Il genio e la passione della barocca Artemisia in mostra alla National Gallery

Il genio e la passione della barocca Artemisia in mostra alla National Gallery

LONDRA – La National Gallery ospita il genio e la passione di Artemisia Gentileschi. Ma chi era questa straordinaria artista? E perché viene reputata una delle pittrici barocche più talentuose?

Tutto è pronto alla National Gallery di Londra che tra breve  (Covid-19 permettendo) ospiterà una grande mostra interamente dedicata alla pittrice di età barocca, Artemisia Lomi Gentileschi. Oltre alle sue tele verranno esposte cinque lettere autografe. Quattro sono di Artemisia per l’amante, il nobile rampollo Francesco Maria Maringhi, amministratore dei beni della famiglia fiorentina Frescobaldi. La quinta, di carattere amministrativo, appartiene al marito di Artemisia, Pierantonio Stiattesi, indirizzata al Maringhi, ove traspare la quieta rassegnazione a ricoprire nella relazione coniugale un ruolo oltremodo marginale. Il carteggio, scoperto dal Professor Francesco Solinas nel 2011 nell’archivio della famiglia Frescobaldi, è stato restaurato e alcune delle epistole sono state consegnate da Tiziana Frescobaldi a Letizia Treves, curatrice della mostra londinese.

Ma chi era Artemisia? Una precoce, geniale pittrice in grado di pareggiare se non superare in originalità, espressività e potenza, scuole pittoriche coeve? Una femminista ante litteram? Un’iconoclasta capace di infrangere le regole e i dettami di un’epoca? Una venale e abile procacciatrice di ingaggi artistici, che in un caso non mancherà di scappare lasciandosi dietro debiti e commissioni non mantenute? Una fedifraga, dall’appetito sessuale acceso, che amò carnalmente più uomini? Ebbene, Artemisia fu tutto questo e molto di più!

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Ritratto di Artemisia, Simon Vouet (1623 ca.). Foto da ufficio stampa di Palazzo Blu Pisa

La talentuosa artista romana nata nel 1593 ha alle spalle un’adolescenza turbolenta: uno stupro al quale consegue l’umiliazione di un ingiusto processo, la sofferenza fisica della tortura, e un matrimonio riparatore con un pittorucolo, Pierantonio Stiattesi, di cui sarà ben contenta di perdere le tracce dopo circa dieci anni di convivenza. La donna ottiene presto un successo riconosciuto a livello sia nazionale che internazionale. Il coraggio, l’indipendenza, la determinazione traspaiono dai volti delle eroine bibliche e storiche da lei ritratte. Le sue Cleopatra, Susanna, Giuditta, Ester, Lucrezia niente hanno di paragonabile con la pittura, certo mirabile, ma più ‘pacata’ e convenzionale di una Sofonisba Anguissola, o Lavinia Fontana, Fede Galizia o della conterranea Caterina Ginnasi.

Il vissuto e l’indole della Gentileschi si riflettono con forza nella produzione pittorica, non ne è l’unica chiave di lettura, ma indubbiamente imprescindibile per capirla a pieno.  Come non ravvisare una sorta di riscatto verso quel mondo maschile, che nel fiore degli anni impotente la violò e più volte tentò di metterla all’angolo, nel dipinto di Giuditta che taglia la testa a Oloferne? La giovane ebrea si mostra tanto fiera quanto decisa nel compiere l’estremo gesto, sprezzante del sangue zampillante che sta per macchiarle la veste. Del resto sono sue le belligeranti parole risalenti al 1614, di seguito tradotte: “Sulla tela vendicherò il mio stupro. Datemi un esercito, che voglio combattere….datemi una guerra perché, a 21 anni, possiedo armi già ben forgiate, spade da affondare nella lussuria di principi e cardinali in forma di Cleopatre, Lucrezie, Veneri e Susanne; picche da infilzare nelle perversioni dei miei committenti a guisa di Giuditte, Maddalene e Giaele. Tutti desiderabili nudi di donne cui infliggere torture o da cui ricevere dolore: questo mi hanno fatto gli uomini, questo io voglio restituire alla loro impudica bramosia….Ora io vi sfido. Mi farò vendetta con la pittura, dipingerò quadri potenti come nemmeno ho visto fare a Caravaggio…La conosco la sua Giuditta che taglia la testa a Oloferne: l’ho rifatto uguale il movimento delle braccia, ma la mia eroina non ha quell’espressione schifata nel momento di far zampillare la vena giugulare né tira indietro il busto per paura di sporcarsi l’abito….Io, la figlia di un farabutto, la disonorata da un delinquente, io non voglio che mi sia concesso dipingere, io lo farò e basta, solo perché sono brava….”.

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‘Giuditta e Oloferne’, Artemisia Gentileschi (1620).

Così come la pittura anche le lettere per Francesco Maringhi (forse il primo amante) sono piene di travolgente ardore, a tratti allusivamente erotiche:

Core, io ho ricevuto da Vostra Signoria una di quelle lettere che sono il mio refrigerio e che mi fanno ritornare da morte a vita, che se vi fusse noto l’allegrezza che io sento, io credo certo che s’è vero che mi volliate benne, voi parareste di allegrezza.  Vostra signoria mi dice che non conosce altra donna che la sua mano dritta, da me tanto invidiata, che possiede quel che io non posso possedere io, poi mi ringrazia che li abbia offerto la mia casa. Oh, cara vita mia! Mi fate torto, ché sapete puro che so vostra sin’a che durarò avere fiato. Io non mi struggo, se non di non vedervi appresso, che sapete puro che vi aspetto come s’aspetta la grazia di dio, ché so risoluta de non fare quel negozio se non fo co’ voi, e se non veniste, mai mai non vorrei rompere la mia castità. Ma te lasso considerare a te come sto, anima mia, io in corazone non posso stare al morso quando io ricevo lettere da voi. Puro mi so mantenuta sin qui, ma difficilmente me ne dà core per l’avvenire, ché so come io sto. Vi vorrei pregare con tutto core che su quel mio ritratto voi ci fareste, ma con quella cosa che fusse impossibile che sapete che mi promettesti di non fare quello che forse Vostra Signoria fa. Io non vi ricordo se non che è uno grande peccato e vorrei che pensaste che vollio bene alla vostra anima quanto vollio al corpo… . De Vostra Signoria tutta tutta Artemisia Lomi”, 26 giugno 1620 Roma.

Artemisia, oltre a indiscusse doti artistiche, può vantare un aspetto attraente, procace: “…bellissima…elegante nell’abbigliarsi, …graziosa nel dire vivace nei modi, era l’amorevolezza di tutti. Ciascuno desiderava vederla; ciascuno volentieri l’udiva. Ebbe nel suo sesso molte rivali, e tanto più dispettose, perché da lei ugualmente vinte e nella venustà dell’animo.” (in “Biografia dei Pisani illustri” Grassini Ferdinando, Pisa 1838, pg. 63).

É noto che nel 1625 a Roma instaura un rapporto amoroso con Nicholas Lanier, maestro di musica del re Carlo I d’Inghilterra e suo agente nel mercato d’arte italiano. Lanier è un uomo sposato ma intratterrà un’intensa relazione con Artemisia fino al 1628, tenterà più volte di convincerla a partire con lui per Londra, ma inutilmente.

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Ritratto di Nicholas Lanier, A. van Dych (1628)

Emancipata, ben consapevole del proprio valore, una donna che amò tanto, ma che alla fine rimase fedele unicamente alla sua pittura.

Testo di Arianna Tinagli

Autore MyWhere

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