Alla riscoperta di Forcella, cuore popolare di Napoli. Fra palcoscenici, pellicole e pizza fritta

Alla riscoperta di Forcella, cuore popolare di Napoli. Fra palcoscenici, pellicole e pizza fritta

NAPOLI – Perché limitarsi ai luoghi più conosciuti, quelli ritenuti imperdibili e conformi alle richieste dei visitatori, quando una città può mostrare a pochi passi il suo più autentico volto? E’ proprio questo il caso di Napoli, luogo dai mille colori. Oggi vi voglio raccontare quello che ho sapientemente osservato, scoperto e assaggiato – nel vero senso della parola – del quartiere Forcella, ventre popolare di Napoli dalla tradizione millenaria. Dalla stagione della pizza fritta, alle iniziative di valorizzazione, ai film che ci hanno parlato di lei.

Voi fatelo, provateci. Durante un soggiorno a Napoli, uscite dai circuiti turistici più acclamati. Fatevi cullare da quei profumi di sfogliatelle alla crema e bombe fritte, dai clacson dei motorini e dai sorrisi dei bambini. Napoli è una città infinita, com’è infinito il suo potere di abbracciare genti da ogni dove e coinvolgerle in un vortice di caos misto a risate. Io l’ho fatto, addentrandomi a Forcella, un nome ancora in grado di destare inquietudine, se pronunciato ad alta voce.

Con un po’ di attenzione e l’occhio vigile, una breve passeggiata a Forcella, animo pulsante del centro di Napoli, non potrà che rivelarsi un plus per un soggiorno proficuo nel capoluogo campano.

FORCELLA, A SPASSO PER LE ANTICHE VIE DI PARTENOPE

Forcella è senza dubbio una delle zone più caratteristiche e, se vogliamo, strampalate della città di Napoli. Conosciuta in ogni parte del mondo per il caos, il disordine, la confusione e la concentrazione di micro e macro criminalità, è altresì un vero e proprio patrimonio culturale a cielo aperto. E, elemento non trascurabile, patrimonio culinario.

E’ una zona raggiungibile velocemente se ci si trova a passeggiare per le vie del centro, poiché situata nel cuore storico di Napoli. Una vera e propria periferia centrale situata tra i quartieri Pendino e San Lorenzo, adiacente anche a Via Duomo, Spaccanapoli e Corso Umberto I.

A me e sono sicura anche a voi, è subito nata curiosità sull’origine del nome. E così, l’ho domandato ad alcuni napoletani doc, a cui sicuramente tutto si può imputare, tranne la scarsa conoscenza e lo scarso amore per la propria città.

Pare abbia origini lontane ma spiritose: il bivio di Forcella a forma di Y rammentava ai napoletani la forma di una forcella, vale a dire un pezzo di legno, ferro o altra natura che si amplia diramandosi alla fine.

Forse non tutti ne sono a conoscenza, ma il quartiere ha origini molto antiche: circa 2300 anni fa i coloni greci sbarcarono sulle coste di Napoli e tracciarono un antico decumano che ancora oggi si trova sotto la città.

Forcella era l’anima splendente dell’antica Partenope, perla della vita culturale cittadina. Finché non sono approdati gli spagnoli a Napoli, il quartiere è stato polo d’accoglienza di tutti gli ebrei, sin dall’epoca romana.

Proprio qui, era situata una delle tre giudecche della città, di cui restano alcuni reperti, in memoria dei sentimenti e dello spirito appassionato di tutti coloro che hanno abitato qui fino al XVI secolo. Arrivati gli spagnoli, questa tradizione e quotidianità di Forcella venne sostanzialmente cancellata, per poi scomparire del tutto.

Una presenza caratteristica è quella della pietra soprannominata Cippo: si tratta di una costruzione tondeggiante, che si dice faccia parte dei frammenti della porta Herculanensis, oppure dell’antica cinta muraria dell’epoca greca. Il Cippo è stato rinvenuto durante i lavori del Risanamento che annunciavano lo sgombero della parte bassa di Forcella e l’avviamento di via Pietro Colletta. A quanto pare, da qui è nato uno dei detti napoletani più celebri, che sta ad indicare una cosa molto vecchia:

sta’ cosa s’arricorda o’ cipp’ a Furcella.

FORCELLA, ANIMA E CORPO DI UNA CITTA’ CHE CAMBIA

Forcella viene, per certi versi a ragion veduta o comunque con riferimenti precisi, identificata come luogo di attività camorristiche e criminali, dove l’impegno e la convinzione di personalità del luogo affinché i giovani non si lasciassero imprigionare da una rete di vandalismo e camorra stanno a fatica conquistando terreno.

Ma Forcella è molto più di questo, è quel luogo in cui le famiglie più importanti della Napoli bene decisero in tempi antichi di stabilirsi e costruire qui le proprie residenze: dagli Orsini ai Caracciolo, alla stessa regina Giovanna che qui fece costruire la Real Casa Annunziata e la ruota degli esposti. Per terminare con la barocca Chiesa di Santa Maria Egiziaca.

I poli culturali con cui Forcella vi attrarrà in un vortice di assoluto stupore sono senza dubbio molteplici. Castel Capuano, Pio Monte della Misericordia e lo splendido museo contenente l’antico tesoro di San Gennaro. Non c’è limite al colore, all’autentica gioia di vivere Napoli che percepirete nella comunità, passeggiando in questo sorprendente palcoscenico del centro partenopeo.

Come non soffermarsi anche solo per qualche secondo, a prescindere dai propri gusti e dalle proprie attitudini, davanti al Maradona – hasta la victoria siempre in cui ci si imbatte salendo per la via principale di Forcella, o davanti all’imponente murale di San Gennaro?

Gennaro è un’opera di street art di Jorit Agoch, che rappresenta San Gennaro con lo sguardo raccolto verso l’alto. Il murale ha a un’altezza di 15 metri e dal 2015 occupa la facciata di un edificio nel quartiere di Forcella.

L’opera del San Gennaro operaio ha ricevuto il patrocinio dell’assessorato ai giovani del Comune di Napoli, del Museo del Tesoro di San Gennaro e della Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro.

Il soggetto preso come modello per il suo Gennaro è un amico dell’artista, giovane carrozziere, modesto ed onesto come lo era stato lo stesso San Gennaro.

In un’intervista Jorit ha detto:

Santifico le persone del popolo come Caravaggio. Forse sembra blasfemo ma scelgo gente comune per dare il volto a Santi e Madonne, persone che conosco e mi hanno colpito. Il San Gennaro ritratto sul muro di Forcella è un mio amico, un operaio napoletano di 35 anni.

In un’altra intervista ha aggiunto:

Non è l’arte che cambia il mondo, non ci possiamo illudere. Ma ci sono realtà come Brooklyn in cui la presenza di graffiti ha migliorato i quartieri. I dipinti non sono la soluzione ai problemi, ma consentono di creare tour d’arte e migliorano l’aspetto delle zone in cui vivono i cittadini.

Che dire, parole che colpiscono al cuore e fanno riflettere. Bigottismo, stereotipi e luoghi comuni non hanno più alcuno spazio nella street art, come non lo hanno più nelle rappresentazioni della Vergine del Caravaggio. Perché l’esempio degli antichi non sempre è superabile. Spesso, può e deve ergersi a specchio del presente attuale.

IL TEATRO TRIANON, PALCOSCENICO DELLA NAPOLI AUTENTICA, TORNA ALL’ANTICO SPLENDORE

A proposito di palcoscenici, ne ho scoperto uno la cui scena è stata cavalcata da alcune delle personalità più talentuose del secolo scorso, da Eduardo De Filippo a Totò a Viviani e Roberto De Simone.

Si tratta della struttura teatrale Trianon, sorta nel cuore di Forcella nel lontano 1911 e scenografia delle esibizioni più celebri dell’arte napoletana e italiana. Un teatro che più che un teatro era una casa, per tutti coloro che salivano sul suo palcoscenico e vi portavano la vita vera, l’autentica tradizione di un popolo unico nel suo genere, che a Forcella trova la sua espressione più profonda.

Per il Trianon Viviani è adesso cominciata una nuova vita. Marisa Laurito, attrice di teatro, conduttrice tv e cabarettista ha ricevuto da Nino D’Angelo il testimone della direzione artistica. Con amore e grande tenacia, sta contribuendo all’intenso brulicare di eventi, iniziative e spettacoli presso quest’antico gioiello partenopeo. La Laurito ha così commentato:

Sono grata al Presidente Vincenzo De Luca per questa grande opportunità di fare qualcosa di bello e utile per la mia amatissima Napoli. Il progetto del Presidente De Luca mi ha subito convinto e mi sono messa a lavorare con grande entusiasmo per recuperare, valorizzare, far apprezzare l’enorme patrimonio della canzone napoletana. È un progetto ambizioso del quale c’era enorme bisogno. Un’impresa che stiamo portando avanti con grande determinazione attraverso una ricca programmazione artistica ed alcune iniziative come La Stanza delle Meraviglie e la Stanza della Memoria.

La Stanza della Memoria e La Stanza delle Meraviglie hanno illuminato una ventata di ricordi sulla canzone napoletana e sul teatro napoletano, arricchendo e allo stesso tempo portando all’attenzione di tutti quella che è la vastità storica della città e delle passioni di Forcella. Un luogo che ha ed avrà ancora tantissimo da raccontare.

IL CINEMA RACCONTA FORCELLA: IL BAMBINO NASCOSTO, DA NOVEMBRE NELLE SALE

Non solo serie tv su camorra e ghetto stile Gomorra. Passeggiando oggi, per le stradine di questo storico quartiere di Napoli, a me è tornato subito in mente quel capolavoro assoluto del Cinema italiano che è Il Bambino Nascosto, con Silvio Orlando.

Roberto Andò dirige l’adattamento cinematografico del suo omonimo romanzo, sceneggiandolo insieme a Franco Marcoaldi. Gabriele Santoro vive nel quartiere di Forcella ed ha una cattedra di pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella. Una mattina, il postino suona al suo citofono per consegnargli un pacco. Lui apre la porta e, prima di accoglierlo, si assenta per qualche attimo. In quel pochissimo tempo, un bambino si intrufola nel suo appartamento e si nasconde.

Il maestro – così lo chiamano nel quartiere – non se ne accorge fino alla tarda serata. A quel punto riconosce Ciro, un bambino che abita con i genitori e con i fratelli nell’attico del suo stesso palazzo. Alle sue domande sul perché della sua fuga e del suo nascondiglio, il bambino non non risponde. Nonostante questo, il maestro decide di nasconderlo in casa, intraprendendo una battaglia contro i nemici di Ciro, con enorme coraggio.

Una storia che si svolge fra quattro mura. Quattro mura che contengono il senso di una vita. Per la quale occorre mantenere viva una morale, che dia la possibilità di ricevere protezione, amore e rispetto. Il bambino è il figlio di un camorrista e, trattandosi di un essere umano privato della gioia dell’infanzia, non conosce i sentimeni. Il maestro è un uomo colto e solitario, dalle passioni nascoste, segrete, che esprime probabilmente attraverso la sua musica. Eppure, a lui è capitata la partita più difficile che si possa mai giocare: quella d’insegnare l’affetto ad un bambino complicato.

Una pellicola che dimostra quanto la dimensione popolare e radicata di Napoli sia ancora in grado di raccontare storie. Da novembre è già in tutte le sale e merita decisamente di essere presa in considerazione.

COSA E DOVE MANGIARE. LA PIZZA FRITTA: PRELIBATEZZA PER INTENDITORI CON FORTE ATTITUDINE…DIGESTIVA! 

Non so voi, ma io, dopo aver fatto il pieno di tutta questa meraviglia, di tutto questo stupore, quest’arte, questa pullulante vita, ho bisogno di una pausa pranzo di tutto rispetto. 

I visitatori, generalmente, si riversano nelle tantissime pizzerie e trattorie del centro storico di Napoli. Nella vicina zona adiacente al Duomo, o nella celebre Pizzeria Da Michele a due passi da Forcella. Nessuna di loro delude, ognuna merita una sosta perché in grado di regalare attimi di pura gioia per il palato. Per questa volta, tuttavia, voglio tenere fede al fil rouge della mia visita e sentirmi napoletana per un giorno, una napoletana originaria di Forcella.

In quest’ottica, è impossibile rinunciare ad assaggiare la pizza fritta napoletana, una vera e propria istituzione per i partenopei legati alle tradizioni, una cultura antica e povera che non risente del trascorrere del tempo.

Nata nel dopoguerra come alternativa alla classica pizza cotta nel forno perché meno costosa, si è diffusa solo con il semplice utilizzo della pasta, con l’ausilio di materie prime molto economiche, quali la ricotta, i ciccioli di maiale ed il pepe. Si tratta, ovviamente, di un piatto tipicamente invernale, perfetto per il periodo di Natale, con il quale si apre la tradizione che si conclude in primavera.

Olio bollente, pochi minuti di cottura. Il fumo e il sugo che escono quando, come da tradizione, la si deve appiattire con la forchetta per poi inciderla. La pizza fritta è un’esperienza davvero unica, garantisco! Una vera e propria commistione di sapori. Ma dove mangiarne una davvero buona? Ve lo dico io. Alla Pizzeria de’ Figliole.

Se vi aspettate finti cerimoniali, tovaglie ricamate o porcellane di Limoges, siete nel posto sbagliato. Siete a Napoli, qui ogni pranzo è un momento di festa, ogni pasto viene accompagnato da una pinta di birra alla spina o da una brocca di vino e appena entrati lo scenario sarà quello di una semplice trattoria condita dal volume sostenuto delle voci, dal rumore dell’olio che cuoce e dai tavoli stracolmi. Ma ognuno dei presenti avrà il sorriso di una persona qualunque, di una verità e semplicità che a Forcella è ancora facile trovare.

Unica pecca: la difficoltà di digestione. Ma noi gliela perdoniamo. E anzi, facciamo anche il bis. Perché a Forcella si viene una volta sola? Non direi possa essere questo il motivo. A me è già venuta voglia di tornare, a perdermi di nuovo in quella tela di colori, bancarelle, botteghe artigiane, di quelle vie popolate dagli abitanti dello storico quartiere che lo rivestono di tradizioni e idee totalmente nuove rispetto al passato, di quelle donne di Napoli colorate e bizzarre.

Gli ideali del passato sono duri a morire, probabilmente Forcella è ancora lontana da quella rinascita che hanno sperimentato altre zone del centro di Napoli, è ancora confinata nel suo microcosmo di convinzioni e di repulsione per qualsivoglia forma di arte o evoluzione. Ma questo non è un obiettivo impossibile.

Forcella è il cuore della città. Ma è anche il centro di un piccolo mondo a sé, vissuto troppo a lungo in una prigione costruita sull’ignoranza e sulla supremazia del pensiero. Un mondo che oggi sembra via via scomparire, o forse solamente mutare nella forma, a fronte di una società che cambia e si rinnova.

Un nuovo mondo che, ci auguriamo, mantenga in vita le tradizioni di un popolo e allontani ciò che per secoli lo ha tenuto separato dal resto.

 

Tutte le foto sono state scattate da me per MyWhere.

Michela Ludovici

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