MONDO – Cinema e Intelligenza artificiale si stanno legando sempre di più. Si tratta di un rapporto con alti e bassi da analizzare attentamente.
Cinema e Intelligenza Artificiale: è uno dei temi più intriganti e dibattuti degli ultimi tempi e certamente continuerà ad esserlo anche nel nuovo anno. Basti pensare che è stato uno dei punti cruciali del recente sciopero degli sceneggiatori del Writers Guild of America, il sindacato statunitense che rappresenta circa 11.500 writers, preoccupati di essere sostituiti da una macchina che lavora in modo più veloce e più economico.
Lo sciopero ad Hollywood
Il braccio di ferro con le case di produzione e le piattaforme di streaming di Hollywood è durato 5 mesi, con migliaia di posti di lavoro saltati e il blocco di film e programmi TV. Alla fine è stato trovato un accordo: gli Studios non possono utilizzare l’A.I. per riscrivere il materiale originale; gli sceneggiatori invece, oltre ad ottenere compensi più adeguati e migliori condizioni di lavoro, potranno utilizzare la tecnologia come supporto solo se l’azienda a cui sono legati lo consente.
In generale, gli sceneggiatori ritengono l’A.I. un aiuto in grado di generare contenuti in poco tempo. Contenuti che vanno sempre ricontrollati, ma che non può comunque sostituirsi al loro input autoriale. Inoltre ritengono troppo grande il rischio che possano essere generati testi molto simili. Ciò soprattutto quando si tratta di scrivere sceneggiature originali per grandi film o serie TV. Mentre può rivelarsi uno strumento utile quando si tratta di scrivere episodi o trame standardizzate.
Cinema e intelligenza artificiale
Certo è che l’uso dell’A.I. nel cinema (fenomeno che affonda le sue radici negli anni ’80) è diventato un fattore quasi indispensabile in diversi processi produttivi, semplificando certi lavori e minacciandone altri. Al recente sciopero, infatti, hanno aderito anche molti attori e attrici, (con notevoli conseguenze sui grandi festival cinematografici internazionali), preoccupati di come queste tecnologie permettano di generare volti completamente nuovi, di resuscitare attori defunti o ringiovanirne altri, come nel film The Irishman (con il ringiovanimento di Robert De Niro e Al Pacino) o in Rogue One (in cui compaiono due attori che non ci sono più, Peter Cushing e Carrie Fisher).
Ancora più evidente è l’uso dell’intelligenza artificiale nell’animazione delle masse, le cosiddette “comparse digitali” utilizzate quando serve una grande quantità di persone nell’inquadratura. Inoltre l’intelligenza artificiale è sfruttata per decidere quali film produrre e in che modo, nei casting, per pianificare la logistica di un piano di produzione. Se il legame tra tecnologia e cinema certamente ha radici profonde, l’A.I. è diventata ormai un elemento chiave nel processo creativo.
Pro e contro
La questione è che se da un lato queste possibilità aprono nuovi orizzonti creativi, dall’altro sollevano interrogativi etici e morali. Ad essere messa in discussione è l’autenticità stessa dell’opera cinematografica, in cui i confini tra realtà e finzione sono sempre più sfumati. L’interazione tra intelligenza umana e artificiale ci invita dunque a una riflessione profonda su cosa significhi oggi essere creativi.
Davanti al timore che l’A.I. possa addirittura sostituire la creatività umana e ridurre l’arte cinematografica a un insieme di processi meccanici e prevedibili e standardizzati, la risposta migliore sembra essere quella di avere come obiettivo di utilizzarla come un ulteriore opportunità per rendere ancora più potente ed efficace la creatività umana, non per sostituirsi ad essa. L’importante è che al centro del processo creativo ci sia sempre l’uomo. Soprattutto se si tratta di scrittura creativa.
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