BOLOGNA – Uno spettacolo insolito, quello visto il 4 Marzo 2014 al Teatro Duse. Futura nato dalla volontà di ricordare lo storico cantautore bolognese e presentare così al pubblico, un omaggio diverso dedicato a lui, proprio il giorno stesso del compleanno del cantautore bolognese, celebrando così l’assenza dell’uomo attraverso l’essenza dell’artista, poiché la sua musica è ciò che di lui è rimasto.
Balletto complicato per la stessa ammissione della coreografa Milena Zullo che gli ha dato genialmente vita, ma di grande bellezza e in grado di emozionare chi vi assista.
Lo spettacolo Futura non è una narrazione danzata dei testi di Lucio che avrebbe quindi banalizzato, depauperandolo, il tutto; quanto piuttosto un insieme di emozioni vibranti e legate al testo nonché alla musica dell’artista, nel contempo, dove il gesto incarna sì la forza della parola ma alla quale poi ci si sottomette.
Tredici bravissimi danzatori del Balletto di Roma si sono avvicendati dialogando con i brani e sui brani, catturando l’attenzione già alta del pubblico che affollava la sala.
Un collage di momenti diversi dove il susseguirsi delle canzoni, mai proposte per intero, si sono intrecciati attraverso le evoluzioni plastiche dei suoi protagonisti che hanno dimostrato grande bravura e ottima preparazione tecnica insieme, qualità innegabili – soprattutto nella faticosissima danza – e senza le quali un balletto non reggerebbe.
Giusepppina Maurizi, la scenografa, con le sue scelte d’ambientazione, ha saputo dare un contribuito prezioso per la realizzazione di questo spettacolo dal fascino insolito, optando per una geometria quasi totale partendo dallo sfondo, formato da alberi stilizzati e ricoperti da fogli di carta che ruotando su sé stessi diventavano il confine fra palcoscenico e retropalco.
L’uso poi degli specchi, quasi a significare come un dialogo fra ciò che avveniva sul palcoscenico e come tutto questo riflettesse la realtà e la finzione insieme.
Atmosfere notturne dense dove un’umanità trasgressiva e trasgredita gioca quasi con una luna fin troppo terrena e tangibile, mostrando la propria quotidianità e insieme la sua fragile condizione.
Scelte cromatiche sicuramente ‘metropolitane’ e lo stesso per i costumi ‘belli’ nella loro contemporaneità e dove un grande uso del grigio, del nero e dei colori della terra ha quasi voluto sottolineare di nuovo, la concretezza materica delle figure e ‘l’invisibilità’ insieme degli stessi protagonisti che si rivestono di queste tinte anonime.
Interessante anche il modo in cui la luce ha giocato prendendo anch’essa parte (ovviamente!) all’evento, quasi un ulteriore commento narrativo, fino a diventare protagonista multicolore solo alla fine e sottolineare quindi, attraverso quel cromatismo prismatico tanto evidente, un innegabile senso di positività e fiducia verso il futuro.
Un’ora e 40 minuti circa la durata, trascorsa in un soffio e senza intervallo.
Un’ora e 40 di musica, ricordi, voci, emozioni ma soprattutto di grande danza.
6 minuti di applausi fragorosi.
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