Giorgio Morandi, l’avvolgenza delle piccole cose. Imperdibile al MAMbo

Giorgio Morandi, l’avvolgenza delle piccole cose. Imperdibile al MAMbo

BOLOGNA – La bellissima e moderna struttura del Museo d’Arte Moderna MAMbo, ospita al suo interno un’intera ala riservata a un artista molto caro alla città, perché proprio nel capoluogo dell’Emilia Romagna ha vissuto tutta la sua vita e il suo percorso artistico e da cui non ha mai voluto allontanarsi.

Nel distretto culturale della Manifattura delle Arti, nell’edificio conosciuto ai bolognesi come l’Ex Forno del Pane, sorge il MAMbo, importante polo culturale per l’arte contemporanea della città; il progetto di restauro è stato realizzato da Aldo Rossi e dal Comune di Bologna tramite la società Finanziaria Bologna Metropolitana, in collaborazione con lo Studio Arassociati di Milano. Al suo interno ospita un museo permanente di opere del Novecento, un’area espositiva per l’arte contemporanea e un’intera ala dedicata al Museo Morandi, per celebrare e ricordare un illustre cittadino che ha saputo portare la Metafisica italiana sotto i riflettori di tutto il mondo. Egli ebbe la grande capacità di rendere lirica e poetica la contemplazione di quelle piccole cose, di quegli oggetti di uso quotidiano apparentemente inanimati che però, grazie al suo tocco lieve e avvolgente, riescono a far vibrare le corde emotive di chiunque osservi le sue opere. Non si può non ripercorrere con la memoria la propria infanzia, quel sapore di cose buone, di attimi vissuti in famiglia, con la saggezza dei nonni e il senso di protezione che scaturisce da ciò che è rassicurante nella sua semplicità, avvolgente nella sua ordinarietà. Il Museo è suddiviso in cinque aree tematiche corrispondenti ai periodi artistici di Morandi, a partire dai primi passi pittorici, quando riproduceva scorci del cortile del suo studio di via Fondazza ma anche panorami, sia a olio che ad acquarello, dei due luoghi a lui più cari e dove scelse di vivere la maggior parte della sua vita: Bologna e Grizzana; tra le opere più celebri della prima sala spicca il celeberrimo Il cortile di via Fondazza,

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Cortile di via Fondazza, s.d. (1956)

quello scorcio sulla realtà circostante che dall’intimità protetta del suo studio diveniva un sguardo verso il mondo esterno, memoria degli anni precedenti al 1959, quando la luce ancora entrava nel cortile e illuminava gli alberi e la vegetazione. In quel periodo tuttavia Morandi non aveva ancora trovato la gamma di tonalità più morbide e tenui che caratterizzeranno invece la sua fase successiva, quella più metafisica, quella in cui la geometria degli oggetti si lascia avvolgere dal silenzio della meditazione e della memoria.  Nel 1959, quando intorno al cortile furono costruiti nuovi palazzi, l’artista si fa costruire una casa a Grizzana, proprio di fronte alle due case coloniche dette del Campiaro, che riprodurrà in alcuni e rari scorci. Il suo punto di vista, a partire dagli anni Cinquanta, comincia a diventare via via più geometrico, laddove lo spazio circostante costituisce un quieto e sereno vuoto a cui si oppone il pieno delle forme riprodotte e che a loro volta sono definite dai toni di colore circostanti;

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Natura morta, s.d. (1957)
olio su tela, 28 x 35 cm

il mistero, la riflessione e il magnetismo che suscitano le sue opere hanno il potere di infondere sensazioni intense, vibranti, grazie al sapiente uso della luce che riesce ad abbracciare la scena senza toglierle atmosfera, un luminosità soffusa che completa l’immagine come se fosse avvolta dalle parole di una poesia.

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Natura morta, s.d. (1958)
olio su tela, 20 x 30 cm

Oggetti comuni, fiori,

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Fiori, s.d. (1950)
olio su tela, 36 x 30 cm

cubi, cilindri, sfere e triangoli divengono protagonisti di una danza morbida in cui l’artista riesce a rivelare l’essenza delle cose semplici, quelle che non hanno bisogno di dettagli e di maggiori definizioni per arrivare a far palpitare le corde dell’anima, a muovere i fili dei ricordi e far vivere sentimenti che riescono a esprimersi al massimo proprio nel silenzio avvolgente di quelle forme.

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Natura morta, s.d. (1959)
acquerello su carta, 16 x 24 cm

Attraverso le cinque grandi sale del Museo è evidente il passaggio verso una maturità stilistica che mira all’essenzialità sia nelle forme, che divengono via via più immateriali quasi fossero più immaginate che non viste, sia nei colori che virano verso tonalità più neutre, più impalpabili, più piene di luce soffusa che non di ombre in contrasto e in definizione degli oggetti. Nella sala che precede quella dedicata all’attività incisoria dell’artista, è visibile l’ultima Natura morta dipinta nel 1964 che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione; il tema dell’oggetto presente e visibile nella sua dissolvenza emerge con forza nella composizione di Tony Cragg – Eroded Landscape, 1999 – in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi denaturano la funzione primaria manifestandosi in una forma inedita ed effimera. L’ultima sala è quella dedicata all’attività di incisione di Giorgio Morandi, uno degli interpreti più significativi a livello europeo di questa complessa forma espressiva. Tra il 1907 e il 1912 studia da autodidatta la tecnica dell’acquaforte trascorrendo ore e ore a studiare le riproduzioni delle opere grafiche degli antichi maestri incisori, in particolar modo Rembrandt di cui possedeva quattro incisioni originali; poi tra il 1912 e il 1956 comincia a realizzare principalmente acqueforti utilizzando lastre di rame o di zinco che successivamente consegna a Carlo Alberto Petrucci, egli stesso incisore di talento e capace direttore della Calcografia Nazionale di Roma.

Giorgio Morandi
Giorgio Morandi
Grande natura morta circolare con bottiglia e tre oggetti, 1946
acquaforte su rame, 259 x 327 mm

Nel 1930 ottiene “per chiara fama” la cattedra di Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, incarico che accetta e conserva fino al 1956, poiché, come egli stesso dichiarò a Edith Schloss nel 1961: “L’incisione all’acquaforte in fin dei conti è una tecnica, qualcosa di tangibile che può essere insegnato. L’Arte non si può insegnare”.

Il Museo Morandi è la più ampia e rilevante collezione pubblica dedicata all’artista ed è stato realizzato grazie a una cospicua donazione da parte della sorella dell’artista, Maria Teresa Morandi, unita a un importante gruppo di opere già presenti nel patrimonio della Galleria d’Arte Moderna di Bologna.

Giorgio Morandi
Museo Morandi, Bologna
foto Matteo Monti

Inizialmente il Museo era situato all’interno di Palazzo d’Accursio, in Piazza Maggiore ma poi, in seguito al forte sisma dell’ottobre del 2012 l’intero e prezioso patrimonio artistico è stato trasferito presso il MAMbo dove sembra che potrà rimanere in forma definitiva. Impossibile andare a Bologna e non visitare un tassello fondamentale e unico della storia dell’arte del Novecento, un artista che ha lasciato un segno indelebile e costituito una voce solista in quella Metafisica che grazie a lui ha trovato un nuovo e inedito significato.

INFO: 

MAMbo – Museo Morandi – Via Don Minzoni 14

CONTATTI: Tel.: 051-6496611

Email: info@mambo-bologna.org – Sito web: http://www.mambo-bologna.org/museomorandi/

ORARI

Martedì, mercoledì, venerdì, sabato, domenica e festivi dalle 10.00 alle 18.30
Giovedì dalle 10.00 alle 22.00 – Chiuso il lunedì

INGRESSO

Intero    €  6,00

Ridotto €  4,00
Maggiori di 65 anni 
Gruppi di almeno 10 persone
Minori di 18 anni
Family Card
YoungERcard del Comune di Bologna

Museo Morandi

Giorgio Morandi

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Giorgio Morandi

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Marta Lock

4 Responses to "Giorgio Morandi, l’avvolgenza delle piccole cose. Imperdibile al MAMbo"

  1. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   30 Aprile 2019 at 10:05

    Bell’articolo. È sempre un piacere rivedere il vecchio Morandi. Lo spostamento delle sue opere da Palazzo d’Accursio al Mambo non è avvenuto senza fastidiose ma forse necessarie polemiche. Necessarie perché ha motivato i dirigenti della Galleria d’Arte Moderna ad impegnarsi per configurare una degna accoglienza al più importante pittore del novecento bolognese. La mia opinione è favorevole all’attuale sistemazione. L’eleganza minimalista scelta mi pare riflettere bene la sensibilità morandiana. E poi è giusto collocare il pittore in un contesto in cui continua a dialogare con artisti contemporanei.

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  2. Steve Moss
    Steve Moss   3 Maggio 2019 at 11:41

    Giustissimo Lamberto, la sua città glielo doveva. Il Mambo poi è un bello spazio. Bologna è sempre riconoscente ai suoi artisti, inversamente proporzionale a Roma e altre città… Ad ogni modo è un pretesto in più per tornarci e riscoprire un autore che forse non è mai stato conosciuto e apprezzato abbastanza.

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  3. Flavio Redhair
    Flavio Redhair   3 Maggio 2019 at 11:57

    Ritengo che un artista vada esposto sempre in un contesto che descriva le sue ambizioni. Che venga rappresentato nel suo contemporaneo, anche in confronto e accanto agli artisti dai quali ha tratto ispirazione. Ho apprezzato molto l’articolo su BOLDINI ancor più quello su BALLA e la moda, ma questa mostra di Morandi invece appare totalmente decontestualizzata e povera

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  4. Antonio Bramclet
    Antonio   6 Maggio 2019 at 09:35

    Io credo che Morandi sia stato spostato al Mambo per aumentare le presenze in una Galleria d’arte moderna, discreta, ma senza capolavori. Non è una idea sbagliata. A cosa serve avere 100 musei poco visitati? Molto meglio averne un numero più limitato, ricchi di contenuti, per raggiungere il numero di accessi sufficienti per permettere al Museo nuove acquisizioni e iniziative.
    Bisogna tenere in conto che certamente sono vere le informazioni sulla crescita del turismo. Ma è di passaggio. Si fermano per una notte o due. Hanno il tempo di visitare al massimo un paio di museie non certo 100.

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