LONDRA – Amy Jade Winehouse, pop star di origini britanniche, era nata a Enfield, quartiere della periferia di Londra, il 14 settembre del 1983. A breve avrebbe compiuto 40 anni, e siamo sicuri che avrebbe continuato a regalarci successi senza tempo. In questa triste occasione, vogliamo ripercorrere alcune tappe della sua vita personale e musicale, per non dimenticare il suo genio e il suo grande cuore d’artista
Purtroppo, abbiamo dovuto rinunciare alla sua scrittura decisa e alla sua voce struggente troppo presto.
Anniversario della morte di Amy Winehouse. Partiamo dall’infanzia e l’inizio della carriera
La vita di Amy non è mai stata semplice, anzi.
Ogni vissuto ha contribuito a formare il suo enorme bagaglio emozionale, che la renderà incredibilmente sensibile e perfettamente adatta a trasporre dolore e passioni in musica.
Già da bambina, Amy venne segnata dal difficile rapporto tra i genitori, Mitch Winehouse, allora tassista e Janis Winehouse, farmacista.
Entrambi di origini ebree, avevano trentatré anni quando nacque la loro secondogenita.
Poco dopo, però, i rapporti tra i due divennero sempre più tesi, fino a scoppiare nel divorzio nel 1993, quando Amy aveva solo 10 anni e il fratello maggiore Alex, 14.
Scoperta da Simon Fuller quando era appena sedicenne, in pochissimo tempo guadagnerà un contratto con la Island Record.
Da quel momento, la sua vita sembrava essere cambiata in meglio, ma la gioia non durò a lungo.
La fama crescente, la bulimia e l’inizio delle dipendenze
La stessa Amy aveva più volte dichiarato durante alcune interviste che non avrebbe retto la fama, e avrebbe dunque sperato di continuare a fare musica d’élite, per pochi.
Contrariamente alle aspettative dell’artista, però, il talento innato, la sensibilità d’animo e la voce calda e corposa, si sono fatti largo tra il pubblico.
Così, Amy divenne una star mondiale in tempo record.
Le interviste, le folle di fans, i paparazzi e le continue pressioni da parte del suo management e della casa discografica, non fecero altro che peggiorare la delicata situazione di salute fisica e psicologica.
Fin da giovanissima, infatti Amy Winehouse soffriva di bulimia, alla quale si aggiunsero molto presto depressione e poi dipendenze da alcool e droghe quali Cocaina, Eroina ed Ecstasy.
A soli 26 anni, Amy aveva già pubblicato 2 album in studio, vincendo ben 5 Grammy Awards, ma il suo corpo sembrava rispecchiare sempre più il suo evidente stato di salute in continuo peggioramento.
La bulimia si fece sempre più intensa, e con il tempo, le dipendenze da alcool e droga non fecero altro che rendere la cantante sempre più debole, non solo fisicamente.
Negli ultimi periodi di vita arrivò al punto da non riuscire a reggersi in piedi sul palco e rimanere con poca voce nel bel mezzo di un concerto.
Il rehab, la ripresa e le ricadute
Gli episodi in cui Amy si presentava al pubblico con le narici impolverate di Cocaina o in evidente stato d’ebrezza sul palco erano sempre di più.
Era chiaro a tutti che l’artista non stesse vivendo la vita che voleva.
Il suo cuore e la sua testa non erano quelli di una ragazza poco più che ventenne e la serenità sembrava essere completamente sparita dalle sue giornate.
Nessuno, però, ha mai cercato di aiutare o porre rimedio.
Anzi, tutto il contrario.
Amy venne particolarmente strumentalizzata e utilizzata come macchina da soldi per le etichette discografiche.
Nel suo periodo di maggior successo, infatti, furono diverse le richieste di inserimento in una comunità di disintossicazione da parte della famiglia.
Tutte respinte dalla casa discografica, che minimizzò, sicura che si trattasse di un momento buio, ma passeggero.
Questo perché ogni tentativo di riabilitazione avrebbe di certo interrotto la promozione dell’album e i live.
Finalmente, nel 2008 il padre di Amy riuscì a convincerla.
Lei e il marito, Blake Fielder – Civil, anche lui fortemente dipendente da sostanze stupefacenti, vennero ricoverati insieme sull’Isola di Osea.
Questa decisione, si rivelò una disfatta, al contrario di ogni aspettativa.
L’artista di Back to Black era infatti riuscita a restare all’interno della comunità per soli tre giorni.
All’uscita, lei e il compagno abusarono di diverse sostanze stupefacenti in dosi massicce, ripiombando nel baratro.
La madre, Janis, dopo il funerale della cantante, aveva rivelato che in cuor suo, era certa che Amy non sarebbe mai arrivata alla soglia dei quarant’anni.
Poco dopo aveva dichiarato che la stessa Amy avrebbe potuto soffrire della Sindrome di Tourette, senza però alcun riscontro medico certo.
Il fratello Alex, invece ha sempre sostenuto l’ipotesi che fosse colpa della bulimia se Amy oggi non è più tra noi.
Gli ultimi, dolorosi, momenti di vita di Amy Winehouse
Il 18 giugno del 2011, Amy canta durante il suo ultimo concerto, a Belgrado.
Visibilmente provata e sotto effetto di fiumi di alcool, Amy riesce a fatica a reggere in mano il microfono, ma viene comunque buttata sul palco ad intrattenere il pubblico.
Nei video del live sono diverse le occasioni in cui si può notare il suo viso segnato da smorfie per cercare di trattiene a stento le lacrime, spezzando il cuore di ogni spettatore.
Non era la prima volta che accadeva.
Già a Lisbona, al Rock in Rio del 2008, si era presentata senza voce e energie sul palco, rischiando inoltre di ferirsi in una rovinosa caduta sul palco.
Più volte chiese scusa al pubblico, spiegando che la cosa più corretta da fare sarebbe sicuramente stata cancellare le date, ma allo stesso tempo, Amy non voleva venir meno ai suoi impegni e prima di ricominciare a cantare a fatica, disse al suo pubblico una frase davvero toccante: I just wanted to be here.
Nonostante tutto, il suo amore per i fan l’aiutava ad andare avanti.
Gli stessi fan che, nei momenti di difficoltà, la aiutavano cantando a squarciagola i brani durante i concerti.
Tutte le sue esibizioni sono visibili sui principali social network, e nascondono un qualcosa di tenero, ma doloroso allo stesso tempo.
Nessuno mai era riuscito a trasmettere un’anima così sofferente con un solo sguardo.
Back to Black: un album autobiografico, che racconta la travagliata vita di Amy Winehouse
Non è un caso che i brani che l’hanno resa celebre nel mondo siano altamente autobiografici.
Forse è stato proprio questo a colpire il pubblico dritto al cuore.
Amy aveva reso note le sue debolezze fin dal principio, senza mai troppa vergogna, sapendo che forse, qualcuno nel mondo stava vivendo la sua stessa situazione, così da farlo sentire meno solo.
Proprio per questo è giusto ricordare Amy con onore ancora oggi: non solo per il talento, il cuore irrequieto e la fragilità d’animo, ma soprattutto per il coraggio e l‘empatia.
Come non ricordare, infatti, Rehab (2006), in cui racconta la sua vicenda personale legata ai problemi delle dipendenze.
Oppure, Back to Black (2006), in cui apre il suo cuore al mondo sulla triste storia d’amore con Blake Fielder – Civil, appena conclusa in modo dolorosissimo.
Il ricordo di Amy Winehouse e Tony Bennett
Il 21 luglio 2023, a due giorni dall’anniversario della morte di Amy, è scomparso l’ultimo vero crooner americano, insieme ai grandi Perry Como, Frank Sinatra e Dean Martin.
Tony Bennett ed Amy Winehouse avevano avuto l’onore reciproco di poter collaborare per la realizzazione della cover di Body and Soul, un brano Jazz, lento e pieno di calore, pubblicato in ricordo di Amy poco più di un mese e mezzo dalla sua morte, il 14 settembre 2011, nonché suo compleanno.
Fu solo uno dei successi contenuti nell’album di Tony Bennett: Duets II, che vinse il Grammy Award come Best Traditional Pop Vocal Album nel 2012.
Vanta collaborazioni come Michael Bublé, Andrea Bocelli e Lady Gaga.
Tutti i diritti dell’album, per volere dello stesso Tony, sono andati in favore alla Fondazione Amy Winehouse.
Speriamo che questi due grandi artisti si siano ritrovati in un posto migliore, dove potranno continuare ad incantare con le loro voci inconfondibili.
Amy Winehouse e la relazione tossica con il compagno Blake – Fielder Civil
Il brano recita le testuali parole: Tu torni da lei, e io torno in lutto.
Queste parole sono implicitamente rivolte allo storico ex fidanzato, Blake, che lasciò Amy di punto in bianco per tornare con l’ex fidanzata.
Nel video, in bianco e nero, Amy cammina per un cimitero, pronta a seppellire il suo cuore.
Sullo stesso filo ci riconduciamo anche alla hit Love is a Losing Game, nel quale la cantante da un giudizio particolarmente personale: l’amore è un gioco dal quale si può uscire solo da perdenti.
E anche se, grazie alle vicende personali appena citate, l’artista ha basato il suo successo, dalla fine della relazione tossica con Blake Fielder, Amy non si riprenderà mai più.
Non condividevano nulla, se non furiose litigate e overdose sfiorate.
Lo stesso venne spesso additato come colpevole della morte di Amy.
Ancora oggi accusato sui social e ritenuto come l’unico responsabile del grave stato di salute fisica e mentale che affliggeva la cantante nei suoi ultimissimi anni di vita, Blake era un giovane sciupafemmine, già fidanzato quando conobbe Amy.
Proprio nel suo ultimo post su Instagram, Blake risponde ad un’accusa, chiedendo per l’ennesima volta di smetterla con i giudizi.
Per lui, infatti Amy era una persona determinata, che sapeva cosa faceva e non un’angelica vittima come viene fatta passare dai media.
Se continuate a voler accusare me, infangherete solo il ricordo di Amy e della persona che lei amava tanto, scrive in un recente commento.
Con molta forza, Amy Winehouse era riuscita ad uscire dalla tossicodipendenza, ma in poco tempo, cadde nel rovinoso tunnel dell’alcolismo per fronteggiare l’astinenza.
L’ultima notte
Nella settimana che predette la sua morte, Amy svenne sei volte a causa dell’alcol.
La sera in cui il suo cuore smise di battere, già provato dalla bulimia, le dosi che vennero trovate nel corpo di Amy superavano di cinque volte il limite per la guida.
Quella sera era sola in casa con il suo bodyguard.
Lui stesso rivelò che lo sguardo dell’artista era vitreo e fisso su alcuni suoi video musicali ed esibizioni su Youtube.
Ma pochi giorni prima aveva giurato alla propria dottoressa di non voler morire e che avrebbe fatto il possibile per uscire da quel tunnel infernale.
Il mattino dopo, invece, avvenne la tragica scoperta.
Anche lei quindi è entrata di diritto nel compianto Club 27, che già ospitava artisti del calibro di, tutti venuti a mancare in circostanze non sempre chiarissime a causa di suicidi, incidenti o dipendenze proprio a 27 anni, quasi come per una maledizione.
Prima di concludere, vi lasciamo il sito web ufficiale della cantante, dove potete trovare video musicali, esibizioni, merch, foto inedite e tutto quello che serve per rendere omaggio ad un talento innato come Amy Winehouse, così come l‘articolo scritto in occasione di una visita alla statua che è stata eretta in onore della cantane nel suo quartiere, Camden Town a Londra.
Qui vi avevamo parlato della mostra vista a San Francisco intitolata Amy Winehouse: un ritratto di famiglia, allestita al Contemporary Jewish Museum.
In homepage immagine di copertina del sito web ufficiale della fondazione Amy Winehouse Foundation.
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