“Matisse. Arabesque” alle Scuderie del Quirinale è un viaggio attraverso il colore, che passa dalle bellissime terre dell’Africa, dall’Algeria al Marocco, alle influenze orientali fino alle influenze del giapponismo.
Tutto questo, accompagnato da un segno deciso ed a volte flebile, è Henri Matisse. Diversi richiami alle tradizioni culturali dei paesi che ha attraversato, in una fusione che interpreta il senso di una simbologia fondata sugli archetipi di natura e cosmo.
Una visione concettuale, che al tempo era decisamente all’avanguardia, reinterpretata in una superficie pittorica dominata da una sensibilità primitiva, dosata magistralmente nell’incontro di tecniche, cromatismi ed atmosfere d’Oriente. Il motivo della decorazione e dell’orientalismo è per Matisse la ragione prima di una radicale indagine sulla pittura, di un’estetica fondata sulla sublimazione del colore, della linea.
La sintesi cromatico-lineare è la prima conferma dell’approfondimento della forza espressiva degli elementi della pittura nipponica influenzata dalla pittura dei Primitivi del Louvre, dall’arte orientale, dalla bizantina fino al mixare un decorativismo aulico e popolare allo stesso tempo. Rievoca in un linguaggio moderno, motivi già presenti nel periodo tardoantico, nell’arte bizantina e nell’età rinascimentale.
L’Oriente va fondersi poi anche con la Russia dopo il viaggio a Mosca (nell’ottobre 1911). Dal labirinto di civiltà antiche e lontane, Matisse coglie il senso di uno spazio diverso: “uno spazio più vasto, un vero spazio plastico” per “uscire dalla pittura intimistica”. Questo viaggio era stato preceduto anche da uno in Germania per la grande esposizione di arte maomettana nel 1910 dove era rimasto colpito dalle numerose sale di tappeti, con esposti i vari ricami e tessuti che rafforzarono il suo interesse per una tipologia di ornamentazione ed un diverso impianto compositivo da quelli tradizionali.
Così nella mostra appena inaugurata: “Matisse. Arabesque” alle Scuderie del Quirinale dal 5 marzo, si viaggia anche attraverso l’immagine femminile con le opere che ritraggono le donne incontrate nei luoghi a paesi attraversati dalla sua arte: Giovane con copricapo persiano; Zorah sulla terrazza; Marocchina in giallo (o Zorah in giallo); Zorah in piedi fino al quadro l’Italiana. E poi si viaggia attraverso il riverbero della luce e l’esaltazione del colore che ci colpisce nei vari interni popolati da soggetti esotici, in un riflesso di un’idea fantastica e fiabesca che prende vita ne Il paravento moresco; Ramo di Pruno; Fondo verde; I pesci rossi ; Interno con fonografo. Qui ogni superficie si apre ad uno spazio non delimitato nel gioco di arabeschi, disegni geometrici, panneggi di tessuti, forme, linee e colori mistici che si alternano in strutture dai ritmi semplici.
E rimaniamo abbagliati nell’osservare le stampe giapponesi tra cui spiccano quelle splendide di Utagawa Hiroshige; e poi, (provenienti da varie collezioni), tessuti e kimono, abiti orientali, maioliche e suppellettili, fino alla sala dove sono esposti i Costumi disegnati da Matisse per il balletto Le Chant du rossignol. Qui, tra bozzetti e video che ritraggono costumi indossati nella messinscena teatrale, si possono ammirare gli abiti in tutto il loro splendore.
In questi abiti Matisse riesce a mostrare una straordinaria sensibilità per le forme purificate, facendo convivere l’arte classica, il sentimentalismo, la poesia e le convenzioni estetiche. Insomma una mostra dove tutti gli artifici intellettuali e gli espedienti tecnici esaltano le sensazioni più istintive e primordiali, attraverso l’abilità stilistica e la ricercatezza, emozionandoci in ogni passaggio.
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