione già 130.000 persone avevano prenotato la visita (mai successo in una città come Bologna). L’attenzione dei media locali è stata a dir poco, avvolgente. Per mesi il quadro di Vermeer è stato raccontato ed è divenuto ricettacolo di narrazioni spesso lontane dalla teoria di interventi critici di solito programmati per informare lo sguardo di chi poi diverrà il pubblico dell’evento.

Carel Fabritius – Il cardellino
Carel Fabritius – Il cardellino

L’Assessore alla Cultura della città, sentendosi frustrato da una mostra che, organizzata da “privati”, da sola, stava attirando più gente e consensi di tutta la sua programmazione annuale, qualche mese fa tentò di delegittimarla con argomenti risibili. Anche la burocrazia museale più conservatrice ovviamente partecipò al tiro a bersaglio contro la mostra, con il risultato prevedibilissimo di accrescere la curiosità e le adesioni al progetto. Al punto che, se vi fate un giro per la città, potrete trovare facilmente l’effigie della Ragazza di Vermeer nei luoghi più insospettati. Per esempio, qualche settimana fa, mentre sorseggiavo un bicchiere di vino in un noto locale bolognese mi sono accorto di essere guardato dal basso: al posto della tradizionale tovaglietta, stampata su cartaccia di quart’ordine, la Ragazza mi stava osservando un po’ intristita. Forse perché al posto dell’orecchino di perla l’avevano costretta a indossare un tortellino. Nello stesso giorno, poco distante dal locale della Ragazza con il tortellino, mi sono imbattuto in un altro segno della tradizionale ospitalità bolognese: appiccicata alla vetrina di un boutique gastronomica, la stessa Ragazza mi stava osservando con un fetta di mortadella al posto del tortellino, pardon, dell’orecchino. Anche in questo caso, il creativo non voleva lasciarci dubbi di sorta, giustapponendo al surreale supplemento decorativo un esilarante e idiota headline: La ragazza con l’orecchino di mortadella.
Siamo tutti d’accordo nel classificare come deplorevolmente kitsch queste espressioni della notorietà di un’immagine. Ma al tempo stesso ci raccontano benissimo cosa significa essere un’icona nella nostra società liquida.
Perché La ragazza con l’orecchino di perla è divenuta una icona del nostro tempo? Per la sua fotogenia, o per meglio dire, per la sua modagenia, credo. Si tratta di un’immagine di donna adattabile al gusto contemporaneo: lo sfondo del quadro completamente nero, enfatizza la bellezza giovanile del volto leggermente girato come se qualcuno o qualcosa avesse attirato la sua attenzione; l’espressione di dolce sorpresa, con una punta di sensualità, rivolta a chi la sta guardando è emotivamente coinvolgente.
Un indizio di quanto la Ragazza evocasse una bellezza moderna, l’ho trovato dopo pochi giorni in un’altra mostra, a Milano, dedicata a un grandissimo fotografo della moda, attivo soprattutto dal secondo dopoguerra all’inizio dei sessanta. Erwin Blumenfeld, ispirandosi al quadro di Vermeer compose una sorprendente copertina di Vogue (in quei giorni, per il fotografo citare l’arte era un modo per strappare la foto di moda alle banalizzazioni di redattrici e art director molto stupidi).
Insomma, nel nostro tempo si diventa delle icone soprattutto grazie all’uso della fotografia promosso dall’industria editoriale, particolarmente sensibile a ciò che il pubblico sembra non stancarsi di rivedere. Non è un caso se, credo, la popolarità della Ragazza abbia avuto un’enfasi mondiale dopo l’uscita del film di Peter Webber interpretato da Scarlett Johansson, tratto dal romanzo best seller di Tracy Chevalier. Quante volte è stato replicato il quadro di Vermeer? Quante volte è stato citato? Più di qualsiasi altra opera d’arte, probabilmente. Non mi sorprende affatto dunque, che la gente abbia maturato un irresistibile desiderio di vederlo e, soprattutto, sia convita di amarlo prima di averlo visto nelle sue dimensioni reali.

La mostra di Bologna

Se penso alle svariate decine di pagine dedicate a Vermeer, apparse su tutti i periodici che ho avuto negli ultimi mesi davanti agli occhi, mi pare di poter dire che il quadro icona ha vampirizzato quasi per intero il potenziale di comunicazione dell’evento espositivo bolognese.

Frans Hals - Ritratto di Aletta Hanemans
Frans Hals – Ritratto di Aletta Hanemans

D’altra parte, i curator hanno dato alla mostra un titolo che ha ricalcato quello dell’opera oggi più famosa del pittore di Delft, scegliendo di narrare la storia della pittura olandese a rovescio: da Vermeer a Frans Hals passando da Rembrandt e gli altri grandi pittori di genere, quando in realtà dovrebbe essere l’inverso.
Da parte loro, gli organizzatori orientati al marketing degli eventi giustamente, per spostare alcune centinaia di migliaia di persone, hanno scelto di raccontare l’evento attraverso valori mitici e come abbiamo visto sopra, sono le icone che smuovono i desideri, i quali a loro volta vanno a caccia di conferme. Ma, aldilà della bellezza del quadro di Vermeer, il valore materiale della mostra risiede soprattutto nella prestigiosa intertestualità, presentata esibendo altri grandi capolavori che coprono tutti i generi mirabilmente interpretati dai pittori del secolo d’oro della pittura olandese. Nature morte, ritratti, scene di vita quotidiana, paesaggi ci presentano esempi di magistrale esecuzione pittorica firmate da Jacob van Ruistal, Frans Hals, Rembrandt, Peter de Hooch, Emanuel de Witte, Jan Steen, Carel Fabritius.
Si può discutere sulle scelte del marketing evenemenziale degli organizzatori, ma non c’è dubbio che raramente ho visto a Bologna una mostra di questa levatura.
Non ho dubbi sulla contagiosa bellezza della Ragazza con l’orecchino di perla. Come tutti sono rimasto incantato dalla maestria di Vermeer e dalla forte emozione trasmessa dal ritratto. Posso persino aggiungere, che forse, non sono rimasto insensibile all’effetto fashion della ragazza. Tuttavia, il sentimento di una grazia un po’ beauty, non mi ha impedito di ammirare altri quadri, che dal punto di vista pittorico presentavano contenuti espressivi forse più difficili da rappresentare.
Per esempio, a distanza di qualche settimana, il quadro che mi è rimasto impresso non è quello di Vermeer bensì un’opera di Rembrandt dipinta nel 1667. Raffigura un vecchio che con faticosa naturalezza si sta sedendo e guarda avanti con lo sguardo un po’ perso che hanno i bambini esausti, non ancora irrigiditi dalle buone maniere. L’espressività del volto, accentuata dai tratti etilici, la sprezzatura della barba di qualche giorno, la trascuratezza degli abiti, impressi sulla tela grazie a tecniche pittoriche eterogenee, ne fanno un capolavoro degno di rivaleggiare con la morbida e seducente bellezza della Ragazza.

Rembrandt van Rijn - Ritratto di uomo anziano
Rembrandt van Rijn – Ritratto di uomo anziano

Ma, il nostro tempo ha insinuato nel sentimento popolare del bello una tensione passionale che reagisce negativamente su tutto ciò che odora di vecchio. La bellezza dominante, la bellezza che sopra ho definito beauty, ovvero la bellezza che eccita il desiderio, ha bisogno di giovinezza. Mezzo secolo di moda, di industria dello spettacolo e di comunicazione passionale ha irrobustito le attese di un bello contiguo allo scatenamento di una emozione immediata che premia la giovinezza.
Certo, possiamo dire che i quadri di Rembrandt, di Peter de Hooch e degli altri artisti in mostra sono belli. Tuttavia sentiamo che questa parola, per essi suona diversa dalla rappresentazione interna che sperimentiamo quando ne facciamo uso per giubilare la Ragazza.
Nel vecchio ritratto da Rembrandt, non può esserci grazia e tantomeno sex appeal. Probabilmente dal punto di vista pittorico esibisce una tecnica di qualità assoluta che, pur apparentemente distratta e imprecisa, risulta per noi vicina alla perfezione. Può certo commuoverci l’espressione di fragilità del suo sguardo, oppure può divertirci e darci piacere vederlo un po’ rincoglionito. Ma comunque la vediate, non potrà mai essere un’icona del nostro tempo.

 

Lamberto Cantoni
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44 Responses to "La Ragazza di Vermeer e il Vecchio rincoglionito di Rembrandt"

  1. Blue LABA   15 Gennaio 2024 at 18:50

    La ragazza con l’orecchino di perla, uno di quei quadri che chi non sa nulla di storia dell’arte cita spesso assieme alla ‘’Gioconda’’ e a degli occasionali ‘’Urlo di Munch’’ e ’’ Guernica’’, per tentare di darsi un tono e sembrare un esperto d’arte. Con questo inizio dolce quanto la soda caustica non intendo dire che sia un brutto quadro, ma lo ritengo sopravvalutato, anche rispetto ad altre opere dello stesso artista, personalmente preferisco il quadro ‘’Fantesca che porge una lettera’’ oppure la tela ‘’Donna seduta alla spinetta’’, ma i gusti sono soggettivi e cambiano in base all’educazione e all’istruzione del singolo individuo. Quindi perché questo quadro è così conosciuto da essere ormai diventato banale? Sicuramente (come evidenzia anche l’articolo del Professor Cantoni) la sua somiglianza con uno scatto di moda attuale e i suoi canoni estetici hanno reso la tela più vicina ai nostri tempi e quindi facilmente vendibile a tal punto da diventare un’icona. Un altro motivo per cui la nostra ‘’Ragazza con l’orecchino di perla’’ ha suscitato tante vendite presumo possa essere proprio il fatto che la mostra fosse organizzata da privati, mi dispiace denigrare gli enti pubblici italiani ma spesso o per mancanza di fondi o d’interesse tendono a non valorizzare a dovere le opere d’arte di cui il nostro paese è pieno, mentre i privati spesso, riescono ad organizzare campagne marketing con un mordente maggiore dando alle opere un senso d’esclusività. Il lato negativo di quando qualcosa diventa un icona è che dopo te lo ritroverai ovunque in ogni contesto, e in ogni salsa. Non sempre i risultati sono forzatamente negativi, se ‘’La ragazza con l’orecchino di perla’’ di Vermeer non fosse un’icona, non avremmo ‘’ La ragazza con l’orecchio trafitto’’ di Banksy e altre volte ci ritroviamo ‘’La ragazza con il tortellino’’ su una tovaglietta.

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    • Lorenzo Pollini   20 Gennaio 2024 at 14:22

      Cara Blue, sono molto d’accordo con te sul ragionamento che hai fatto tra enti pubblici e privati, concordo pienamente e ritengo questa parte del tuo commento opportuna e calzante col contesto.
      Purtroppo per quanto riguarda il tema “gusti” mi spiace avvisarti che l’educazione e l’istruzione non sono i fattori unici in grado di cambiare le preferenze di un’individuo.
      Sono infatti vari gli studi che dimostrano come i nostri gusti si inizino a formare già nella fase embrionale, perciò già presenti nel nostro DNA alla nascita.
      È sicuramente vero che la famiglia ed il modo in cui ci cresce è in grado di variarlo, ma è errato affermare che essi dipenda do da educazione ed istruzione.
      Ho amici rozzi che ascoltano le migliori suonate di Chopin, e altri cresciuti a libri e galateo che disprezzano le bellezze del nostro paese.

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  2. luc97   16 Gennaio 2024 at 11:59

    Sì hai ragione Blue, i gusti sono soggettivi. A me la Veduta di Delf non fa nessuna impressione, anche un pittore della domenica potrebbe dipingerla. A me di Vermer piacciono i quadri del geografo e dell’astronomo. Tra l’altro li trovo molto coerenti con quello che dice l’autore dell’articolo sulla cultura del periodo. Le donne nei quadri che citi ma anche negli altri che ho potuto vedere per me sono troppo addomesticate, non dicono più niente. Chi scrive o legge ancora delle lettere?

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    • Antonio Bramclet
      antonio   16 Gennaio 2024 at 12:12

      se lo reputi così facile perché non provi a dipingerlo tu? e poi, imitare o falsificare è più facile di creare qualcosa di nuovo.

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  3. Blue LABA   16 Gennaio 2024 at 18:12

    In questo commento vorrei rispondere sia a luc97 che ad Antonio. I Gusti sono soggettivi ed è lecito che a qualcuno non piaccia o piaccia un quadro, infatti nemmeno io amo le vedute, mentre al contrario adoro le tele in cui si vedono gli interni delle abitazioni, oppure mi interessano particolarmente gli abiti delle dame, infatti il motivo per cui mi piacciono i 2 quadri che ho citato sono proprio gli abiti lussuosi delle protagoniste.

    Cambiando discorso, io credo che noi oggi scriviamo e leggiamo ancora lettere, la nostra burocrazia infatti è ancora (purtroppo) molto lenta e cartacea.

    Antonio non vorrei risultare scortese o antipatica, ma penso che il tuo commento sia un pó infantile, la risposta “perché non provi a dipingerlo tu?” la trovo esagerata visto il contesto, comunque è vero che imitare è facile rispetto al creare qualcosa di nuovo, dato che significa uscire dagli schemi, mentre credo che falsificare, in particolar modo se parliamo di falsi d’arte non sia così facile, se teniamo in considerazione l’idea di creare un falso di qualità.

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    • Antonio Bramclet
      antonio   16 Gennaio 2024 at 18:32

      stimata Blue mi spiace dirti che non faccio sconti a nessuno. Luc97 poteva dire semplicemente quello che hai detto tu cioè che paesaggi e vedute non lo interessano e non trattare Vermeer come un pittore della domenica. E poi cos’è questa storia delle donne addomesticate! per me Vermeer è stato il primo a dipingere donne intelligenti e sensibili.

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      • luc97   16 Gennaio 2024 at 18:58

        Donne intelligenti? Sensibili? ma dove? Io vedo donne che leggono lettere, le scrivono, suonano la pianola, rammendano. Questa sarebbe intelligenza e sensibilità? Gli unici che pensano sono il geografo e l’astronomo. Anch’io non faccio sconti!

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  4. Martina Toscano Laba   17 Gennaio 2024 at 20:00

    La ragazza col turbante, conosciuta anche come “Ragazza con l’orecchino di perle” è uno dei quadri più conosciuti e forse anche uno dei più amati di Jan Vermeer.
    Il quadro è molto simile, sembra che il pittore si sia quasi ispirato, all’opera chiamata “Monna Lisa” di Leonardo da Vinci, infatti esso è soprannominato “La Monna Lisa olandese”.
    Vermeer disegnava direttamente sulla tela, proprio come faceva Caravaggio, insieme al punto di fuga.
    L’opera riprende anche una vecchia tradizione pittorica olandese detta “Tronien”, che in olandese del XVI e XVII secolo significa “faccia” o “viso”.
    Per quanto riguarda “La veduta di Delft”, dipinta sempre dal pittore Jan Vermeer, mi riporta alla mente l’opera “La Veduta di Arles” di Van Gogh, anche se quest’ultimo è vissuto negli anni del ‘900.
    Anche nella “La veduta di Delft” noto qualche spunto ricavato dalla conoscenza della pittura di Caravaggio e Vermeer dipingendo questo quadro riporta un’immagine viva della città.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Gennaio 2024 at 23:11

      Escluderei un diretto coinvolgimento della Gioconda. Il posizionamento del corpo è diverso, la torsione del collo in Leonardo non c’è; Monna Lisa non ha le labbra carnose leggermente arrossate e l’espressione del volto della ragazza di Vermeer non è enigmatica come il suo…per non parlare dello sfondo. Comunque nelle Provincie Unite circolavano tantissime stampe di pittori italiani e non possiamo escludere che Vermeer abbia visto la riproduzione del ritratto leonardesco. Nell’Olanda del ‘600 con la parola “tronien” non ci si riferiva tanto a facce o volti, bensì a ritratti nei quali il soggetto indossava fogge orientaleggianti, esotiche. Van Gogh non è vissuto nel ‘900: nasce nel 1853 e muore nel 1890. Forse volevi dire che la sua influenza sull’arte del novecento è stata straordinaria.

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  5. Giorgia Adani LABA   19 Gennaio 2024 at 18:51

    “La ragazza con l’orecchino di perla” è un quadro di composizione semplice, poiché esso non è nulla in confronto a quadri più complessi che ha dipinto, come “Bicchiere di vino” o “La veduta di Delft”, che ha citato nel suo articolo. La ragazza con l’orecchino di perla non è altro che una fanciulla rappresentata con mezzo busto, di profilo che ruota la testa di tre quarti su sfondo nero. Ma nonostante la semplicità della composizione è uno dei quadri più famosi di Vermeer. Perchè? Secondo me perché la fanciulla ha un’espressione intensa e uno sguardo diretto, come se stesse guardando e coinvolgendo lo spettatore. Vermeer è stato molto in gamba a catturare l’espressività della ragazza, la composizione del dipinto, lo sfondo nero che enfatizza il volto della ragazza e l’uso che ha fatto della luce che sembra quasi accarezzarle il viso. L’estetica della ragazza ha fascino, sembra enigmatica, ha uno sguardo che può essere interpretato in maniere diverse ed è misteriosa, sembra dirci molto di sé ma allo stesso tempo niente. Quindi, la capacità del dipinto di suscitare emozioni e connessioni emotive lo rende attraente per la società moderna e la rende un’opera d’arte che trascende il tempo, diversamente dal “ritratto di un uomo anziano” di Rembrandt, dove nonostante il pittore sia molto in gamba a livello stilistico, il soggetto del quadro è rappresentato in maniera relativamente tradizionale, a me non suscita nessuna emozione poiché sembra una persona che posa stanca e annoiata.
    A mio avviso, se oggi “la ragazza con l’orecchino di perla” è così famoso rispetto ad altri quadri di Vermeer è per la sua estetica atemporale e perché comunica in modo potente ed emotivo.

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  6. Giulia Minghini LABA   20 Gennaio 2024 at 10:15

    Con la pittura olandese del 600 una banale veduta poteva trasformarsi in un innovativo modello di bellezza.
    Vermeer e altri pittori olandesi restituivano minuziose descrizioni di ogni aspetto della natura e della vita quotidiana attraverso un sorprendente ordine, come se fossero una sorta di trasduzione, attraverso la pittura, del celebre detto di Spinoza, Deus sive Natura. Letteralmente significa “Dio ossia la Natura” è un’espressione latina che, nell’ambito della riflessione metafisica, cosmologica, teologica ed etica del filosofo Baruch Spinoza, sta a significare l’identità di Dio, inteso come la sostanza infinita da cui tutti gli enti dipendono per la loro esistenza..
    l’Olanda in questo periodo era attaccata da ogni lato dai più potenti Stati europei, si trovava coinvolta in guerre che non sembravano aver fine. Il filosofo e il pittore erano nati entrambi a Delft nello stesso anno, nel 1632. Hanno vissuto entrambi questo disordine, eppure nulla di tutto ciò traspare nelle loro opere, non persero mai il senso dell’ordine geometrico che permetteva di aggiustare la realtà.
    Sempre nel 1632, a Delf, nacque anche Antonie Van Leeuwenhoek, l’inventore del microscopio. In questo periodo storico colmo di guerre e caos, c’era il desiderio di circondarsi di rappresentazioni gioiose, a volte caotiche, ma vitali, trasmettono tranquillità, tutto quello che mancava in quel momento.
    Quindi Vermeer non descrisse ciò che vedeva, aggiunse dettagli e modificò l’ordine del reale, raffigurando atmosfere di quiete, di vita ordinaria incentrata su figure femminili.
    La pittura olandese, carica di emozioni,cercava di diffondere una nuova sensibilità verso la bellezza, catturando questi momenti con la precisione di un microscopio, inventato da Antonie Van Leeuwenhoek, nato anche lui nel 1632, a Delft.
    Altro pittore olandese del XVII secolo, era Jan Steen, noto per le sue vivaci scene di vita quotidiana ricche di dettagli e umorismo. Una delle sue opere più famose è “La famiglia allegra”, che rappresenta una famiglia che si diverte mentre beve e mangia in una taverna. La scena è piena di azione e movimento, con i personaggi che ridono, ballano e si abbracciano. L’artista ha una grande abilità nel rappresentare i volti espressivi dei personaggi e nelle dettagliate raffigurazioni degli oggetti nella stanza.
    Confrontandolo con uno dei capolavori di Vermeer, come “la Ragazza con l’orecchino” è un’opera molto più tranquilla e intima. Dipinta intorno al 1665, questa tela ritrae una giovane donna di profilo, con un turbante e un orecchino di perla. L’immagine è caratterizzata da una luce morbida e avvolgente, che illumina il volto della ragazza e i dettagli dei suoi abiti. E’ divenuta un’icona del nostro tempo per la sua fotogenia,un’immagine di donna adattabile al gusto contemporaneo, è rivolta a chi la sta guardando per coinvolgere emotivamente.
    A differenza del dipinto di Steen, la scena di Vermeer è molto più privata e riflessiva, con un focus quasi mistico sulla bellezza della giovane donna. Il suo uso di tonalità blu e gialle, con una paletta limitata, conferisce un senso di calma e tranquillità al dipinto. Sebbene entrambe le opere siano dello stesso periodo storico e da artisti provenienti dallo stesso paese, sono molto diverse nel tono e nell’atmosfera. Mentre Steen rappresenta il caos e l’energia della vita quotidiana, Vermeer cattura un momento di silenziosa contemplazione e bellezza. Entrambi gli artisti sono maestri nel creare una narrazione visiva coinvolgente, ma con approcci artistici completamente diversi, anche se credo che in entrambi i dipinti la tranquillità e l’ordine, elementi caratterizzanti questo “stile” pittorico, non manchino, sono solamente dosati e rappresentati in modo differente.

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  7. Enrico Rossi LABA   20 Gennaio 2024 at 11:27

    Vermeer e Spinosa guardano le cose che più attirano la loro attenzione con precisione e nei più piccoli particolari e al tempo stesso viene creato il primo microscopio. Beh potrebbe essere una coincidenza, però io mi sono fermato qualche secondo per pensare al tempismo perfetto di questa invenzione. Ovviamente i due pittori non lo usarono perché le piccole cose che volevano loro non richiedevano l’utilizzo del microscopio, però a me a fatto sorridere come cosa.
    Le piccole cose che osservavano erano e dovevano essere soggettive, infatti arricchivano le loro opere con dettagli che la memoria suggeriva loro di mettere, non rappresentando più la cruda realtà, ma cercando di dare un senso di ordine e di tranquillità (come riportato nel testo sopra). Facevano loro quelle “piccole cose” (che tanto piccole non erano) e le sfruttavano a loro vantaggio.

    Si è parlato di quadro icona, giustissima come cosa e condivido il pensiero, però per come sono fatto io dopo un po’ di tempo mi stancherei di avere solo un quadro come riferimento. Mi spiego meglio. Alcune persone potrebbero non provare più niente nell’osservare il quadro della ragazza e quindi a lungo andare potrebbero essersi stancati di riconoscerla come “punto di rifermento” anche se come icona del mondo moderno è ancora in voga. Quello che sto cercando di dire è che magari le persone vorrebbero rivedersi in quella ragazza però prendono soltanto alcuni tratti e provano a fonderli con qualcosa di più contemporaneo e che li rispecchi maggiormente, senza prendere l’interezza del soggetto. L’esempio concreto è riportato nel testo. Il fatto che si prenda il volto della ragazza e lo si modifichi mettendogli un tortellino o una fetta di mortadella al posto della perla. Probabilmente io sarei il primo a cercare un’altra visione del quadro, dopo che lo si è visto per parecchie volte, persino quando passi per le vie della tua città.

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  8. Aurora Laba   20 Gennaio 2024 at 11:41

    Sicuramente la “Ragazza con l’orecchino” di Vermeer è un’icona del nostro tempo. Chi non conosce questo dipinto? Come ho potuto leggere anche nell’articolo, questo quadro viene riprodotto ovunque e anche altri artisti come Banksy si sono ispirati alla Ragazza con l’orecchino per realizzare altre opere d’arte. Forse proprio la sua strumentalizzazione lo ha reso ai miei occhi meno affascinante di quanto lo sia in realtà. Probabilmente la penso così perché non ho mai ammirato il dipinto originale ma ho solo avuto modo di osservarlo attraverso pubblicità, tovaglioli o souvenir di vario genere. Sono certa che la mia reazione davanti alla tela autentica sarebbe un’altra.
    Trovo invece molto più interessante l’ altro quadro di Vermeer che, prima di leggere questo articolo, non conoscevo; si tratta de “La veduta di Delft”. Ammirando questa tela mi sembra di trovarmi davanti al porto della città olandese e di ammirarne i colori e i dettagli. Le luci e le ombre dipinte, danno vita al quadro rendendolo reale. Forse è proprio il fatto di trovarsi davanti a qualcosa di nuovo che rende questo qualcosa più affascinante ai nostri occhi.

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    • Gabriele Brilli LABA   5 Febbraio 2024 at 00:24

      Sono completamente d’accordo con la tua affermazione, la strumentalizzazione del opere d’arte ha reso esse meno affascinati perdendo quasi la loro unicità.
      Concordo che le opere dovrebbero essere viste solo dal vivo e non solo via internet.
      Una critica costruttiva che voglio farti è quella che si potrebbe ampliare la riflessione sulla commercializzazione dell’arte e sulla sua diffusione attraverso oggetti di consumo. Analizzare in modo più approfondito come la “Ragazza con l’orecchino” è diventata una figura iconica può portare a una comprensione più dettagliata delle dinamiche culturali e commerciali che possono influenzare la nostra percezione dell’arte.

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  9. Lorenzo Pollini LABA   20 Gennaio 2024 at 14:11

    Nell’articolo ho apprezzato in maniera particolare il soffermarsi sulla precisione appartenente ai pittori fiamminghi nell’osservazione della natura. Tale lunga osservazione di essa gli ha permesso di creare addirittura un nuovo soggetto all’interno dei quadri, il cielo. Inoltre, nonostante l’articolo abbia quasi una decina d’anni, penso che il soffermarsi sulle cose e meditare su esse, sia un’attività che nella vita dei giovani stia andando a scemare. Per quanto riguarda il focus, posto sul “La ragazza con l’orecchino di perla” penso sia passata allo stato di icona per il suo sguardo, in grado di calmare, e perché no, come scritto, anche a tratti seducente. Infatti vista la guerra d’Olanda passata dai cittadini propio in quel periodo, un’immagine come quella realizzata da Vermeer, è la prediletta ad essere “eletta” a rappresentare un momento storico. Sicuramente l’infastidirsi dell’assessore alla cultura è esilarante. Il fatto che non sia in grado di accettare che qualcuno abbia fatto meglio di lui nel suo terreno di gioco, lo autodescrive, ma è solamente una parentesi.
    Curioso invece è scoprire che è stata propio “La veduta de l’Aja” citata in articolo, a far riscoprire le opere di Vermeer da parte di Bürger durante l’ottocento.
    Avrei preferito nel brano, un approfondimento sul quadro di Rembrandt, raffigurante l’anziano, che trovo molto espressivo. Volendo sarebbe interessante anche porre la lente di ingrandimento sulle tecniche pittoriche utilizzate in quel periodo, che spesso vengono solamente sfiorate.

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    • Camilla Fabbri LABA   21 Gennaio 2024 at 10:39

      Lorenzo, ho apprezzato molto come hai descritto la bravura dei pittori fiamminghi nel dipingere la natura e nel creare un nuovo soggetto nei loro quadri: il cielo.
      Tuttavia, mi viene spontaneo suggerirti di aggiungere esempi, o dettagli specifici, per dimostrare questa idea.
      Un altro aspetto che mi ha particolarmente colpita è l’aspetto che hai descritto a riguardo dei giovani; i quali riflettono meno sulla vita e sulle cose.

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  10. Facchini Valeria LABA   20 Gennaio 2024 at 14:55

    Questo articolo mi ha portato a riflettere su una questione che per me è molto interessante. L’analisi del fenomeno di trasformare opere d’arte in oggetti di marketing evidenzia la crescente tendenza della società contemporanea a commercializzare la bellezza e la notorietà delle opere iconiche.
    La campagna pubblicitaria “open to meraviglia” del 2023, che ha preso il volto della Venere di Botticelli rendendola un influencer, sembra riflettere questa tendenza, anche se il risultato a parer mio è risultato mal riuscito e poco rispettoso della vera essenza dell’opera.

    L’uso di opere d’arte come strumenti di promozione commerciale, come nel caso della Ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer, rappresenta un fenomeno in cui la bellezza e la notorietà dell’opera sono sfruttate per attirare l’attenzione del pubblico e generare consensi. La criticità della campagna pubblicitaria che trasforma la Venere di Botticelli in un influencer riflette il rischio di ridurre opere d’arte di grande valore culturale a mere strumentalizzazioni di tendenze di mercato e di social media.

    La narrazione della mostra di Bologna, incentrata sulla Ragazza con l’orecchino di perla, sembra indicare come l’attenzione mediatica si concentri spesso su opere specifiche a discapito di una visione più ampia della storia dell’arte. L’uso di icone come la Ragazza per spostare il grande pubblico può distogliere l’attenzione da altre opere altrettanto meritevoli, dando luogo a una narrazione selettiva e distorta.

    La scelta del titolo della mostra e la sua comunicazione riflettono l’orientamento verso valori mitici e l’uso delle icone per suscitare desideri e conferme. L’analisi sottolinea il contrasto tra la bellezza immediatamente attraente delle opere preferite dal marketing e quella più complessa ed espressiva di altre opere meno in linea con le attuali tendenze di mercato.

    La tensione passionale nella società contemporanea, che spesso privilegia la giovinezza e l’effetto fashion, mette in ombra opere d’arte che trasmettono una bellezza più profonda ma meno immediatamente seducente.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   21 Gennaio 2024 at 01:37

      Hai ragione, il vecchio di Rembrant è gonfio, trasandato, un po’ etilico e tuttavia lo trovo bellissimo…in un modo diverso rispetto la ragazza, ma pur sempre bello. Ma voglio chiederti. Immagina che qualcuno che conosci, scegli pure chi ti pare a parte la nonna, potesse invitare a bere un caffè o qualcosa del genere, uno dei due: chi sceglierebbe tra il rincoglionito e la ragazza con l’orecchino di perla?

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  11. Lisa LABA   20 Gennaio 2024 at 16:29

    Perché è necessario che un quadro di grande maestria diventi un’icona? Ma soprattutto cos’è un’icona? Di questo termine ho sempre avuto una percezione tendenzialmente negativa, visto che butta qualsiasi cosa in pasto alla massa più variegata possibile. È naturale crescere insieme ad alcuni hobby, ma trovo fortemente avvilente visitare un quadro solo perché famoso, senza conoscere nulla di esso o della storia dell’arte in generale. Si attribuisce spesso un valore sulla base di conoscenze e contesto; perciò, qualcuno che non ha mai avuto la curiosità di aprire un libro o una rivista d’arte, che valore potrà mai dare a uno straordinario pittore come Vermeer? Spesso le aspettative create dall’icona non corrispondono alle qualità dell’opera perché non si sa cosa cercare ed ammirare, un processo che come risultato vede persone uscire dalla mostra definendo l’esperienza sopravvalutata.
    Ho avuto modo di interfacciarmi con questa realtà con un piccolo trend incentrato sulla Torre Eiffel, simbolo per eccellenza di Parigi e soggetto di mille rappresentazioni oltre a portare il peso dell’elemento amore nell’immaginario collettivo. A conti fatti non è altro che una torre fatta di ferro e in quanto tale, numerosi turisti la percepiscono in modo apatico, pensando “va bene l’ho vista posso continuare con la mia vacanza”. Senza avere alcun tipo di conoscenza su cosa quella torre rappresenti e perché sia importante, mi chiedo cosa ci si possa mai aspettare di provare nel vederla. È facile definire qualcosa sovrastimato, ma lo sarebbe altrettanto farsi una ricerca di cinque minuti prima di visitare un qualsiasi monumento. Lo trovo un trattamento svilente e francamente brutto, quindi ben venga il “Ritratto di uomo anziano” conosciuto solo da chi di settore.
    Ho trovato invece molto interessante la riflessione su “La veduta di Delft”, soprattutto nel merito dei fiamminghi nel riportare al centro la semplicità e bellezza della realtà secondo una narrativa descrittiva. Tutti sono consapevoli del delicato periodo storico di questo XXI secolo, lacerato da guerre, crisi climatica, catastrofi naturali e così via, perciò mi sento di poter un minimo empatizzare col contesto bellico che l’Olanda si trovava ad affrontare in quel tempo. Per bilanciare l’incertezza e la paura è necessario trovare qualcosa di sereno e calmo, che ci incanti con la quotidianità in sicurezza che tanto desideriamo riavere. Ecco perché una veduta di quiete risulta più magnetica dello sguardo di una bella ragazza, a parità di maestria. Probabilmente qualche anno fa avrei scelto “La ragazza con l’orecchino di perla” se avessi avuto la possibilità di ammirarla, ma ad oggi la tranquillità che mi trasmette quella veduta è insuperabile.

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  12. Camilla Fabbri LABA   21 Gennaio 2024 at 10:31

    L’autore inizia contemplando la sua predilezione per “La Veduta di Delft” di Johannes Vermeer rispetto alla più diffusa “Ragazza con l’orecchino di perla”.
Tale preferenza è motivata da influenze letterarie, come la lettura della “Recherche” di Proust, che sottolinea l’importanza dei dettagli nella percezione artistica. 
L’autore associa la precisione dei pittori olandesi alla volontà di catturare il mondo con la stessa accuratezza di uno specchio o di un microscopio, collegando ciò al pensiero di Spinoza.

    L’articolo passa poi a esaminare la metamorfosi della “Veduta di Delft” in un’icona artistica contemporanea, soppiantata dalla fama della “Ragazza con l’orecchino di perla”.

    La mostra a Bologna viene descritta come un esempio di questo fenomeno, evidenziando il potere delle icone nella società moderna.
    
Pur esprimendo dissenso per l’utilizzo kitsch dell’immagine della Ragazza, l’autore riconosce la sua rappresentatività nella società fluida di oggi.

    La riflessione si sposta poi sulla mostra stessa a Bologna, sottolineandone il valore in termini di intertestualità e l’eccellenza delle opere esposte. Tuttavia, l’autore suggerisce che la preminenza della bellezza legata alla giovinezza potrebbe ristagnare la percezione di opere più antiche e intricate, come il ritratto di Rembrandt.

    In conclusione, l’autore pondera sulla centralità della Ragazza nel panorama artistico contemporaneo e sulla sfida che la bellezza tradizionale affronta nell’era dell’iconografia mediatica.

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  13. Alessio Ponzetto   21 Gennaio 2024 at 10:42

    Johannes Vermeer è un maestro straordinario nell’arte della pittura. La sua capacità di catturare momenti intimi e quotidiani con una precisione e una grazia senza pari è davvero affascinante. La luce nelle sue opere è quasi magica, creando atmosfere che sembrano quasi palpabili.
    La ”Ragazza con l’orecchino di perla” essendo una dei dipinti più famosi del pittore è un esempio stupefacente, raffigura una giovane donna di profilo con un turbante blu e un grande orecchino di perla.
    La luce che cade sulla ragazza crea un effetto suggestivo, facendo risaltare il suo volto e l’orecchino. La sfumatura dei toni bianchi e blu contribuisce alla delicata bellezza dell’opera.
    L’espressione misteriosa della ragazza ha suscitato molte interpretazioni e il dipinto è spesso paragonato al lavoro di Leonardo da Vinci per la sua maestria nel ritrarre il volto umano.
    In generale, Vermeer mi affascina per la sua abilità nel trasformare scene quotidiane in opere d’arte straordinarie. La sua maestria nella tecnica, la sensibilità alla luce e la capacità di catturare l’essenza di ogni momento rendono il suo contributo all’arte senza tempo e senza pari.

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  14. Alice Turchini LABA   21 Gennaio 2024 at 12:08

    La centralità attribuita alla giovinezza, come manifestato nella celebre opera “La ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer, riflette le preferenze della società, fortemente influenzate dalle immagini diffuse dai mezzi di comunicazione di massa, dalla moda, dalle riviste e dai social media. Nell’attuale contesto sociale, solo ciò che risponde a determinati standard estetici diventa “famoso” e un’icona in svariati settori, dall’arte e la musica al cinema.
    Questo fenomeno si manifesta anche nell’ambito artistico, come evidenziato dal confronto tra due capolavori di artisti diversi: “La ragazza con l’orecchino di perla” (difficile da non aver mai visto) e un dipinto di Rembrandt raffigurante un vecchio, che rimane in gran parte sconosciuto a chi non ha una conoscenza approfondita della storia dell’arte. Tale situazione rappresenta una significativa problematica derivante dalla semplificazione e commercializzazione eccessive dell’arte.
    L’accento posto sulle icone può portare a una comprensione superficiale dell’arte, trascurando opere più complesse e significative presenti in una mostra. Ciò solleva interrogativi sulla priorità assegnata all’accessibilità immediata rispetto alla ricchezza artistica e al valore intrinseco delle opere.
    Il problema sorge dal fatto che, simile al settore musicale, nell’arte viene spesso considerato “migliore” ciò che è più “commerciale” e attraente. Questo atteggiamento valutativo implica che se si scegliesse di promuovere un’opera come il dipinto di Rembrandt raffigurante un vecchio sulla copertina di un evento artistico, probabilmente solo i veri appassionati d’arte sarebbero inclini a partecipare, sottolineando così la sfida di rompere gli stereotipi e la preferenza per ciò che è più popolare.

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    • Roberta De Vito LABA   21 Gennaio 2024 at 15:18

      Ciao Alice, il tuo commento solleva una questione cruciale e profondamente inquietante riguardo le preferenze culturali e artistiche della società contemporanea, evidenziando una triste realtà: la prevalenza di una gioventù eterna e idealizzata rispetto alla rappresentazione della maturità e della profondità dell’esperienza umana nell’arte.

      La dominanza della “Ragazza con l’orecchino” di Vermeer nell’immaginario collettivo, amplificata dai mezzi di comunicazione di massa e dalla cultura popolare, riflette un’ossessione per la giovinezza che permea la nostra società. Questa tendenza a idolatrare l’eterna giovinezza, spesso a scapito di valori più profondi e significativi, è particolarmente preoccupante. Essa non solo distorce la nostra percezione dell’arte, ma riduce anche la nostra capacità di apprezzare la complessità e la ricchezza dell’espressione umana in tutte le sue forme.

      Il confronto tra la celebre opera di Vermeer e un dipinto di Rembrandt che ritrae un vecchio illustra questa problematica in modo chiaro. Mentre l’opera di Vermeer è diventata un’icona ampiamente riconosciuta, il dipinto di Rembrandt, che rappresenta una profonda esplorazione dell’anzianità e della riflessione, rimane relativamente sconosciuto al grande pubblico. Questa discrepanza non è solo un riflesso delle preferenze estetiche, ma sottolinea anche una più ampia tendenza culturale che valorizza l’apparenza superficiale rispetto alla sostanza e alla profondità emotiva. Questa tendenza alla commercializzazione eccessiva dell’arte, che privilegia ciò che è immediatamente accessibile e visivamente attraente, marginalizzando così opere che non si conformano a questi standard, rischia di impoverire il nostro patrimonio culturale e artistico.

      In questo contesto, è fondamentale riconoscere l’importanza di rompere gli stereotipi e sfidare le preferenze dominanti, dando spazio e visibilità anche a quelle opere che esplorano temi più maturi e complessi. Solo così possiamo sperare di arricchire il nostro dialogo culturale e promuovere una comprensione più profonda dell’arte e dell’esperienza umana in tutta la sua varietà e complessità.

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  15. Nicolò Furlani LABA   21 Gennaio 2024 at 13:17

    La Veduta di Delft di Vermeer e il ritratto di Rembrandt sono due opere d’arte che rappresentano la maestria della pittura olandese del Seicento. La precisione di Vermeer nell’osservazione della realtà quotidiana e la profondità espressiva di Rembrandt nei ritratti, entrambe contribuiscono a definire il periodo d’oro dell’arte olandese. La mostra di Bologna incentrata sulla Ragazza con l’orecchino evidenzia il potere delle icone nell’arte contemporanea. Personalmente, trovo che la Veduta di Delft di Vermeer sia un’opera d’arte straordinaria. L’artista ha catturato la luce in modo magistrale, trasformando la vista della città in una scena serena e ordinata. La sua attenzione ai dettagli e la capacità di rendere le atmosfere di vita quotidiana riflettono una ricerca della bellezza in dettagli apparentemente ordinari. D’altra parte, il ritratto di un vecchio di Rembrandt del 1667 offre un contrasto notevole. La forza espressiva del volto del vecchio, la cura nei dettagli delle caratteristiche età, la trascuratezza degli abiti e la tecnica pittorica eterogenea creano un ritratto potente e coinvolgente. Rembrandt riesce a catturare non solo l’aspetto fisico del soggetto ma anche la sua interiorità, creando un’opera che va oltre la superficie estetica e si addentra nelle complessità umane. Entrambe le opere menzionate, seppur con stili e intenti diversi, sono rappresentative della maestria della pittura olandese del Seicento. La precisione di Vermeer nell’osservazione della realtà quotidiana e la profondità espressiva di Rembrandt nei ritratti, entrambe contribuiscono a definire il periodo d’oro dell’arte olandese.

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  16. Roberta De Vito LABA   21 Gennaio 2024 at 14:58

    L’analisi offerta nell’articolo sui capolavori di Vermeer è effettivamente profonda e multiforme. L’approccio del professor Cantoni, che intreccia la propria esperienza personale con una visione più ampia dell’impatto culturale delle opere, fornisce un accesso ricco e sfaccettato alla comprensione delle opere di Vermeer, in particolare la “Ragazza con l’orecchino” e la “Veduta di Delft”. L’uso di Proust come riferimento letterario per comprendere Vermeer è illuminante. È vero che entrambi, nella loro rispettiva forma d’arte, mostrano una dedizione quasi ossessiva per i dettagli e una ricerca della profondità emotiva. Questo accostamento tra letteratura e pittura ci ricorda come l’arte, in tutte le sue forme, sia un tentativo di catturare e comunicare l’essenza dell’esperienza umana, spesso concentrando l’attenzione sui dettagli più minuti per rivelare verità più ampie.

    La discussione sull’arte olandese del XVII secolo, con riferimenti a Gombrich e Nadler, apre una finestra sul contesto storico e culturale che ha plasmato le opere di Vermeer. Il collegamento tra l’esplorazione marittima dell’Olanda e la sua arte riflette una più ampia tendenza verso la scoperta e la rappresentazione fedele del mondo, un aspetto che Vermeer e i suoi contemporanei hanno magistralmente incorporato nelle loro opere.
    L’interpretazione di Svetlana Alpers dell’arte come descrittiva solleva punti interessanti. Vermeer, in effetti, supera una mera riproduzione della realtà. Le sue opere, pur essendo ancorate a scene quotidiane, sono intrise di significati emotivi e simbolici, che trasformano il banale in straordinario. Questo è il vero potere dell’arte di Vermeer: la capacità di trovare e rivelare la bellezza e il significato nascosti nella vita di tutti i giorni.

    Uno degli aspetti più notevoli dell’articolo è il confronto tra la pittura di Vermeer e quella di Rembrandt. Vermeer è noto per la sua capacità di catturare momenti di tranquillità e bellezza quotidiana, utilizzando la luce in modo delicato e preciso per enfatizzare dettagli sottili. Questo si riflette chiaramente nella “Ragazza con l’orecchino di perla”, dove il volto della ragazza, il suo sguardo leggermente sorpreso e l’orecchino luminoso catturano tutta la nostra attenzione. Il modo in cui Vermeer gioca con la luce e l’ombra rende la scena quasi magica, trasportando lo spettatore in un momento eterno di bellezza giovanile. D’altra parte, Rembrandt, un contemporaneo di Vermeer, aveva uno stile molto diverso. Come evidenziato nell’articolo, l’opera di Rembrandt citata, che ritrae un vecchio, mostra un approccio più crudo e realistico. Rembrandt non si tirava indietro nel rappresentare l’età, le emozioni grezze e la profondità dell’esperienza umana. Questa differenza di stili tra i due artisti è significativa: mentre Vermeer ci presenta una realtà raffinata e idealizzata, Rembrandt non esita a esplorare la natura imperfetta e vulnerabile dell’umanità.

    Questa distinzione tra i due artisti solleva interessanti domande sulle preferenze estetiche e culturali nel tempo. Nella società contemporanea, dove l’immagine e l’apparenza hanno un ruolo predominante, non sorprende che la “Ragazza con l’orecchino di perla” sia diventata un’icona, mentre opere più meditative e forse meno immediatamente accattivanti come quelle di Rembrandt rimangono apprezzate ma meno celebrate nel mainstream.
    Il contesto storico e culturale influenza la nostra percezione dell’arte. L’articolo sottolinea la rilevanza duratura delle opere di Vermeer e Rembrandt, pur evidenziando le differenze nelle loro accoglienze contemporanee. Apprezzo questa riflessione, poiché ci ricorda che la bellezza e il significato nell’arte sono fluidi e possono variare notevolmente a seconda del tempo e della prospettiva.

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  17. eros laba   21 Gennaio 2024 at 16:39

    La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer è un’opera che ha superato i confini del tempo diventando un’icona moderna. Il volto enigmatico della ragazza, con il suo sguardo penetrante e appunto l’orecchino, hanno il potere di catturare l’attenzione e stimolare la curiosità degli osservatori moderni, infatti questa immagine è stata sempre di più rielaborata e riproposta da vari artisti contemporanei. Nell’articolo mi è piaciuto molto il parallelismo con il ‘’ Ritratto di uno anziano’’ di Rembrandt, anche se i due artisti sono impeccabili a livello tecnico, e i quadri per certi versi sembrano somigliarsi, la maggior parte delle persone, se non tutte, adorano e ammirano solamente l’opera di Vermeer. Non c’è effettivamente nulla di sbagliato in questo, però è un esempio di come la cultura generalista ragiona, preferendo sempre il nuovo rispetto al vecchio.

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  18. Nicole Pieri   21 Gennaio 2024 at 17:49

    Cos’è un’icona? In greco, “icona” si traduce in “eikòn”, che significa immagine, e nella lingua greca si utilizzano diverse parole per delineare questo concetto: “eidolon” (forma-aspetto), “phàsma” (figura-immagine-apparizione), “eikònikos” (ritratto), “typos” (immagine-modello).

    La parola “eidola”, utilizzata da Democrito per descrivere le immagini generate dagli atomi provenienti dai corpi, viene associata dallo stesso Democrito, al concetto delle statue degli dei. Queste statue secondo Democrito, si manifestano agli uomini, annunciando il futuro e comunicando con loro. Da ciò emerge chiaramente che intorno al concetto di immagine si lega da subito anche un senso di misticismo, elemento cruciale per comprendere la storia dell’icona.

    L’icona, “eikòn”, dal punto di vista etimologico, attinge a una radice che esprime l’idea di somiglianza, sia come rappresentazione reale che psichica. Secondo Platone l’icona, in quanto somigliante al reale, ci allontana dal vero; le icone possono, in tal modo, divenire strumenti ingannevoli, poiché la loro potente illusione sensoriale ed emotiva può facilmente essere scambiata per la realtà stessa. Nella metafora della caverna, l’icona è rappresentata dalle ombre proiettate sulla parete, e tali icone possono suscitare sentimenti intensi, corrompendo gli individui più vulnerabili, come i fanciulli e gli sciocchi.

    L’icona, dapprima mistica in Democrito e poi elemento di inganno in Platone, nel contesto cristiano acquisisce ulteriori strati di significato. Il volto di Cristo diviene l’archetipo dell’icona, una finestra verso la divinità. L’icona funge da medium, connettendo il trascendente con il quotidiano, manifestando la sacralità attraverso il linguaggio delle immagini.
    Questa potente simbologia trova forti resistenze storiche con gli iconoclasti; le loro chiese, apparentemente ricche di immagini, sono prive però di valore simbolico religioso. L’iconoclastia rifiuta l’icona come intermediaria, cercando piuttosto una connessione diretta con la divinità.

    Tutto ciò sottolinea quanto siano incisive le immagini sulla psiche umana, e ancor di più le icone, utilizzate sia per esplorare mondi ultraterreni, o definite mezzo d’idolatria, o percepite come strumenti di inganno per menti fragili.
    Nel corso del tempo, l’icona nell’arte ha perduto la sua connotazione cristiana, ma forse non la sua caratteristica intrinseca di immagine ‘mistica’, misteriosa.
    La scuola psicoanalitica ha approfondito il valore simbolico dell’immagine, sostenendo che essa si trasforma in icona quando incide profondamente nella psiche, con la sua frequenza, la sua carica emotiva e la sua capacità di evocare significati simbolici.

    Così, anche la “Donna con l’Orecchino di Perla”, pur non essendo un’immagine sacra, si trasforma in un’icona nell’arte, incanalando il mistero attraverso il suo volto enigmatico, immortalato dall’obiettivo di Vermeer.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   21 Gennaio 2024 at 18:38

      Molto precisa la presentazione etimologica del concetto di icona. Io penso che hai ragione: oggi “l’effetto icona” aldilà delle ovvie correlazioni con gli immaginari creati dai mass moda e media, rappresenti per la nostra mente la lamella di sacro sopravvissuta alla crisi delle istituzioni religiose.

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  19. Sara Cadegiani LABA   21 Gennaio 2024 at 18:12

    La “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer è indubbiamente una delle opere più celebri del pittore olandese. La luce delicata e la maestria tecnica di Vermeer sono evidenti in questo dipinto, con la ragazza che cattura lo spettatore con uno sguardo enigmatico e malinconico. La resa della perla e dei dettagli dell’abbigliamento è straordinaria, conferendo al dipinto un’eleganza senza tempo.
    Tuttavia, una possibile critica potrebbe sorgere riguardo alla mancanza di una narrativa chiara o di un contesto più ampio nel dipinto. La ragazza sembra sospesa in uno spazio indefinito, il che potrebbe risultare frustrante per chi cerca un significato più profondo o una storia dietro la figura ritratta. La mancanza di interazione con l’ambiente circostante potrebbe rendere il dipinto un po’ statico per alcuni spettatori, che potrebbero preferire opere più narrative o coinvolgenti.
    Rispetto a Vermeer, un confronto potrebbe essere fatto con un altro grande pittore olandese del periodo, Rembrandt.
    Mentre Vermeer è noto per la sua precisione e la sua attenzione ai dettagli, Rembrandt spicca per la sua abilità nell’esplorare la profondità emotiva e la psicologia dei suoi soggetti. Le opere di Rembrandt, come “La ronda di notte” o “Ritratto di Marten Soolmans e Oopjen Coppit”, sono caratterizzate da una ricchezza di dettagli e da una profondità psicologica che coinvolge lo spettatore in modo più intenso.
    La sua tecnica pittorica più audace e talvolta “imperfetta” rispetto a quella di Vermeer. Le sue opere sono spesso più cupe e più sfumate, e alcuni critici potrebbero sostenere che la sua tendenza a una resa più “grezza” potrebbe mancare della perfezione estetica che si trova nei dipinti di Vermeer.
    Mentre Vermeer eccelle nella perfezione tecnica e nella creazione di immagini di grande bellezza formale, Rembrandt si distingue per la sua profondità emotiva e la sua abilità nel catturare l’anima umana. Entrambi i pittori, tuttavia, hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte olandese.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   21 Gennaio 2024 at 18:44

      Molto bene Sara. Io preferisco esagerare e quindi affermo che pittori olandesi del ‘600 hanno lasciato una impronta indelebile nella Storia dell’arte occidentale fino agli impressionisti,un po’ meno dopo le avanguardie storiche.

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  20. Filippo Bruno LABA   21 Gennaio 2024 at 18:23

    L’opera di Vermeer e Rembrandt si svela come un coinvolgente contrasto tra due maestri del Seicento olandese, ognuno distinto per il suo peculiare modo di catturare la bellezza. Penso che Vermeer, con la sua celebre “Ragazza con l’orecchino di perla”, incarni l’estetica della raffinatezza e della grazia, riuscendo a trasmettere un’eleganza straordinaria grazie alla sua capacità di giocare con la luce in maniera quasi fotografica.

    Da parte sua, Rembrandt, con la sua abilità nel ritrarre dettagli espressivi, penso che offra uno sguardo più realistico e “terreno” sull’idea di bellezza: un perfetto esempio è il suo “Ritratto di un vecchio”, che colpisce per la sincera e profonda esperienza umana che riesce a trasmettere.

    Possiamo dire che Vermeer, con la “Ragazza con l’orecchino di perla”, incarna una bellezza ideale e atemporale, suscitando un senso di perfezione e purezza; al contrario, Rembrandt, attraverso la sua rappresentazione di volti segnati dal tempo e dalla vita, celebra una bellezza più matura e complessa che trascende i canoni convenzionali.

    È affascinante notare come questi due maestri abbiano forse influenzato il corso dell’arte attraverso i secoli. Ad esempio, secondo me, si può ritrovare nell’opera del pittore francese Edgar Degas, una certa reminiscenza delle capacità di analisi introspettiva caratteristica di Rembrandt: le opere di Degas riflettono un interesse simile per la complessità umana, sfumando i confini tra la bellezza ideale e la realtà della vita quotidiana.
    Allo stesso modo, il pittore francese Édouard Manet, con opere come “Olympia”, ha reinterpretato l’idea di bellezza idealizzata influenzato dalle rappresentazioni di Vermeer, provocando scandalo ma contribuendo allo stesso tempo a ridefinire i canoni estetici.

    In conclusione, Vermeer e Rembrandt, pur appartenendo allo stesso contesto storico e culturale, incarnano visioni contrastanti di bellezza, delineando un dialogo tra estetica ideale e realismo umano che rende il periodo d’oro della pittura olandese un capitolo straordinario nella storia dell’arte.

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  21. Francesco Giacomucci LABA   21 Gennaio 2024 at 19:07

    L’articolo elogia la precisione dei pittori fiamminghi nell’osservare la natura. La “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer è descritta come un’icona con uno sguardo seducente, simbolo di un periodo storico durante la guerra d’Olanda. “La veduta de l’Aja” ha riscoperto le opere di Vermeer nel XIX secolo. Vermeer è elogiato per la sua capacità di trasformare scene quotidiane in opere senza tempo attraverso la maestria tecnica e la sensibilità alla luce.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   21 Gennaio 2024 at 22:26

      Non posso certo elogiare la tua precisione: dove hai letto che la ragazza con l’orecchino è un simbolo di un periodo storico durante la guerra d’Olanda? La veduta de l’Aja non è un quadro di Vermeer, forse è una foto che hai visto su qualche rivista.
      Quella che chiami guerra d’Olanda è conosciuta come la guerra degli ottant’anni (ribellione delle Provincie Unite contro il dominio degli spagnoli cominciata nel 1568 è terminata nel 1648 con il trattato di Vestfalia). Probabilmente volevi dire che sembra strano che quasi tutti i quadri prodotti dai pittori olandesi con il Paese costantemente sotto assedio, esplorassero generi e temi come l’intimità familiare, l’espressività focalizzata sui sentimenti privati, feste di paese, osterie intasate da ubriaconi, nature morte, paesaggi, foreste… Durante la vita di Vermeer l’Aja era la sede del governo della Repubblica delle Province Unite. Probabilmente in qualche occasione il pittore l’ha visita; tuttavia le sue opere furono dipinte a Delf città nella quale era nato e vissuto.

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  22. NiccoZ LABA   21 Gennaio 2024 at 20:48

    Analisi ferrata su un confronto iniziale tra “La veduta di Delft” e “La ragazza con l’orecchino di perla”, andando a constatare come in entrambe venga costantemente ricercata e sottolineata l’importanza dei dettagli, come cita e paragona infatti l’articolo, come fosse la necessità di uno scrittore nell’utilizzare parole ricercate e adatte per impreziosire i suoi testi, Vermeer ricerca invece i dettagli nelle sue opere. Questo paragone è nato grazie all’interesse dell’autore dell’articolo nel vedere dal vivo questa prima opera, interesse scaturito dallo scrittore francese, Proust in “Recherche” , ove ricercava termini colti proprio come Vermeer ricercava il dettaglio.
    L’attenzione si sposta poi su ” La ragazza con l’orecchino di perla” ; si parla di come questa opera col passare del tempo sia diventata un vera e propria icona nella storia dell’arte, andando infatti per esempio ad “interrogare” persone non ferrate in materia, andranno ad accostare quest’opera al fianco della “Gioconda”, “L’ultima cena” e “La notte stellata”; viene analizzato quindi come un’opera diventi un’icona.
    Un dipinto sicuramente ben curato e dettagliato, ovviamente grazie alla precisione e alle ricerche di Vermeer, ma la fama iconica di quest’opera nasce dalla fotogenia e alla adattabilità al gusto moderno e contemporaneo; mi aggancio infatti all’articolo dove viene messa in discussione, traendone un fine positivo, l’impatto e importanza che “La ragazza con l’orecchino di perla” ha avuto nell’industria editoriale e nella sua popolarità a livello mondiale, infatti tale opera mi è stata presentata negli anni passati, da modificare per un progetto rendendola una modella da copertina di un brand di alta moda, rendendomi quindi anch’io conto in prima persona della potenza mediatica dovuta al gusto moderno che quest’opera ha.

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  23. Riccardo Carbonari LABA   21 Gennaio 2024 at 21:14

    L’articolo esplora con passione l’arte di Vermeer e Rembrandt, illuminando le diverse percezioni della bellezza e del valore artistico. Viene messa in evidenza la fascinazione per “La veduta di Delft” di Vermeer, un’opera che simboleggia un’intersezione tra arte e filosofia, profondamente influenzata dalla letteratura e dalla storia culturale. Interessante è la trasformazione della “Ragazza con l’orecchino di perla” in un’icona culturale moderna, una testimonianza di come l’arte possa essere influenzata e modellata dalla cultura di massa e dai media. Questa opera, paragonata alla Gioconda, rivela come la società attuale tenda a valorizzare l’immagine superficiale piuttosto che la sostanza artistica. In netto contrasto, l’articolo presenta un ritratto di Rembrandt di un anziano, sottolineando come la sua eccellenza tecnica non abbia ricevuto lo stesso riconoscimento popolare. Questo solleva questioni sulle tendenze estetiche contemporanee che privilegiano la giovinezza e l’attrattiva immediata. In conclusione, l’articolo offre una riflessione sulla percezione e sull’apprezzamento dell’arte nella società moderna, evidenziando come spesso si tenda a privilegiare l’estetica superficiale a discapito di temi più profondi e maturi.

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  24. Manuela Guida LABA   21 Gennaio 2024 at 23:14

    Entrambi Johannes Vermeer e Rembrandt van Rijn sono maestri indiscussi della pittura olandese del XVII secolo, ma il loro approccio artistico è notevolmente diverso.
    Vermeer è celebre per la sua attenzione straordinaria ai dettagli, alla luce e alla rappresentazione della vita quotidiana. La sua abilità nel catturare l’atmosfera e le sfumature di luce nelle sue opere è straordinaria, e la precisione tecnica con cui dipinge è evidente. “La veduta di Delft” è un esempio magistrale della sua abilità nel creare atmosfere serene e dettagliate. Tuttavia, alcuni potrebbero sostenere che la sua opera, nonostante la sua maestria tecnica, possa risultare fredda o distante, mancando di una certa profondità emotiva riscontrabile in altri artisti del periodo.

    Rembrandt, d’altra parte, è noto per la sua maestria nella ritrattistica e nell’uso innovativo della luce e delle ombre. La sua abilità nel catturare l’espressione umana e nell’esplorare l’aspetto psicologico dei suoi soggetti è senza pari. “La ronda di notte” è un esempio straordinario di come Rembrandt possa rendere vivida l’azione e le emozioni attraverso l’uso della luce. Tuttavia, il suo stile più “pittorico” e meno dettagliato rispetto a Vermeer potrebbe non essere apprezzato da chi cerca un approccio più preciso alla pittura.
    Personalmente, apprezzo l’abilità di entrambi gli artisti, ma penso che la preferenza tra Vermeer e Rembrandt dipenda dalle preferenze individuali. Mentre Vermeer mi affascina con la sua precisione e la sua capacità di catturare momenti tranquilli, trovo la profondità psicologica e l’espressività di Rembrandt altrettanto affascinanti. In definitiva, la scelta tra i due dipende da quale aspetto della pittura si consideri più significativo: la precisione dettagliata o l’espressività emotiva.

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  25. Celeste LABA   22 Gennaio 2024 at 00:10

    Personalmente, trovo l’analisi sull’evoluzione delle opere d’arte in icone contemporanee nell’articolo, davvero affascinante. Il modo in cui, “La Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer sia diventata celebre su scala globale, non solo come un capolavoro estetico, ma anche come un simbolo culturale pervasivo, presente in contesti come il cinema e la moda.
    Il dipinto, inizialmente un’opera d’arte, ha subito una trasformazione notevole, crescendo oltre il suo ruolo originario per diventare un’icona culturalmente riconosciuta. Questa trasformazione non rappresenta solo una reinterpretazione artistica, ma un’evoluzione della creazione artistica in un simbolo culturalmente rilevante.
    La mostra a Bologna, mettendo in primo piano “La Ragazza”, suscita una riflessione più ampia sulle dinamiche culturali e sulla capacità delle opere d’arte di resistere al trascorrere del tempo, diventando parte integrante del nostro patrimonio visivo collettivo. La metamorfosi dell’arte in icona sembra indicare una ricerca di connessione emotiva e di identificazione da parte del pubblico, suggerendo che la bellezza dell’opera d’arte può sintonizzarsi con il gusto estetico contemporaneo.

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    • tb   20 Febbraio 2024 at 19:47

      è certamente affascinante il modo in cui certe opere, come “La Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer, possono trasformarsi in simboli culturali pervasivi.
      È stimolante osservare come un’opera d’arte possa superare il suo ruolo originario e diventare una presenza riconosciuta a livello globale, influenzando non solo l’ambito artistico ma anche settori come il cinema e la moda. Si tocca una questione importante: la capacità delle opere d’arte di resistere al trascorrere del tempo e diventare parte integrante del nostro patrimonio visivo collettivo.
      La trasformazione dell’arte in icona sembra indicare una ricerca di connessione emotiva e identificazione da parte del pubblico, segnalando la possibilità che la bellezza di un’opera d’arte possa trovare riscontro nel gusto estetico contemporaneo.

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  26. Cecilia Ruffini LABA   22 Gennaio 2024 at 13:17

    Vermeer e Rembrandt condividono la stessa epoca storica e geografica, le loro differenze stilistiche e concettuali sono assai pronunciate.
    Il dipinto “La ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer è intriso di una luminosità eterea e di una raffinatezza cromatica che definisce a pieno il suo stile. La scena rappresentata è immersa in una quiete contemplativa, con la ragazza in primo piano che fissa lo spettatore con uno sguardo enigmatico\seducente e lo sfondo nero che le dona ancora più lucentezza. Il bagliore arriva delicato e cade sulla figura della giovane e la perla che adorna il suo orecchio sono esempi della meticolosità tecnica di Vermeer, che si traduce in una pittura che a parer mio si potrebbe definire quasi fotografica.
    D’altra parte invece, il “Ritratto di uomo anziano” di Rembrandt si distingue per la sua profondità emotiva ben evidente e la pennellata vigorosa. Il volto rugoso e segnato dall’età del protagonista cattura l’essenza di una vita vissuta, mentre l’uso del chiaroscuro accentua il dramma e la tridimensionalità. Rembrandt senza ombra di dubbio si distingue per la sua abilità nell’esplorare le sfumature psicologiche dei suoi soggetti, regalando loro una presenza tangibile sulla tela.
    Ora mi vorrei concentrare sul concetto d’icona che, nel contesto contemporaneo, assume un significato ben diverso rispetto all’epoca del ‘600 di Vermeer e Rembrandt. Oggi, spesso associamo l’icona a immagini digitali che rappresentano concetti o marchi. Questo contrasta con il concetto di icona nel XVII secolo, dove opere d’arte erano spesso commissariate per commemorare persone o eventi importanti, soprattutto religiosi. In un’epoca di pura manipolazione digitale – che si spacca a metà in positività e in negatività -, l’icona contemporanea può sembrare più effimera e priva di profondità, a differenza delle opere dei maestri olandesi che sono intrise di significati più profondi e duraturi.

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  27. achille   22 Gennaio 2024 at 16:55

    affermando di essere già a conoscenza del capolavoro di Jan Vermeer, la “Ragazza con l’orecchino di perla” anche conosciuta come la “Ragazza col turbante”, forse perché, proprio come cita il prof. L. Cantoni, grazie alla sua straordinaria somiglianza a uno scatto di moda contemporaneo abbatte le barriere temporali, affascinando gli spettatori, dal più sapiente, in ambito artistico, a quello meno.
    L’opera risale al XVII secolo, pregna di eleganza e raffinatezza, riesce a sfidare il tempo, creando un collegamento suggestivo tra il passato e il presente.
    Quando mi immergo in questo dipinto, faccio fatica a pensare che risale a III secoli e mezzo fa, la grazia della ragazza col turbante sembra anticipare l’estetica attuale, come se Vermeer avesse intuito il linguaggio visivo della moda ancor prima della sua comparsa.
    La raffinata tecnica di Vermeer si manifesta nella modellazione del tessuto e nella resa vibrante della perla, dettagli che conferiscono al dipinto una profondità straordinaria. La luce, sapientemente gestita dall’artista, accresce ulteriormente la sua bellezza, catturando lo spettatore in un gioco di tonalità e sfumature.
    Personalmente, trovo affascinante come “Ragazza con l’orecchino di perla” riesca a suscitare un senso di connessione emotiva. Ogni dettaglio rappresenta un elemento chiave nella rappresentazione del dipinto, dalla piega del turbante alla luminosità degli occhi.
    In conclusione, la “Ragazza col Turbante” va oltre la sua funzione di puro oggetto artistico, diventando un simbolo di bellezza eterna, non a caso numerosi professionisti, in ambito comunicativo, cercano di replicare il capolavoro di Vermeer. Wycon, azienda italiana produttrice di cosmetici, fece una pubblicità di un loro prodotto (matita da labbra) replicando il soggetto del dipinto di Vermeer proprio per i motivi sopra elencati (somiglianza a uno scatto di moda contemporaneo…).
    La sua capacità di attraversare le epoche, mantenendo intatto il suo fascino, la rende un’opera straordinaria che continua a ispirare e affascinare generazioni di spettatori.Al pari di opere altrettanto importanti come “La Gioconda”, “Notte Stellata”, “Il Bacio”… è spesso considerata un “icona” della parola arte.

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  28. Arianna Filippucci   28 Gennaio 2024 at 23:51

    Spinoza ha elaborato la sua filosofia in seguito alla Rivoluzione Scientifica, in cui venne messa in discussione la visione del mondo imposta da Aristotele, la quale fu approvata dalla Chiesa Cristiana.
    La filosofia di Spinoza riprende la visione Panteistica affermatasi da Giordano Bruno, esponendo il concetto “Deus sive natura” ovvero l’esistenza di Dio si manifesta in ogni materia presente in natura emanando la sua potenza mediante la manifestazione delle leggi naturali per regolare l’universo.
    Il pensiero di Spinoza nega l’antropocentrismo e il sistema finalistico, ovvero l’idea che l’uomo è libero poiché è al centro dell’universo, quest’idea venne sostituita dalla concezione meccanicistica, la quale prevede che in natura tutto accade per la relazione tra causa ed effetto.
    La visione Panteistica si manifesta nell’arte olandese del 1600, in cui vengono rappresentati numerosi dipinti raffiguranti un paesaggio assai accattivante, mettendo in luce l’immensità e il mistero che si nasconde dietro ogni singolo elemento della natura, ma oltre a dipinti riguardanti paesaggi vennero realizzati anche ritratti o scene di vita quotidiana.
    Provo una forte ammirazione verso le rappresentazioni di ambientazioni naturali, ma non mi stupisce se al giorno d’oggi venga data più importanza ai quadri raffiguranti giovani donne come “La ragazza col turbante” di Vermeer, I quadri come questo sono usati per puro scopo consumistico come fonte di guadagno, poiché l’uomo è attratto dalla bellezza giovanile essendo ossessionato di raggiungere la bellezza canonica impostata dalla società, che possa durare in eterno e non si deteriori con il passare del tempo, molto probabilmente è per questo motivo che l’uomo anziano rappresentato da Rembrandt non è apprezzato quanto la giovane ragazza.

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  29. Gabriele Brilli LABA   29 Gennaio 2024 at 09:16

    Johannes Vermeer e Rembrandt van Rijn, due giganti dell’arte olandese del XVII secolo, hanno plasmato il panorama artistico con le loro opere senza tempo e il loro contributo duraturo alla storia dell’arte. Benché operassero contemporaneamente nella stessa epoca e nello stesso paese, i due artisti erano profondamente distinti nei loro stili, nelle loro tecniche e nella visione del mondo che traspariva dalle loro opere.
    Partiamo dall’artista più enigmatico, Johannes Vermeer, spesso definito il “pittore della luce”. La sua produzione artistica, sebbene relativamente limitata con soli 34 dipinti attribuiti a lui, è di una qualità straordinaria. Nato nel 1632 a Delft, Vermeer lavorava in un periodo noto come l’età d’oro olandese, caratterizzato da prosperità economica e fervente attività artistica. Tuttavia, mentre altri pittori del suo tempo si concentrano su paesaggi, ritratti o nature morte, Vermeer sviluppò un approccio distintivo, dedicandosi principalmente alle scene domestiche e agli interni.
    I capolavori di Vermeer, come “La Ragazza con l’orecchino di perla” e “La Donna alla Spinetta”, rivelano la sua straordinaria abilità nel catturare la luce e la delicatezza delle superfici. La sua tecnica pittorica è quasi fotografica, con uno studio attento dei dettagli e una precisione che trasmette un senso di realismo senza pari. La luce che filtra attraverso una finestra, la morbidezza di un tessuto o la lucentezza di una perla sono tutti resi con una maestria straordinaria, evidenziando l’attenzione ossessiva di Vermeer per la qualità della luce e la sua capacità di trasformare l’ordinario in straordinario.
    La sua abilità nel ritrarre la vita quotidiana in un modo così intimo e affascinante è una delle caratteristiche più affascinanti del suo lavoro. Le donne nelle sue opere sembrano essere catturate in momenti di riflessione silenziosa, trasmettendo un senso di mistero e intrigo. La “Ragazza con l’orecchino di perla”, con il suo sguardo penetrante e il gioiello che cattura la luce in modo magico, è diventata un’icona universale di grazia e bellezza. Come afferma l’autore dell’articolo la Veduta di Delft non è più il quadro icona di Vermeer. Presso il largo pubblico il suo posto è stato preso dalla Ragazza con l’orecchino di perla.
    E quindi mi domando, perché La ragazza con l’orecchino di perla è diventata un’icona del nostro tempo?
    Si tratta di un’immagine di donna adattabile al gusto contemporaneo o se posso aggiungere anche per gente che non ne capisce niente di arte (opinione personale)
    La ragazza con l’orecchino di perla,, è diventata un’icona del nostro tempo grazie alla sua bellezza atemporale e alla maestria artistica di Vermeer. La luce, la composizione e l’enigmatica espressione della ragazza catturano l’immaginazione, trasformando l’opera in un simbolo di grazia e mistero che continua a resonare attraverso i secoli.
    E qui mi domando ancora una cosa, ma queste opere sono davvero belle oppure sono solamente uno strumento di marketing gonfiato dai media?
    Alcuni critici potrebbero sostenere che l’ascesa di opere come “La Gioconda” di Leonardo da Vinci o “La ragazza con l’orecchino di perla” di Johannes Vermeer come icone di bellezza riflette più il marketing e la manipolazione mediatica che una valutazione oggettiva dell’arte. Queste opere sono spesso enfatizzate attraverso campagne pubblicitarie, rendendole famose più per la loro popolarità che per un reale apprezzamento estetico. Questa sovraesposizione mediatica può distorcere la percezione artistica e portare a una supervalutazione delle opere, a discapito di altri capolavori meno noti ma altrettanto meritevoli
    Se Vermeer era il pittore della luce e dell’intimità, Rembrandt van Rijn era il maestro dell’ombra e della drammaticità. Nato nel 1606 ad Amsterdam, Rembrandt è celebre per la sua abilità nell’uso della luce e delle ombre per creare effetti drammatici e per la sua capacità di ritrarre la complessità umana con profondità emotiva straordinaria.
    Il suo autoritratto “Autoritratto con Saskia” è un esempio lampante della sua maestria nel catturare l’espressione umana. Le rughe sul viso di Rembrandt, la sua espressione intensa e la luce che illumina una parte del volto mentre il resto sprofonda nell’ombra rivelano la sua abilità nel rivelare la psicologia umana attraverso la pittura. Rembrandt non idealizzava la realtà; al contrario, la rendeva più umana, imperfetta e affascinante.
    In conclusione, posso solo affermare che gli artisti Vermeer e Rembrandt, sebbene operassero nella stessa epoca e nello stesso contesto culturale, sono due figure artistiche straordinariamente diverse, ognuna con il proprio stile e la propria visione del mondo. La luce e l’ombra, la delicatezza e la drammaticità si intrecciano nelle loro opere, creando un panorama artistico olandese del XVII secolo ricco di diversità e straordinaria maestria.

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  30. tb   20 Febbraio 2024 at 19:37

    L’articolo offre una riflessione approfondita sulla mostra di Vermeer a Bologna, mettendo in luce l’evoluzione della percezione dell’artista olandese e delle sue opere nel corso del tempo.
    L’analisi delle connessioni tra la pittura olandese del Seicento, la filosofia di Spinoza e il contesto storico-politico offre un quadro più ampio per comprendere le influenze che hanno plasmato le opere di Vermeer e dei suoi contemporanei. La critica alla trasformazione della “Veduta di Delft” in secondo piano rispetto alla “Ragazza con l’orecchino di perla” evidenzia la tendenza della società contemporanea a valorizzare l’immagine più familiare e iconica rispetto ad altre opere altrettanto significative.
    L’analisi della popolarità della “Ragazza” come icona contemporanea, legata alla giovinezza e alla moda, aggiunge un elemento di critica sociale alla riflessione artistica. L’uso eccessivo dell’immagine come strumento di marketing e il confronto con la preferenza personale per un ritratto di Rembrandt evidenziano le sfide nel comunicare la ricchezza e la diversità di una mostra artistica, spesso oscurate dall’abbagliante luce di un’icona.
    Infine, altre opere di Rembrandt, come “La Ronda di Notte”, nota per la sua composizione dinamica e l’uso magistrale della luce e dell’ombra, e “Ritratto di Saskia con un velo”, rappresentazione di sua moglie, mostrano la vastità e la profondità dell’opera di quest’artista.

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  31. Giulia Monti LABA   10 Marzo 2024 at 12:16

    Il testo analizza come Vermeer e altri pittori olandesi del XVII secolo abbiano trasformato banali vedute in innovativi modelli di bellezza, raffigurando minuziosamente la natura e la vita quotidiana in un ordine sorprendente. Nonostante l’Olanda fosse coinvolta in guerre e caos, nei dipinti emerge una sensazione di tranquillità e ordine geometrico, offrendo rappresentazioni vitali e gioiose in un periodo tumultuoso.
    Vermeer, in particolare, non si limitava a descrivere la realtà ma aggiungeva dettagli e modificava l’ordine per creare atmosfere di quiete e vita ordinaria incentrate su figure femminili.
    Altri artisti come Jan Steen si distinguevano per le vivaci scene di vita quotidiana piene di dettagli e umorismo, come rappresentato nella sua opera “La famiglia allegra”. Rispetto a Vermeer, Steen rappresentava il caos e l’energia della vita quotidiana, mentre Vermeer si focalizzava su momenti privati di tranquilla contemplazione e bellezza, come evidenziato nella “Ragazza con l’Orecchino di Perla”.
    Entrambi i pittori, sebbene operassero nello stesso periodo e paese, avevano approcci artistici differenti ma condividono elementi di tranquillità e ordine caratteristici dello stile pittorico olandese del XVII secolo, espressi in modi unici e coinvolgenti.
    Parlano di icona, “La ragazza con l’orecchino di perla” di Johannes Vermeer lo è diventato per diversi motivi. In primo luogo, l’opera ha una straordinaria capacità di catturare lo spettatore, grazie alla bellezza e al mistero della giovane donna raffigurata. La luce morbida e avvolgente che illumina il volto della ragazza e i dettagli dei suoi abiti conferisce al dipinto un’atmosfera quasi magica e intima, che ha un impatto emozionale profondo sul pubblico.
    Inoltre, con l’uso sapiente dei colori e delle tonalità, aggiungono un tocco di eleganza e raffinatezza all’opera, che la rendono attraente e affascinante per molte persone.
    Infine, il dipinto ha ottenuto ulteriore popolarità grazie alla sua presenza in film, romanzi e altre opere culturali, che hanno contribuito a diffondere e consolidare il suo status di icona nell’immaginario collettivo. Inoltre, la fotogenia dell’immagine e la sua adattabilità al gusto contemporaneo hanno contribuito a mantenere viva l’interesse per questo capolavoro artistico nel corso del tempo, conferendogli uno status di rinomanza e riconoscimento a livello globale.

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