Lee Miller, la surrealista

Lee Miller, la surrealista

BOLOGNA. A Palazzo Pallavicini, fino al 9 giugno 2019, nella mostra “Surrealist Lee Miller” si potranno ammirare le foto di una donna fuori dall’ordinario, autrice nel campo della fotografia di opere che meritano di essere collocate tra le esperienze visive più originali degli anni trenta e quaranta del novecento.

La retrospettiva bolognese sulle opere di uno dei personaggi mitici della scena artistica parigina tra la seconda e la terza decade del novecento è stata concepita dal Antony Penrose (1947), il figlio di Lee Miller (1907-1977) e Roland Penrose (1900-1984), secondo marito della fotografa, pittore, poeta e scrittore, autore di apprezzabili biografie critiche su Picasso, Mirò, Man Ray, ma anche raffinato collezionista di artisti che in qualche modo si riconoscevano nell’esperienza surrealista. Probabilmente fu anche grazie a Roland Penrose se l’arte surrealista trovò un pubblico di devoti ammiratori in Inghilterra.

Dall’inizio del terzo millennio la casa di Roland e Lee nell’East Sussex, è divenuta una sorta di museo nel quale si trovano conservati i Lee Miller Archives con documenti rilevanti per gli studiosi e molte opere appartenenti al marito. Naturalmente nella Farleys Farm House è stata ricavata una Gallery nella quale i turisti possono fruire di una scelta temporanea delle opere sia di Lee che di Roland unitamente a quelle degli amici surrealisti.

Da tempo, Antony Penrose, erede e responsabile di un giacimento culturale ragguardevole, è impegnato a mantenere vivo l’interesse per il lavoro intellettuale e artistico dei genitori. In particolare per l’importante contributo che Lee Miller ha dato alla fotografia. E non c’è modo migliore per tenere vivo il ricordo di una donna fuori dall’ordinario, dal far circolare tra pubblici che ne hanno perso la memoria o addirittura non conoscono le opere, mostre itineranti che raccontano con l’evidenza di immagini ben scelte, un’avventura artistica e umana che non teme confronti con nessun altro soggetto femminile di quella generazione di mia conoscenza.

L’evento espositivo a Palazzo Pallavicini è dunque un eccellente esempio di come si deve agire per non dissipare la memoria, il valore delle opere e il contenuti artistici di autori che rischiano di essere ricordati, celebrati dai media più per le vicissitudini di vite quant’altro mai avventurose, trasgressive se non controverse, piuttosto che dalla valenza formale delle immagini prodotte nel corso della loro carriera.

La rassegna di fotografie scelte da Antony Penrose, contenute nella mostra “Surrealist Lee Miller”, sono ovviamente una piccolissima parte delle immagini prodotte dall’autrice. Ma delineano un percorso che attraversa quasi tutte le fasi salienti della sua vita. Mancano le foto commerciali e sono pochissime quelle strettamente vincolate all’ideologema fotografico della moda. Probabilmente perché, a prescindere dal loro valore storico, sono fatalmente le più condizionabili da editori, art director e sponsor. Lee Miller era soprattutto una persona che amava la libertà e con una determinazione rara tra le donne della sua generazione, agiva e viveva rivendicando per sé le prerogative che in quei giorni erano tipiche degli uomini. Per restituirci l’ombra dello stile di vita e di pensiero, difeso con intelligenza e coraggio dall’autrice, stile che attraversa molte delle sue immagini, Antony Penrose, ha scelto scatti che lasciano percepire la libertà dello sguardo della madre sia di fronte a oggetti, a corpi, a paesaggi, e sia davanti a eventi drammatici come i famosi reportage dai lager di Buchenvald e Dachau, nei quali per prima si recò per documentare la spaventosa propensione all’orrore che il nazismo aveva istillato in una forma di vita culturalmente evoluta che discendeva da Kant, Goethe, Mozart, Beethoven.

La struttura di senso che connette la narrazione dominante delle immagini in oggetto, viene giustamente enfatizzata nel titolo della mostra. L’idea di fondo, evidentemente, è che Lee Miller nel corso della sua carriera, non abbia mai perso la propensione a cogliere nel reale visivo (intendetelo in questa sede semplicemente come ciò che sicuramente esiste e viene ripreso dall’obiettivo), un punto di fuga surrealista.  Con questa parola/concetto, entrata nella seconda metà del novecento nel lessico popolare (surreale è divenuto un aggettivo comune sia tra gli adolescenti che tra gli adulti), ci si riferisce a situazioni, oggetti, opere che ci appaiono strane, misteriose forse un po’ inquietanti. Ma oltre a queste tecniche di straniamento di elementi che fanno entrare in conflitto i “contenuti attesi” presupposti dall’ordine normale delle cose, con qualcosa d’altro, io credo che Antony Penrose abbia voluto farci capire che il surrealismo di sua madre era anche, per certi versi, uno stile di vita e di pensiero.

Nella bella biografia che le dedicò ( The Lives of Lee Miller, Thames & Hudson, 1988), ripresa in parte nell’elegante e godibilissima sintesi proposta nel catalogo della mostra bolognese, Antony Penrose ci racconta in modo convincente quanto la vita trasgressiva della madre negli anni della giovinezza fosse in realtà comune tra la maggioranza degli artisti e intellettuali della cosiddetta Avant-Garde che animava la scena parigina tra le due grandi guerre. Il connubio tra arte e vita nel nome di una avversione radicale alle convenzioni di vita borghese, di fatto sperimentava modi di relazione e un concetto di libertà individuale, probabilmente sopravvalutato e ambivalente nei suoi effetti, ma molto vicino all’insieme dei valori che oggi molti di noi considererebbero irrinunciabili. È altresì vero che in quella generazione di intellettuali artisti, lo stile di vita trasgressivo era declinato soprattutto al maschile. Ma su questo terreno Lee Miller fu una coraggiosa e leale partner, poco incline a negoziare in perdita i suoi legittimi desideri di reciprocità. Voleva per sé le stesse prerogative degli uomini ai quali si legava, e favorita dalla sua sessualità per certi aspetti tipicamente maschile, ma incapsulata in un corpo che promanava frequenze di sex appeal micidiali, sapeva benissimo come difenderle. Bisogna aggiungere che la sua aggressività erotica non aveva nulla di violento. Era certo cosciente del potere del suo fascino, ma metteva sempre il chiaro con chi incontrava, le sue regole. Ho il fondato sospetto che se oggi Lee Miller per un pubblico femminile giovane sta divenendo un vero e proprio mito, questo dipenda soprattutto dalle sue vicende esistenziali che fondono il fascino di una bellezza libera di volare là dove la portavano le passioni, con i drammi le tragedie che punteggiano le vite di noi umani, rendendo struggente il romanzo di una vita. Tuttavia la mitizzazione può facilmente farci perdere di vista la reale valenza di Lee Miller come fotografa, artista e preziosa testimone del suo tempo. Ecco perché eventi come la mostra di Bologna risultano decisivi per permetterci di penetrare nelle nebbie del mito e ottenere una più profonda percezione del valore degli “oggetti” che certo hanno fatto parte della vita dell’autrice, ma che ora sono opere autonome che dialogano con il nostro tempo, ci invitano a misurarne la valenza, lo spessore, la qualità, la testimonianza storica. Tuttavia nel caso di Lee Miller, l’avrete capito spero, è complicato separare le sue opere dalle vicissitudini esistenziali alle quali andava incontro. Per una donna, soprattutto se molto bella, a quel tempo, era difficile fare carriera nell’arte, nella moda, in società, solo con il talento e le competenze tecniche. Bisognava essere accettate nel mondo degli uomini di successo e di potere. Diciamo che Lee Miller era particolarmente dotata nel primeggiare in questa lotta per potersi sentire libera, indipendente, creativa. Guardando le foto in mostra, in certi momenti mi è sembrato di vedere l’estensione fotografica di questa lotta.

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Lee Miller a Parigi

Le prime immagini della mostra documentano l’attività della fotografa negli anni in cui il Surrealismo stava arrivando all’apice delle tendenze artistiche d’avanguardia.

Uno degli agitatori più famosi del movimento dadaista prima, surrealista poi, era certamente Man Ray, in quei giorni artista di altalenante successo economico, divenuto un fotografo molto apprezzato, disponibile a collaborazioni commerciali soprattutto per sbarcare il lunario. Naturalmente, oltre ai ritratti di persone famose e alle collaborazioni con riviste di Moda disponibili a pagarlo, in studio applicava al mezzo fotografico le tecniche stranianti tipiche delle sperimentazioni artistiche. Per farla breve, anche se il mercato non apprezzava più di tanto i suoi oggetti artistici, Man Ray era famoso e molto considerato da chi si riconosceva nel paradigma estetico dada-surrealista. Lee Miller, nel 1929, da poco arrivata a Parigi da New York, dopo un breve viaggio in Italia durante il quale prese coscienza del suo totale disinteresse per l’arte classica, decise che proprio Man Ray sarebbe stato l’artista che poteva farla crescere. Lee Miller, in una intervista descrisse con queste parole l’incontro con l’artista: “Fu una mossa voluta, gli stavo dando la caccia. Era il 1929, tra la primavera è l’inizio dell’estate. Mi trovavo a Venezia e avevo girato l’Italia in lungo e in largo per vedere dipinti. Fu allora che ebbi il rifiuto dell’arte classica e tutte quelle cose lì…Così presi un treno, andava Parigi e bussai alla porta di Man Ray…Non me ne sono mai pentita”. Altre narrazioni si scostano leggermente dalle parole di quell’intervista. Si dice che Lee, evidentemente determinata ad attirare l’interesse dell’artista, un giorno ebbe modo di vederlo in un bistrò e chiese subito al suo accompagnatore di presentarli. E così Edward Steichen, celebre fotografo di Vogue, introdusse una delle donne considerate più attraenti al mondo, all’artista bohémienne il quale dopo i convenevoli, probabilmente già un po’ alticcio, rispose alla richiesta di poter diventare una sua allieva, con uno stupefacente, mi spiace ma non ho mai avuto apprendisti e non ne sento il bisogno, inoltre domani partirò per Biarritz per un servizio fotografico e quindi per un po’ sparirò da Parigi. A queste parole Lee Miller rispose con un esilarante, benissimo, credo che anch’io domani partirò per Biarriz… Chiedo scusa al lettore, ho fantasticato un po’. Steichen probabilmente era a New York, e Man Ray era appena entrato nel bistrò e quindi è improbabile fosse alticcio. Effettivamente quel giorno Lee era andata a cercarlo nel suo studio, ma aveva ricevuto la notizia della sua partenza per Biarritz. Delusa, entrò nel primo café lì vicino e mentre cercava di allontanare l’irritazione con un pastis ghiacciato ecco entrare il nostro eroe. Nella citata biografia di scritta da Antony Penrose si leggono queste parole di Lee: “Quando emerse in cima alla scala a chiocciola, sembrò sbucare dal pavimento. Somigliava a un toro con il petto all’infuori, capelli e sopracciglia scuri. Gli dissi spavalda che sarei stata la sua nuova allieva. Mi rispose che non prendeva studenti, e comunque  stava partendo per una vacanza. Lo so, replicai, verrò anch’io..e così feci…”. Sapete tutti come andò a finire e se non lo ricordate ve lo sintetizzo: la giovane americana divenne sua allieva, modella, musa, collaboratrice, e nel frattempo, non senza fare orribilmente incazzare la famosa Kiki de Montparnasse, in quei giorni fidanzata e convivente dell’artista, ne divenne anche l’amante, la compagna di divertimenti erotici e chissà quante altre cose ancora che Man Ray in quel momento non poteva intuire, ma che scoprì dopo qualche anno, quando Lee Miller lo lasciò. Come tanti ardenti adepti della libertà sessuale, ovvero della separazione netta tra piacere erotico e sentimento amoroso, Man Ray finì per innamorarsi come un ebete, divenne orribilmente geloso e soffrì come mai aveva provato nel corso della sua esistenza, quando perse la persona che evidentemente amava di quell’amore che il suo stile di vita e di pensiero avevano con accanimento denegato. Mi fa obbligo aggiungere che Lee Miller, secondo me, era una persona leale. Probabilmente non gli aveva mai nascosto di non essere innamorata quanto lui e che per lei il sesso era una divertente forma d’entertainment tra persone libere di scegliere. D’altronde leggendo la biografia di Antony Penrose si comprendono benissimo le ragioni per cui Lee Miller poteva avere uno scetticismo di fondo verso l’innamoramento romantico. In giovanissima età fu violentata da uno sconosciuto (un amico di famiglia, pare) che le attaccò la gonorrea (lo scolo). Fu una dolorosa tragedia che non poteva non lasciare tracce nello sviluppo. Secondo Antony Penrose, fu lo psichiatra al quale fu affidata nella prima adolescenza a raccontarle la storiella che l’amore fisico era tutto sommato poco più di una sudaticcia, divertente attività fisica, da non confondere con il vero amore. Probabilmente, il terapeuta ammantato di pseudoscienza, era in buona fede. In altre parole cercava di cauterizzare il trauma, con una storiella che aveva come fine rassicurare la piccola Lee sul fatto che l’incidente non le avrebbe precluso le esperienze che tutte le ragazze sognano. E infatti, seguo a mio modo l’autore, la troviamo nell’età dei primi amori, con il suo ragazzo in gita al lago, mentre solcano tête-à-tête le acque in barca. Non so cosa successe ma il principe azzurro cadde e annegò. Una tragedia, immagino. Successivamente Lee ebbe l’opportunità di prendersi una lunga vacanza viaggiando per l’Europa. Mentre il transatlantico lasciava il porto di New York, al suo nuovo fidanzato o amante, ma forse era solo un ardente ammiratore, venne l’idea di salutarla con un coup de theatre da album dei ricordi, volteggiando in aereo intorno alla nave per lanciarvi delle rose rosse. Per qualche ragione rimase ucciso. Chissà, mi piace immaginare che forse dopo qualche strambata troppo audace il furbacchione si sfracellasse in mare. Ma pare proprio di no: nel viaggio di ritorno, mentre il transatlantico solcava le onde dell’Atlantico, una avaria fece precipitare l’aereo. Comunque sia andata, come scrive benissimo Antony Penrose, a Parigi arrivò una ragazza che aveva avuto una prima giovinezza fuori dall’ordinario e non proprio con lo spirito incline a innamorarsi seriamente. Aggiungo pure che Man Ray non era certamente un adone. Bassotto, inelegante, bruttino, scorbutico almeno quanto Lee era alta, bella, elegante, con quella classe che un tocco di anticonformismo o, se volete, di volgarità, rende praticamente irresistibile. Penso tentasse in ogni modo di ingabbiarla per farne il proprio esclusivo oggetto erotico. Non ci riuscì e come ho già detto sopra, se ne innamorò perdutamente. Quando lei lo lasciò soffrì come una bestia (ma è proprio vero che le bestie soffrono così tanto? Più di noi? Ne dubito. Ma cosa volete farci, è questo il modo di dire popolare secondo me più vicino a quello che Man Ray deve aver provato), fece per un po’ le solite teatrali sciocchezze che fanno tutti. Ma poi elaborò il lutto e gli rimase amico fraterno per tutta la vita.

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Se dal punto di vista della relazione erotica, anche nei momenti più travolgenti o trasgressivi, decidete voi la parola, il lavoro dell’inconscio di entrambi lavorava per minare il rapporto, dal punto di vista professionale invece, la complicità sembrava quasi perfetta. Al punto che oggi, agli studiosi, riesce difficile distinguere le loro foto di quel periodo. Tuttavia, anche tenendo conto del fatto che molte delle immagini create da Lee Miller finivano con l’essere firmate da Man Ray (in definitiva quello che aveva un “nome” spendibile sul mercato era lui), mi sembra invece di poter attribuire a lei, sguardi e tagli caratterizzati da una maggiore durezza, quindi da un approccio severo a volte crudele all’objet trouvé, noto stilema surrealista. Le foto del seno reciso da operazione chirurgica in un piatto, pronto per essere consumato, quella degli zoccoli, scarpe e catrame, esposte a Bologna, rimandano alla semantica olistica alla quale alludevo. Anche il ritratto che Lee Miller fece al suo “maestro” nel 1929 (fig.2), a mio avviso rivela lo sguardo freddo della fotografa, la sua raggelante grazia. L’elemento casuale della schiuma da barba, conferisce al volto una pietrificazione già di per se drammatizzata dal profilo di Man Ray. La tentazione di percepire in questo ritratto le ambivalenze del loro rapporto è forte, ma probabilmente fantasiosa. Secondo Juliet Hacking (“I grandi fotografi”, Einaudi, 2015), era opinione diffusa nell’ambiente artistico-bohémienne parigino che il ruolo di musa stesse stretto a Lee, finendo col divenire “…un elemento fondamentale nella decisione di lei di mettere fine alla loro relazione nel 1932”. Nessuno può sostenere con ragionevole certezza che Man Ray inconsapevolmente accarezzasse l’idea di inibire le aspirazioni di Lee Miller. Comunque il concetto di ambivalenza a questo punto mi pare appropriato. È tipico del forte coinvolgimento passionale oscillare da un atteggiamento di encomiabile apertura e rispetto per “l’altro” a meschinerie grandi o piccole, a seconda delle circostanze. Nei suoi diari Man Ray scrive che considerava Lee un’artista della fotografia. Questo non esclude però che, nella fase di inebetimento amoroso, ne temesse l’autonomia e l’eventuale successo. Con il senno di poi, e le immagini esposte a Bologna lo confermano, si può sostenere che Lee Miller era senz’altro la fotografa surrealista più talentosa e geniale della sua generazione. A mio avviso solo Dora Maar (1907-1997), per circa 8 anni musa e amante di Picasso, si avvicina alla qualità delle opere di stretta osservanza surrealista di Lee, create negli anni in cui era legata a Man Ray.

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Il fascino dell’oriente

Tornata a New York, Lee Miller si immerse immediatamente da protagonista nel mondo modaiolo che gravitava intorno a Conde Nast e la rivista Vogue. Molte donne ricche, famose e influenti ambivano essere ritratte da un’altra donna circondata da un’aura leggendaria bellezza, esperienza, anticonformismo. Ma la loro adesione non era sufficiente a reggere i costi dello studio che Lee Miller aveva aperto a Manhattan. I compensi delle foto pubblicitarie e di moda, che riceveva, non erano parametrati alla sua bravura. Anche se New York stava reagendo bene alla famosa depressione del ‘29, Lee poteva fare ben poco per difendersi dai pregiudizi maschili nei confronti delle donne fotografe. In realtà l’élite imprenditoriale che gravitava intorno al lusso e alla moda, tutti maschi, la vedeva soprattutto come una bellissima ragazza e consideravano il suo lavoro di fotografa come il patetico tentativo di una giovane ambiziosa di fare concorrenza ai più quotati colleghi maschi. Insomma, volevano Lee Miller ai loro party; la adoravano, ma del suo talento fotografico sostanzialmente se ne fregavano. Era difficile, in queste condizioni, reggere i costi crescenti del suo Studio, ma con perseveranza e impegno si può dire che superò i momenti più difficili. Ma qualcosa dentro di lei si stava incrinando. La sua irrequietezza di fondo reclamava nuove avventure? La moda la stava annoiando? Dopo pochi anni Lee risolse il problema suo modo, lasciando di stucco tutto il bel mondo newyorkese. Le cose andarono all’incirca così: quando tornò a New York, fu presto raggiunta da un ricco uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey, che aveva conosciuto a Parigi e, senza dubbio, lui si era subito innamorato di lei. Ovviamente a New York si frequentarono con maggiore intensità, visto che il rompicoglioni Man Ray era definitivamente fuori gioco. Nel 1934,  decisero di sposarsi e di andare a vivere al Cairo e quindi Lee rinunciò al suo Studio, lasciandone la conduzione al fratello Erick. Senza le relazioni della sorella l’attività non poteva funzionare e quindi dovette interrompersi.

  Naturalmente pur provando a recitare il ruolo di donna ricca e felicemente sistemata, Lee continuava ad essere fondamentalmente una artista inquieta, una donna dalla curiosità esplosiva ma anche incline a quelle irrequietezze che comportano ricerche continue di stimoli eccitanti seguiti da ricadute depressive. Aziz certamente conosceva il carattere della moglie e non ho dubbi che ben lungi dal confinarla nella sua ricca casa, si prodigasse in frequenti viaggi in Europa, offrendole come destinazione tutte le località di vacanza frequentate dal bel mondo. Ma era solo una questione di tempo. Dopo qualche anno Lee lo lasciò. Può sembrare bizzarro, ma nell’arco del periodo funestato da un matrimonio che Lee aveva accettato senza averne la disposizione, non c’è niente di più noioso e soffocante di un marito che ti adora senza limiti, per giunta in una città come Il Cairo, certamente lontana dalla eccitante vivacità intellettuale di Parigi o New York, può sembrare strano dicevo, ma Lee Miller riuscì a produrre fotografie che reputo straordinarie. Per certi aspetti, superiori a quelle del periodo di stretta osservanza surrealista. In mostra a Bologna ho potuto ammirarne un discreto numero. Le più rappresentative del suo stile, a mio avviso sono Portrait of Space (1937) e From the top of Great Pyramid (1937).

Come funziona in questa fase, definiamola pure “paesaggistica”, il dispositivo visivo col quale le immagini di Lee cercano l’innesco con il nostro sistema cervello-mente?

Il contenuto delle foto diviene il pretesto che, e lo dico con le parole di Susan Sontag, funziona da “esca che impegna la coscienza in processi di trasformazione essenzialmente formali” ( Sullo Stile; in “Contro l’interpretazione”, 1964). Se cooperiamo con Lee Miller, ovvero cerchiamo di essere sensibili al modo in cui vuole farci vedere qualcosa di deviato rispetto al contenuto immediato degli oggetti presi nel campo fotografico, allora, anche se troviamo difficile classificarlo con una etichetta verbale, progressivamente si fa largo l’impressione di poter riconoscerne le stigmate di uno stile individuale. Ritengo scontato inoltre, ritrovare in quei paesaggi l’impronta dello sguardo surrealista. Non credo sia in discussione il fatto che Lee Miller, anche quando affrontava generi fotografici diversi dalle sperimentazioni artistiche, rimanesse fedele ad alcuni principi base del surrealismo. Ma, occorre considerare che, nel preciso momento in cui questa categoria estetica diviene una metafora troppo diffusa, rischia di annullare lo spazio di autonomia formale ed espressiva, necessarie per l’identificazione di una singolarità creativa. Lontana da Man Ray e dall’enclave parigina di artisti surrealisti, Lee Miller guidata da una volontà o desiderio di oggettivare il proprio modo di catturare quel qualcosa che solo lei poteva sentire, affrontò l’atto fotografico all’insegna di un (sur)realismo translucido, che le permetteva di essere una inconsapevole reporter e al tempo stesso una artista. È chiaro che sto proponendo una congettura, una ipotesi forte, che risponde alla domanda nata dal confronto con le immagini in oggetto, domanda implicata dal riconoscimento dell’emersione del suo stile.

Ho messo tra parentesi sur per suggerirvi che per me il problema di Lee era, ogni tanto, narcotizzare quella sorta di pilota automatico che aveva nel cervello, chiamatelo pure “sguardo surrealista”, per resistere alla trasfigurazione onirica del dato reale. L’aggettivo translucido significa che tra gli oggetti ripresi dallo scatto, come quando in presenza di un corpo trasparente intravediamo qualcosa al suo interno, oltre alle significazioni immediate alle quali rimandano, diventano per noi fruitori, la rappresentazione oppure, come dice la Sontag, la scenografia della volontà dell’autore che informa uno stile.

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Fotografare l’orrore

Mi sono fatto l’idea che Lee Miller per reggere a lungo la bontà, la gentilezza, le attenzioni del marito e la noiosità della vita al Cairo, avesse bisogno di cambiare aria spesso. Aziz lo sapeva e si prodigava in tal senso. Non poteva sapere però che proprio in uno di questi viaggi la moglie avrebbe incontrato l’uomo con il quale reinventarsi una vita. Accade nel 1937, quando Lee lo convinse che aveva bisogno di trascorrere senza di lui le vacanze estive in Francia, accompagnata da una governante di casa. Sembra che appena sbarcata nell’albergo di lusso della località prescelta, la sera stessa al ristorante, fu presentata a Roland Penrose, destinato a divenire nel 1947 il suo secondo marito.  L’aristocratico artista inglese, tanto per cambiare, si innamorò immediatamente di Lee. Non credo che abbiano perso troppo tempo in preliminari come corteggiamenti, civetterie e altre stronzate di questo tipo. Divennero subito amanti. Praticamente passarono tutta l’estate insieme. Poi tornò dal marito, mantenendo una fitta corrispondenza con Ronald. I retroscena non li conosco e nemmeno mi interessano dal momento che ad essere veramente importante è l’inevitabile separazione da Aziz (formalmente fu sancita dal divorzio nel 1939) e il fatto che Lee andò a vivere con Roland in Inghilterra. Sotto determinati rispetti, so bene che il comportamento di Lee Miller potrebbe essere interpretato come quello di una inaffidabile stronza. Ma ancora una volta invito il lettore a riflettere su cosa significassero per Lee, la libertà sessuale e il sentimento che chiamiamo amore. Per tante ragazze americane ed europee, soprattutto le prime, privilegiate come lei, gli anni venti del novecento sono paragonabili ai nostri anni sessanta. Una vita libera e indipendente era prioritaria rispetto a scelte stabilizzatrici dell’identità come il matrimonio, la famiglia, essere madre…Ovviamente a quei tempi occorrevano delle precauzioni, un certo grado di discrezione per proteggersi dalle chiacchiere, dai bigottismo, dalle ipocrisie causate dai macropoteri che condizionavano la vita, quasi per intero declinati al maschile. Lee, fin da giovanissima aveva sperimentato sulla sua pelle, l’ambiguità dall’atteggiamento dei maschi, anche di quelli che si consideravano evoluti, e con la sfrontatezza permessa dal premio biologico avuto in dote, aveva venduta cara la pelle, a rischio di apparire un po’ svitata. Aziz era affascinate, raffinato, devoto, ma anche notevolmente più vecchio di lei. Probabilmente era cosciente che il privilegio di avere a fianco una delle donne più chic in circolazione era già in sé un valore. Per contro, Lee aveva bisogno di protezione, non era facile per una donna mantenere un livello di vita alto con i guadagni da fotografa, lei lo aveva ben presente e di conseguenza amava e rispettava suo marito a suo modo, cioè mettendo ben in chiaro i principi non negoziabili ai quali si atteneva, tra i quali non rientrava certo la fedeltà coniugale di stampo tradizionale. Come vedremo anche con Roland Penrose manterrà lo stesso atteggiamento.

In Inghilterra Lee Miller si mise di nuovo sotto contratto con varie edizioni di Vogue per servizi fotografici di moda e commerciali. Nel frattempo era scoppiata la guerra, il suo amante/fidanzato, noto tra le altre cose per essere un esperto di camouflage, partì come volontario col grado di capitano per insegnare tecniche di mimetizzazione che servivano per proteggersi dai nemici. Camouflage è una parola di origine francese che unisce camuffare e maquillage, quindi significa “nascondere qualcosa con un trucco”. Roland Penrose come artista utilizzava spesso queste tecnica per le sue opere e scrisse per l’esercito anche un manuale intitolato: Home Guard Manual of Camouflage (1941). La guerra partì male per gli inglesi che presto vissero l’incubo dell’invasione nazista. Il lavoro di Roland Penrose come istruttore/inventore di camouflage militari era molto più importante di quanto possa immaginare chi conosce la guerra solo dai film. L’arte di nascondersi al nemico è infatti una tattica raffinata e ingegnosa in grado di ribaltare le forze in campo. L’impegno di Roland era commisurato allo sforzo bellico che tutta la nazione britannica stava propugnando. Rimase spesso lontano da casa, salvo qualche rara licenza, per lunghi periodi. Lee Miller, quando poteva lo andava a trovare. In una di queste occasioni ebbe modo di incontrare David Sherman, un giornalista reporter, corrispondente di guerra per la rivista Life, dallo spiccato senso dell’umorismo che, evidentemente, Lee trovò irresistibile. Come andò a finire lo potete facilmente immaginare. E Roland? Preso atto che David era innamorato di Lee accettò il ménage a trois e offerse all’americano di trasferirsi a casa sua, per aiutarla a sopportare i traumi dei bombardamenti. Fenomenale. Lo sottolineo perché personalmente sono più per l’incazzatura alla Man Ray. Non arrivo a dirvi che al suo posto, avrei preferito vedere la mia casa disintegrata da una bomba nazista, ma il solo pensiero che la mia partner giaccia nel mio letto con un altro mi fa uscire di senno.

La relazione con David Sherman a mio avviso fu decisiva per la più drammatica e gloriosa fase della carriera di Lee Miller. Io credo che lei detestasse il nazismo con tutta se stessa, molti suoi vecchi amici erano ebrei, e avesse maturato il desiderio di catturarne le malefatte. Per l’esercito inglese non esisteva la possibilità che una donna reporter potesse documentare l’orrore della guerra sotto la linea di fuoco. David gli suggerì un’altra strada e l’aiutò ad essere arruolata come corrispondente di guerra nell’esercito americano, più consapevole di quanto fosse importante la comunicazione di guerra per il morale della nazione. Una suggestiva foto, presente nella mostra bolognese, ci presenta un primo piano di Lee in divisa militare US, nel 1943 : non ha il volto trasognato e vagamente indifferente della modella apparsa vent’anni prima su Vogue; l’espressione del viso rimanda piuttosto alla determinazione, confermata dai biografi, con la quale affrontava una esperienza limite che le avrebbe sconvolto la vita. Dietro alla sua testa, appesa al muro vediamo una cover di Vogue in formato guerra, che ci suggerisce il brusco cambiamento della linea editoriale della rivista, impegnata a dare il proprio contributo, presentando alle lettrici reportage dai vari fronti, reportage spesso di una crudezza mai vista sulle riviste femminili. Non so dirvi se Lee Miller fosse l’unica loro corrispondente in prima linea. Ma è certo che nessuno eguagliò l’enorme numero di scatti che le riuscì di riprendere nelle situazioni più estreme, mettendo a rischio la sua vita. Se consideriamo che Lee Miller non aveva mai lavorato come fotogiornalista, la qualità del suo lavoro come fotografa di reportage è stupefacente. Per quello che ne so, tra le grandi fotografe di quel periodo che si misero in gioco documentando ciò che avveniva nelle zone di guerra, le sole Margaret Burke-White e Toni Frissell possono reggere il paragone. Toni lavorava per la concorrenza cioè Harper’s Bazaar. Ispirata da Munkacsi, fu una delle prime fotografe a portare la moda fuori dagli studi fotografici. Era bravissima, creativa, innovativa e come succedeva a tante colleghe, compresa Lee Miller, il suo lavoro nella moda era sostanzialmente sottovalutato. Durante la guerra fece reportage di prim’ordine. Ma nelle sue foto non trovo la struggente e lucida durezza dello sguardo di Lee. Sembra che niente potesse fermare Lee da un ansia di documentare da vicino i culmini di crudeltà e orrore che normalmente fa chiudere gli occhi alla gente. Per lei, la bellezza intrisa di morte dei paesaggi devastati dalle bombe, le silenziose lacrime di uomini mutilati o già cadaveri, gli oggetti deturpati, edifici violentati, rappresentavano qualcosa che il mondo doveva conoscere per capire chi fossero veramente i nazisti. Per quanto riguarda il confronto con le immagini di guerra di Margaret Burke-White, in questa sede posso solo dire che certamente Lee non aveva il gusto della perfezione formale della autorevole collega. L’esperienza surrealista le aveva insegnato che una leggera imperfezione era necessaria per destabilizzare l’assetto percettivo della fruizione dando ad essa quelle incertezze utili per evocare la zona grigia tra realtà e sogno. Le foto della Burke-White sono solide, ben equilibrate, dannatamente reali e umane. Nelle immagini di Lee, io vedo, il tentativo di stanare la “verità” traumatica dell’orrore. Sono entrambe straordinarie interpreti dell’atto fotografico. La specificità dell’una non toglie nulla alle valenze dell’altra.

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Tra le foto del periodo in oggetto, esposte in mostra, un feeling diverso da tutte le altre lo ritrovo nell’immagine che documenta l’incontro con Picasso, da sempre innamorato di Lee, forse non corrisposto come lui avrebbe voluto (ma con la Miller non si può mai dire); in questa foto sembrano entrambi commossi, lui le accarezza dolcemente il collo mentre la guarda felice e ancora sorpreso, lei reagisce con una nota di pudore al quale non era preparata. Siamo nel ‘44, Parigi è di nuovo libera, l’orrore sembra sul punto di finire. Non andrà in questo modo, non per Lee. La sua volontà di estrarre da quei tragici eventi ogni immagine possibile, era divenuta insaziabile. Nel 1945, dorme a Monaco da poco occupata e casualmente trova libera e abitabile la casa di Hitler. Chiunque si sarebbe eccitato per fotografarla in tutti i suoi dettagli. Ma solo Lee poteva avere la sfrontatezza, l’audacia e il geniale colpo creativo di riprendersi (con la collaborazione di David Sherman) mentre si lava nella vasca da bagno privata del letale buffone nazista. Uno scatto che io vedo trasudare di umorismo nero, ma che forse per Lee Miller esprimeva ben altro. Il buffone in foto ritratto è lì davanti a lei; e la guarda mentre nuda si ripulisce dalle schifezze della guerra da lui voluta. Il tappeto sporcato dagli anfibi è sovrastato da una statuetta di fattura classica, appoggiata in bellavista sul tavolo. La messa in scena fa pensare a un desiderio dell’autrice di purificazione dall’orrore attraverso l’arte (il nudo, soprattutto quello femminile, è uno dei temi cruciali della storia dell’estetica occidentale in quanto simbolo di bellezza, innocenza, armonia). Al tempo stesso, abbandonarsi a un gesto che evoca lo sfregio inflitto all’arroganza di chi si riteneva invincibile, ovvero fare il bagno nella vasca personale del buffone, era un risarcimento simbolico offerto a tutte le donne che avevano perso i loro mariti, figli, fidanzati, amanti per colpa di una ideologia aberrante. Fotografare la punizione che le truppe alleate stavano infliggendo ai nazisti, non era una banale vendetta bensì un monito per i sopravvissuti di qualunque parte fossero. Mi pare questa la grandezza delle foto che Antony Penrose ha scelto per la mostra. Guardate con attenzione la faccia di Lee dentro la vasca da bagno di casa Hitler. La vedete forse felice? Perché non sorride? Perché non si riprende mentre si insapona o sciacqua le ascelle, i piedi, la passera? Perché non guarda il buffone rinviandogli l’oscenità che lui, in ben altra scala, ha inflitto al mondo? Invece il volto di Lee è serio, rivolto verso la statuetta con quasi lo stesso gesto del braccio. Io vi vedo un bisogno di creare uno spazio autonomo tra il piano di realtà e le significazioni normalmente aggregate ad essa, e l’articolazione del campo fotografico, dei suoi oggetti, tale per cui la forma fotografica ci convince più per la sua forza che per la significazione ordinaria. Come definire questo spazio tra contenuti immediati e l’organizzazione formale degli oggetti che li nega?  Nel caso di Lee Miller, delle foto in oggetto voglio dire, lo chiamerei “lo spazio del monito”, e lo penso come un “avvertimento inderogabile” strutturato non dalla linearità dei concetti bensì dal sentimento nato dalla effervescenza emotiva attivata dalla specifica organizzazione degli oggetti pregnanti inquadrati nel campo fotografico.

È chiaro che potremmo metterla giù, forse più elegantemente, in modo diverso. Per esempio come scrive Antony Penrose: “Lee osservava con occhio surrealista. In modo del tutto inaspettato, tra il reportage, il fango e i proiettili troviamo fotografie in cui l’irrealtà  della guerra assume una bellezza quasi lirica, a volte con riferimento ad altri artisti surrealisti come De Chirico. A ben riflettere, mi rendo conto che l’unica formazione rilevante per un corrispondente di guerra è essere prima un surrealista, poiché per un surrealista nulla è troppo insolito”(pag.31 del catalogo della mostra).

Non nego che in molti scatti Lee abbia cercato di sublimare il reale con il suo surrealismo. Ma non lo considero sufficiente per spiegarmi il particolare effetto delle sue immagini di guerra. Insomma, l’etichetta surrealista in questo caso funziona come un abito troppo stretto e rigido per un corpo in trasformazione. Io credo che in questa fase, di fronte all’orrore, al dolore, alla tragedia, Lee abbia fatto di tutto per evitare il surrealismo. Secondo me voleva “dire” a suo modo, la verità di una guerra folle, voleva che l’immagine trasudasse di volizione, la sua volizione nel dichiararla giusta, da combattere, ma anche lacerante e disumana. Ho chiamato, per queste occorrenze, “spazio del monito”, il particolare intervallo che la fotografia rende possibile, grazie al quale il talento di una grande fotografa ci consegna un messaggio intessuto di energia emotiva che ci costringe a prendere una posizione.

Lo “spazio del monito”, cioè l’effigie emozionale che trasfigura l’orrore (e il suo fascino perverso) in una sorta di fondamento dell’etica, nell’esperienza di Lee Miller ha il suo culmine nel reportage che la fotografa effettuò quando gli alleati liberarono Dachau e Buchenvald.

Sono immagini di una crudezza estrema, quasi insopportabile. Posso solo vagamente immaginare cosa deve aver provato Lee di fronte ad una così spietata devastazione di ogni valore umano. Le sono grato per non aver ceduto, evitando che fosse il solo virtuosismo a guidarla, ma con ostinazione abbia cercato di restituirci “l’impossibile” in tutta la sua tragica, banale, folle verità.

lee miller

Conseguenze della deliberata esposizione all’orrore

Finalmente arrivò la pace. Ma Lee Miller non voleva o poteva fermarsi. Cercava continuamente missioni per soddisfare un bisogno di confrontarsi con l’orrore che David Sherman non comprendeva più. Il fidato amante, amico, compagno, collega, al suo fianco in molti suoi reportage in guerra, la lasciò.

Lee cominciò a perdersi nell’alcol. Si ammalò. Poi un giorno David le scrisse che Roland la stava lasciando per un’altra donna. Allora Lee trovò la forza per ritornare, si sbarazzò dell’intrusa e cercò disperatamente di aggrapparsi alla vita concentrandosi di nuovo sulla foto di moda.

Vogue le doveva molto. Probabilmente in tempo di guerra i reportage di Lee bucavano le pagine. Ma non posso non ricordarvi che per tutta la durata del conflitto a fasi alterne, la Miller pubblicò anche numerosissime e coraggiose fotografie di moda. Tuttavia quando arrivò la pace, la strategia editoriale di Vogue cambiò drasticamente. Ora l’imperativo era la ricostruzione di un immaginario femminile utile all’ordine sociale e al business degli abiti, finalmente liberi dalle rigide regole suntuarie imposte dallo stato di guerra. Dior con il suo New Look aveva creato la scintilla giusta. Una nuova generazione di fotografi era impegnata a diffondere un nuovo vangelo glamour che probabilmente Lee, a questo punto, non comprendeva o non accettava fino in fondo.

Intendiamoci, Lee Miller, tra le altre cose, è stata a mio avviso una eccezionale fotografa di moda. Quando giovanissima faceva la modella, lavorava a stretto contatto con Edward Steichen, Hoyningen Huene, Horst, vale a dire i più grandi fotografi di moda del loro tempo. Negli anni in cui collaborava con Man Ray, e dopo, portò sulle pagine di Vogue innovazioni artistiche che pochi altri fotografi potevano sperare di emulare. Anche durante il secondo conflitto mondiale le sue immagini avevano una qualità invidiabile. Ovviamente non divennero celebri come quelle di cruda guerra raccontate sopra, ma se le mettete a confronto con quelle dei colleghi, non solo non sfigurano ma esibiscono un senso della contemporaneità  (nella moda si chiama “tendenza”) che ha dell’incredibile se pensiamo alla potente passione che Lee aveva maturato per la foto di reportage.

Eppure, la sua carriera come fotografa di moda è stata sinora sorprendentemente sottovalutata. Negli anni trenta e quaranta le fotografie di moda più interessanti vedevano spesso protagoniste alcune grandi fotografe come la già citata Toni Frissel e Louise Dahl-Wolfe. A Parigi Madame D’O raccoglieva entusiastici consensi nel milieu aristocratico-alto borghese. Lee Miller aveva uno stile diverso dalle colleghe. Ma pochi fotografi conoscevano come lei, l’arte di evocare lo chic e l’atteggiamento vagamente blasé, che valorizzava non solo l’eleganza ma anche la personalità, l’intelligenza della modella. La sua versatilità era superiore a quella delle colleghe. Anche se un vero e proprio canone d’eccellenza, nella foto di moda non è mai esistito, se mai dovessimo immaginarne la composizione, allora, molti scatti di Lee dovrebbero essere ricordati insieme a quelli di Toni e Louise. Persino quando si prende in considerazione il contributo che il Surrealismo ha dato alla fotografia di moda, a molti storici e critici riesce difficile collocarla decentemente. Per esempio, Nancy Hall-Duncan, autrice di una pregevole “The History of Fashion Photography” (1978), quando parla dei protagonisti di quella fase particolarmente innovativa, cita Man Ray ovviamente, poi giustamente il grande Blumenfeld, poi Clifford Coffin, George Platt Lynes, Cecil Beaton…e fin qui niente da dire. Ma poi cita anche i bravi Èmilie Danielson, Peter Ose-Pulham, André Durst, André Duret…per quanto riguarda Lee Miller, rimozione totale. La liquida sbrigativamente nel capitolo dedicato alla foto di moda durante la guerra, dicendo che per lei era più che altro una fotografa di reportage e che quindi non la riteneva all’altezza dei colleghi citati. Come vi ho già fatto capire, considero questa presa di posizione di Nancy Hall-Duncan un errore macroscopico, giustificato in parte dalla difficoltà di stabilire i criteri di confronto tra i protagonisti di questo genere fotografico, e la comprensibile arbitrarietà dei giudizi di valore che da sempre domina nella cultura della moda. Nathalie Herschdorfer, nel suo libro “Fashion” (praticamente una discutibile storia della foto di moda basata solo sugli archivi di Vogue), concede a Lee Miller l’onore di 6 righe, facendola apparire quasi una intrusa a cospetto dei grandi fotografi che collaborarono con la prestigiosa rivista.

Nella mostra bolognese, Antony Penrose sembra quasi dare ragione alle due studiose citate sopra. Di fatto, la carriera di Lee come fotografa di moda, si intravede appena in un paio di fotografie. Un autoritratto del 1932 (fig.1) e l’immagine intitolata “Good and bad pisture”, strabiliante virtuosismo grafico pubblicato su Vogue nel 1942. Aggiungiamo pure anche lo scatto “For cycling” nel quale un abito di raion bianco nobilita una ragazza sulla bici in prossimità della torre Eiffel (Vogue, 1944); ancora da citare il “Rose Descat’s dark red felt hat”, foto centrata sul cappello di feltro indossato da una pensosa modella raddoppiata grazie a uno specchio (noto stilema surrealistico), in un contesto privato di ornamenti vestimentari, probabilmente per metacomunicare alle lettrici la scarsità marginale di risorse dovuta alla guerra che paradossalmente aggiunge una nota di pathos all’eleganza della figura. Ebbene, a mio avviso bastano queste quattro fotografie per capire che l’originalità, la maestria tecnica, la visione estetica di Lee Miller hanno plasmato il suo tempo in una misura che sinora gli studiosi non hanno restituito alla sua memoria.

Per non fare apparire Antony Penrose un curatore poco attento alla dimensione del valore della madre anche in questo genere fotografico, devo aggiungere che probabilmente la sua scelta è stata condizionata dal tema della mostra.

Infatti, quasi in simultanea con l’evento bolognese, a Horten (Norvegia), presso il Preus Museum (7 aprile-8 settembre 2019), si possono ammirare le foto di moda dell’autrice, nella mostra, Lee Miller: Fashion and War.

Della serie di immagini esibite, scelte probabilmente da Antony, vi presento subito quelle pubblicabili per la promozione della mostra sopracitata che quasi certamente non riuscirò a vedere.

Lee Miller

Non so voi come la pensiate, ma a mio avviso rafforzano l’idea che Lee Miller oltre a padroneggiare i modi stranianti delle tecniche surrealiste, era particolarmente abile nel rendere percepibile una qualità della bellezza della quale la moda di quel periodo non poteva fare a meno, qualità espressa bene dalla porosa semantica della parola “chic”. Inoltre Lee era versatile, riusciva a rendere interessanti abiti modesti, non solo in studio ma anche en plein air.

Alla Farleys Gallery (nella casa dove vissero Roland Penrose e Lee), è appena stata inaugurata la mostra Lee Miller in Color (aperta fino a 13 ottobre 2019). Io credo che questa esposizione confermi ancora di più la centralità di una artista com’era Lee, nella costruzione dell’immaginario della moda nel suo tempo. La prima foto di moda a colori fu pubblicata nel 1931. L’autore era Steichen, grande amico ed estimatore di Lee. Penso di poter affermare che fu anche uno dei maestri inconsapevoli della Miller, prima dell’esperienza con Man Ray. La dimensione del colore divenne subito centrale per l’efficacia della foto di moda. Gli editor sulle riviste, li alternavano con i tradizionali servizi in bianco e nero. Forse la Miller non amava la vivacità, l’energia dei colori che erano tipiche di Blumenfeld o della Dahl-Wolfe. La sua tavolozza di colori era più delicata e sorprendentemente efficace. E si può dire che, anche in questa dimensione che si rivelerà molto performante per il successo delle immagini di moda tra il grande pubblico, Lee Miller, negli anni in cui si sperimentavano nuove soluzioni, abbia dato un contributo che la colloca tra i protagonisti del suo tempo.

La mia impressione è che, dopo l’esperienza di reporter di guerra, Lee Miller avesse perso interesse per la moda. Tuttavia le sue foto per Vogue (ed. inglese), tra il 1946 fino ai primi cinquanta sono ragguardevoli. Viste col senno di poi, per certi aspetti, risultano almeno pari a quelle che Cecil Beaton e Parkinson, i due principali rivali nella redazione di Londra, scattarono in quel periodo. Ma non aveva più la consapevolezza di quanto fosse brava. L’interesse intellettuale per la fotografia si stava spegnendo. Era sempre più difficile per i responsabili della rivista interagire con lei.

Becky E. Conekin, nel suo bel libro, Lee Miller in Fashion (Thames & Hudson), racconta questo distacco dalla fotografia come la conseguenza di una grave depressione a sua volta legata ai traumi vissuti e visti durante la guerra; complicata dal fatto che ora si era risposata, aveva un figlio senza il desiderio di essere madre, la fotografia commerciale l’annoiava. Finito un amore ne trovò subito un’altro. Dalla fotografia passò alla passione culinaria. Sembra che i suoi piatti fossero molto creativi e apprezzati. Secondo Antony Penrose, l’arte di cucinare gli salvò la vita, permettendogli nei decenni che le rimanevano da vivere, insieme a Roland, di creare nella loro casa di campagna, un accogliente e ben frequentato ricettacolo culturale che oggi è diventato una vera e propria casa Museo dedicata alla conservazione e divulgazione delle loro opere e di quelle degli amici artisti che condividevano i loro valori. Lee Miller morì di cancro nel 1977.

 

Le mostre citate nel testo

Bologna, Palazzo Pallavicini

Surrealistic Lee Miller (14 marzo-9 giugno 2019)


Horten (Norvegia)

Preus Museum

Lee Miller: Fashion and War (7 aprile-8 settembre 2019)

 

Farleys House & Gallery (East Sussex, England)

Lee Miller in colour (7 aprile-13 ottobre 2019)

Addenda:

Il copyright di tutte le immagini pubblicate appartengono a Lee Miller Archivie. All Rights Reserved. www.leemiller.co.uk.

Non sono una mia scelta, non ho potuto pubblicare quelle che avrei preferito. Semplicemente ho rispettato le indicazioni degli organizzatori della mostra, pubblicando quelle temporaneamente libere da diritti.

Comunque il lettore che provasse interesse a conoscere meglio Lee Miller può trovare una immensa serie di sue immagini nel web. Il mio consiglio è di partire sempre dal sito www.leemiller.co.uk, il più serio e organizzato.

Comunque ci tengo a sottolineare che personalmente non baratterei mai l’esperienza di una sola visione dal vivo di una foto di qualità come quelle di Lee Miller, con tutte quelle che volete, anche mille, guardate su internet.

Lamberto Cantoni
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181 Responses to "Lee Miller, la surrealista"

  1. jenny   8 Aprile 2019 at 09:19

    Sono stupita dalla bravura della fotografa che conoscevo solo per essere stata la modella preferita di Man Ray. Che però sia stata più brava del maestro, questo mi fa venire dei dubbi. Che forti le foto di reportage! le vicende della sua vita me la fanno piacere ancora di più.
    Ho una critica da fare. Avendo visto la mostra, tra l’altro molto ben organizzata e in una location bellissima, posso dire che è un errore citare nell’articolo fotografie che poi non si vedono. Non capisco perchè gli organizzatori non consentano la loro pubblicazione. Forse pensano di non aver bisogno di pubblicità. Comunque se si descrive una foto bisogna farla vedere, altrimenti non si capisce.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   9 Aprile 2019 at 17:00

      Non chiedermi perché è così difficile avere la liberatoria sulle immagini che servono per completare un articolo. Probabilmente gli uffici stampa lavorano soprattutto per avere articoli su quotidiani, immaginando così di produrre informazioni utili per portare gente in mostra. Interventi articolati come il mio, evidentemente non interessano. Comunque è un andazzo diffuso che troppi miei colleghi accettano. Ti confesso che se non fosse stata Lee Miller, non avrei fatto la recensione.

      Rispondi
  2. valeria   9 Aprile 2019 at 08:49

    Lee Miller: una donna moderna che ha cavalcato il suo tempo precorrendo il nostro. Una splendida fotografa descritta in una mostra (che consiglio a tutti di vedere) e in una presentazione accuratissima, colta ed esauriente.
    Mi sarebbe piaciuto vedere più immagini nell’articolo: mi sarei goduta di più il percorso della mostra.
    Peccato che le foto inerenti alla moda siano poche: avrei voluto conoscere l’artista anche nell’ambito delle sue scelte lavorative per cogliere ogni sfaccettatura della personalità
    di questa grande fotografa.

    Rispondi
  3. lucio   9 Aprile 2019 at 09:11

    Jenny non ha tutti i torti. Non vedere le immagini che l’autore commenta demotiva la lettura. E’ anche vero che ila foto di Lee Miller che fa il bagno nella vasca di Hitler l’ho trovata subito in internet. A Palazzo Pallavicini avevo già visto la mostra di Vivian Maier. L’andrò a vedere la nuova con interesse.

    Rispondi
  4. Ale   9 Aprile 2019 at 09:55

    Ho visto la mostra. Per me le foto di reportage sono le migliori. Quelle di moda sono datate. Le foto artistiche sono tipicamente surrealiste. Di certo complessivamente è stata una fotografa geniale. Spero che vedano la mostra in tanti. Merita.

    Rispondi
  5. mau   10 Aprile 2019 at 09:08

    mostra stupenda. Lee Miller è attualissima. Spero arrivino anche altre mostre su di lei. Perché non una grande e completa retrospettiva? Ho una critica da fare a chi ha scritto l’art. Foto così importanti meritavano delle belle didascalie.

    Rispondi
    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   11 Aprile 2019 at 08:43

      Ho già evidenziato il problema nel precedente commento. Ero incazzato e quindi mi sono liberato di quello che avevo scritto senza la necessaria attenzione. Lo ripeto: se non fosse stato per Lee Miller, avrei guardato la mostra solo per il mio piacere. Se gli organizzatori cercano solo le stronzate informative da due righe, sono affari loro. Per i miei articoli ho bisogno di avere un supporto diverso. Comunque appena ho tempo, cercherò di mettere le dida.

      Rispondi
  6. Antonio Bramclet
    Antonio   11 Aprile 2019 at 14:57

    La mostra è molto interessante e importante. Dovrebbero vederla i deficienti che si ostinano a sognare nazismi e fascismi. Mi associo con chi si chiedeva il perché non è stata fatta una vera retrospettiva con molte più foto, rappresentative di tutta la vita della Miller. Mi spiace non aver visto quelle a colori e quelle della moda.

    Rispondi
  7. ann   12 Aprile 2019 at 09:29

    Ho visto la mostra con Jenny e condivido la sua opinione. Non sapevo che Lee Miller fosse così brava anche come fotografa di moda. Chissà perché il sig. Antony non ci ha portato una retrospettiva più completa.

    Rispondi
    • Lamberto   15 Aprile 2019 at 09:47

      L’ultima sua grande retrospettiva credo sia stata la mostra concepita dal Victoria & Albert Museum di Londra, nel 2007, per celebrare il centenario dalla nascita. Si intitolava The Art of Lee Miller. Fu visitata da mezzo milione di persone. Immagino che la mostra fosse richiesta da altre grandi città nel mondo. Di sicuro arrivò anche a Parigi. Quell’evento contribuì ad aumentare l’interesse di un vasto pubblico per le opere e per la vita della fotografa.

      Rispondi
  8. Ilenia   13 Gennaio 2023 at 10:43

    Sono stupita dalla bravura della fotografa che conoscevo solo per essere stata la modella preferita di Man Ray. Le forti le foto di reportage! le vicende della sua vita me la fanno apprezzare ancora di più.Miller per me è una donna moderna che ha cavalcato il suo tempo precorrendo il nostro.Mi sarebbe piaciuto vedere più immagini nell’articolo: mi sarei goduta di più il percorso della mostra.Peccato che le foto inerenti alla moda siano poche: avrei voluto conoscere l’artista anche nell’ambito delle sue scelte lavorative per cogliere ogni sfaccettatura della personalità di questa grande fotografa.

    Rispondi
  9. Nicolò U   13 Gennaio 2023 at 11:32

    La storia di Lee Miller ricorda per certi versi quello della pittrice surrealista (anche se lei non amava considerarsi tale e citando le sue parole:«Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni») Frida Kahlo. Entrambe hanno avuto una vita molto turbolenta costellata di eventi tragici e drammatici ed entrambe hanno dovuto lottare in un’ambiente artistico dominato da uomini.
    Tra le sue foto quella che mi colpisce di più è “Donna nella vasca da bagno di Hitler” perché comunica un senso di forte disagio emotivo da parte della suddetta

    Rispondi
  10. Francesca   14 Gennaio 2023 at 17:28

    “Miller, la donna rinata nella vasca di Hitler”.
    Cosi titolava il giornale Repubblica presentando il libro scritto da Serena Dandini, presentatrice televisiva, dedicato a Lee Miller; fotografa e modella americana.
    Ricordo di aver visto questa foto e ne rimasi colpita pensando: perché’ la Miller decise di fare la foto nel bagno del Fuhrer?
    Chiunque sarebbe entrato nella casa di Hitler dopo l ‘orrore della guerra, avrebbe fatto tutt’altro!
    Pensando alla mia esperienza al campo di concentramento di Sachsenhausen a Berlino, io avrei pianto a dirotto o sarei rimasta pietrificata…ok io non sono una Report di guerra ne’ una giornalista…comunque la foto nuda dentro la vasca di Hitler, mostra il suo stile unico insolito e surreale.
    A distanza di anni ricordo ancora le sensazioni che provai dopo aver visto questa foto sul giornale!
    Quello che ammiro in lei è la voglia di vivere la vita pienamente essendo se stessa in un epoca il ‘900 molto difficile per una donna come lei, anche se non condivo la sua morale.
    Da una parte rivendica la libertà di scelta nell’amore ma quando sola si ammala e viene a conoscenza che il marito probabilmente ha un’altra donna, ritorna da lui?
    Questo non è forza di ritornare …la paura di affrontare una malattia da sola le avrà dato modo di riflettere sulle cose vere della vita e che la lealtà e la fedeltà hanno un prezzo anche la rinuncia a un piacere immediato di un nuovo amante.

    Rispondi
  11. Francesco Casadei   15 Gennaio 2023 at 12:36

    Indubbiamente non avevo mai sentito parlare di Lee Miller, la sua storia è particolarmente interessante e ricca di vissuto, sarò io, ma ogni volta che mi si presenta la storia di un personaggio che in qualche modo abbia potuto “dire la sua” durante il periodo della disastrosa Seconda Guerra Modiale mi ci appassiono, mi si crea una sorta di filmato mentre leggo o ascolto le varie vicende.
    L’unica perplessità mi rimane quella di Nathalie Herschdorfer che definisce la Miller nel suo libro “Fashion” “una intrusa a cospetto dei grandi fotografi che collaborarono con la prestigiosa rivista.”, non capisco come si possa definire un esempio di donna come Lee Miller una intrusa all’interno del mondo della fotografia…

    Rispondi
  12. Chiara   15 Gennaio 2023 at 14:47

    “Preferisco fare una foto, che essere una foto”
    affermava l’artista che, durante tutta la sua carriera, non si impose mai limiti, dedicandosi alla fotografia di moda, al ritratto, agli esperimenti surrealisti, al reportage di guerra.
    La potremmo definire una donna dalle mille vite, coraggiosa, una delle figure più affascinanti del XX secolo.
    fotoreporter statunitense e fotografa talentuosa, ma anche modella per magazine di moda, bella, libera e indipendente, con i suoi scatti ha documentato l’emancipazione e le battaglie femminili, mettendoci sempre il suo punto di vista.
    I suoi lavori a mio avviso vanno anche a rispondere al problema di genere nell’ambito fotografico, non potendo essere ignorata, la presenza femminile nella storia della fotografia è stata classificata, inquadrata, sottoposta a un framing dai confini molto stretti.
    Chiunque creda che il lavoro fotografico fatto da donne possa essere relegato a confini più ristretti rispetto a quelli maschili, non ha assolutamente idea di cosa sia la fotografia.
    Non ci sono stati lavori al femminile, ma solo fotografie. Fotografie magnifiche che hanno impreziosito la storia, e quelli di Lee Miller ne sono un grande esempio.

    Rispondi
    • annalisa   11 Marzo 2023 at 19:08

      Chiara ha ragione, non ci sono state foto al femminile, ma solo fotografie che vanno fruite e giudicate senza pregiudizi di genere.

      Rispondi
      • Antonio Bramclet
        antonio   13 Marzo 2023 at 09:49

        se prendo Chiara e Annalisa alla lettera allora non esisterebbe alcuna differenza tra sguardo maschile e femminile. Non lo so perché, ma non sono convinto al 100 per 100.

        Rispondi
  13. Gloria2405   16 Gennaio 2023 at 16:14

    Inquieta quanto imprevedibile, Lee ha attraversato in lungo e in largo il secolo scorso come modella prima, poi come fotografa e successivamente come corrispondente di guerra.
    Elizabeth (Lee) Miller possedeva una bellezza eterea che non passava inosservata e una personalità ribelle, forse troppo moderna per quell’epoca.
    Nel 1928 è coinvolta in uno scandalo commerciale: un suo ritratto è utilizzato per una pubblicità di assorbenti femminili.
    Fu uno scandalo e le proteste non passarono inosservate, era la prima volta che l’immagine di una donna appariva associata ad un prodotto così intimo.
    Neanche Lee inizialmente approverà ma poi si ricrederà andando fiera di aver contribuito ad abbattere un tabù tra i più radicati nella società.
    Molti la conoscono come la bellissima e sensuale amante e compagna del fotografo Man Ray che pur essendo strettamente legato a quell’idea di libertà sessuale, fondata sulla netta separazione tra sentimento amoroso e attrazione fisica, perde completamente il senno dopo che la Miller lo scarica in seguito ai nove mesi di relazione.
    In questo stralcio di tempo, nelle pellicole di Man Ray non figura nient’altro che lei.
    Risalgono a questo periodo gli esperimenti di solarizzazione negli suoi scatti, capaci di portare l’elemento surrealista anche in una mera fotografia del reale.
    Alla Miller va il premio di essersi distinta nel campo della fotografia liberandosi dall’ombra del compagno con cui lei trascorre il tempo necessario per assorbire nozioni e insegnamenti.
    Incarna la figura di una vera e propria donna in carriera, anche se a causa del suo percorso nel mondo lavorativo, all’epoca non era considerata niente di più di una poco di buono.
    La buona sorte fornitagli dalla bellezza e dall’intelletto non furono sempre a suo favore, da bambina fu vittima di stupro da parte di un amico di famiglia da cui contrasse la gonorrea, incurabile a quel tempo, tenuta a bada da lavaggi interni dolorossissimi, si definiva come un angelo fuori: “Sembravo un angelo fuori. Mi vedevano così anche se dentro ero un demonio. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo fin da bambina. Perché ci sono vite che sono romanzi ed anche la mia è stata un fradicio rompicapo, le cui tessere ubriache non combaciano per forma ne’ scopo.”
    Il dolore del mondo la sfiorerà ancora una volta con gli orrori della guerra.
    Dal passato surrealista, le sue fotografie ritraggono la “gente comune”: soldati, infermiere, civili, vittime e feriti; morte, con un macabro distacco che rende il racconto di Lee Miller una testimonianza unica.
    L’alcool rappresenterà per lei un vizio consolatore fino alla morte, pronto ad annebbiare i brutti ricordi.
    Concludo dicendo che la maggior parte delle donne della sua epoca, e forse anche in questa, si sarebbero accontentate di vivere sfruttando la propria bellezza ei vantaggi di un buon matrimonio.
    Lee Miller invece decise di non porsi nessun tipo di limite.
    In una frase in particolare, dove lei stessa afferma “ Non sono Cenerentola, non posso costringere il mio piede nella scarpetta di cristallo “, emerge in modo spiccato il suo anticonformismo, la volontà di scardinare le porte che la società anni ‘50 imponeva alla figura della donna e non si perse neanche un istante di una vita vissuta intensamente.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   16 Gennaio 2023 at 17:38

      Non per fare il pignolo ma Lee era una ragazza del 1907. Eventualmente la società che voleva scardinare dobbiamo collocarla tra la fine degli anni venti e la seconda guerra mondiale. Nei cinquanta i sui problemi la costrinsero aduna vita ritirata,

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  14. Noemi   16 Gennaio 2023 at 18:31

    Lee Miller aveva una sua anima libera ed era tutt’uno con la sua determinazione, il suo voler distruggere le convenzioni sociali di quel momento, attratta dai nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore attraverso la scrittura e il linguaggio dell’immaginario, cosa che lei trasfigurava con il suo ardore di pace, libertà e giustizia.

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  15. Martina De luca Laba rimini   16 Gennaio 2023 at 19:09

    Lee Miller è stata una modella, fotografa, viaggiatrice, reporter di guerra ma soprattuto una donna libera, dimostrandolo nelle sue scelte di vita, oltre che una surrealista molto prima che questo movimento avesse un nome in quanto decise di vivere secondo i principi surrealisti prima di tutti quanti negli Stati Uniti.
    Ciò che mi affascina è proprio il suo animo totalmente libero e tutt’uno con la sua determinazione, il voler distruggere le convenzioni sociali di quel momento, attratta dai nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore, attraverso la scrittura e il linguaggio è indubbiamente la fotografia, cosa che lei trasfigurava con il suo ardore di pace, libertà e giustizia, oltre che emancipata, in un’epoca in cui, esserlo era praticamente impossibile. Vediamo infatti nelle sue fotografie una forte urgenza di narrazione femminile, una sorta di denuncia e non a caso ci troviamo in balia di eventi che fotografano una realtà che mette da parte le donne, le emargina e le deride

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  16. Silvia   16 Gennaio 2023 at 19:31

    Non avevo mai sentito parlare di Lee Miller, ma leggendo la sua storia mi ha colpito molto.
    Una donna forte, libera, indipendente, coraggiosa e determinata a fare la fotografa che ne ha passate tante fin dalla giovane età, andata in guerra per fare la reporter per fotografare degli scenari dell’orrore.
    Ho cercato delle sue fotografie su internet e guardandole mi è come venuto un brivido sulla schiena, si riesce a percepire la sofferenza e la crudezza del momento in cui è stata scattata la foto.
    A parer mio è stata una fotografa di talento e non so come Nancy Hall-Duncan non l’abbia potuta nominare in “The History of Fashion Photography” come protagonista del Surrealismo.

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  17. Elisabetta Ferrucci (LABA)   16 Gennaio 2023 at 19:31

    Personalmente non conoscevo la figura di Lee Mille e quest’articolo mi ha permesso di scoprire una donna dalla personalità incredibile, una donna che deve essere un vero esempio per tutte noi oggi. Nonostante i forti pregiudizi della società del secolo scorso (patiamo ancora oggi per preconcetti degli uomini quindi posso solo immaginare quale fosse la situazione cent’anni fa) ha difeso la sua libertà con determinazione e senza mai andare contro sè stessa. Lee Miller, oltre ad avere una grande testa, era di una bellezza disarmante, infatti, nel 1926, quando rischia di essere investita da un’auto a Manhattan a salvarla è per un caso del destino Condé Montrose Nast, il quale resta talmente colpito dalla bellezza di Lee che le propone proprio lì di diventare uno dei volti da copertina di Vogue. La ragazza divenne così una delle modelle più celebri d’America, anche se questa non era proprio la sua aspirazione. Tutti restavano incantati dalla sua bellezza e molti perdevano la testa per lei, come si evince anche dall’articolo ma, nonostante ciò, lei decide di seguire la sua strada e di intraprendere una carriera lavorativa in un settore che all’epoca era dominato dal genere maschile. Probabilmente qualsiasi donna al suo posto avrebbe approfittato di questo dono della natura il più possibile, sposando qualche riccone che le avrebbe assicurato una vita tranquilla, ma lei non era così, non era la tranquillità che cercava. Con lo scoppio della guerra decide di voler documentare personalmente quell’orrore e non si ferma nemmeno dopo essere stata arrestata per essersi avvicinata troppo al fronte; con risolutezza ha perseguito il suo obiettivo, scattando foto che probabilmente resteranno alla storia per sempre. Fu ella stessa ad affermare che “le fotografe di guerra hanno dovuto combattere su due fronti: le bombe e gli uomini”. Mi ha particolarmente colpita la sua foto nella vasca da bagno nella casa di Hitler, in cui con sfrontatezza affronta l’uomo che è stato la causa di uno dei più terribili episodi della storia dell’umanità. Probabilmente in molti non avrebbero nemmeno avuto il coraggio di entrare nella casa di un tale mostro o si sarebbero sentiti intimoriti nel farlo ma lei, addirittura, dorme nel suo letto e fa il bagno nella sua vasca. “Portavo in tasca da anni l’indirizzo di Monaco di Hitler e finalmente ho avuto la possibilità di usarlo. Ma il mio ospite non era a casa. Ho scattato alcune foto del posto e ho anche dormito bene la notte nel suo letto. Ho persino lavato via lo sporco di Dachau nella sua vasca”. Lee Miller è uno dei tanti esempi del valore, della forza e della voglia di riscatto che da sempre caratterizza il genere femminile e, la sua carriera è la dimostrazione che anche le donne possono essere artiste valide (anche più valide degli uomini). Anche se probabilmente all’occhio delle sue coetanee era considerata solo una poco di buono, ad oggi credo meriti di essere conosciuta e presa ad esempio da ogni ragazza (e non comprendo per quale motivo non lo sia già).

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Gennaio 2023 at 07:57

      Il riccone lo ha sposato. Aziz era ben fornito. Anche Penrose non aveva problemi. Io penso che Lee, con grande lucidità, volesse dall’eventuale marito anche altro: gusto, intelligenza e una propensione al masochismo sentimentale: nel gioco di coppia era lei la dominatrice.

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      • Elisabetta Ferrucci (LABA)   20 Gennaio 2023 at 16:35

        credo di essermi espressa male. ciò che intendevo dire è che un’altra donna, dopo aver sposato un uomo abbiente, avrebbe vissuto una vita nel lusso, senza muovere un dito e senza dover lavorare nemmeno un giorno della sua vita. Lee, invece, non ricercava una vita tranquilla, né tantomeno voleva ricoprire il ruolo della perfetta mogliettina solo per essere mantenuta economicamente da un uomo.

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  18. Pamela Ferri LABA   16 Gennaio 2023 at 21:28

    Lee Miller nasce nel 1907 a Poughkeepsie, figlia di Theodore e Florence Miller. Cresce fin da piccola con la passione dell’ fotografia, trasmesso dal padre oltre ad essere lei stessa sua modella. Fu modella di successo, fotografa e fotoreporter.
    All’età di sette nani fu vittima di un abuso da parte di un amico di famiglia che le attacco la gonorrea.
    Appena maggiorenne si trasferisce dall’America a Parigi, lei, surrealista prima ancora che questo movimento prendesse il nome si dedicò per tutta la vita alla fotografia, iniziano proprio a Parigi con l’auto di Man Ray che divento suo amico e amante.
    Man Ray si innamorò perdutamente della Lee, dedicandole foto in cui accentuava ogni singola parte del suo corpo, come una musa di un pittore.
    Lee Miller è stata prima di tutto una donna libera, strana per il suo tempo, visto che le donne dell’epoca pensavano soprattutto ad agguantare un uomo influente e potente. Questa libertà traspare anche attraverso le sue foto, infatti lei tende a liberare e squarciare pezzi di vita, aggiungendo all’oggetto o scena una vita propria e misteriosa.
    Nella sua vita mira soprattutto alla distruzione delle convezioni sociali, buttandosi in un mondo ancora dedicato agli uomini, sgomitando con forza per far riconoscere la sua bravura e il suo occhio creativo e artistico, lei stessa anche ponendosi davanti l’obbiettivo si lascia fotografare come se fosse lei stessa a dirigere la scena.
    Dopo quasi un anno di relazione decide di lasciare Man Ray, torna a New York per poi conoscere il suo futuro marito Aziz Eloui Bey e trasferirsi con lui in Egitto. Dopo tredici anni di relazione decide di trasferirsi a Londra, dove vive Roland Penrose, da prima collega e poi secondo marito.
    In quegli anni passa d fotografa a fotoreporter di guerra, infatti durante il secondo confitto mondiale grazie alle sue foto riesce a trasmettere l’orrore della guerra, attraverso foto uniche e forti, tra cui la sua foto (una delle più famose) in cui si fa un bagno caldo nella vasca di Hitler e la foto che ritrae un cumulo di ossa nei campi di concentramento.
    Finita la guerra la sua fame di “vita” non si placa e si butta nell’alcol e nella depressione, dovuta da un disturbo post traumatico da stress, supera questo periodo grazie all’aiuto dei suoi amici e del marito.
    Ripresa da questo buco nero si dedica alla cucina e al figlio, non abbandonando però la fotografia, scattando occasionalmente foto per Vogue.
    Lee Miller morì all’età di 70 di cancro nella sua casa a Farley Farm.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Gennaio 2023 at 08:10

      L’età misurata in “sette nani” è decisamente fiabesca. Intervento pieno di ragionamenti interessanti e intelligenti. L’idea che da un certo punto in poi, sul set, dirigesse lei l’effetto della foto, andrebbe sviluppata. In quel periodo emerge il concetto di fotogenia…Lee potrebbe suggerirci inedite interpretazioni del concetto.
      Però devi essere più precisa. Il matrimonio con Aziz non è durato 13 anni. E Roland divenne il suo secondo marito.

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  19. Serena Gentilini   16 Gennaio 2023 at 21:49

    Ammetto che non conoscevo questa artista dalle mille vite, ma mi ha lasciata davvero sorpresa l’audacia e la determinazione con cui seppe portare avanti le sue convinzioni ed ideali come donna e come artista, in un contesto sociale alquanto sfavorevole ad accettare una donna in potere di tracciare il proprio destino.
    Elisabeth Miller nacque in una famiglia benestante. Il padre,Theodore Miller, era un’ingegnere che curava l’hobby della fotografia.
    Nel 1915 chiede alla figlia di otto anni di posare per uno scatto artistico e inconsueto in cui lei gli concede di essere ripresa nuda, su uno sfondo naturale innevato e inquietante. Uno scatto piuttosto insolito e scabroso che non risultò certamente come il tipico scatto dei ricordi di famiglia. Secondo me questo, al di là delle opinioni, fu probabilmente per lei un primo avvicinamento alla fotografia con un’approccio anticonvenzionale.
    Sin dall’infanzia Lee seguirà il padre nelle attività fotografiche e nello sviluppo in camera oscura degli scatti.
    Dopo l’abuso subito da un’amico di famiglia, Lee ne rimarrà segnata per sempre.
    Per questo il padre le permette di seguire liberamente le sue ambizioni, sperando che questo le conceda la giusta spensieratezza per curare quel dolore. Di certo questa fu una rara opportunità per quell’epoca. Elisabeth Miller decise in quel momento della sua vita di farsi chiamare Lee: un nome neutro che non dà importanza al suo sesso. Occupa per tutto il suo vissuto posizioni direi contrastanti: protagonista di primo piano, ammirata, e allo stesso tempo “oscurata” da chi lavorava con lei. Questo nonostante fu lei portatrice di innovazione, come nel caso del processo di solarizzazione, scoperto per errore durante uno shooting con Man Ray.
    Inoltre si pensa che diverse delle solarizzazioni firmate Man Ray siano state effettivamente realizzate da Lee.
    Durante il periodo della guerra nonostante gli inviti del governo americano a rientrare in patria, la Miller riesce ad essere accreditata da «Vogue» come corrispondente di guerra. Lei e Margaret Bourke-White, anche se non lavoreranno mai insieme, saranno le uniche donne accreditate presso l’esercito degli Stati Uniti come corrispondenti di guerra. 
    Trovo gli scatti del periodo di guerra davvero crudi, aspri, ma allo stesso tempo portatori di un’inaspettata “sublimazione” estetica. Penso che gli anni da reporter le siano costati molto in termini emotivi e questo l’ha portata alla fine di tutto a legarsi all’alcol, in mezzo alla confusione della mente e dell’anima.
    Concludo dicendo che, nonostante io non condivida tutte le sue scelte di vita, soprattutto dal punto di vista amoroso, le capisco e le ritengo forse quasi necessarie in quel periodo, per incarnare totalmente un modo di vivere progressista per la donna.
    Lee Miller aveva coraggio da vendere.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Gennaio 2023 at 08:20

      Ottimo lavoro Serena, note biografiche importanti. Giustissimo il ricordo di Margaret Bourke-White. A me risulta che anche Toni Frissel fosse al seguito delle truppe americane. Con un accredito diverso. Non da prima linea, voglio dire. Mi pare di ricordare che fosse al seguito della Croce Rossa e sul finire del conflitto fosse accreditata dall’’Air Force (l’aviazione militare).

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  20. Pekins Omorodion Laba   16 Gennaio 2023 at 22:26

    Lee Miller mi lascia senza parole, una personalità forte, determinata, curiosa e assolutamente imprevedibile, nascosta da un volto così seducente e leggiadro. Costretta a vivere in una società così limitante, nei confronti della donna, che la vedeva come una musa da esposizione dando più rilevanza al suo apparire, mettendo così in secondo piano la sua arte. Questa virtuosa della fotografia ha dovuto lottare per affermarsi in tale ambiente che, nel corso della vita, le ha afflitto traumi che l’hanno resa la figura che conosciamo oggi.

    Ammiro la sua fotografia ho controllato sul web e la sua arte risulta assolutamente elegante e pulita, anche nelle foto naturali e più reali risulta tutto così perfetto e ordinato. Questo è solo uno delle facci di Miller, ella ci mostra anche foto più provocatorie con significati più profondi come la foto nella vasca di Hitler e oltre a quello gli scatti realizzati in guerra che mostrano una realtà più cruda e fredda.

    Trovo che i suoi scatti siano incredibili ma non penso lo stesso della persona, mi trovo un po’ contrario al suo costante cambio di partner, decisioni prese alla continua ricerca di libertà e affermazione della sua figura ma che non trovo molto apprezzabili, però non la biasimo il mondo che la circondava la resa quello che era, i lutti ei trami l’hanno portata a mettere in secondo piano certi aspetti della vita. Nonostante questo ammiro la sua arte e la sua personalità dominante, certamente andrò a vedere delle sue mostre

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  21. Andrea Marcaccini   16 Gennaio 2023 at 22:30

    “Alle sette del mattino, prima di soddisfare una fame immaginaria – il sole non ha ancora deciso di sorgere o tramontare – la tua bocca viene a soppiantare tutte queste indecisioni. Unica realtà, che da valore al sogno e ripugna al risveglio, essa rimane sospesa nel vuoto, fra due corpi. La tua bocca stessa diventa due corpi, separati da un orizzonte sottile, ondulato. Come la terra e il cielo, come te e me.” Man Ray

    Lee Miller surrealista già negli Stati Uniti, prima che questo movimento avesse un nome, scelse fin dall’inizio di vivere secondo principi solo suoi. Top model statunitense trasferitasi a Parigi nei primi anni Venti per affermarsi come fotografa di moda, viaggiatrice appassionata, reporter di guerra, musa ispiratrice di tanti protagonisti del Novecento, Lee Miller è stata una donna libera, prima di tutto, dimostrandolo nelle sue scelte, nella vita che ha vissuto.
    Pablo Picasso, Dora Maar, Max Ernst e Man Ray sono solo alcuni dei principali avanguardisti che Elizabeth “Lee” Miller ha immortalato con la sua macchina fotografica.
    Nel corso della sua carriera la Miller ha saputo impreziosire i propri scatti con una certa poesia che li ha poi resi particolarmente evocativi.
    Nel 1913 Gustave Flaubert pubblicò un libro in cui raggruppava, in maniera enciclopedica, tutti luoghi comuni diffusi nella società parigina, e quindi occidentale, di allora. A distanza di un secolo, non tutti i cliché contenuti nel Dictionnaire des idées reçues sono totalmente scomparsi: uno dei più duri a morire è quello secondo cui “la donna artista non può che essere in realtà una semplice sgualdrina”. La storia dell’arte, costellata da figure di primissimo livello già in età antica, sconfessa ovviamente questa affermazione. Scardinare certe convinzioni non è tuttavia mai facile, soprattutto se provi a farlo quando sei al contempo anche una delle bellezze più affascinanti del tuo tempo
    Di lei si diceva che fosse un vero enigma, con la sua personalità prorompente, le sue difficoltà, i suoi amori. Certo, Lee Miller sfugge a ogni semplice definizione e la sua vicenda personale, il suo lavoro, le sue fotografie, perfino il suo corpo, sono elementi che, insieme, compongono l’immagine complessa e unica di una donna indipendente e un’artista di talento.

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  22. Madalina   16 Gennaio 2023 at 22:38

    Sicuramente l’evento più traumatico nella carriera di Lee Miller è stato senza dubbio lo scoppio della guerra nel 1939. Ai tempi Lee Miller viveva a Londra lavorando come una fotografava di moda a Vogue. Vedendo gli effetti dei bombardamenti tedeschi su Londra, il cosiddetto Blitzkrieg del 1940/41, perciò ha deciso di diventare una corrispondente di guerra per Vogue. In totale ci sono state solo cinque donne corrispondenti di guerra negli Stati Uniti, a fare reportage per diverse riviste. Da Londra, Lee Miller ha viaggiato per quasi tutta l’Europa; ha fatto parte delle truppe americane e ha viaggiato per il Nord Europa fino alla Francia. Da lì è andata a Parigi e tra i suoi traguardi più importanti per la sua carriera fotografica: Germania ed infine Austria. Nel 30 aprile con la 45esima divisa statunitense, è entrata nell’appartamento privato di Adolf Hitler, a Munich. Un momento prima stava facendo delle foto al campo di concentramento di Dachau e adesso sta posando nella vasca da bagno di Hitler. Questo per dire che è stata la prima ad avvicinarsi così tanto, dato che in quei tempi i fotografi di guerra dovevano escogitare strategie diverse per poter scattare delle foto. Per esempio, alcuni si tenevano a distanza da quelle “situazioni”. Una collega di Lee Miller, Margaret Bourke usava la lente della fotocamera come una specie di scudo protettivo, ma Miller era totalmente diversa. Lei si avvicina, e molto. Ci teneva a far vedere quei momenti così come erano. Nonostante queste foto di guerra fossero più realistiche rispetto alle sue altre foto, si riesce comunque ad intravedere il suo occhio artistico e surrealistico. Un esempio è la foto di un suicidio di una delle figlie del vice sindaco Leipzig, in questa immagine infatti diventa evidente che Lee Miller crea una scena più “surrealistica” tramite l’uso della luce, con il quale trasporta il corpo in una drammatica composizione.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   17 Gennaio 2023 at 08:36

      Bel lavoro. Ma perché non hai scritto il nome delle cinque fotografe corrispondenti di guerra? Azzardo una risposta. Non sono esistite 5 fotografe americane corrispondenti di guerra.

      Rispondi
      • Madalina Stefan   17 Gennaio 2023 at 12:22

        Se non sbaglio, dovrebbero essere Mary Welch, Dixie Tighe, Kathleen Harriman, Helen Kirkpatrick, Tania Long e ovviamente anche Lee Miller; erano le donne corrispondenti di guerra della US Army durante la seconda guerra mondiale

        Rispondi
        • Lamberto Cantoni
          Lamberto Cantoni   18 Gennaio 2023 at 08:58

          Grazie per l’info. Sospettavo che l’esercito USA impegnato su fronti vastissimi avesse bisogno di tanti fotografi. Ma pensavo fossero maschi. Prendo atto della tua precisione e ti chiedo scusa per l’ironia fuori luogo del mio commento precedente.

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  23. Carlotta   16 Gennaio 2023 at 22:51

    Lee Miller era senza dubbio una donna fuori dagli schemi per il periodo in cui viveva, purtroppo la sua vita “trasgressiva” non venne capita al tempo in quanto le donne non erano libere di essere sé stesse al contrario degli uomini. Ora come ora penso che sia impressionante come una donna sia riuscita a farsi strada in un periodo come quello da lei vissuto dove erano gli uomini a comandare e specialmente il fatto che nonostante le critiche abbia continuato la sua carriera da fotografa con volontà e coraggio in quanto non fosse facile allora seguire i propri ideali a quel tempo. Ora la Miller è un grande esempio per le donne che ancora oggi si sentono ostacolate solo per il fatto di essere sé stesse, riguardandola oggi rappresenta il futuro della società e il nostro presente.

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  24. Giada.giannotti03@gmail.com   16 Gennaio 2023 at 23:03

    È affascinate come Lee Miller abbia occupato, negli ambiti che ha attraversato, posizioni per così dire opposte e contrastanti. Passò da essere protagonista di primo piano a personaggio defilato del suo tempo, venne esaltata ma in contempo celata da chi lavorava con lei, modella e fotografa, invisibile all’osservazione “nemica”.
    Fu Pablo Picasso, suo grande amico, uno dei pochi a riconoscere il suo valore di grande donna, con il suo spirito vivace e la sua sessualità libertina, tanto da dedicarle diversi ritratti. Lo stile cubista sicuramente rappresenta nel migliore dei modi le diverse sfaccettature, frammentando i soggetti per mostrare una nuova visione dello scorrimento del tempo e delle diverse sensazioni e percezioni scaturite davanti a uno stesso oggetto in due momenti differenti, ciò che traspira anche dalle fotografie della stessa Miller.
    I suoi occhi videro tanto e nessuno seppe essere come lei tanto moderna, ammagliata dalla bellezza ma senza trascurare “l’impegno civile”, in particolare non tirandosi mai indietro nemmeno di fronte all’orrore, il quale nel mondo della moda e fotografia era una delle emozioni negative da tenere maggiormente sotto controllo.
    Lee Miller e Margaret Bourke-White, anche se con scopi estremamente differenti, saranno le uniche donne accreditate presso l’esercito degli Stati Uniti come corrispondenti di guerra.
    Lee partí fotografando Londra, le incursioni e i bombardamenti sull’Inghilterra del sud, dopo lo sbarco in Normandia arriverà in Francia e seguirà le truppe nell’avanzata verso Parigi e Berlino. La battaglia di St. Malo, l’ Alsazia, l’incontro a Turgau tra americani e russi. Fotograferà Monaco, Vienna, l’Ungheria. Fotograferà brutalmente l’entrata degli Alleati nel campo di Dachau e sarà fotografata da Scherman mentre si lava nella vasca del bagno privato di Hitler, ironizzando su come la casa da lui messa a disposizione era per una persona medio-stipendiata. 
La guerra sarà un’esperienza che la segnerà pesantemente, la depressione post bellica e l’alcool pare abbiano la meglio sulla sua volontà. Fu una delle poche a vedere il mondo da due prospettive, dietro e di fronte l’obiettivo, addentrandosi nella strada meno agibile.

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  25. Mbappe Fossi   16 Gennaio 2023 at 23:15

    Credo che Lee Miller sia stata una ragazza estremamente sicura di se questo grazie anche al suo fascino che la portò a diventare una modella , ma tutti sappiamo che Lee Miller voleva diventare qualcuno anche a livello culturale e questa la portò a trasferirsi a Parigi dove incontro Man Ray da cui imparerà il mestiere di fotografa da qui in poi Lee Miller imparerà a vivere in un ambiente surrealista attraverso le immagini che descrivono lo stile di vita e di pensiero di ciò che accade durante il crollo dell’impero nazista. Concludo dicendo che a par mio Lee Miller sia stata una ragazza estremamente coraggiosa e probabilmente nessun’altra donna avrebbe potuto vivere e sentirsi così vicino a quelle bruttissime condizioni di guerra

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  26. Emilia Grgeori   16 Gennaio 2023 at 23:35

    Quando si incontrano questo tipo di personaggi è sempre difficile riuscire a separare le opere dalla vita privata ricca e densa di avvenimenti, anche perché, nel caso di Lee Miller, siamo di fronte ad una donna che ha lottato per farsi valere in un mondo dove gli uomini primeggiavano in tutto, problematica purtroppo ancora molto attuale.
    È stata sicuramente abile a sfruttare le sue doti per farsi conoscere o per lo meno per imparare il più possibile da Man Ray.
    Il surrealismo sembra caratterizzarla durante tutto il corso della sua vita ed è a mio parere un’ottima rappresentante di questa corrente.
    Sembra quindi che gli elementi surrealisti siano intrinsechi alla Miller ed grazie a questo suo ingaggio percettivo diverso che riesce a mantenere uno stile personale in tutte le sue fotografie seppur cambiando completamente genere e dimostrando quindi anche una versatilità non indifferente.

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  27. Gaia   17 Gennaio 2023 at 00:18

    Arte surrealista=é un arte in cui la ricerca è volta al punto d’incontro tra sogno e realtà alla costruzione di una realtà superiore,libera come fa l’artista Lee Miller,voler distruggere le convenzioni sociali di quel momento, attratta dai nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore, attraverso la scrittura e il linguaggio dell’immaginario, cosa che lei trasfigurava con il suo ardore di pace, libertà e giustizia. Emancipata, in un’epoca in cui, esserlo era praticamente impossibile.
    Cercava il connubio tra vita e arte andando fuori dagli schemi convenzionali di una vita borghese,sperimentando modi di relazione è un concetto di libertà individuale.
    Era una donna molto bella,difficile fare carriera nell’arte a quell’epoca,dovevi essere accettata dalla società dove c’erano sopratutto uomini di successo e con il potere ma lei ha sempre saputo tramite le sue doti nell’arte trasmettere che anche una donna poteva fare la differenza.
    Tramite le sue opere,anche quando affrontava generi fotografici diversi rimaneva fedeli ai suoi principi base surrealisti.
    Lei aveva il desiderio di oggettivare solo quello che le piaceva come dice nell’articolo permettendola di fare da reporter e artista al contempo.
    É stata un importante fotografa di moda lavorando per Vogue e avendo l’opportunità di poter collaborare con uomini che l’hanno aiutata nel suo intento di artista,aveva uno stile diverso riusciva ad evocare lo chic,eleganza,la sua intelligenza e personalità ma anche la vera cruda storia durante la guerra come l’arte del fotografare la punizione che le truppe alleate stavano infliggendo ai nazisti,monito per i sopravvissuti o la sfrontatezza e il colpo geniale come ci dice di riprendersi mentre si lava nella vasca da bagno privata di Hitler,dove mette a risalto ai nostri occhi il suo volto serio quasi provocatorio verso questa scena.
    La retrospettiva Bolognese sulle sue opere concepita dal figlio Antony Penrose,tiene vivo il ricordo dell’importante contributo che Lee Miller,la madre ha avuto con le sue opere e l’insegnamento che ha potuto dare tramite le sue rappresentazioni,tenendo vivo il ricordo scegliendo tutti gli scatti concependo la libertà degli sguardi della madre,in tutto quello che nella sua carriera ha fatto sia davanti a corpi,paesaggi e davanti ad eventi drammatici come il reportage sulla guerra dove Antony Penrose sottolineando il surrealismo della madre con le tecniche di straniamento,eventi di questo tipo penso che siano un grande valore all’artista stesso per permetterci di penetrare nelle nebbie del ricordo quasi ormai lontano del mito per ottenere il valore del percorso fatto e della persona,per cosa ci abbia voluto rappresentare e trasmettere ed insegnare tramite le sue opere.

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  28. Queen   17 Gennaio 2023 at 09:09

    Lee Miller a mio avviso rappresenta una donna forte che procede rettilinea per raggiungere il suo obbiettivo, senza mai però affrettare il processo. Inizia la sua carriera come modella diventando la preferita di Man Ray che fu per lei una grande svolta nella sua carriera. Per raggiungere il successo che le spettava è stata però obbligata a percorre un percorso di vita relazionare forzato, come d’altronde molte donne ancora oggi. Non biasimo le sue scelte considerando il mondo maschilista in cui visse ritengo che le sue decisioni furono meditate al fine di ottenere un riscontro e la notorietà che era consapevole di poter meritare.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   18 Gennaio 2023 at 09:17

      Non so se possiamo dire che Lee è stata forzata a una vita di relazione che non desiderava. Io mi sono fatto l’idea che fosse una donna molto ammirata e ambita e che scegliesse le sue relazioni da protagonista e certo non da vittima.

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  29. Virginia   17 Gennaio 2023 at 16:20

    Personalmente non ho visitato la mostra di cui si parla in questo articolo e di conseguenza mi sono dovuta informare in rete.
    Guardando in rete alcune delle sue fotografie sono rimasta molto colpita da alcune, in particolare quella raffigurante una montagna di ossa di ebrei e l’autoritratto all’interno della vasca di Hitler nel suo appartamento di Monaco.
    Nonostante l’esistenza alquanto travagliata che ha vissuto, il suo lavoro è molto interessante.
    La trovo una donna di grande valore, soprattutto per la scelta di andare al fronte come foto reporter di guerra per Vogue, è una scelta sicuramente molto difficile da fare e che porta con sè un trauma psicologico non indifferente.

    Rispondi
  30. Sinfonia giornale scommessa   18 Gennaio 2023 at 13:08

    Molto molto interessante l’articolo, mi ha tenuta attaccata allo schermo fino alla fine (avrei però aggiunto più foto).
    Lee Miller, che c’è da dire… ho cercato foto su internet ed è veramente bella. Leggendo l’articolo ho provato due sensazioni contrastanti: ammirazione e disprezzo. La ammiro molto per ciò che ha fatto, l’essere in grado e avere il coraggio di vivere la propria vita nella maniera in cui ci è stata raccontata dall’articolo è una cosa a dir poco difficile soprattutto contando il fatto che il periodo storico riguarda il ‘900, quindi con tutte le sue “chiusure mentali” e imposizioni sociali. Ammiro anche la sua arte (ho guardato alcune foto su internet) e la sua scelta di andare al fronte come fotoreporter di guerra, sono consapevole che ci vuole molta forza mentale. L’unica cosa che ho disprezzato è stata la sua libertà a livello sentimentale, ma questo semplicemente perché sono una persona diversa da lei e non rientra nella mia morale “usare” le persone come se fossero dei fazzoletti usa e getta. Comunque, leggendo, io giungerei alla conclusione (anche se non sono una psicologa) che questa sua indifferenza nei confronti delle relazioni sentimentali sia causata dal trauma dello stupro e da un certo punto di vista la capisco perché anch’io ho avuto dei “traumi” che mi hanno resa un po’ più insicura ma sto cercando di reagire.

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  31. Tommaso Tognetti   18 Gennaio 2023 at 15:31

    Dopo aver letto e compreso la vita di Lee Miller, a mio parere, è possibile comprendere con chiarezza le cause che hanno portato a molte delle sue scelte, sia artistiche che amorose. Dopo il trauma subito da giovanissima è comprensibilissimo che l’artista avesse una concezione propria e totalmente personale sulla vita sessuale e amorosa. Saper reagire e combattere è sicuramente ammirevole, ma non solo, solamente una persona con un forte spirito, consapevolezza di sé e delle sue potenzialità poteva uscire da quel “brutto incubo”, e dai quei cupi ricordi, in modo strabiliante come la Miller, un ringraziamento va sicuramente però anche al suo psichiatra.
    Ciò che mi affascina e mi sorprende molto della Miller è proprio il suo animo sciolto ma determinato e preciso riguardo le sue ambizioni e obbiettivi. Anche dopo gli eventi traumatici precedentemente anticipati è riuscita infatti a risollevarsi e a crearsi il proprio futuro, piacevole o no non sta a me giudicarlo però.
    Durante la sua vita ha inoltre viaggiato molto (Stati Uniti, Nord Europa, Francia, Inghilterra, Germania e Austria) e, secondo me, ciò ha, da una parte, ingrandito sempre di più la sua ambizione, ma dall’altro le ha negato la possibilità di avere una maggiore stabilità familiare che, conoscendo la sua storia, le avrebbe giovato in età avanzata. Ma d’altro canto non ce lo si poteva aspettare da un’artista come lei e in un periodo caratterizzato da così tanta libertà amorosa.
    Un altro fatto che sicuramente non ha giovato alla salute dell’artista è stato il periodo in guerra e la sete di rappresentare sempre, e in ogni situazione, la crudeltà e l’orrore di essa. Tutti questi sentimenti l’hanno logorata dall’interno, insieme al ricordo della sua sciagurata vicenda giovanile ovviamente, e l’hanno portata, in età avanzata, a gettarsi sull’alcol e ad estraniarsi parzialmente dal mondo.
    Concludo dicendo che non oso immaginare come deve essere un’adolescenza così e nemmeno l’orrore, vissuto in prima persona, del secondo conflitto mondiale che sicuramente logorerebbe l’animo e la mente di chiunque. Siamo solo grati che non sia toccato a noi personalmente e ringraziamo sicuramente Lee Miller per le foto strabilianti che ci hanno mostrato la crudeltà del periodo per far sì che non ricapiti.

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  32. Linda Laba   18 Gennaio 2023 at 15:45

    Purtroppo, prima di leggere l’articolo, non ero a conoscenza dell’esistenza di Lee Miller.
    Ammetto di esser rimasta particolarmente colpita dalla grinta, dalla determinatezza e dall’audacia di quest’ artista del 1900.
    La sua vita è degna di essere raccontata per tanto fu movimentata, ricca di cambiamenti e di episodi che la segnarono profondamente e la fecero diventare una tra le donne più emancipate e moderne della sua epoca.
    Elizabeth Miller nacque a Poughkeepsie, nello stato di New York, in una famiglia borghese. Il padre, Theodore Miller, ingegnere, nutre da sempre un interesse particolare per la fotografia e ben presto sceglie la figlia come modella per i suoi scatti, oltre ad introdurla ai segreti della ripresa e del laboratorio.
    Il primo approccio al mondo della fotografia avvenne con uno scatto, fatto dal padre stesso, in cui posava nuda, direi un primo approccio particolarmente insolito.
    Nel 1914, all’età di sette anni, subì una violenza sessuale mentre si trovava a Brooklyn presso amici di famiglia a causa del ricovero in ospedale della madre. Non venne sporta alcuna denuncia e non fu ben chiaro chi fosse l’autore della violenza.
    In seguito a questo episodio, il padre le permise di seguire i suoi sogni, credendo che questo le concedesse la spensieratezza per eliminare quel dolore. Questa fu una rara opportunità per quell’epoca.
    Da quel momento in poi, Elisabeth Miller decise di farsi chiamare “Lee”: un nome neutro che non dà importanza al suo sesso.
    A 19 anni, attraversando una via di New York, l’attenzione di Condé Nast, il fondatore del colosso editoriale proprietario di Vogue e Vanity Fair, venne catturata dalla bellezza, dal portamento e dal modo di vestire di Lee, al punto da proporle un contratto: così ebbe inizio la sua carriera da fotomodella.
    Nel 1928 venne coinvolta in uno scandalo commerciale: un suo ritratto a figura intera, scattato da Steichen, fu utilizzato per una pubblicità di assorbenti femminili.
    Parlare di assorbenti mestruazioni è complicato ancora oggi, ma nel 1927 era un assoluto tabù. Per la prima volta l’immagine di una donna fu associata ad un prodotto così intimo e le proteste non passarono inosservate, tanto che questo episodio rischia di porre fine alla carriera come fotomodella.
    In seguito, nel 1929 si trasferisce in Europa, in Italia studia l’arte, a Parigi frequenta il mondo della moda e degli artisti; è fotografata e fotografa lei stessa. Ha un proprio studio, partecipa a mostre, posa come fotomodella per Man Ray e ben presto diventa la sua musa, la sua assistente, la sua amante. È con Lee Miller che Man Ray sperimenta e mette a punto il processo di solarizzazione della stampa fotografica. Un giorno, mentre sono entrambi nella camera oscura, Lee Miller accende involontariamente la luce. Le parti del negativo che non dovevano essere esposte hanno incontrato inavvertitamente questa luce improvvisa: ora il fondo e l’immagine non si uniscono e rimane il tratto nero che caratterizza qualcosa di nuovo, la “solarizzazione” appunto.
    Miller ammira molto Man Ray, ma non è più soddisfatta da quella relazione basata sulle dinamiche tra allieva e maestro, sa di essere una fotografa completa e autonoma e torna a New York.
    Successivamente, sedotta dal facoltoso Aziz Eloui Bey e dalla prospettiva di emigrare con lui in Egitto, abbandona il lavoro di fotografa e parte per l’Africa.
    Miller riprende a fotografare e lo fa con un occhio surrealista: nei suoi scatti si incontrano persone ritratte solo dai piedi fino alla vita, specchi e addirittura ombre di piramidi riprese dall’alto. Eppure, di nuovo stanca della routine, si sente un’altra volta in trappola: scappa a Parigi, dove conosce il curatore d’arte Roland Penrose, che sposerà, anche se il tutto verrà interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
    Roland Penrose viene chiamato a prestare servizio al fronte e la fotografa rimane sola, in una capitale che inizia a essere bombardata da frequenti blitz aerei. In quel periodo, Lee Miller si guadagna da vivere come fotografa di moda per Vogue ma, ben presto comincia così a unire la fotografia di moda al reportage di guerra, regalando foto stranianti e senza censure.
    Fu lei infatti l’unica donna fotografa a documentare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e di Buchenwald da parte degli alleati, testimoniando la tragica visione che le si presentava in quei luoghi.
    Lee Miller, assieme all’amico e collega David E. Scherman, riesce ad entrare nell’appartamento di Hitler. Appena vide che c’era una vasca, Lee sentì la necessità di lavare via lo sporco di Dachau, così la riempì di acqua calda e vi si immerse, affidando lo scatto al collega. Ma prima si slacciò gli scarponi sporchi del fango di Dachau e li lasciò sul tappetino, bianchissimo come gli asciugamani, posto davanti alla vasca, che così da immacolato si sporcò di macchie nere; accanto lasciò su uno sgabello l’uniforme e sopra l’orologio.
    Sul bordo della vasca, appoggiato al muro, sistemò un quadretto con il ritratto del dittatore e infine su un tavolinetto di fronte al lavandino posizionò una statua che raffigurava una Venere al bagno.
    La sua foto mentre si fa il primo bagno dopo settimane nella vasca del Führer diventa il simbolo della vittoria.

    Lee Miller come fotografa di guerra è ciò che mi ha appassionato di più leggendo la sua incredibile ed impensabile storia, in quanto ha dimostrato che una donna può essere un’artista, riuscendo a dare il meglio nelle situazioni più difficili ed estreme.
    Lee Miller ha voluto sempre di più perché desiderava far sentire la sua voce attraverso l’arte.
    Credo che il coraggio e la forza di Lee Miller abbiano aiutato ed aiuteranno molte donne, sottolineando il fatto che non bisogna mai accontentarsi per assecondare le convenzioni.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   18 Gennaio 2023 at 21:14

      Lo script di Linda è molto ricco dal punto di vista biografico. Mi permetto solo una piccola precisazione. Non credo si possa dire che Lee fu sedotta da Aziz, piuttosto penso sia vero il contrario….

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  33. martina c laba   18 Gennaio 2023 at 16:36

    Questo articolo è stato molto interessante. Sono molto meravigliata in senso positivo dalla forte personalità di Miller, proprio perché come fotografa è riuscita a scardinare pregiudizi ed etichette. Vi sono molti ambiti ritenuti prettamente maschili, in cui le donne “ammesse” a parlarne sono molto poche e in cui spesso sono selezionate in base anche alla propria “presenza”. Ma è grazie proprio a queste donne guida, che negli anni la figura femminile è riuscita ad affermarsi anche in quegli ambienti considerati incompatibili dalla società, riuscendosi a farsi valere e scardinando pregiudizi. In questo caso Lee Miller è una anticipatrice, e idolo di tutte le donne. Secondo me Lee è stata una donna molto coraggiosa, altruista e determinata che non si è mai fatta fermare dagli ostacoli esterni. Per fare un esempio nel corso della sua vita, fotografò persino l’orrore dei campi di concentramento e i sopravvissuti delle prigioni della Gestapo. Una vera e propria documentatrice storica.

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  34. Michela Naldi LABA   18 Gennaio 2023 at 16:49

    Prima di leggere questo articolo non conoscevo ancora la fotografa e modella Lee Miller, e devo ammettere che la sua biografia mi ha incuriosita molto, tanto che sono andata a fare ulteriori ricerche sulla vita e soprattutto su i suoi scatti.
    Lee Miller ha lasciato un segno molto profondo nella storia della fotografia, e probabilmente uno dei principali motivi di questo avvenimento è dato dal suo forte carattere.
    Non conosco la fotografa nello specifico, ma da quanto letto ho capito che è sempre stata una donna pronta ad affrontare gli eventi traumatici della vita, partendo dalla violenza subita da piccola, alla guerra fino al momento in cui il suo ultimo marito voleva lasciarla per un’altra donna.
    Essere una donna come Lee Miller nella sua epoca era una grande responsabilità perchè all’epoca la figura femminile era più legata esclusivamente all’ambito familiare di moglie e madre; invece lei non era solo questo, lei amava sentirsi libera, fare quello che tenesse vivo il fuoco della passione in ogni ambito, e credo che questo sia un grande pregio per una donna degli anni ‘20.
    La sua sensualità e femminilità non la rendevano volgare, ma quasi elegante, e per questa sua caratteristica nel leggere la biografia mi è venuta in mente Marilyn Monroe, un’attrice degli anni ‘40 che veniva considerata una figura di spicco nel mondo del cinema grazie alle sue forme. Sicuramente le due donne hanno avuto percorsi di vita molto diversi, ma credo che indirettamente siano accumunate dal loro essere considerate delle muse da chi le osserva e le desidera; anzi, forse proprio per questa caratteristica comune entrambe sono donne che in quell’epoca hanno lasciato un segno, talmente profondo che anche oggi sono due figure importanti nei loro ambiti.

    L ‘ essere una donna che insegue la propria libertà e la propria passione ad ogni costo, come il vivere la guerra da più vicino per poterla raccontare in prima persona, credo siano dettagli fondamentali per questa fotografa, dettagli che l’hanno resa la famosa Lee Miller agli occhi delle persone, e non solo perché poteva essere il desiderio degli uomini, ma anche perché a livello simbolico rappresentava una vetta molto alta per molte donne della sua società.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   18 Gennaio 2023 at 21:02

      Perché “quasi elegante”? Penso che nei suoi anni migliori poche donne al mondo potevamo reggere il confronto con il glamour della Miller. Il parallelismo giusto non è con Marilyn Monroe più vittima che dominatrice, bensì con Marlene Dietrich che era della sua generazione e aveva la sua stessa determinazione.

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  35. Noemi Midolo   18 Gennaio 2023 at 17:06

    Lee Miller è un perfetto esempio di ispirazione. Ma penso più a lei come a una donna coraggiosa. Non per il semplice fatto che scelse di vivere la sua vita come voleva ma più al rischio che correva, a cui si sottoponeva,durante il periodo di guerra nell’essere una report di guerra,nel immortalare momenti di testimonianza e anche storici come di lei nella vasca da bagno di Hitler. Una buona dose di coraggio.
    Era sicuramente una donna fuori dal suo periodo storico, a cui non sempre gli venne riconosciuto il giusto merito o giudizio, ma proprio per questo motivo penso che i suoi scatti siano così singolari, soprattutto quelli riguardarti il surrealismo che hanno così tanto da dire e mostrare. Riusciva a catturare l’attenzione, lo spessore,l’essenza,la crudezza e il vero del soggetto ma mantenendone comunque un’aria indifenita. Questa stessa percezione io la rivedo nei suoi numerosi scatti come modella che per miei gusti personali sono i miei preferiti. Decisamente un’ottima fotografa scavalcata da figure maschili solo perché donna ma oggi giorno ci ricordiamo di lei e dei suoi scatti.

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  36. Martina giamperoli   18 Gennaio 2023 at 18:23

    sinceramente di Lee Miller avevo solo vaghe conoscenze, non avevo mai approfondito la sua storia ma questo articolo ha reso bene l’idea sul tipo di personaggio che ha rappresentato e che tutt’ora è all’interno dei ricordi. Una donna che senz’altro ha lasciato un segno come molte altre, anche se forse non al livello di Rita Levi Montalcini, penso comunque che possa essere un buon punto di riferimento soprattutto per la forza e il modo con cui ha reagito a ciò che le è successo. Personalmente non avendo visto in persona la mostra di cui cita l’articolo, anche se ammetto che mi sarebbe piaciuto, posso limitarmi solo sulle foto ritrovate su internet, che sicuramente non trasmettono lo stesso effetto e le stesse emozioni del vederle dal vivo. Nonostante questo devo dire che le ho trovate molto interessanti.

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  37. Benedetta   18 Gennaio 2023 at 21:34

    Non conoscevo Lee Miller, ma la sua storia mi ha affascinata. Le foto del reportage sono stupefacenti e il suo passato traspare in esse e le rendono uniche. È una donna coraggiosa che ha vissuto il suo tempo e ha potuto farsi sentire nel periodo della guerra; con le sue foto riesce a rappresentare l’emancipazione delle donne facendo trasparire sempre il suo punto di vista. Coloro che riescono a mettersi in gioco e far sentire la propria voce mi appassiona e mi invoglia a saperne sempre di più. Lee Miller è riuscita a spiccare attraverso i suoi lavori, che potrebbero rispondere anche al problema di genere in ambito fotografico: non si tratta di lavoro femminile, bensì soltanto di immagini affascinanti che fanno da esempio per la storia della fotografia.

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  38. Alyssa T   18 Gennaio 2023 at 22:52

    Lee Miller ha occupato, negli ambiti che ha attraversato, posizioni per così dire opposte: tanto da essere allo stesso tempo protagonista di primo piano e personaggio defilato, esaltata e allo stesso tempo anche un po’ celata da chi ha lavorato con lei.

    Si potrebbe banalmente pensare che il grande successo di Lee fosse dovuto alla sua straordinaria bellezza ma non è affatto così. Sicuramente è stata però il motivo per la quale è cominciata la sua carriera: è all’età di 19 anni infatti che, attraversando una via di New York, venne notata da Condé Nast, fondatore e proprietario di «Vogue» e «Vanity Fair», diventando in breve tempo LA fotomodella di «Vogue»; ma saranno il suo forte carattere, le sue scelte e soprattutto ciò che ha rappresentato per la sua epoca a renderla veramente grande.
    Icona di femminilità e di stile, contribuisce ad abbattere tabù ben consolidati nel suo tempo ma passerà rapidamente dall’essere musa ispiratrice, soggetto degli scatti, ad essere lei stessa la mente dietro alle meravigliose creazioni che faranno la storia. Riesce inoltre ad essere accreditata dalla stessa rivista «Vogue» come corrispondente di guerra nel periodo in cui si trova a Londra fornendo così un’interpretazione femminile del fronte, senza mai nascondersi dietro la macchina ma mettendosi in prima linea.

    Insomma, non era di certo semplice essere donna nel primo novecento, quando ci si aspettava da loro che fossero solo brave madri e mogli devote; di certo non era semplice essere donna e vivere in modo sano la propria sessualità, spesso segnata da abusi come nel caso della giovane Miller; di certo non era semplice essere donna quando scoppia la guerra, gli uomini vanno al fronte e ricadono su di loro ancora più responsabilità. La grande capacità di Lee Miller è stata quella di trasformare tutte le difficoltà e le ferite infertele dalla vita in una spinta verso l’emancipazione, diventando così un esempio per tutte noi ancora oggi.

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  39. Mattia C.   18 Gennaio 2023 at 23:22

    Penso che la fotografa Lee Miller, personaggio mitico della scena artistica parigina e amante della libertà, nei suoi scatti venisse ispirata in base ai cambiamenti che vedeva nella società, spostandosi di luogo in luogo dove vedeva una suggestione, per cercare di dare valore a ciò che accade in essa (ad esempio la guerra), sfruttando anche altre persone per raggiungere il suo scopo, probabilmente a causa della sua lotta contro una società che non la apprezzava e a causa degli accadimenti della sua vita.
    Mi ha colpito il fatto della sua perdita di passione della fotografia, dovuta al cambio dello stile editoriale di moda, perché dimostra che era appassionata e fedele alle proprie idee, tanto da doverle ritrovare in un altro ambito completamente diverso: la cucina.
    Ritengo che un artista paragonabile a Miller sia Philippe Halsman, anche lui ha collaborato con vogue e la rivista Life. Artista fondamentale nella storia della fotografia del Novecento, con una vita composta da avvenimenti che gli fornirono spunti per rappresentare la sua arte, ispirandosi anche a pittori surrealisti come Salvador Dalì. Il surrealismo rimane l’impronta più evidente nel lavoro di Halsman, l’opera d’arte In Voluptas Mors (1951) ne rappresenta la prova più eclatante.

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  40. Ivana Doldi   18 Gennaio 2023 at 23:30

    Lee Miller, una personalità atipica, camaleontica e fedele solo a sé stessa, padrona e schiava solo di sé stessa. Una donna che, per personalità, per esperienze di vita, per ceto sociale è riuscita a mettere in rilevanza l’importanza dei propri bisogni nelle varie sfere esistenziali. Un percorso ricco di realtà umana, positivo e non. Non poteva, leggendo la sua biografia, passare indifferente agli occhi della società dell’epoca. Una società, è vero aperta al nuovo, ma ancora radicata nei pregiudizi, nelle convenzioni, alla filosofia e cultura tipica del periodo. Che genere di reazioni scatenava nelle persone, quali considerazioni, quali ammirazioni e quali critiche.Chissa’ se lei era consapevole di tutta questa attenzione, magari nemmeno voluta, intenta forse solo a trovare un modo per vivere, un suo modo, una sua realtà. Ha voluto dare un senso e significato notevole alla sua vita. Un vivere troppo controcorrente, un tentativo il suo, attraverso la fotografia, di provare a trasmettere le proprie emozioni più intime, la sua visione della vita tra leggerezza e serietà. Una donna completa, a tutto tondo e questo bastava per catturare l’attenzione di molti, al di là della sua bellezza. Una sorta di apripista e stimolo del futuro movimento femminile che ha osato “sfidare” la sfera maschile gareggiando ad armi impari. È bastato solo questo per renderla indimenticabile.

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  41. Yasaman   19 Gennaio 2023 at 11:31

    Lee Miller aveva una sua anima libera ed era tutt’uno con la sua determinazione, il suo voler distruggere le convenzioni sociali di quel momento, attratta dai nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore attraverso la scrittura e il linguaggio dell’immaginario, cosa che lei trasfigurava con il suo ardore di pace, libertà e giustizia. Anche la storia di Lee Miller richiama per certi versi la memoria del pittore surrealista (se non amava definirsi così e come diceva: “Pensavano che fossi anch’io un surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà .” , non la realtà dei tuoi sogni”) Frida Kahlo. Entrambe le vite molto turbolente piene di eventi tristi Tra le sue foto, quella che mi colpisce di più è “Woman in Hitler’s Van” perché mostra un’intensa angoscia emotiva da parte delle suddette persone.

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  42. Tommaso Morandi   19 Gennaio 2023 at 11:42

    Lee Miller nasce nei primi anni del ‘900 nei dintorni di New York e comincia la sua carriera come modella per poi divenire fotografa di moda, di arte e fotoreporter di guerra.
    Penso che Lee Miller sia stata musa ispiratrice non solo per i fotografi o gli artisti con i quali ha collaborato, ma anche per le generazioni seguenti, trasmettendo determinazione, coraggio, libertà artistica e di vita.
    Infatti credo che la sua biografia susciti così tanto clamore solo per il fatto che Lee sia nata nel 1907, anni in cui il potere e la libertà femminile non erano sicuramente equivalenti a quelli attuali, probabilmente il fatto che nella sua vita abbia avuto più mariti e numerosi partner, suscitava stupore.
    Inoltre la sua determinazione ed ambizione nell’ambito lavorativo ed artistico non era vista di buon occhio, non veniva presa sempre sul serio, soltanto perchè donna.
    Per questo penso che una personalità come la sua, ai giorni nostri, sarebbe stata presa molto più seriamente e la sua carriera amorosa sarebbe risultata abbastanza normale.
    Proprio sotto quest’ultimo aspetto, non mi trovo del tutto d’accordo con ciò che ha fatto, ma penso sia un’ulteriore dimostrazione della sua determinazione, ambizione e libertà mentale.

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  43. Annalisa Balsamini   19 Gennaio 2023 at 11:45

    Durante l’ultimo anno di liceo la mia prof di storia dell’arte ci ha parlato di Lee Miller, ma per quanto riguarda il periodo Surrealista. Sapevo giusto per informazioni di sfuggita della sua relazione con Hitler, ma non credevo che la sua vita fosse stata cosi tanto piena, direi quasi la trama di un film.
    Partendo da un’infanzia molto difficile e tanto traumatica, che sicuramente ha condizionato tutta la sua vita, penso che un evento del genere sia impossibile da dimenticare.
    Credo sia partita proprio da qui, la voglia di sentirsi libera, cosa non possibile in quel periodo storico, mi ha impressionato molto la sua determinazione e la sua voglia di uscire da quelli che erano gli schemi fissi dell’epoca, esprimendo tutto questo attraverso l’arte. Poi per quanto riguarda le sue scelte di vita privata non mi sento di commentare, il continuo cambio di partner rimane in linea su quello che era il suo stile di vita, e non tutti sentono il bisogno di seguire la solita favola raccontata della famiglia felice, credo che lo “scandalo” nasca solo per il fatto che sia donna, fosse stato il contrario sarebbero state nozioni così, quasi da elogio (mi viene in mente d’Annunzio ma ce ne sono tanti altri).
    Comunque non ero a conoscenza della mostra e sono andata a cercare, mi stupisce sempre la sua bellezza e la sua semplicità nelle foto, inoltre tutti i suoi altri scatti riescono a comunicare qualcosa, e questo credo sia un aspetto molto importante nell’ambito fotografico.

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  44. Annalisa Balsamini   19 Gennaio 2023 at 11:48

    Durante l’ultimo anno di liceo la mia prof di storia dell’arte ci ha parlato di Lee Miller, ma per quanto riguarda il periodo Surrealista. Sapevo giusto per informazioni di sfuggita della sua relazione con Hitler, ma non credevo che la sua vita fosse stata cosi tanto piena, direi quasi la trama di un film.
    Partendo da un’infanzia molto difficile e tanto traumatica, che sicuramente ha condizionato tutta la sua vita, penso che un evento del genere sia impossibile da dimenticare.
    Credo sia partita proprio da qui, la voglia di sentirsi libera, cosa che in quel periodo storico era davvero difficile, mi ha impressionato molto la sua determinazione e la sua voglia di uscire da quelli che erano gli schemi fissi dell’epoca, esprimendo tutto questo attraverso l’arte. Poi per quanto riguarda le sue scelte di vita privata non mi sento di commentare, il continuo cambio di partner rimane in linea su quello che era il suo stile di vita, e non tutti sentono il bisogno di seguire la solita favola raccontata della famiglia felice, credo che lo “scandalo” nasca solo per il fatto che sia donna, fosse stato il contrario sarebbero state nozioni così, quasi da elogio (mi viene in mente d’Annunzio ma ce ne sono tanti altri)
    Comunque non ero a conoscenza della mostra e sono andata a cercare, mi stupisce sempre la sua bellezza e la sua semplicità nelle foto, inoltre tutti i suoi altri scatti riescono a comunicare qualcosa, e questo credo sia un aspetto molto importante nell’ambito fotografico.

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  45. Federica   19 Gennaio 2023 at 11:52

    Lee Miller è stata una donna indipendente perché raramente lasciava che qualcuno influenzasse le sue scelte, una donna libera, proprio perché di tutte le scelte lei è sempre stata padrona, una donna coraggiosa perché ha preferito le scene della guerra ai servizi fotografici di moda. Lee Miller è stata precorritrice del surrealismo in fotografia, ponendola su un piano di parità con Man Ray. Osservando le fotografie di Lee Miller si ha la sensazione che abbia vissuto una vita intensa e caratterizzata da incontri decisivi. L’incontro che forse è stato più decisivo è stato quello con l’artista Man Ray, con cui ha avuto un rapporto profondo e complicato. Infatti, lui fu dapprima suo maestro, poi amore passionale e infine amico. Si conoscono a Parigi nel 1929 e si lasciano nel 1932, dopo un breve periodo di sperimentazioni, passione e fotografie storiche. Entrambi esercitarono un’influenza reciproca sul loro lavoro, inclusa la tecnica fotografica della solarizzazione che Man Ray fece sua al punto che spesso sono stati erroneamente attribuiti a Ray i lavori di Miller. Il surrealismo è l’elemento caratterizzante la loro unione e gli scatti surrealisti di Man Ray a Lee Miller sono i più belli. Quando il rapporto tra loro due si rompe, lei torna a New York e apre uno studio fotografico di successo, all’epoca il primo fondato e gestito da una fotografa donna. Nonostante la storia d’amore e professionale tra Lee Miller e Man Ray finisca, l’amicizia resta e dura per quasi 50 anni, parallelamente ai matrimoni con Aziz e Roland, i due si sosterranno sempre sia nei momenti belli sia in quelli più difficili, come nel periodo in cui Lee Miller soffre di depressione cronica, anche a causa di una sorta di disturbo post-traumatico dovuto agli orrori a cui aveva assistito nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Non dimentichiamoci che era una donna nata nei primi anni del Novecento, dove queste caratteristiche erano ben difficili da portarsi dietro ma lei le indossava tutte con un’innata eleganza, altra qualità alla quale lei non ha mai rinunciato, persino in tempo di guerra.

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  46. Cristian Serani LABA   19 Gennaio 2023 at 12:20

    La vita di Lee è stata estremamente movimentata, secondo gli standard moderni può essere definita una (scusate il termine) “donna con le palle”. Nonostante la vita amorosa molto “versatile” con cui non vado assolutamente d’accordo, anzi lo detesto, ha raggiunto dei traguardi assolutamente fuori da ogni portata: nonostante tutte le avversità, i pregiudizi e soprattutto i traumi è riuscita a spiccare in un mondo ostile segnando la storia come una delle icone surrealiste della sua generazione… allucinante. L’ultima volta che ho sentito una storia simile è stato in quinto superiore per educazione civica, ci hanno fatto scegliere una donna che ha fatto la storia da portare all’esame e ho scelto , letteralmente un’eroina di guerra per quanto mi riguarda. Leda fu una staffetta antifascista, subì di tutto e di più (anche tortura dai tedeschi) ma fece mille sacrifici per i suoi compagni, facendosi catturare dando possibilità ai compagni di scappare e rischiando ogni giorno la vita per il resto del paese e questo a soli tredici anni. Il mondo è pieno di persone che puntano alle stelle e ci arrivano pure e sono queste le persone di cui abbiamo bisogno per ispirare a diventare sempre migliori, fino a superarci.

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  47. Giacomo Lorenzetti (LABA)   19 Gennaio 2023 at 20:51

    Lee Miller è stata una donna straordinaria, con un’anima libera e una forte determinazione ad abbattere le convenzioni sociali del suo tempo.
    Surrealista già negli Stati Uniti, prima che questo movimento avesse un nome, scelse fin dall’inizio di vivere secondo principi solo suoi. Modella, viaggiatrice appassionata, fotografa, reporter di guerra, Lee Miller è stata una donna libera, prima di tutto, dimostrandolo nelle sue scelte, nella vita che ha vissuto.
    La sua anima libera era tutt’uno con la sua determinazione, il voler distruggere le convenzioni sociali di quel momento, attratta dai nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore . Emancipata, in un’epoca in cui, esserlo era praticamente impossibile, Sono gli anni in cui le sue amiche rappresentano una femminilità debole a cospetto dei loro uomini, Dora Maar al suo Picasso, Jacqueline Lamba ad Andrè Breton, con un talento che in qualche modo hanno dovuto far tacere. Lee invece pur vivendo in un conflitto continuo, non permetterà a nessuno di essere rinchiusa in una gabbia.
    La sua passione per la fotografia è qualcosa che ha radici delicate nella sua infanzia, non è la storia della bambina a cui viene regalata la sua prima macchina fotografica…c’è una ferita dentro l’anima di Lee.
    Nel 1914, perde la madre e viene affidata ad alcuni amici di famiglia a Brooklyn. E’ qui che Lee subirà una violenza e, a sette anni, perderà per sempre quell’innocenza. Diventerà uno dei volti più celebri d’America, un’icona della moda. Questa fama non descrive la sua aspirazione primaria ma lei sta al gioco, le permette di guadagnare soldi e conoscere i migliori fotografi del Paese.
    Incontrò il famoso fotografo Man Ray durante una mostra di surrealismo e iniziò una relazione con lui, anche se il loro talento artistico non riuscì a procedere insieme. Man Ray le dedicò molte immagini, riflettendo sulla bellezza femminile e sulle inquietudini dell’anima umana.
    Ma, anche in questo caso, Lee utilizza la sua bellezza rompendo gli schemi, andando contro quell’America bigotta degli anni trenta che gli stronca la carriera.
    Lee Miller nel pieno della sua bellezza, fotografata per la rivista più ambita al mondo, lasciò tutto per poter affermare che non c’era nulla di vergognoso ad essere il volto di un pacco di assorbenti, la bellezza ha il suo pudore, ma non c’è vergogna ad essere donna.
    Tutta l’emancipazione di Lee Miller, si percepisce già dalla scioltezza del suo porsi dinanzi l’obiettivo, si lascia fotografare come se fosse lei stessa a dirigere la scena, dimostrando subito, quanto in seguito orgogliosa lei stessa dichiarerà che preferisce fare una fotografia piuttosto che essere fotografata.
    Nello studio a Parigi Man Ray e Lee Miller lavoreranno insieme con partecipazione. Alcune fotografie artistiche di maggiore importanza espressiva raffigurano parti del corpo di Lee, il collo, gli occhi, in ombra o isolati, le curve e i contorni. La divisione del corpo di Lee Miller da parte di Man Ray è un aspetto essenziale, tipico del suo stile.
    Ray provò ad “impossessarsi” di Lee ma, non ci riuscì, lei lasciò Parigi nell’ottobre del 1932 e tornò a New York.
    La sua libertà personale la portò a cercare di catturare immagini al di fuori dello studio, in luoghi estesi e immediati, e utilizzando la fotografia per “squarciare” pezzi della realtà e mostrarne una nuova prospettiva.
    Lee Miller aveva chiaro in testa ,che qualsiasi sarà il suo obiettivo, deve lavorarci almeno due volte in più, prima di ottenerlo e, di certo, infastidirà qualcuno.

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  48. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   20 Gennaio 2023 at 16:53

    Il rapporto tra Lee e Man Ray è il tema della mostra attualmente in corso a Venezia. Non l’ho ancora vista,non ho letto il catalogo e quindi non conosco eventuali incrementi di informazione.

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  49. Irene G   24 Gennaio 2023 at 13:49

    Lee Miller la conoscevo solo come musa e modella di Man Ray (come credo e aggiungo sfortunatamente la maggior parte delle persone) e questo sminuisce di molto la sua persona.
    Oltre ad aver avuto una vita interessante (spesso anche difficile, per la violenza subita in giovane età e per essere una donna che reclama indipendenza in un mondo ancora troppo misogino e maschilista) fu una fotografa di guerra e una delle prime a fotografare gli orrori del genocidio causati dalla dittatura nazista di Hitler, infatti fece un servizio all’interno di uno dei campi di stermino più conosciuti in Germania, ovvero quello di Dachau.
    Prima del servizio nei lager, Lee scrisse per Vogue un articolo sulla guerra che privilegiava i particolari.
    In uno dei suoi scatti ritrae Regina Lisso, la figlia di un generale tedesco, accasciata sul divano, che scelse la morte alla cattura degli alleati.

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  50. Enea Tacchi (Laba)   25 Gennaio 2023 at 06:26

    C’è una fotografia nel sito http://www.leemiller.co.uk,
    Senza titolo che mi ha particolarmente colpito (ce ne sono tante, in verità), sono ritratte tre fanciulle di differenti età: una sui 6/7 anni, una sui 10/11 e la terza è probabilmente un’adolescente, sui 13 anni. Si trovano su una spiaggia, sullo sfondo un promontorio. Si abbracciano; i volti delle più grandi e le loro silhouette sono chiare e distinte, hanno sorrisi limpidi, freschi, i loro occhi possiedono una spontaneità e una spensieratezza lucente, cristallina. La bambina più piccola, ha una figura evanescente, è in movimento, sembra volteggiare, presente ma impalpabile. Scorgo in questa foto un desiderio di libertà, gioia, fiducia, apertura al futuro. Forse la più piccola è lei, lee, che dal momento dello stupro è diventata quasi trasparente, in un limbo indefinito, in cui il dolore si è fossilizzato, dandole dei contorni indistinti, sfumati. Ma poi, logicamente, l’evoluzione di quello stesso dolore la conduce ad essere come le altre due fanciulle: libere e felici di vivere la loro età. L’immagine mi rimanda un desiderio di auto affermazione e riappropriazione della sua “infanzia rubata”. Questa grandiosa artista ha in se una resilienza senza pari. Leggendo la sua storia si comprende da quanto sia stata straordinaria. Penso che le opere di un artista non prescindano mai dalle proprie vicende esistenziali, anche per la Miller è così: l’arte (della fotografia) come costante mezzo di espressione, concretizzazione, esorcizzazione e liberazione. Lungo tutta la sua vita sembra cercasse, e trovasse, i mezzi per incanalare non solo il suo dolore, ma anche questa energia potentissima di cui disponeva. Lee Miller si staglia nel suo periodo storico, come figura immensa, la cui creatività si manifesta sovente nella crudezza di una guerra verso la quale ella prova sentimenti di aberrazione, diniego e disgusto, ma mia frustrazione. La resa non è mai presente nelle opere di lee, piuttosto è palpabile il desiderio, la volontà di mostrare la crudeltà e l’ingiustizia con occhi severi ma sempre attenti e sinceri, lo sguardo di chi sente di dovere mostrare al mondo la devastazione e l’annichilimento del genere umano. Il nazismo e gli orrori che portava con se, per Lee dovevano essere documentati, portati alla conoscenza di tutti.
    Modella, fotografa di moda, fotoreporter in guerra e poi di nuovo fotografa di moda, Lee Miller ha vissuto tante vite, così intensamente, da non essere mai sazia.
    L’autrice della foto “kendall Lee Glaenzer”, che riesce a catturare bellezza, grazia, glamour, che usa la luce in maniera impeccabile su una modella dall’eleganza ineccepibile e cattura l’armonia di un bellissimo volto di donna nelle sue sfumature di sensualità e malizia, l’autrice, dicevano, è la stessa che si immortala nella vasca da bagno del “mostro nazista” in “Lee Miller in Hitler’s bathtub” del 1945, con lo sguardo duro e consapevole, quasi a voler affogare l’orrore nella vasca, e dare sfregio all’uomo malvagio. “Mi ripulisco dalle tue nefandezze, nella tua vasca da bagno; ripulisco il mondo da te “sembra voler dire Lee.
    Lee Miller è stata tutto: appassionata, libera, creativa, intelligente, bellissima, volitiva, sensuale, inafferrabile ma presente, sempre in divenire, mai banale, mai statica. Capace di raffigurare un uomo sfigurato dalle ferite di guerra o morto suicida (suicided ss guard, 1945), ma anche formidabile (sempre protesa verso l’oltre) fotografa di moda, in grado di esprimere l’arte felice della moda con raffinata e lucente creatività (the lead, 1941). Lee è un’artista cangiante ma nel contempo fedele a se stessa, come nella sua vita privata, innamorata dell’amore, ma mai imprigionata in una relazione, sempre sincera, mai subdola. Chi aveva il privilegio di conoscerla, non poteva non essere travolto dalla sua fascinazione, ed io credo, anche del suo genio. Il surrealismo delle sue creazioni è secondo me, una trasposizione del reale, che attraverso i dettagli e le sfumature rimanda ad una realtà più vera e completa, è il suo modo di portare l’occhio di chi osserva, molto più in là, dove significato e significante si fondono quasi fino a perderne le differenze.
    Fotografa di moda e fotoreporter in zone di guerra: sembra un dualismo inconciliabile; ma Lee era questo: poteva portare in scena una pila di cadaveri, a testimonianza dell’orrore dei lager e creare per Vogue foto come “ Petersham on wool” del 1944 dove tutto è stile, bellezza, armonie, lontano anni luce dal conflitto e le sue atrocità.
    Un artista poliedrica, curiosa, mai sazia. Stupendo lo scatto “corsetry, Solarised photographs” del 1942: luci ed ombre in accordo perfetto, una corporeità che definirei “sensualmente delicata”. Vedo molto dell’autrice in questa foto: consapevole della sua bellezza, protesa verso la libertà (liberazione?) da schemi, maschilismo, luoghi comuni. Forse autoaffermazione… ma gli occhi nascosti dal braccio vogliono anche dire: “ ci sono, ma non del tutto, vorrei esserci di più”.
    Donna strutturata, Lee, ma probabilmente mai risolta. Geniale Picasso nei ritratti dell’artista, che riesce a cogliere della donna tutte le sue contraddizioni, la bellezza, la fragilità, l’eleganza innata. Una donna piena di colori, instancabile, avida di conoscenze ed esperienze, con la straordinaria capacità di “guardare oltre” e di ammaliare, coinvolgere, stupire gli occhi di chi ammira le sue creazioni, che non è più solo spettatore passivo, ma sedotto da tanta forza è pervaso dalla passione di Lee da sentirsi pienamente coinvolto dalle immagini e ciò a cui esse rimandano.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   25 Gennaio 2023 at 09:38

      Intervento autorevole. Ho apprezzato i costanti riferimenti alle opere.

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  51. elisa   25 Gennaio 2023 at 10:58

    La Miller è sicuramente una donna considerata ribelle e moderna per l’epoca ma anche ai giorni nostri sarebbe risultata tale.
    Modella di grido per Vogue e poi fotografa di moda, musa e compagna di Man Ray e amica degli artisti d’avanguardia di inizio 900, poi anche fotoreporter donna.
    troviamo una figura tragica che non si è piegata ma ha appreso da ogni esperienza e sofferenza. La Miller racchiude in sé una storia bellissima e terribile, e la donna che è diventata non è altro che il frutto degli eventi che l’hanno segnata.

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  52. Matilde Gatti LABA   26 Gennaio 2023 at 01:07

    Libera, anticonformista e coraggiosa, Elizabeth (Lee) Miller nasce nel 1907 a Poughkeepsie, New York, purtroppo la sua vita conoscerà il dolore e l’abuso prima di conoscere successo e fama. Quella che senza dubbio ritengo un’azione ragguardevole è il reportage che per prima, come donna, scelse di affrontare per comprovare l’orrore dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald testimoniando la realtà cruda dei corpi accatastati e delle incessanti violenze. La fotografia per eccellenza di questo reportage, che raffigura il suo spirito libero è quella scattata nella vasca da bagno di Hitler; lei e il fotografo David E. Scherman si trovavano a Prinzregentenstrasse in un edificio in particolare: lo stabile in cui si trovava uno degli appartamenti di Hitler. Qui dopo aver esaminato l’interno trovò la famosa vasca da bagno in cui decise di “lavarsi” a scopo simbolico, e aggiunse altri elementi come: gli scarponi sporchi sul tappetino candido, la foto di Hitler, la statua della Venere ecc…
    Si avvicina al surrealismo grazie all’amicizia, e in seguito relazione, con Man Ray tramite il quale conoscerà altre eccellenze del tempo come Pablo Picasso, Joan Miró, Jean Cocteau, Leonora Carrington e Max Ernst.
    Molteplici sue fotografie come “Nude bent forward” o “Tanja Ramm under a bell jar”, sono state denominate come opere di Man Ray, tanto il suo stile si era simile a quello del suo maestro, ma in realtà quello che lei pensava era solo ed esclusivamente frutto della sua creatività, che si ispirava soltanto a Man Ray. Uno degli scatti in cui ho trovato l’impronta del suo maestro è “Nude bent forward” (1930) che mi rimanda a “Le violon d’ingres” (1924) di appunto Man Ray che ritraeva l’amante e modella Alice Prin, in arte Kiki.
    Lee nonostante l’infanzia e adolescenza turbata dallo stupro, riesce a lasciare il segno e a dare vita a opere fotografiche in grado di sconvolgere, emozionare e appassionare con lo spirito libero e ribelle che possiede.

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  53. Alice   27 Gennaio 2023 at 15:48

    Lo “sguardo surrealista” con il quale Lee vede il mondo mi affascina, le sue foto hanno come una sorta di “patina” quasi impercettibile che nasconde qualcosa di inquietante.
    Lei osserva il mondo dalla sua macchina fotografica e lo fa sapere a tutti tramite le sue immagini.
    Sono scatti che trasmettono una crudezza e disumanità estrema.
    non avevo mai sentito parlare di lei prima di questo articolo ma dopo averlo letto posso dire che Lee Miller é una donna con un carattere forte, anzi, é proprio una donna con le palle, quasi nessuno a quei tempi si sarebbe sognato di realizzare uno scatto così sfrontato nella vasca del Führer.

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  54. Desire Graffiedi Laba   29 Gennaio 2023 at 15:28

    Lee Miller era una donna moderna, anticonformista ed eccentrica, una perfetta esponente delle avanguardie artistiche del ‘900 ed in particolare del surrealismo. L’articolo racconta la vita concitata della Miller con tutte le esperienze che ha vissuto e che hanno inevitabilmente segnato il suo percorso artistico ed è veramente difficile non rimanere colpiti dal fascino di questa donna così carismatica. Leggendo l’articolo così ricco di aneddoti viene davvero voglia di visitare la mostra dedicata alla fotografa (anche se purtroppo è finita) per vedere coi propri occhi i suoi scatti più iconici.

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  55. Sofia S.   29 Gennaio 2023 at 16:02

    Rimango molto colpita da questo articolo e dall’artista Lee Miller, ammiro il suo coraggio e credo sia da prendere da esempio come tutte le donne che in qualsiasi epoca hanno cercato dentro di loro la forza per esprimersi non sottomettendosi a niente e a nessuno. La foto nella vasca di Hitler è sicuramente quella che mi ha colpito maggiormente perchè dimostra la grandezza della volontà di giustizia nei confronti dell’orrore che è stato creato.
    Cercando in internet per studiare meglio la figura della fotografa Miller ho trovato una citazione alle cinque donne (tra cui la Miller) corrispondenti accreditate dall’esercito degli Stati Uniti, venivano chiamate le Dame del D-day e volevano combattere su ogni fronte il divieto per le donne di andare in prima linea nella seconda guerra mondiale.
    Loro sono per me l’esempio che non tutte le guerre sono alla vista di tutti come il più grande conflitto mondiale a cui hanno partecipato, ma ci sono tante altre guerre meno visibili come quella di essere donna e di esistere in un mondo che non ti apprezza per quello che sei realmente e che non ti prende sul serio. Con questo ribadisco che mi è piaciuto molto leggere il racconto di questa donna perchè lo ritengo una spinta per tutti di credere nelle proprie capacità senza arrendersi alle continue disapprovazioni.

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  56. asia laba   29 Gennaio 2023 at 17:45

    Il mio scatto preferito della Miller è “la donna rinata nella vasca di hitler”. La sua foto mentre si fa il primo bagno dopo settimane nella vasca del Führer diventa il simbolo della vittoria della seconda guerra mondiale.
    Lee era una donna forte, ma soprattutto libera. I suoi lavori sono ammirevoli, metteva tutta la sua anima in ciò che faceva. Avrebbe potuto limitarsi a sfruttare la sua bellezza, ma desiderava far sentire la sua voce attraverso l’arte. Ancora oggi il suo coraggio dovrebbe essere di esempio per tante altre donne.

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  57. Martina Di Mauro LABA   30 Gennaio 2023 at 14:27

    Leggere questo articolo è stato di grande aiuto dal momento che non avevo delle conoscenze così approfondite riguardo a Lee Miller: una donna che ha messo tutta se stessa in quello che faceva, che non si è mai accontentata di nulla e ha lottato fino alla fine per raggiungere i suoi obiettivi. Dovremmo imparare tanto da una donna come lei, una donna che avrebbe potuto limitarsi a sfruttare la sua bellezza, scegliere di rimanere confinata al ruolo di sex symbol di un’epoca e addirittura censurarsi per assecondare le convenzioni. Invece Lee Miller ha voluto sempre di più perché desiderava far sentire la sua voce attraverso l’arte, mettere a nudo tutto ciò che spesso non veniva reso pubblico per paura. Il suo coraggio, la sua voglia di lottare e andare avanti dovrebbe essere uno stimolo per tante altre donne.

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  58. Francesco Tentoni LABA   30 Gennaio 2023 at 19:00

    L’intraprendenza, il coraggio e l’ambizione di Lee Miller dovrebbe essere d’esempio e dovrebbe aiutare tante ragazze a capire ancora oggi che non bisogna mai accontentarsi o censurarsi per assecondare le convenzioni. Avrebbe potuto limitarsi a sfruttare la sua bellezza, scegliere di rimanere confinata al ruolo di sex symbol di un’epoca, ma ha voluto sempre di più perché desiderava far sentire la sua voce attraverso l’arte.
    Nel 1927, epoca in cui parlare di mestruazioni era un assoluto tabù, Lee Miller diventa la prima donna a prestare il volto alla campagna pubblicitaria di un marchio di tamponi: la sua carriera da modella nell’America bigotta degli anni Trenta finì.
    Non ne fa una tragedia: non vuole essere più una musa, bensì l’artista dietro la macchina da presa. Una delle sue frasi più famose, destinata a essere ripresa in eterno è: “Preferisco fare una foto che essere una foto”

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  59. Livia Scandali   30 Gennaio 2023 at 19:53

    Lee Miller è stata una delle più grandi modelle, fotografe e reporter di guerra del novecento, anche se sembra quasi assurdo che sia vissuta in questo periodo. Perché affermo ciò? Perché era una donna libera, che superava i suoi limiti, viveva in un periodo storico dove seguire questi ideali per la donna era pressoché impossibile, ma lei ci riuscì.
    Attraverso la sua sensibilità e la sua determinazione fece del suo lavoro la sua vita, sfruttando tutte le occasioni possibili. La sua è una storia di una donna con una forza e sensibilità speciale, lo si nota certamente nei suoi capolavori fotografici, ma anche nel coraggio cui cui affronta e vive a pieno la sua passione. Riesce a esprimere se stessa attraverso la fotografia, anche se seguire questa sua passione, la porterà a spingersi troppo oltre e questo le costerà caro. Infatti Lee Miller lavora come fotografa di guerra per le truppe americane e questa esperienza sarà probabilmente una delle più forti e difficili della sua vita, forse non capiamo neanche quanta forza ci voglia per vivere un’esperienza del genere. Descrive e cattura attimi di realtà vera, cruda e lo fa sempre attraverso la sua sensibilità, attraverso il suo occhio surrealistico e artistico.
    Questo coraggio e determinazione caratterizza l’artista stessa, non solo la sua passione; è qualcosa che fa parte di lei. Questo senso di libertà che la anima da dentro, si vede anche nell’atteggiamento che ha avuto durante tutte le relazioni della sua vita, cambiando più volte partner. Era una donna libera, che non sopportava i limiti, viveva seguendo il cuore. Ciò che più mi affascina di lei è che, per quanto lei lo faccia sembrare la cosa più naturale del mondo, superare i limiti, seguire il proprio cuore è una delle cose più difficili che si possa fare, perché serve una forza che non tutti hanno e quando questa forza si perde vediamo quanto sia difficile per la Miller ritrovarla. Dopo l’esperienza della guerra, l’artista rimane talmente colpita che riprendersi è difficile, l’alcol diventa qualcosa che la cattura e uscirne per lei diventa un limite difficile de superare. Sarà un periodo che si lascerà alle spalle solo con l’aiuto di chi ha vicino, riprenderà poi a scattare in seguito per Vogue e si dedicherà al figlio e alla cucina. Ma riuscirà comunque nonostante tutto ciò che ha vissuto a rialzarsi e riprendere in mano la sua vita.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto cantoni   3 Febbraio 2023 at 11:34

      Niente da dire su quanto scrivi. Mi sarebbe piaciuto però conoscere gli scatti che secondo la tua opinione ci fanno percepire la maestria di LM come modella di Vogue, come artista surrealista e come reporter di guerra.
      Il riferimento costante alle opere è fondamentale per far emergere una possibile interpretazione da un mondo di “fatti”.

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  60. Elisa LABA   31 Gennaio 2023 at 00:07

    Prima di leggere questo articolo non avevo mai sentito parlare di Lee Miller. La cosa che più mi affascina di lei e della sua vita è il periodo del reportage di guerra. Periodo che però la segnò fortemente. Cosicché lasciò la sua amata fotografia. Lei, donna di una straordinaria bellezza e ancor più straordinario fascino, che poteva benissimo vivere il sogno delle donne della sua epoca( marito abbiente, bellezza, fama, carriera come modella per pubblicità di marche importanti), che fa tutto ciò che è in suo potere per continuare a perseguire la sua passione per la fotografia. Pure quando fotografa durante la guerra per testimoniare i crimini atroci attuati dal nazismo i suoi scatti continuano ad essere surrealisti, il perfetto connubio tra arte e storia.

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  61. Elisa LABA   31 Gennaio 2023 at 00:14

    La foto che preferisco di questo periodo è quella che la ritrae soggetta nella vasca da bagno di Hitler, come a sminuirne l’autorità e a lavarsi via i peccati e l’orrore da lui lasciato, per rappresentare il candore( ipotizzato) del periodo che avverrà dopo.

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  62. Eleonora Marchetti   31 Gennaio 2023 at 10:42

    Theodore Miller è uno stimato ingegnere della provincia americana che coltiva l’hobby di un’arte nuova, la fotografia. È una fredda mattina di dicembre del 1915 quando chiede alla figlia di posare per uno scatto artistico e inusuale. Elizabeth, detta Li-Li, ha solo otto anni e acconsente divertita a farsi riprendere nuda, incorniciata da un paesaggio innevato da brividi. C’è qualcosa di scabroso e di insolito in questa foto, che non rientra nella rassicurante tradizione degli album di ricordi familiari. Eppure lo sguardo di Elizabeth non tradisce imbarazzo né pudore. Lei seguirebbe il padre ovunque, è il suo eroe, e partecipa sin da piccola agli incantesimi della camera oscura, dove prendono vita le immagini che il padre coglie con la sua scatola magica.

    Elizabeth ancora non sa che l’intimità di quel luogo buio si trasformerà in una piacevole consuetudine per la sua creatività surrealista. È la scienza la religione impartita da Theodore ai figli, ma l’immensa fiducia che l’ingegner Miller nutre nei confronti del progresso non è stata di nessun aiuto davanti al danno che la figlia ha subito un anno prima di quel gelido mattino di dicembre. Un amico di famiglia ha abusato di Elizabeth: il male irrompe come una maledizione nella sua vita. Il padre seguita a fotografare Li-Li, sperando, con la bellezza delle immagini, di cancellare “il danno”, ma sa che, dietro l’aspetto incantevole, quella figlia bellissima cela un malessere a cui non può porre rimedio con le sue conoscenze scientifiche. Con l’intento di risarcirla per le sofferenze subite, Theodore le concede la libertà di scegliere l’esistenza che preferisce: quale altra cura può esserci, per una ragazza così speciale? Un’opportunità rara e insolita anche per i nostri tempi cosiddetti emancipati, che però ai primi del Novecento era quasi inaudita. Così Elisabeth, conservando il proprio dolore in un luogo segreto e invalicabile, deciderà di non rinunciare mai alla libertà e di inseguire i propri sogni con un’audacia che ancora oggi non finisce di meravigliarci
    La sua vita, meglio ancora, le sue mille vite, hanno percorso il Novecento incarnando sempre lo spirito del tempo in modo straordinario.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   17 Febbraio 2023 at 19:39

      Complimenti per la tua interpretazione psicologica. La relazione “fotografica” con il padre suggerisce gli esiti che hai descritto molto bene. Ovviamente anche la violenza subita dall’amico di famiglia ha certamente lasciato tracce inconsce che possono aver complicato la sua vita sentimentale.
      Ma non bisogna dimenticare che gli anni venti del novecento assomigliano un po’ ai sessanta, ovvero al periodo in cui il corpo e il desiderio che lo sostiene,ha reclamato una regolazione diversa…più libera voglio dire, non solo riguardo al sesso ma anche nei rapporti professionali e di amicizia. Soprattutto le giovani americane di buona famiglia, arrivate in Europa, scandalizzavano i benpensanti per il loro anticonformismo. Lee Miller è stata certamente una protagonista in questa lotta per emanciparsi da una società paternalistica. Lo ha fatto a suo modo, senza fanatismi ideologici, mettendoci regolarmente la faccia.

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  63. luigi lupini   31 Gennaio 2023 at 12:23

    Lee Miller era una donna senza dubbio molto forte e per certi versi mi ci rispecchio, anch’io sono molto appassionato alla fotografia, vivere in un periodo come quello rappresenta per me un vero e proprio incubo e lei è riuscita a farsi strada in un mondo del genere, sicuramente la bellezza dei suoi scatti è dovuta dalla fatica e dall impegno che ha dovuto mettere vivendo in quel periodo

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  64. Cecilia LABA   1 Febbraio 2023 at 18:56

    Lee Miller fu una donna di tale bellezza che avrebbe potuto guadagnare tramite essa apparendo sulle riviste, ma decise di usare questa sua qualità per rompere gli schemi, infatti negli anni 30 quando l’America aveva una mentalità piuttosto bigotta prestò il suo volto per pubblicizzare degli assorbenti creando molto scandalo. Era quindi una donna indipendente che non si lasciava influenzare dal parere altrui, sempre artefice delle sue decisioni e coraggiosa, non si lasciava intimorire da ostacoli esterni e per questo l’ammiro molto.

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  65. laura rontini LABA   2 Febbraio 2023 at 12:03

    Lee Miller nel corso della sua vita ha dato senz’altro un importante contributo alla fotografia.
    Lei era una donna fuori dall’ordinario, amava la libertà ed era determinata ad ottenerla.
    Lee voleva per sé le stesse prerogative degli uomini e grazie alla sua bellezza e alla sua sensualità riuscì ad ottenere quello che desiderava.
    In poche parole era una donna cosciente del potere del proprio fascino, una donna dalla curiosità esplosiva che nel corso della sua carriera, non ha mai perso la propensione a cogliere nel reale visivo un punto di vista surrealista.

    La qualità del suo lavoro come reportage di guerra è stupefacente.
    Nessuno eguagliò l’enorme numero di scatti che lei riuscì a riprendere nelle situazioni più estreme, a volte anche mettendo a rischio la sua vita; ma sembra che niente potesse fermare Lee da un’insaziabile sete di documentare da vicino la crudeltà e l’orrore del nazismo e della guerra e questo è una cosa che ammiro molto.
    Non tutti avrebbero avuto il coraggio di documentare in prima linea la brutalità della guerra.

    Un’altra cosa che ammiro di questa grande artista è il suo desiderio di purificazione dall’orrore attraverso l’arte, come si vede nell’opera della vasca da bagno, che personalmente avevo già analizzato alla scuola superiore. L’opera mi ha subito colpito perché mostra la sua sfrontatezza e tutti gli ideali di Lee.

    In conclusione, nonostante la sua vita amorosa movimentata e i suoi viaggi continui, il lavoro di Lee come artista, fotografa, modella e reporter di guerra è stupefacente, soprattutto tenendo conto del ruolo delle donne dell’epoca e della sua lotta continua con il tentativo di fare concorrenza ai suoi colleghi uomini.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto cantoni   3 Febbraio 2023 at 11:27

      Ben scritto sia dal punto di vista micronarrativo e sia per l’interpretazione delle esperienze creative che LM inanellò durante la sua vita.

      Rispondi
  66. Sebastiano Zanon   7 Febbraio 2023 at 09:20

    Lee Miller è l’esempio per eccellenza di figura artistica femminile. Un percorso travagliato pieno di sfide e difficoltà, una vita colma di dubbi e incertezze, ma con una sola sicurezza: la passione per la fotografia. Ha girato il mondo, conosciuto persone iconiche e documentato avvenimenti storici in maniera talmente spinta che sembrano irreali. Le sue foto portano al mondo odierno delle immagini fondamentali per lo sviluppo dello studio della fotografia, ma questa donna verrà ricordata sicuramente più come persona carismatica e piena di se, pronta a superare ogni muro che le si ponga davanti.

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  67. A.M Laba   9 Febbraio 2023 at 18:55

    Ho trovato questo articolo molto interessante.
    Mi è piaciuta l’audacia e la determinazione che Lee Miller ha avuto e, anche se non concordo con alcune sue scelte, penso che sia stata una donna molto forte per tutto quello che ha dovuto superare.
    In più, penso che non sia discutibile il fatto che abbia deciso di smettere con la fotografia, nonostante siano veramente belli i suoi lavori facendo vedere quello che è successo durante la guerra.

    Rispondi
  68. A.M. Laba   9 Febbraio 2023 at 18:57

    Ho trovato questo articolo molto interessante.
    Mi è piaciuta l’audacia e la determinazione che Lee Miller ha avuto e, anche se non concordo con alcune sue scelte, penso che sia stata una donna molto forte per tutto quello che ha dovuto superare.
    In più, penso che non sia discutibile il fatto che abbia deciso di smettere con la fotografia, nonostante siano veramente belli i suoi lavori facendo vedere quello che è successo durante la guerra.

    Rispondi
  69. Weronika Andretta   15 Febbraio 2023 at 18:25

    La vita di Lee Miller è stata molto interessante ma triste a mio avviso. Non è stata solo molto talentuosa ma anche molto fortunata ad essere scoperta che l’ha portata da una cosa all’altra, portandola dalla modellazione all’arte del surrealismo, poi alla fotografia, alla recitazione teatrale, al giornalismo. Tuttavia la sua bizzarra infanzia è ciò che probabilmente l’ha trasformata in una donna promiscua e insoddisfatta che l’ha portata non solo a bere molto, ma l’ha anche attratta e intorpidita dagli orrori della seconda guerra mondiale e nei suoi orrendi campi di concentramento. Il suo torpore le ha anche impedito di dedicarsi a un solo uomo con il risultato di diverse relazioni occasionali, che probabilmente si sono aggiunte ai suoi sentimenti di disperazione quando ha scoperto che l’infedeltà era praticata anche dall’uomo con cui ha trascorso il resto della sua vita.
    Questa articolo è stato una lettura molto interessante, sulla vita di una donna molto bella, abbastanza femminista per la sua epoca, carismatica. Tuttavia la sua vita aveva un lato molto oscuro e solitario, che a volte trovavo piuttosto inquietante. Non c’è dubbio che Lee Miller abbia avuto una vita interessante e abbia sfruttato al meglio la mano che le è stata data.

    Rispondi
  70. Giulia Cantoni   19 Febbraio 2023 at 14:03

    Nel 1911 Gustave Flaubert pubblicò il libro: “Dictionnaire des idées recues” in cui raggruppava in maniera enciclopedica tutti i luoghi comuni diffusi nella società parigina; un clichè che persisteva al tempo della Miller era quello per cui “una donna artista può essere solo una Sgualdrina”.
    Sfatare certe convinzioni non è tuttavia mai facile, soprattutto se provi a farlo quando sei anche una delle donne più affascinanti del tuo tempo.
    A soli 7 anni venne violentata, un episodio traumatico che lasciò indubbiamente una ferita indelebile nella sua giovane vita e che influenzerà crescendo anche la sua visione dell’amore.
    Nonostante ciò, la passione per la fotografia nata fin dai primi anni della sua vita per merito del padre crebbe e la portò lontano, grazie anche al suo talento, senza dimenticare la sua visione surrealista delle cose.
    Il compenso che riceveva d’artista non era alla pari della sua bravura, veniva apprezzata perlopiù per l’unicità della sua bellezza, che la portò a diventare grazie alla rivista Vogue una delle modelle più apprezzate d’America e un’icona di stile.
    Ma nonostante la mentalità di quel tempo e la disparità di genere, per Lee Miller era importante sentirsi libera ed indipendente e vivere la propria vita senza sentire sulle sue spalle femminili il peso continuo di certi dogmi da rispettare, ed esprimersi attraverso il proprio talento, dedizione e dalla sua continua fame di sfide.
    Penso si possa tranquillamente affermare che rappresenti una delle donne più ammirate del suo tempo, dal suo grande spirito di ambientazione, temeraria anche nelle situazioni più difficili ed estreme, come la guerra, documentando continuamente la grande tragedia e mostrando al mondo il vero volto dei nazisti come nel famoso reportage dai lager di Buchenvald e Dachau, nei quali per prima si recò per documentare l’orrore che il nazismo aveva causato.
    Fotografa gli ospedali di guerra, le SS morte nei canali, i campi di concentramento e cattura addirittura le struggenti immagini di bambini morenti. Ed è l’unica reporter che riesce a documentare l’assalto alla fortezza di Saint Malo.
    Sono rimasta piacevolmente sorpresa di conoscere la storia di questa donna e la considero un simbolo di libertà; grazie al suo esempio possiamo capire quanto sia importante non accontentarsi mai nella vita e lottare per ciò che ci fa sentire vivi.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   19 Febbraio 2023 at 17:21

      Divertente e indovinato l’inizio con la citazione di Flaubert. Ma la data di pubblicazione del libro che citi non mi torna. Il grande scrittore francese morì nel 1880. Quindi le parole che citi doveva averle scritte prima. Alcune sue opere furono pubblicate postume, come il Dizionario dei luoghi comuni. Flaubert era famoso. Il suo editore non attese certo il 1911 per pubblicare gli inediti. Sul resto del tuo commento non posso che essere d’accordo. Bel finale.

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  71. Martina Ceccaroli   20 Febbraio 2023 at 09:57

    Sono rimasta particolarmente colpita dalla storia di Lee Miller.
    La fotografa e modella è stata sicuramente simbolo dell’emancipazione femminile grazie al suo carattere forte e alla sua vita piena di sofferenze.
    Ammiro il fatto che abbia portato avanti la sua carriera non per il piacere del pubblico ma per sua ambizione personale.
    Osservando le immagini scattate a Lee Miller emerge dallo sguardo un misto di sensualità e tenerezza che si contrappone al carattere complesso, tenace e indipendente della donna.
    Aveva un desiderio irrefrenabile di conoscere, viaggiare e sperimentare.
    Nonostante siano passati molti anni dalla sua morte, ancora ad oggi le sue fotografie vengono ricordate e apprezzate rimanendo impresse negli occhi di chi le osserva.

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  72. Federico Balboni   20 Febbraio 2023 at 16:32

    Trovo Lee Miller una visionaria e anticonformista, sicuramente non ha avuto un infanzia e una vita normale e felice, tra stupri e scandali come la pubblicità di assorbenti nel 1928 o la foto scattata nella vasca di Hitler, lei però non si è mai lasciata abbattere dal parere che aveva la gente su di lei, ma questo secondo me l’ha portata ad evolvere quel pensiero e quella voglia di stravolgere le convenzioni sociali degli anni 20, e ci riuscì benissimo, grazie al suo coraggio alla sua bellezza e determinazione, perché non è facile andare via di casa a 18 anni.
    Aveva la passione per la fotografia trasmessa dal padre fin da quando era piccola e quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Lee scelse di scendere in campo come reporter per fotografare gli orrori della guerra, tra tante cose documentò anche la liberazione di Parigi, la battaglia dell’Alsazia, l’incontro fra le armate americane e russe e anche l’orrore dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald.
    Una delle fotografie che mi ha colpito di più è sicuramente la foto che la ritrae mentre si fa il bagno nella vasca di Hitler, come per lavarsi via gli orrori visti nel campo di concentramento di Dachau citato prima.

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  73. Atena Tomasetti   21 Febbraio 2023 at 19:20

    Non conoscevo Lee Miller ma guardando i suoi scatti mi rendo conto di averne già visti alcuni, ha una storia sorprendente quanto triste e difficile, piena di traumi e difficoltà, ma nonostante ciò si è sempre trovata un’altra strada da seguire, come quando dopo lo scandalo della pubblicità degli assorbenti decise di intraprendere la carriera di fotografa seguendo la passione e le orme del padre.
    E’ importante ricordarla per le sue foto ma soprattutto per la sua vita, prenderla come esempio per aver avuto il coraggio di cambiare carriera, aver affrontato uno stupro, i tradimenti e la guerra, è stata una donna forte e decisa.

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  74. Rebecca Ferri   28 Febbraio 2023 at 15:10

    Prima di leggere questo articolo non avevo mai sentito parlare di Lee Miller, trovo la sua storia particolarmente interessante anche se molto triste e ardua. Lee Miller è stata sicuramente una donna che ha dovuto lottare tanto per farsi valere, come probabilmente molte donne in quel periodo. E’ rilevante da ricordare soprattutto perchè fu la prima donna reporter di guerra che documentò gli orrori dei campi di concentramento liberati dalle truppe americane. Non ho mai avuto l’occasione di vedere la mostra di cui si parla in questo articolo tuttavia andando a documentarmi su internet, sono rimata molto colpita da molte sue fotografie, principalmente da quella dove viene raffigurato Hitler all’interno di una vasca nel suo appartamento di Monaco dove Lee Miller ebbe l’occasione di entrarvi e approfittare del bagno del Fuhrer per ripulirsi dallo sporco di Dachau.

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  75. Nicola Emiliani Laba   3 Marzo 2023 at 16:28

    Lee Miller è stata senza dubbio una donna rivoluzionaria, ha saputo proteggere ed esaltare la sua femminilità in un mondo maschilista, spiccando su tutti.
    A darle coscienza di sé stessa e farle comprendere il proprio valore sicuramente il suo passato inusuale ha giocato un ruolo chiave, in quanto fu abusata sessualmente e ritratta più volte nuda dal padre. Quindi nonostante un passato molto complesso è riuscita a non farsi abbattere ed anzi ha avuto la capacità di diventare chi è proprio partendo da questo, ha saputo inseguire i suoi sogni fino a raggiungerli in maniera brillante.
    Intraprende così la sua carriera da modella per Vogue in cui grazie alla sua bellezza riesce a sedurre chiunque la guardasse, ma nemmeno questo bastò a placare i suoi desideri e decise di immergersi in un percorso ancora distante dal mondo femminile, quello della fotografia ed infatti afferma di preferire fare foto invece che essere fotografata. Così grazie a Man Ray inizia la carriera da fotografa fino ad arrivare all’apice della sua carriera (secondo il mio punto di vista) dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, dove sarà anche la prima foto reporter femmina ad entrare in un campo di concentramento dopo la guerra. In questi scatti non si limita a fotografare ciò che accadeva ma ritrae gli orrori della guerra attraverso fotografie che possiamo definire anche fuori dall’ordinario ma con un grandissimo potere di trasmettere un messaggio forte e chiaro, di contrarietà a ciò che stava accadendo, e al tempo stesso rendere piacevole una realtà atroce come quella della guerra.

    La storia di Lee Miller è ricca di alti e bassi, gioia e sofferenza ma nonostante questo lascia un messaggio positivo, un messaggio di rivendicazione del valore della donna in anni difficili come quelli, di far sentire la sua presenza in un mondo ostile grazie a coraggio e ovviamente volontà d’animo.

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  76. Martina   7 Marzo 2023 at 09:43

    Le fotografie di Lee Miller offrono una visione unica e affascinante del mondo della moda degli anni ’20 e ’30 del XX secolo. Miller ha lavorato come modella per Voque e altri importanti marchi di moda dell’epoca, e la sua esperienza nel settore si riflette nelle sue fotografie.
    In particolare, le sue immagini di moda sono caratterizzate da una forte attenzione ai dettagli e alla composizione, e mostrano spesso modelli in pose insolite. Le sue fotografie offrono una visione fresca e innovativa della moda dell’epoca, che sfida le convenzioni e le aspettative.
    Le fotografie di Lee Miller offrono una visione affascinante e innovativa del mondo della moda degli anni ’20 e ’30, ma vanno ben oltre questo ambito. La sua abilità nel creare immagini potenti e suggestive si riflette in ogni foto, indipendentemente dal tema trattato.
    Le sue fotografie di guerra documentano gli orrori del conflitto in Europa, offrendo una testimonianza toccante e cruda della condizione umana durante uno dei momenti più difficili della storia.
    Le fotografie di guerra di Miller documentano anche l’evoluzione della moda durante la Seconda Guerra Mondiale, mostrando come la moda abbia subito cambiamenti e adattamenti in risposta ai cambiamenti delle condizioni storiche e sociali.

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  77. Manila P   7 Marzo 2023 at 18:35

    Lee Miller è stata stata tante cose nella sua vita e la sua vita è tanto emozionante quanto triste; è stata una tra le modelle più belle e apprezzate nell’ambito della moda, attrice, fotografa, reporter, e musa per alcuni dei più importanti artisti surrealisti, come Man Ray con qui ebbe anche una relazione, così come con Roland Penrose, un fotografo con qui ebbe un figlio, Antony Penrose, lo stesso che oggi ripropone la figura della madre in delle mostre in giro per il mondo, per non far dimenticare mai la Donna che al di la della bellezza è stata soprattutto un simbolo della lotta all’emancipazione femminile. Era una donna che viveva di una forte trasgressione, libertà e un pensiero che non erano sicuramente comuni nei primi anni del 900.
    Non conoscevo Lee Miller, e guardando alcune opere in cui è stata fotografata, sicuramente quella più “importante” in fatto di storia e quella che più ho trovato affascinante ma allo stesso tempo un po’ tetra è la famosa fotografia nella vasca da bagno di Hitler, che va a significare l’entrata degli alleati nel campo di Dachau. Lee Miller infatti vive proprio quegli anni di guerra e purtroppo quel periodo la segnò in particolare modo, facendola così cadere in un abisso di depressione che la portò persino all’alcolismo, ma nonostante questo continuò comunque a fotografare per qualche anno per “Vogue”. Riuscì però ad uscire dal malessere grazie soprattutto a Penrose e Man Ray, e ricominciò a fotografare e scrivere per “Vogue”.

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  78. Elisa B LABA   10 Marzo 2023 at 11:38

    Lee Miller mi ha lasciato senza parole, un viso così affascinante e aggraziato nasconde una personalità forte, curiosa e determinata. Essere costretta a vivere in una società così restrittiva pone maggiormente l’accento sul suo aspetto per le donne che la vedono come una musa espositiva, mettendo così la sua arte dietro le quinte. Il maestro fotografo ha dovuto lavorare così duramente per reggere il confronto in un tale ambiente che per tutta la vita è stata perseguitata da un trauma che l’ha resa la persona che conosciamo oggi.
    Ammiro la sua fotografia, la sua arte è assolutamente elegante e pulita, tutto è così perfetto. Ma Lee Miller ci mostra anche foto più provocatorie e dal significato più profondo, come quelle di Hitler nella sua vasca da bagno, foto scattate durante la guerra che mostrano una realtà molto più dura e fredda e difficile. Trovo quest’artista incredibile, ammiro il suo prendere decisioni alla costante ricerca di libertà e affermazione e sono molto contenta di aver scoperto quest’artista che si è guadagnata in poco tempo il mio rispetto e la mia stima. Era una rivoluzionaria di quei tempi ed è anche grazie a persone come lei, che ad oggi la situazione delle donne è migliorata rispetto ad anni fa, nonostante ci sia ancora un ampio margine di miglioramento

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  79. Alanis C. LABA   10 Marzo 2023 at 19:34

    Molto molto interessante l’articolo, mi ha tenuta attaccata allo schermo fino alla fine (avrei però aggiunto più foto).
    Lee Miller, che c’è da dire… ho cercato foto su internet ed è veramente bella. Leggendo l’articolo ho provato due sensazioni contrastanti: ammirazione e disprezzo. La ammiro molto per ciò che ha fatto, l’essere in grado e avere il coraggio di vivere la propria vita nella maniera in cui ci è stata raccontata dall’articolo è una cosa a dir poco difficile soprattutto contando il fatto che il periodo storico riguarda il ‘900, quindi con tutte le sue “chiusure mentali” e imposizioni sociali. Ammiro anche la sua arte (ho guardato alcune foto su internet) e la sua scelta di andare al fronte come fotoreporter di guerra, sono consapevole che ci vuole molta forza mentale. L’unica cosa che ho disprezzato è stata la sua libertà a livello sentimentale, ma questo semplicemente perché sono una persona diversa da lei e non rientra nella mia morale “usare” le persone come se fossero dei fazzoletti usa e getta. Comunque, leggendo, io giungerei alla conclusione (anche se non sono una psicologa) che questa sua indifferenza nei confronti delle relazioni sentimentali sia causata dal trauma dello stupro e da un certo punto di vista la capisco perché anch’io ho avuto dei “traumi” che mi hanno resa un po’ più insicura ma sto cercando di reagire.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   12 Marzo 2023 at 12:29

      La parola “disprezzo” è molto forte. È una emozione pretenziosa. Fa emergere dentro di noi un sentimento di superiorità che si nutre spesso di derisione per “altro” con punte di “disgusto”. Anche nelle sue espressioni più blande, pensa a un sorrisetto, a una smorfia, a uno sguardo dall’’alto in basso, a un voltarsi simulando indifferenza, il disprezzo sprigiona un senso di sufficienza verso l’altro; quindi direi, risulta provocatorio più che critico.
      Ora, a me non pare di aver narrato le vicende sentimentali di LM dando ad esse il senso di un usare le persone come fazzoletti. E non mi pare così biasimevole “la libertà a livello sentimentale”. Sono altresì convinto che spesso i comportamenti o le scelte di LM, lasciassero perplesse le persone a lei più vicine. Ma da quello che ho capito tutti finivano con amarla ancora di più. Perché? Probabilmente c’era un fondo di sincerità, di autenticità, di volizione che conferiva al suo modo di essere una strana, irritante a volte, bellezza, evidentemente foriera di un fascino del quale, le persone coinvolte nelle sue vicissitudini, non potevano o volevano farne a meno.

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  80. Chiara Benamati LABA   13 Marzo 2023 at 22:48

    Ora posso dire di aver conosciuto Lee Miller come artista , poichè avevo sentito parlare di lei solo perchè era l’assistente di Man Ray. Si può dire che Lee Miller abbia vissuto molti cambiamenti all’interno della sua vita , ed come se ad ogni cambiamento leggessi un’altra persona, ad ogni capitolo mi chiedevo “ ma sto leggendo sempre Lee Miller o qualcun’altra “ ; quest’artista mi ha trasmesso tanta determinazione, tenacia, voglia di esprimere come meglio poteva le sue idee senza doversi abbassare alla volontà della società di quel tempo o dalle ideologie , ma allo stesso tempo ci ho visto fragilità , il fatto di affrontare una vita continua di solo commenti sulla sua reale bellezza e non sul lavoro da fotografa deve essere stato difficile ,dato che non era vista di buon occhio , questo ne deriva secondo me la voglia di cercare protezione che ha trovato per un periodo di tempo in suo marito Azis ; ma di questo voglio parlarne dopo .
    Possiamo dire che Lee Miller era una donna con i cosiddetti attributi ? Assolutamente si; questo lo si può dedurre da molti fatti , partendo dallo stupro avvenuto alla sua giovane età che ovviamente lasciò delle tracce nel suo sviluppo non solo artistico ma anche umano ; questo evento la caratterizzò così tanto da cambiare nome che ho scoperto essere Elisabeth Miller a Lee Miller , un nome senza genere quasi neutrale.
    Andando avanti nella sua giovane età da quando si trasferì a Parigi ha occupato posizioni contrastanti, apprezzata per la sua bellezza ma messa in ombra da chi era più bravo di lei , mi riferisco ovviamente a Man Ray ; Lui la assunse come assistente di camera oscura , da lui apprese molto questo sicuramente, ma da sola riusciva a farsi valere tanto che molti ritratti che lei fece vennero firmati comunque da Man Ray , forse per paura che lei potesse superarlo ? come si dice” l’allieva supera il maestro”.
    Una volta tornata a New York conobbe Azis e qui approfondisco il discorso della fragilità accennato prima. Lei cercava protezione per riuscire a spalleggiare tutti coloro che non la consideravano artista , e Azis le ha dato modo, allontanandosi da New York per ritrovarsi in Cairo abbandonando la fotografia, per un periodo stette bene ma la sua voglia di essere libera prevalse la paura , la fragilità e quindi si ritrovò a Parigi e suo ormai ex marito Azis la lasciò andare , ed è a Parigi che conobbe Roland , in lui trovò la protezione che cercava di fatti ritrovò se stessa avvicinandosi di nuovo alla fotografia di moda , fino a quando non scoppiò la guerra .
    Qui la sua vita cambiò diventando fotoreporter ,abbandonando quello sguardo surrealista che l’aveva categorizzata fino a quel momento , voleva mostrare le atrocità e come fece poi anche Margaret Bourke White , mostro fotografie molto crude, di vita vera , ma questo la portò ad una depressione, quello che la salvò fu di nuovo la fotografia moda , fino a che decise completamente di abbandonarla dedicandosi ad altro.
    Apro una parentesi prima di concludere , ho notato come dopo ogni cambiamento ricominciasse sempre dalla fotografia di moda , come se dovesse ogni volta ricominciare da dove era partita.
    Concludo questo commento dicendo che capisco questa donna , quindi ne comprendo la voglia di essere determinata, capisco la paura di innamorarsi , capisco il suo modo di essere libera, e capisco il suo essere artista coraggiosa, vogliosa di dire la propria opinione e di dimostrare realmente che una donna del 900 poteva essere quello che voleva senza pregiudizio.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   14 Marzo 2023 at 09:08

      Chiara, devi considerare che la fotografia di moda e commerciale era l’unico modo per autofinanziarsi ed avere un minimo di indipendenza economica. Le foto cosiddette artistiche non credo avessero un grande mercato. Figuriamoci i paesaggi. Forse i ritratti di chi desiderava essere immortalato da un fotografo famoso generavano profitti. Ma le opportunità che davano periodici come Vogue in quel periodo erano, nel campo fotografico, veramente notevoli.

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  81. Daniela M.   13 Marzo 2023 at 22:57

    Uno dei personaggi che incarnano al meglio gli ideali di libertà, coraggio e indipendenza è sicuramente Lee Miller, una donna che voleva realizzare a tutti i costi le proprie passioni e i propri sogni. Amante della libertà, Lee Miller è la rappresentazione completa della donna che non voleva seguire le regole che la società le imponeva, rivendicando ostinatamente alcune prerogative tipicamente maschili per l’epoca.
    Secondo me, dato il suo carattere, è naturale pensare che decida di avvicinarsi allo stile di vita bohémienne tipicamente parigino, e proprio per questo suo modo di vivere sopra le righe il suo valore artistico da fotografa passa spesso in secondo piano.
    Fu proprio a Parigi, che realizzò il suo scopo di apprendere tutto sulla fotografia avvicinandosi a Man Ray, diventandone la sua assistente e musa. Concordo che i suoi lavori di quel periodo abbiano una grande influenza dovuta allo stile surrealista di Man Ray, ma comunque penso sia scontato sottolineare la diversità degli scatti fotografici; sostengo infatti che un importante differenza sia già determinata dalla personalità stessa dei due fotografi. Durante questo periodo di collaborazione è esilarante pensare che, nonostante Man Ray sia stato follemente innamorato di lei, decise comunque di firmare a suo nome i lavori di Lee Miller, lasciando intravedere che nonostante lui fosse entusiasta e stimasse lei, aveva comunque il timore che potesse diventare più conosciuta e apprezzata di lui; classico comportamento di artisti e fotografi maschili del periodo, che consideravano gli scatti di Lee Miller un misero tentativo di riproduzione dei loro lavori (soprattutto nell’ambito della moda). Sostanzialmente vedevano lei come un oggetto di bellezza e presenza, ma a livello lavorativo non la stimavano affatto, che secondo il mio parere è una condizione ancora attuale ai giorni nostri.
    Nell’ambito delle relazioni che Lee Miller ebbe a livello artistico e non, mi piace associarla alla figura della Femme Fatale poiché, grazie anche alla sua bellezza, riusciva ad arrivare ad ogni uomo che la potesse aiutare nel raggiungimento dei propri scopi. Non escludo il fatto che sia stata anche una grade fotoreporter di guerra, e trovo i suoi lavori molto affascinanti, nonostante ciò sono rimasta maggiormente colpita di come lei sia riuscita a spiccare in un ambiente in cui per una donna era difficile affermarsi e riscuotere successo, e ammiro come sia riuscita a mantenere una coerenza nel raggiungimento dei suoi obiettivi senza farsi fermare dagli avvenimenti che le sono capitati nel corso della sua vita.

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  82. Filippo C.   14 Marzo 2023 at 08:25

    Articolo davvero interessante per conoscere la vita di Lee Miller.
    Lee Miller è stata una donna che, nonostante il suo passato caratterizzato da traumi personali, è riuscita nell’intento di realizzare i suoi sogni. Secondo me, aver lavorato a stretto contatto con Man Ray è stato importante, perché le ha dato anche modo di dare un stile più personale ai lavori che realizzò più tardi.

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  83. Lamberto Cantoni
    Lamberto Cantoni   14 Marzo 2023 at 08:55

    Stimata Daniela, ho apprezzato il tuo commento. Permettimi di dirti che in alcuni passaggi hai forzato un po’ l’interpretazione. Una femme fatale non va in prima linea a fotografare gli orrori della guerra; non rinuncia ad esibirsi come supermodel per passare ore e ore nella camera oscura. È vero, riguardo Man Ray ho congetturato ambivalenza degli stati emotivi. Tuttavia credo che se molte opere appartenevano idealmente ad entrambi, è ragionevole che la firma spettasse al maestro. Posso aggiungere una mia ulteriore congettura: soprattutto quando era giovane LM era determinatissima all’inizio (a raggiungere l’obiettivo del momento),ma poi qualcosa dentro di lei cedeva; penso mancasse di autostima. I sintomi che potrebbero rendere plausibili le miei parole sono il suo violento bisogno di viaggiare, di azione, di feste, di nuovi incontri etc.

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  84. Nicole Milani   14 Marzo 2023 at 11:55

    Se dovessi trovare poche parole per descrivere la vita di questa grande donna non sarei in grado, in quanto talmente ricca di cambiamenti che sembra averne vissute più di una.
    Una cosa certa è che bisogna ringraziare il padre se ad oggi è considerata una delle più importanti fotografe.
    È proprio grazie a lui che Lee si avvicinò alla fotografia e non la abbandonò mai riuscendo ad affermarsi grazie alla sua tenacia e perseveranza.
    Nonostante ciò bisognerebbe indagare in maniera approfondita sul rapporto con la famiglia e l’ambiente che la circondava per capire la sua personalità e le sue scelte di vita.
    Perché di sicuro gli eventi che l’hanno portata a essere la persona e l’artista che è diventata risiedono nell’infanzia e uno tra questi a noi noto è lo stupro da parte di un amico di famiglia.
    Un vero e proprio trauma soprattutto per l’età, impossibile da dimenticare.
    Da queste tragedie riuscì però nel suo rapporto con gli uomini successivi a trarre dei benefici sul piano professionale, delle nuove esperienze di vita che la arricchissero e la stimolassero sempre e non a chiudersi totalmente verso il genere maschile.
    Questo comportamento denota una grande forza e grande coraggio.
    Fin da modella portò avanti dei concetti che ancora oggi la contraddistinguono, tra cui la libertà e la rivoluzione.
    Fu la prima donna a prestare il volto per una campagna pubblicitaria per assorbenti e all’epoca parlare di mestruazioni era un tabù.
    Da modella appassionata alla fotografia diventò assistente ufficiale e amante di Man Ray.
    Lei fondamentalmente riuscì nel suo intento ovvero diventare una fotografa completa e autonoma quindi poi decise di cambiare vita un’altra volta e lasciarlo aprendo uno studio e dedicandosi alla moda.
    Dal punto di vista artistico si dedicò al surrealismo per evadere dal reale forse per gli eventi che l’hanno segnata durante la sua giovane età, si appoggiò proprio al maestro del surrealismo fotografico.
    Purtroppo però le foto sono firmate solo da lui per l’epoca in cui viveva, nonostante gran parte siano state scattate da lei e abbia inventato anche la scolarizzazione grazie a un errore in camera oscura.
    Si stancò presto della moda e decise di seguire un egiziano che si era innamorato di lei in Egitto e continuò a fotografare paesaggi completamente diversi da quelli di New York o Parigi.
    Altri uomini seguirono a lui tra cui il suo ultimo marito e padre di suo figlio.
    Dalle fotografie paesaggistiche surrealiste passò al reportage della guerra abbandonando il surrealismo per rappresentare gli orrori del nazismo.
    Riuscì addirittura ad entrare nella casa di Hitler e fotografarsi nuda nella sua vasca per rivendicare i suoi diritti e affermarsi come donna fotografa.
    Si ammalò poi di depressione anche se penso che questa continua voglia di cambiamento derivasse dalla fuga di una depressione già esistente e da un’infelicità di fondo.
    Lee Miller ha vissuto le sue mille vite non fermandosi mai ,combattendo i pregiudizi dell’epoca e le convenzioni sociali, proprio per questo è da considerare una grande rivoluzionaria ed estremamente attuale assolutamente da ricordare.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   15 Marzo 2023 at 08:22

      Sì, sono d’accordo con Nicole: il rapporto con il padre potrebbe aiutarci a comprendere alcuni degli aspetti del carattere di LM. aldilà della familiarità con l’atto fotografico, divenuto una delle sue passioni. A tal riguardo posso solo fare riferimento a ciò che racconta il figlio Antony nella biografia che dedicò alla madre. Mi sorprende e mi insospettisce il sostanziale silenzio sulla madre. Ma, lo ripeto, non ho informazioni sufficienti e dunque mi fermo qui. Non ho molte simpatie per parole come “rivoluzione”, ma nel caso di LM credo sia spesa bene.

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  85. Luca Mastrovincenzo   18 Marzo 2023 at 12:06

    La vita di una persona come Lee Miller può sicuramente dare grandi stimoli, travagliata e colma di vicissitudini che avrebbero stroncato la carriera a chiunque. Infatti solamente leggendone alcuni tratti trasmette un forte senso di resilienza e di forza. La ricerca di libertà e di indipendenza della Miller, la ritrovo soprattuto nel suo percorso da reporter di guerra, da cui sono scaturite fotografie che mi hanno colpito molto. In particolare ne ho trovata una in cui sono presenti due soldati americani che osservano un cadavere, che si trovava dentro un vagone di un treno. La foto colpisce per l’espressione facciale dei soldati, ma anche per il modo nel quale la foto è stata scattata, infatti la Miller si dovette posizionare nel vagone tra i cadaveri in decomposizione.
    Un’altra fotografia, scattata a Dachau, è quella nella quale vi è una ammasso di corpi, che si intrecciano tra loro. Il motivo è dato dalla capacità della Miller di manipolare lo sguardo allo spettatore, confrontando i vari dettagli dei corpi in oggetto, fino a farlo cadere su un volto insanguinato di un cadavere, al centro della fotografia. Questo aspetto da lei provocato è dovuto anche dal fatto che l’uomo sia per natura attratto dalle immagini di distruzione e morte, al pari delle immagini di nudo. Questo concetto l’ho ripreso dalle parole di Susan Sontag, la quale dice che l’appetito per l’immagini che mostrano corpi in sofferenza sia quasi forte come quelle di corpi nudi.

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  86. Anita Migani   18 Marzo 2023 at 20:34

    Sono rimasta piacevolmente affascinante e ispirata dalla figura di quest’artista, che, al di là del genio creativo, è stata in primis una donna con il coraggio di vivere stando alle sue regole, prioritizzando le proprie necessità e desideri. Ed è ammirevole come dall’esigenza di un uccello ingabbiato da una società, bigotta e profondamente patriarcale, possa nascere la la massima espressione di uno spirito libero dalle inibizioni, che esprime con violenza, in maniera assolutamente concisa e inconfondibile, la sua arte. Nonostante la straordinaria e insolita vita che lei ha avuto l’accortezza di illustrare, avrei desiderato un focus sull’influenza che il suo vissuto ha avuto sull’artista che è diventata, con approfondimenti su alcune sue opere, che nell’articolo rimangono di sfondo. Vorrei conoscere gli scatti come conseguenza delle sue esperienze per poter cogliere a pieno la sua essenza artistica.
    Detto ciò le fotografie descritte risentono dell’influenza dell’artista e suo maestro Man Ray che, nonostante la loro relazione controversa, ha avuto un’importante influenza a livello artistico su Lee Miller, indirizzandola verso uno stile che quest’ultima coglie alla perfezione, facendolo suo, con la sua inquietudine e curiosità verso il mondo.
    Trovo riprovevole come Man Ray (che rimane solo un uomo tra tanti con questa modalità di pensiero) abbia cercato di imprigionarla, preso dalla mania di potere e possesso. Un uomo che desidera di ingabbiare l’unico uccello che ama il selvaggio, solo per potersi sentire padrone di qualcosa che non voleva essere un possedimento per nessuno. Povero illuso.
    E mi intristisce pensare che una donna con tale potenziale abbia dovuto cercare supporto in molteplici mariti e amanti, non solo per poter essere presa seriamente nel suo lavoro di artista, ma anche per potersi sostenere economicamente. Lee Miller viene descritta come una donna che vive all’insegna delle frivolezze, che non vuole stabilità e che sicuramente non aspira alla tipica vita matrimoniale come tradizionalmente concepita. Ragionandoci sù probabilmente questo non è frutto di un qualche trauma infantile o una visione distorta dell’amore, ma di una completa, assoluta e necessaria dedizione all’arte, l’unica cosa in cui risiede il suo amore, l’unica cosa che possiede realmente il suo corpo e il suo spirito.
    Riservo la speranza che se lei avesse avuto la possibilità di nascere in epoca odierna, nonostante le difficoltà che ancora oggi caratterizzano il percorso di vita di una donna, sarebbe riuscita a spiccare per il suo talento effettivo senza appoggiarsi su uomini come Man Ray. Ho trovato estremamente interessante lo scatto di David Sherman, raffigurante Lee Miller intenta a farsi un bagno nella vasca di Hitler. Ammiro la delicata violenza con cui affronta un tema così forte e apprezzo anche la sua interpretazione riguardo le motivazioni dello scatto. Il purificarsi dell’artista dagli orrori della guerra davanti a colui che ne è l’artefice arriva con un impatto forte e deciso e lascia sicuramente il segno.

    “I keep saying to everyone, ‘I didn’t waste a minute all my life’ – but I know myself, now, that if I had it over again, I’d be even more free with my ideas, with my body and my affection.” – Lee Miller.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   20 Marzo 2023 at 19:12

      Sei troppo spietata con Man Ray. Certo, io credo che inconsciamente la volesse ancora tutta per sé. Ne era innamorato, cribbio! Quando lei lo lasciò, andò giù di testa. Ma a me non risultano particolari cattiverie di Man Ray contro Lee. Probabilmente quando la incontrava in pubblico dava di matto, forse la cercava ossessivamente sperando di riconquistarla, forse cercava la rissa con i nuovi accompagnatori. Insomma, da maestro e amante si ritrovò imprigionato nella scomoda posizione di rompicoglioni. Bisogna capirlo. Ma se ne tirò fuori, riprese il controllo e sono sicuro che non aveva perso affatto la stima di Lee. Tieni conto che dopo aver superato il trauma della perdita è rimasto suo fedele e reverente amico per tutta la vita.

      Rispondi
  87. alessandra puggioni   19 Marzo 2023 at 17:50

    Lee Miller, fotografa, fotoreporter, modella di successo. Una donna fuori dall’ordinario, che amava la libertà. Una donna determinata al fine di rivendicare per sè, le prerogative degli uomini, che con i suoi scatti fotografici si possono cogliere eventi drammatici dovuti all’orrore che il nazismo aveva causato, ma ha anche evidenziato l emancipazione e le lotte femminili, tramite i suoi punti di vista.
    Ha saputo cogliere attraverso i suoi occhi, il “reale”, ovvero, ciò che esiste ripreso dall’obiettivo.
    La parola più adatta è “surreale”,quindi oggetti, situazioni, fatti che appaiono insoliti ma altrettanto inquietanti, tanto che la portarono ad appassionarsi ai soggetti surreali e metafisici, fino a partecipare al movimento surrealista, con le sue immagini argute ed umoristiche.
    Una donna nata agli inizi del ‘900, che nonostante le difficoltà che si presentavano in quel periodo, le problematiche e gli orrori dati dalla guerra, ha vissuto pienamente la sua vita facendo ciò che amava di più; trasmettendo ogni sua emozione, per chi guarda le sue foto e possa ammirarne ogni aspetto ripreso.

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  88. Beatrice Canè   20 Marzo 2023 at 13:13

    Lee Miller è stata una figura straordinaria nella storia della fotografia, ma anche come icona femminista e come figura di spicco della cultura e della società del XX secolo. Prima modella apprezzatissima, poi, stanca di essere vista solo come un modellino da esposizione, è stata una delle prime donne ad emergere come fotografe professioniste. La sua produzione artistica ha spaziato dal surrealismo al ritratto, al reportage di guerra e alla moda. Ha infatti lavorato per importanti riviste come Vogue e Harper’s Bazar, ha fotografato personaggi importanti tra cui Picasso e ha lavorato a fianco di Man Ray come allieva, musa e amante.
    La sua esperienza come corrispondente di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale, l’ha portata a fotografare scene di combattimento e atrocità. Il suo lavoro in questo campo lo si potrebbe paragonare a quello di Robert Capa e Margaret Bourke-White. Ciò che però la rende così unica è la sua capacità di combinare l’arte con il reportage, creando immagini che sono al tempo stesso belle e potenti, che raccontano storie umane. A tal proposito la si può essere paragonare a mio avviso, a Dorothea Lange, la quale ha documentato la Grande Depressione negli Stati Uniti, creando immagini di lavoratori migranti e di famiglie in difficoltà. Come Miller, la Lange ha utilizzato la fotografia come mezzo per raccontare storie umane, cercando di creare empatia e consapevolezza delle condizioni sociali del tempo, promuovendo la solidarietà umana.
    Conoscevo Lee Miller dal punto di vista artistico, ma le sue vicissitudini alquanto sconvolgenti non mi erano note. Lo stupro che ha subito da piccola da parte di un amico di famiglia è rivoltante, ma nonostante ciò non si è arresa nel cercare l’indipendenza e quei valori in cui credeva. Prima che artista, è stata una donna straordinaria, in grado di andare avanti e non guardarsi mai indietro. Amava la libertà e ha dimostrato una grande determinazione per una donna della sua generazione. E’ riuscita infatti, a farsi valere in una società maschilista, dove l’indipendenza e la creatività femminile erano argomenti impossibili da affrontare. Anche Man Ray, il suo maestro, temeva probabilmente la sua autonomia e l’eventuale successo, tanto che firmava a suo nome immagini scattate da Lee Miller. Dobbiamo quindi ringraziare il figlio Roland Penrose per mantenere vivo l’interesse per il lavoro della madre che ancora oggi ispira e influenza molti fotografi.
    Per concludere, c’è un parallelismo a cui ho pensato subito finito l’articolo e che mi preme fare: ovvero quello tra Lee Miller e la fotografa Vivian Maier. Sebbene di due epoche diverse (la prima dei primi anni del Novecento, la seconda dell’altra metà), entrambe hanno creato immagini potenti e significative. Anche Vivian Maier, come Lee Miller, ha avuto una vita piuttosto complicata, con problemi di salute mentale e difficoltà a trovare un stabilità lavorativa. Fotografe documentariste, interessate a catturare il mondo intorno a loro, con una forte attenzione ai dettagli e alle persone comuni, le loro fotografie erano diverse da quelle che si vedevano durante le loro rispettive epoche.
    Mi piace quindi pensare che Vivian Maier abbia ereditato e portato avanti lo spirito di Lee Miller, osservando il mondo con attenzione e sensibilità, mettendo in risalto la bellezza e la dignità delle persone comuni.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   20 Marzo 2023 at 18:50

      Vivian Maier da quando è stata riscoperta ha raccolto molti consensi. Non credo, relativamente alle opere, sia possibile un reale confronto. Troppo diverse. Forse Dorothea Lange poteva essere d’ispirazione a Vivian.
      A tal riguardo aggiungo che il tuo parallelismo tra Lange fotografa della grande depressione e Lee testimone oculare dei crimini nazisti è molto audace. Dorothea documentava la povertà, la miseria dando una sublime dignità alla gente in essa imprigionata. Lee in molte foto era durissima, nessuna pietà per i malcapitati nemici messi a fuoco dal suo obiettivo.

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  89. Alessia Tresente   21 Marzo 2023 at 15:20

    Donna di successo e di grande fascino, Lee Miller è diventata una delle grandi icone femminili più apprezzate nei giorni nostri, non solo nel campo della fotografia ma anche nella moda del tempo.
    Ella ha da sempre dimostrato un ammirevole coraggio e determinazione nel rivendicare i suoi diritti in ambito lavorativo e non solo, difendendo così la sua libertà di espressione, uscendo in tal modo dall’ombra di una negligente società patriarcale, dimostrando così un senso di rivalsa sull’insensato giudizio altrui.
    La sua trasgressività avvincente non è altro che un elemento positivo, capace di modificare quindi i preconcetti di una società opprimente ed è inoltre da rimirare la sua ragguardevole capacità di saper cogliere i rudimenti dalla precedenti esperienze e riuscire poi di seguito a cambiare prospettiva per mettersi “nei panni” della modella che sarà lei stessa a fotografare; di fatto è anche notevole, a mio personale parere, la sua capacità di sapersi districare (a mio avviso con estrema maestria) da un tema all’altro, che riguardi la moda, i paesaggi e tanto altro ancora, concedendo quindi alla sua espressione di essere flessibile da tale punto di vista.
    È ammirevole inoltre la scelta di voler denunciare apertamente e senza paura il nazismo, beffeggiando così anche la figura di Hitler in alcune delle sue celebri e interessanti opere, oltre che mostrare al mondo, senza alcun filtro, l’orrore della guerra.
    La sua interessante biografia, colma di colpi di scena amorosi ma anche di lati estremamente drammatici in tenera età, ci dà una definitiva spiegazione sul perché della sua freddezza e della sensazione di inquietudine nei suoi scatti, possibilmente dovuti al trauma della violenza subita quando era solo una bambina.
    Personalmente credo che sia un vero e proprio modello da seguire in quanto donna forte che ha rivoluzionato il metodo di percepire la fotografia stessa e il significato a cui essa è attribuito… una vera anima anticonformista che distrugge con grazia le regole pre-esistenti per crearne di proprie.

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  90. Giulia Marrapodi LABA   22 Marzo 2023 at 18:44

    Lee Miller ha un vissuto molto complicato, da piccola viene violentata da un amico di famiglia, per placare il trauma viene portata da un psichiatra, che per riuscire a calmarla le raccontò che tra l’amore fisico e l’amore che sognano tutti, c’è una distanza. Per tutta la vita conserverà il ricordo del dolore e del disonore sentendosi sporca, marchiata e umiliata.
    Lee Miller si presenta sulla scena della vita sociale particolarmente agguerrita per mettere in scena una delle performance femminili che hanno cambiato il modo di concepire la femminilità del novecento.
    Lee Miller avrebbe potuto dondolarsi sulla sua bellezza, guadagnare attraverso essa, vedere il suo volto su riviste, essere la compagna che affianca l’uomo con devozione. Lee invece, pur pagandone un prezzo, è stata una donna libera, non permettendo a nessuno che la rinchiudesse in una gabbia. Questa sua libertà viene dimostrata nelle sue scelte e nella vita che ha vissuto. Lee Miller sarà l’espansione fotografica di questa lotta.
    Ammiro la sua forte personalità, la considero una donna molto coraggiosa e sono affascinata dalle scelte che segue, soprattutto dai suoi comportamenti con gli uomini. Mi dà fastidio che essi si limitano a vedere la sua bellezza esteriore, non concentrandosi sul suo vero talento fotografico.
    Lee Miller, è stata una delle prime a lanciarsi in una iniziativa riuscendo a diffondere la sua idea, aprendo nuove possibilità di sviluppo, possiamo definirla la pioniera del surrealismo fotografico. Essa si è arruolata nell’esercito americano (la prima americana a entrare in un lager), ed è stata una tra le prime donne a indossare l’uniforme come fotoreporter. Un’immagine che ha un supremo gesto surrealista è Lee Miller che si fa fotografare da Scherman nella vasca da bagno dell’appartamento di Hitler a Monaco, completamente nuda e con gli scarponi sporchi di fango dai lager sul tappetino candido. Forse alcune persone potrebbero trovare la foto con uno sfondo di cattivo gusto, soprattutto per il momento drammatico, ma dal mio punto di vista, lei vuole fare uno scatto liberatorio altamente simbolico, per cercare di allontanare il più possibile quella strana sensazione che provava in quel momento. Cosa che dichiara anche lei: “in quel momento, volevo lavare via tutto lo sporco di Dachau”.
    Una caratteristica delle sue fotografie di moda e riuscire a valorizzare gli abiti sia in studio che all’aria aperta. A mio parere fotografare un soggetto all’esterno è molto più difficile rispetto a fotografarlo in studio. Quando si scatta al chiuso è più facile mettere la persona a proprio agio e l’abito sarà più predisposto a essere messo in risalto, perché si hanno meno disturbi sia per lo sfondo, ma soprattutto per la luce (all’esterno basta un riflesso del sole che va a coprire un dettaglio del vestito). Nonostante ciò, lei era in grado di esaltare l’abito riuscendo anche a comunicarci il valore, la personalità e lo stile che si cela sotto esso.
    Non nego che anch’io, leggendo la sua storia, mi sono domandata come ha fatto a non cedere. L’apprezzo per come ha gestito la sua vita, è stata capace a non dimenticare/cancellare il suo passato anzi, grazie alle esperienze che hanno forgiato la sua personalità, è riuscita a diventare la persona che tutt’oggi conosciamo.

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  91. Giulia Gallo LABA   22 Marzo 2023 at 20:01

    Sono numerosissimi gli aggettivi che possono essere utilizzati per descrivere Lee Miller, prima di tutto donna, poi modella, fotografa e fotoreporter complessa, poliedrica, tormentata, affascinante, ma soprattutto libera e affamata di vita. Un’esistenza che fin dall’infanzia e dalla prima giovinezza risulta piuttosto traumatica e turbolenta (segnata da uno stupro avvenuto per mano di un amico di famiglia in giovane età, e seguita dalla morte improvvisa e tragica dei suoi primi fidanzati) dà vita ad un personaggio straordinario capace di prendere saldamente in mano le redini della sua storia e plasmarla a suo piacimento, perseguendo le proprie passioni con una profonda devozione che caratterizza i suoi lavori. In un mondo ostile alla libertà della donna, in ogni sua forma, e sempre pronto a condannare chiunque non si conformasse ai tradizionali ruoli imposti dalla società, Lee Miller diventa, forse inconsapevolmente, un modello di libertà per molte donne.
    Sono sicuramente la travagliata vita personale e i potenti scatti realizzati durante il secondo conflitto mondiale ad avermi affascinata maggiormente. Osservando la sfera personale della Miller nel corso di tutta la sua vita, ritengo che lo stupro e la successiva terapia seguita da uno psichiatra abbiano segnato profondamente il modo di vivere la sua sessualità. Il distacco tra amore sentimentale e amore fisico, descritto come pura ginnastica corporea dallo psichiatra per cercare di arginare il trauma nella bambina, porta la fotografa a vivere le sue numerose relazioni quasi assumendo un punto di vista esterno, non lasciandosi mai completamente coinvolgere e travolgere da una passione che invece possiamo facilmente osservare in Man Ray, devastato dall’abbandono della sua musa e amante. Anche le successive relazioni, in particolare quella con il ricco uomo d’affari egiziano, Aziz Eloui Bey, e con Roland Penrose presentano come aspetto comune l’inusuale ruolo dominante assunto dalla Miller nella coppia. L’impressione di una donna indipendente capace di sfruttare al meglio le sue abilità e il suo corpo, viene affiancata però dall’immagine di un perseguimento della fotografia quasi ossessivo per scampare ad una depressione che più volte prende il sopravvento nella sua vita. È proprio questa contraddizione e questo folle amore per l’arte nelle sue diverse forme a caratterizzare la Miller e a renderla un personaggio così interessante.
    Tra le esperienze traumatiche che segnano la sua vita adulta spicca sicuramente il lavoro di fotoreporter che riveste durante la Seconda Guerra Mondiale e che la porta a vivere il conflitto in prima persona e a mostrarlo al resto del mondo attraverso i suoi scatti. Con le sue fotografie è infatti capace di trasmettere l’orrore di una guerra violenta, folle e disumana, e di provocare, di superare il limite attraverso uno scatto che fa la storia e che la ritrae nuda all’interno della vasca da bagno della casa di Monaco di Adolf Hitler. Trovata libera ed abitabile, Lee Miller decide di non limitarsi a registrare attraverso le fotografie la dimora del dittatore tedesco in ogni suo piccolo dettaglio, ma realizza uno scatto, forse troppo audace per alcuni, in cui ogni elemento posizionato magistralmente ha lo scopo di trasmettere un preciso messaggio di ridicolizzazione e vendetta contro il nazismo che si è reso protagonista di un vero e proprio sterminio. Accanto ai potenti scatti di guerra rivestono sicuramente un ruolo di centrale importanza le sue fotografie di moda e il loro contributo surrealista e innovativo. È attraverso questi scatti che la Miller è in grado di pagare i costi operativi del suo studio fotografico di New York e di garantirsi una certa indipendenza economica.
    In una vita che la sottopone a costanti sfide e che la porta a compiere scelte coraggiose, l’essere modello di emancipazione di Lee Miller appare come una conseguenza, non necessariamente cercata, della lotta per la sopravvivenza e della ricerca di esperienze sempre nuove che caratterizzano la sua intera esistenza.

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  92. Elia Mazzavillani   22 Marzo 2023 at 20:24

    Ho appena finito di leggere il suo articolo, e non posso fare a meno di dirle che ha fatto capire a pieno la storia “travagliata” di una delle fotografe, a mio avviso, più influenti del ‘900.
    Dobbiamo certo dire che non ha una vita facile,dal trauma avvenuto in tenera età a tutti gli imprevisti amorosi successivi, ma sopratutto, il fatto che una volta tornata a New York dopo l’esperienza fatta a Parigi, non veniva ricompensata a dovere per il lavoro che svolgeva. Non era mai messa sullo stesso piano dei colleghi uomini, forse per paura che una donna potesse rubargli la scena.
    È ammirevole il lavoro fatto dal figlio della Miller per cercare di far ricordare la storia di una grande donna, ma sopratutto di una grande artista.
    A mio avviso una delle foto più belle e che rappresenta meglio il suo lavoro è “Prigionieri del campo”. Lee Miller è stata una delle prime fotografe a far vedere l’orrore che stava accadendo nei lager e in questa foto si capisce la stanchezza e la sofferenza di questi uomini.

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  93. Nicolò Giorgetti LABA   23 Marzo 2023 at 01:43

    La poliedrica personalità e lo stile fotografico unico di Lee Miller sono stati fortemente plasmati dal surrealismo e dal viaggio della sua stessa vita. La sua capacità di manipolare abilmente le immagini e produrre effetti onirici e surreali era strettamente legata al suo passato turbolento e al suo approccio distintivo sia all’arte che alla vita.

    Il lavoro di Lee Miller come fotografa e artista è stato fortemente influenzato dall’impatto della depressione sulla sua vita. Gli abusi sessuali del padre durante l’infanzia, il rapporto tumultuoso con il pittore surrealista Man Ray, la guerra. Le sue lotte per la salute mentale le hanno instillato un profondo senso di empatia e compassione per gli altri, che è evidente nella risonanza emotiva della sua fotografia di guerra e nella documentazione della sofferenza umana. La sua depressione potrebbe aver influenzato anche la sua visione artistica, portandola a esplorare temi cupi e inquietanti, tra cui la morte, l’agonia e il conflitto.
    Per la Miller, la fotografia è un rifugio che aiuta ad alleviare la sua mente turbata. Manipolando le immagini, affronta i suoi demoni interiori e approfondisce le complessità della psiche umana. Sono una forma di terapia, che gli permette di affrontare e venire a patti con il suo dolore e la sua sofferenza.

    Miller era una fotografa sperimentale e incorporava varie tecniche per creare effetti surreali e onirici nelle sue opere. Attraverso la solarizzazione, la sovrapposizione di immagini, i filtri colorati, la distorsione ottica e altri metodi, Miller ha modificato le immagini fotografiche per sfidare la percezione della realtà da parte dell’osservatore. Il suo approccio unico evocava un senso di ambiguità, incertezza e mistero nelle sue opere.
    Un esempio degno di nota del suo lavoro è il famoso “Ritratto dello spazio” (1937), che ha prodotto in collaborazione con l’artista surrealista Roland Penrose. Illustra una stanza vuota con un’apertura spalancata nel muro, modellando un’immagine che appare sia eterea che inquietante, sfidando le idee convenzionali di spazio e veridicità. La tecnica di solarizzazione applicata a varie opere dell’artista, come “Solarised Portrait” (1930), ha prodotto una sorprendente inversione tonale che confonde il senso della realtà degli spettatori. Questo curioso esito conferisce all’immagine un’aria enigmatica, catturando l’immaginazione dell’osservatore.

    Durante la sua fase come reporter di guerra, la fotografia che più mi ha incuriosito è “Woman in Hitler’s Bathtub” (1945). In questa foto, Miller posa nuda nella vasca da bagno di Hitler, con i tacchi in segno di sfida. L’immagine è fortemente simbolica e rappresenta il trionfo personale di Miller sul dittatore nazista. Questa foto può anche essere vista come una riflessione sul potere, sulla corruzione e sulla natura effimera della supremazia umana. Il senso di libertà che sprigiona questa immagine è incommensurabile.

    In conclusione, la libertà sembra il comune denominatore della vita di questa artista sorprendente, che ha aperto la strada al femminismo attuale. Una donna forte, turbata dal passato, ma capace di reagire alle sfide della vita. Durante gli esordi ha posato come modella di Vogue, una donna bellissima, elegante, affascinante, la moda la sua passione, ma sapeva perfettamente di essere ben di più di questo. Lo ha dimostrato brillantemente con la sua fotografia, lottando per i suoi diritti e riconoscimenti in una società maschilista e patriarcale. L’arte l’ha resa libera dalla società, dalla sua mente, dalla guerra. Il suo coraggio nel documentare gli orrori, fanno di lei una donna coraggiosa ed esemplare. I suoi lavori commoventi trasmettono un’interiorità complessa, ma anche la sua determinazione, le idee che difendeva, il senso di rivalsa. Consapevole del suo valore, ha creduto in sé stessa, ispirando le generazioni a venire, auguro a chiunque di poter ammirare le sue fotografie dal vivo.

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  94. Letizia mazzetti   23 Marzo 2023 at 08:44

    Lee Miller è una grandissima artista del novecento, appartenente all’avanguardia del surrealismo.
    Nasce come modella per foto di moda, ma presto si accorge che preferisce stare dietro all’obiettivo e, una volta arrivata a Parigi, grazie all’aiuto di Man Ray, riuscirà a diventare una delle fotografe e delle artiste più acclamate del momento.
    Sicuramente è stata una bravissima fotografa di moda, ma credo sia più importante ricordarla per i reportage di guerra fatti nei lager di Buchenvald e Dachau, nei quali è voluta andare di sua spontanea volontà e che poi saranno gli eventi che le cambieranno totalmente la vita e la porteranno a soffrire di stress post-traumatico.
    Trovo giusto il fatto che, anche se sono passati quasi cent’anni, vengano lo stesso fatte mostre in suo nome per non perdere le memorie di una donna che ha vissuto appieno la sua vita e che ha lottato per essere sempre una donna libera, sognatrice, coraggiosa e padrona di se stessa, nonostante in quegli anni questa figura non venisse rispettata come quella dell’uomo.

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  95. Nicolò Andreani (Laba)   23 Marzo 2023 at 08:52

    Provenendo da un ambiente fotografico, ho già sentito parlare di Lee Miller, delle sue 1001 doti e sfaccettature caratteriali, della sua capacità di essere anticonformista in una società nel quale la figura femminile veniva costantemente visualizzata nel modo più erroneo possibile, nonostante le già create associazioni femministe, ovvero quello relegato a poche simboliche faccende casalinghe, una società dove sostanzialmente la donna, come figura professionale è sempre stata minore a quella dell’uomo.
    Credo che attualmente la sua figura sia essenziale per farci capire che la fotografia, l’arte, il mondo dello spettacolo ovviamente è cosparso di persone talentuose che non sono relegati in un genere, ovvero quello maschile, bensì è esteso a tutte le provenienze di genere.
    I punti di vista maschili e femminili vengono costantemente presi in considerazione per quanto essi differenti, ed è proprio questa differenziazione che dovrebbe coesistere in tutti gli ambiti professionali soprattutto in quelli artistici o espressivi che dir si voglia, infatti la parentesi tra lei e il personaggio di spicco del dadaismo Man Ray ci fa notare come la simbiosi tra punti vista maschile femminile possa essere produttivo, soprattutto di ispirazione e di ampie vedute oltre agli schemi base.
    Ovviamente da confermare che la sua separazione con l’artista è stata tutto tranne che deleteria, infatti è riuscita a scostarsi l’ombra del compagno per far sì che lei stessa potesse emergere nella sua carriera fotografica, questa l’ha successivamente intrapreso dopo averne condotta una come modella per la celebre rivista “Vogue”.
    Credo sinceramente che il seguire gli uomini in guerra come foto reporter sia stata principalmente dettata da un proprio ego, una dimostrazione delle sue capacità e di come lei, una donna potesse andare al passo con i fotoreporter del sesso opposto, con questo sia chiaro, non lo reputo negativo e nessuno dovrebbe farlo, ha cercato sempre una propria identificazione lasciandosi fluire nel pieno della vita, cercando sempre di emergere da un oceano costante pregno di troppi pregiudizi, che troppo spesso le hanno tarpato le ali della realizzazione.
    In conclusione, potrei tranquillamente dichiarare che le personalità più influenti nella storia dell’umanità sotto un punto di vista artistico, hanno sempre una costellazione personale estremamente turbolenta, difficoltosa, dalla quale però quest’ultimi persone spesso esprimono il meglio di sé, esprimono la loro storia, la loro visione della realtà; c’è chi lo fa con la pittura, altri con la musica e invece c’è chi lo fa con la fotografia, Lee Miller appartiene a quest’ultima categoria di persone che cerca la luce in fondo un oscurità, un’oscurità che però con il proseguire della vita l’ha inghiottita, facendola morire in una vita ritirata e non più un’avventuriera emozionante come lo è stato per tutta la sua vita; ovviamente le tragedie che ha vissuto sono state parte integrante di decisioni così forti e la sua morte è tragica e dolorosa come lo è stato combattere con la società di quel tempo.

    Rispondi
  96. Nicolò Andreani   23 Marzo 2023 at 09:12

    Provenendo da un ambiente fotografico, ho già sentito parlare di Lee Miller, delle sue 1001 doti e sfaccettature caratteriali, della sua capacità di essere anticonformista in una società nel quale la figura femminile veniva costantemente visualizzata nel modo più erroneo possibile, nonostante le già create associazioni femministe, ovvero quello relegato a poche simboliche faccende casalinghe, una società dove sostanzialmente la donna, come figura professionale è sempre stata minore a quella dell’uomo.
    Credo che attualmente la sua figura sia essenziale per farci capire che la fotografia, l’arte, il mondo dello spettacolo ovviamente è cosparso di persone talentuose che non sono relegati in un genere, ovvero quello maschile, bensì è esteso a tutte le provenienze di genere.
    I punti di vista maschili e femminili vengono costantemente presi in considerazione per quanto essi differenti, ed è proprio questa differenziazione che dovrebbe coesistere in tutti gli ambiti professionali soprattutto in quelli artistici o espressivi che dir si voglia, infatti la parentesi tra lei e il personaggio di spicco del dadaismo Man Ray ci fa notare come la simbiosi tra punti vista maschile femminile possa essere produttivo, soprattutto di ispirazione e di ampie vedute oltre agli schemi base.
    Ovviamente da confermare che la sua separazione con l’artista è stata tutto tranne che deleteria, infatti è riuscita a scostarsi l’ombra del compagno per far sì che lei stessa potesse emergere nella sua carriera fotografica, questa l’ha successivamente intrapreso dopo averne condotta una come modella per la celebre rivista “Vogue”.
    Credo sinceramente che il seguire gli uomini in guerra come foto reporter sia stata principalmente dettata da un proprio ego, una dimostrazione delle sue capacità e di come lei, una donna potesse andare al passo con i fotoreporter del sesso opposto, con questo sia chiaro, non lo reputo negativo e nessuno dovrebbe farlo, ha cercato sempre una propria identificazione lasciandosi fluire nel pieno della vita, cercando sempre di emergere da un oceano costante pregno di troppi pregiudizi, che troppo spesso le hanno tarpato le ali della realizzazione.
    In conclusione, potrei tranquillamente dichiarare che le personalità più influenti nella storia dell’umanità sotto un punto di vista artistico, hanno sempre una costellazione personale estremamente turbolenta, difficoltosa, dalla quale però quest’ultimi persone spesso esprimono il meglio di sé, esprimono la loro storia, la loro visione della realtà; c’è chi lo fa con la pittura, altri con la musica e invece c’è chi lo fa con la fotografia, Lee Miller appartiene a quest’ultima categoria di persone che cerca la luce in fondo un oscurità, un’oscurità che però con il proseguire della vita l’ha inghiottita, facendola morire in una vita ritirata e non più un’avventuriera emozionante come lo è stato per tutta la sua vita; ovviamente le tragedie che ha vissuto sono state parte integrante di decisioni così forti e la sua morte è tragica e dolorosa come lo è stato combattere con la società di quel tempo.
    Da un punto di vista meramente fotografico, Lee Miller è comunque sia di una certa innovazione applicando insegnamenti ritrovati da Man Ray fino a utilizzare tecniche e contemporanei di sviluppo fotografico sempre quasi proiettate per un futuro per uno sviluppo.

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  97. Lorenzo Midolo LABA   23 Marzo 2023 at 09:38

    Con Lee Miller ho capito quanto sia difficile riuscire a separare la vita privata anche se molto ricca, dal lavoro e dagli avvenimenti che ci circondano.
    Nel suo caso stiamo guardando una donna che ha lottato, si è sporcata le mani per farsi notare, per farsi un nome, un titolo, in un mondo dove gli uomini hanno sempre la prima parola e l’attenzione del pubblico corrotto dal sistema dove si vede l’uomo come unica figura che si possa esprimere.
    Bhe a questo mondo Lee Miller possiamo notare che ha risposto con un fermo “NO” è riuscita con le sue abilità ad aggirare questo muro invalicabile che la bloccava, facendosi conoscere e imparando da uno dei migliori Man Ray.
    Il surrealismo possiamo dire che l’ha forgiata lungo tutta la sua vita, però anche lei ha contribuito a creare questo movimento.
    Quindi possiamo dire che gli elementi del surrealismo siano dentro la Miller come lei è dentro al Surrealismo stesso.
    Grazie comunque alle conoscenze, alle sue abilità e al suo carisma è riuscita a mantenere uno stile pressoché personale nelle sue opere e dimostrando a tutti la sua audacia nel continuare a lottare anche se il mondo non ti aiuta.
    “Sembravo un angelo fuori. Mi vedevano così. Ero un demonio, invece, dentro. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo sin da bambina” (Lee Miller).

    Rispondi
  98. Benedetta Bonifazi   24 Marzo 2023 at 11:16

    Lee Miller, dal mio punto di vista, era una visionaria che ha sfidato le convenzioni e aperto la strada alle future generazioni di fotografi, in particolare alle donne. Il suo lavoro continua a essere studiato, come stiamo facendo attualmente, ammirato ed emulato e la sua eredità rimane una parte importante della storia della fotografia.
    Alcuni l’hanno criticata per la sua apparente mancanza di empatia nei confronti dei suoi soggetti. In particolare, hanno indicato le sue fotografie dei campi di concentramento come eccessivamente estetizzate e prive di sensibilità per la sofferenza umana rappresentata nelle immagini. Il punto fondamentale da capire, è che si sta parlando comunque d’arte; l’arte deve essere libertà d’espressione. Sicuramente non erano prive di sensibilità; considero privo di sensibilità un progetto piuttosto che inneggia come in questo caso, ai campi di concentramento. Privo di sensibilità è soprattutto l’indifferenza, cosa che Lee Miller non è stata, anzi, considero il fatto di trattare l’argomento, un lato forte della fotografa. Anche se, è importante ricordare che per lei hanno avuto un grande costo personale. Miller soffriva di disturbo da stress post-traumatico a causa delle sue esperienze come corrispondente di guerra e il suo lavoro ha messo a dura prova la sua salute mentale e fisica.
    Le fotografie di guerra sono alcune delle immagini più potenti e iconiche della seconda guerra mondiale. Queste hanno catturato gli orrori della guerra, della devastazione dei bombardamenti e le vite umane dei campi di concentramento.
    Il suo lavoro come fotografa di guerra ha avuto un impatto significativo sull’opinione pubblica ma soprattutto ha contribuito a plasmare la documentazione storica della guerra.
    Le fotografie dei campi di concentramento di Miller, in particolare, hanno svolto un ruolo cruciale nel documentare le atrocità commesse dai nazisti. Le sue fotografie della liberazione di Dachau e Buchenwald sono alcune delle immagini più note e potenti dell’Olocausto. Contribuendo a stabilire il genere della fotografia di guerra come una forma d’arte legittima e importante.

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  99. Conigli Aurora LABA   24 Marzo 2023 at 14:11

    L’articolo, il quale argomenta in modo così approfondito tutto ciò che si cela dietro alla talentuosa Lee Miller, mi ha fatto cogliere degli aspetti veramente interessanti sia della sua vita che di tutto ciò che riguarda il periodo del surrealismo.
    Trovo in lei la bellezza della fotografia, della realtà e dell’eleganza; con la sua personalità e intelligenza è riuscita a conquistare tanto, non solo nel passato ma anche oggi, dove è ampiamente necessario avere delle testimonianze del passato di questo tipo.
    Il suo sguardo determinato riesce a dire tutto, negli scatti non è una semplice protagonista dei fatti, lei riesce a raccontarli. Guardare quel viso e conoscere la sua vita porta ad andare dentro alle sue emozioni, a calarsi dentro alla sua vita, non solo per capire le sue azioni ma per ammirarla.
    Certo, aver avuto al suo fianco personalità quali Man Ray, Picasso e David Sherman penso che l’abbiano indirizzata verso un continuo sviluppo di fama, ma ritengo anche che una donna così determinata si sia per lo più costruita da sola, poiché il suo viso e le sue pose parlano, più di qualsiasi altra cosa. Ha trasformato la sua vita in una vera e propria opera d’arte, in un reale visivo
    affascinante e facile da cogliere.
    Riporta la storia in un modo eccezionale, non riesco neanche a capire come si possa captare all’interno delle sue fotografie così tanta determinazione; trovo il suo fascino di un livello altissimo, poiché riesce a superare perfino l’orrore della guerra, come se passasse in secondo piano. La sua personalità tramanda sia i fatti che le emozioni e i suoi lineamenti affascinanti riescono a sedurre. Trovo in Lee Miller la vera arte, la vera bellezza della fotografia, la potenzialità che una donna è riuscita ad avere in un periodo fatto di ampi pregiudizi maschili.

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  100. Serena Gaspari LABA   25 Marzo 2023 at 12:23

    Ho avuto a che fare molto spesso con il tema della donna e il suo ruolo nella società, sia di oggi che di ieri nel contesto didattico delle scuole superiori, quindi ho apprezzato scoprire una nuova figura femminile che non ha mai avuto paura di far ruggire la leonessa che c’è in lei, nemmeno in un periodo come quello del ‘900.
    Nonostante il suo passato difficile, Lee Miller ha dimostrato di essere una donna estremamente forte e coraggiosa, desiderosa di essere libera e di raggiungere i suoi obiettivi ad ogni costo, anche in un contesto prettamente maschilista in cui però è stata capace di distinguersi. Una cosa di lei che mi è piaciuta in particolare è proprio questa: fin da giovanissima è stata perfettamente cosciente del proprio fascino e della sua bellezza, tipica da modella di Vogue e, oltre a sfruttare queste sue caratteristiche per ottenere ciò che voleva, è stata in grado di mettere in evidenza la sua femminilità, ma anche di proteggerla, mentre lottava per ottenere gli stessi riconoscimenti dei i suoi colleghi e competitor uomini.
    Le sue fotografie sono cariche di significato, con un’evidente impronta surrealista e, mentre sono convinta che la sua carriera abbia raggiunto il suo massimo splendore quando ha lavorato come foto reporter durante la seconda guerra mondiale, penso che le fotografie create insieme a Man Rey non debbano essere sottovalutate. Esse sono una prova esemplare del fatto che la creatività, la bravura e professionalità non sono solo riscontrabili nel genere maschile, infatti la sua collaborazione con il maestro ha prodotto dei risultati eccellenti e credo proprio che parte del successo attribuito a Man Rey sia più che altro frutto del lavoro della Miller.
    Una volta sciolto il loro legame, Lee Miller porta avanti il suo lavoro in maniera brillante soprattutto, come menzionato, grazie al suo ardente desiderio di testimoniare personalmente gli orrori del nazismo con fotografie dai contenuti crudi, intensi e altamente provocatori, specialmente con il famoso scatto in cui si lava nella vasca da bagno di Hitler, trasmettendo (secondo il mio punto di vista) un’invocazione alla giustizia e rivendicazione dei diritti umani, che egli stesso aveva negato alle vittime delle sue atrocità. In quel periodo la Miller ha acquisito degli scatti potenti, capaci di colpire l’osservatore e parlare chiaramente di ciò che stava accadendo, spesso anche rischiando la vita e questo dimostra nuovamente il suo coraggio, la sua voglia di far vedere che lei è presente e che non ha intenzione di rimanere nascosta dietro titoli (secondo me) sminuenti come “musa ispiratrice”.
    Tutto questo, insieme alla sua grande determinazione, curiosità e sfrontatezza, mi fa provare una profonda ammirazione per questa importante fotografa rivoluzionaria.

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  101. Federico Francia   25 Marzo 2023 at 16:10

    Leggendo questo “racconto di vita” percepiamo a pieno come le persone possano nella vita cadere, alzarsi, cambiare ed avere successo. Lee Miller è stata, oltre che una figura fondamentale della fotografia novecentesca, una persona ammirevole per il suo modo di “re-inventarsi”. Si dico inventarsi perché è stata tra le prime donne a svolgere la professione fotografica nell’ambito della moda e del reportage di guerra. Agli inizi sicuramente spinta dalla sua attività di modella poi per necessità, come quando diventa fotoreporter durante la seconda guerra mondiale per le motivazioni citate nell’articolo. Vorrei soffermarmi su un tratto fondamentale, ovvero il ruolo rappresentato dalle donne a livello sociale e lavorativo.
    Da inizio 2022 ad esempio in Italia il numero di medici donna è superiore, per la prima volta nella storia ai medici uomini. Se pensiamo all’ambito comunicativo tutt’oggi, nonostante una importante quota femminile, in alcuni ambiti lavorativi vi è presenza principalmente di uomini. I dati raccontano che nella comunicazione e nell’informazione, solo un 15% dei lavoratori sono donne. Senza Lee Miller (e tutte le altre donne intraprendenti del ‘900) a che punto saremmo? È difficile da ipotizzare. Sicuramente a tutte loro va riconosciuto un importante sforzo di rivoluzione sociale ed ideologica. Inutile dire che senza le loro azioni e lotte oggi ci sarebbero meno diritti in generale. Penso, rimanendo storicamente collocati nel periodo del secondo conflitto mondiale, all’operato femminile nella resistenza e ai Gruppi di Difesa della Donna, che hanno portato nel dopoguerra al riconoscimento di diritti di fondamentale importanza, come il diritto di voto, il riconoscimento paritario nella famiglia, l’aborto e il divorzio, per citarne solo alcuni.
    Osservando le fotografie di Lee Miller, l’autrice in quella tormentata epoca, con i suoi reportage ha portato la popolazione ad aprire gli occhi verso un cambiamento ideologico, oltre che politico. Un collega uomo sarebbe stato allo stesso livello? Tecnicamente forse sì, ma l’essenza e le emozioni dei suoi scatti le trovo imparagonabili. Mi sono permesso di osservare e paragonare le immagini della Miller e di Robert Capa. Premettendo che sono state scattate in aree diverse del fronte, oltre che in tempi leggermente diversi, noto che Lee Miller fa trasparire maggiormente la distruzione e la stranezza del momento che vive l’Europa in quegli anni. Le foto di Robert Capa, sono più un racconto di operazioni militari, che personalmente mi trasmettono meno emozioni.
    Le donne hanno cambiato il Novecento ? In termini sociali indubbiamente si, e artisticamente hanno permesso uno sviluppo più profondo di varie discipline, la fotografia in primis.

    Federico Francia – Graphic Design 1 LABA

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  102. Esme Erbacci LABA   26 Marzo 2023 at 16:59

    Prima della lettura dell’articolo in questione devo ammettere che non avevo mai sentito nominare Lee Miller e nonostante questo sono contenta di avere avuto l’occasione di conoscere a grandi linee il suo lavoro e la sua storia.
    Ritengo che la Miller sia una donna al quanto affascinante, sotto più punti di vista. Sia per quanto riguarda il suo aspetto, che per il suo vissuto e le sue fotografie. Come già anticipato nell’articolo è noto quanto le donne in generale, e in particolare Lee Miller, dovessero rimboccarsi le maniche e faticare il triplo degli uomini per ottenere un minimo di riconoscimento nel mondo del lavoro e soprattutto nell’ambito della fotografia. Ammiro il fatto che la Miller abbia sfruttato le sue caratteristiche, sia caratteriali che fisiche per ottenere ciò che voleva. Chiaramente non è stato sufficiente in quanto sia al tempo, ma ancora oggi, il suo nome sia poco conosciuto. Credo profondamente che il profilo di donna emancipata corrisponda con la figura di Lee Miller. Inoltre, il fatto che abbia subito numerosi traumi nel corso della sua vita mi porta a credere che il suo lavoro sia stato maggiormente eccezionale. Di solito i traumi o ti spengono o ti fanno sbocciare; non penso sia necessario specificare cosa sia successo nel caso della Miller. Anzi, mi stupisce maggiormente la forza che è riuscita a tirare fuori per seguire la sua passione.
    A parer mio però Lee è riuscita ad accantonarli solo fino al periodo della guerra. Certo, è strabiliante tutto il prodotto che ci ha lasciato riguardante quegli anni, ma io credo che siano stati proprio i demoni del passato ad influenzare il suo lavoro. La ricerca sporadica di catturare gli orrori della guerra e presentarli al mondo come semplice quotidianità. Questo, secondo me, è frutto di un turbamento interiore. Ma non sono la Miller e potrei semplicemente sbagliarmi, però se così fosse questo prova che sono proprio le esperienze negative della vita che portano alla luce prodotti strabilianti.
    Ammetto di non avere abbastanza conoscenze in ambito fotografico e ancora meno nel ramo del surrealismo; quindi, non mi sento di esprimere un parere critico nel lavoro concreto della fotografa. Alla luce di questo però, posso dire che ammiro molto le sue decisioni, la sua vita, la forza che è riuscita a tirare fuori e anche la fragilità, che all’occhio di una persona non esperta (ma probabilmente anche a quelli di una che lo è) ha portato alla luce scatti memorabili e singolari.

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  103. Martina Sipione LABA   27 Marzo 2023 at 11:51

    Per mia sfortuna prima di questo articolo non ero a conoscenza della storia di Lee Miller. Ho riscoperto il lei non solo una grande modella e fotografa, ma una donna straordinaria e con dei forti valori. Nonostante le difficoltà che ha dovuto affrontare nel corso della sua vita, a partire dai traumi infantili inflitti da suo padre per finire con gli imprevisti in amore, è riuscita ha lasciare un grande impatto nel mondo della fotografia, riuscendo a sperimentale all’interno di questo mondo. Creando effetti all’epoca rivoluzionari come: filtri colorati, distorsione ottica e sovrapposizione di imagini; questi sono solo alcuni dei metodi che lei utilizzò.
    Lasciò un impatto ancora più grande quando lavorò come fotoreporter durante la seconda guerra mondiale dove riuscì a catturare tutti gli orrori della guerra. Ciò che mi colpisce è come sia riuscita a trasmettere tramite i suoi scatti la brutalità avvenuta nei campi di concentramento. Lee Miller fu assolutamente una grande scoperta, all’epoca forse sottovalutata come fotografa e considerata solo per la sua bellezza.

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  104. Debora Maddalena LABA   27 Marzo 2023 at 13:22

    Questo articolo su Lee Miller mi ha molto colpita e illuminata su una donna davvero straordinaria; avevo già sentito precedentemente parlare di lei, ma solamente come modella per Vogue. È incredibile osservare quanta grinta, determinazione e coraggio possa avere un donna, specialmente se di quegli anni, con una vita così piena di alti e bassi e traumi lasciati allo “scoperto”. Forse fu proprio ciò a donarle la perseveranza e riuscire così a realizzare capolavori, cimentandosi in lavori ritenuti all’epoca esclusivamente maschili e considerati ancora oggi pericolosi, come lavorare sul campo di guerra in prima linea nei panni di fotografa di guerra. La sua consapevolezza di essere quello che si può definire la “femme fatale”, l’aiutò molto ad ottenere quello che voleva e la sua sete di curiosità la portò a notare sempre un punto di vista surrealista in ciò che per noi è “reale visivo”. Trovo davvero toccante il significato della sua opera “La vasca del Fuhrer”, dove possiamo ammirare una Lee Miller con gli occhi pieni di orrore, stanchi, spenti. Con questo scatto l’artista voleva lanciare un fortissimo messaggio; ovvero, ripulirsi da tutti gli orrori documentati proprio nella vasca dell’artefice dei soggetti citati in precedenza: questo scatto (al tempo stesso gesto) mi ha colpito davvero molto, in quanto vedere un viso così stanco, spento e sconvolto entrare in contrasto con la forte volontà di voler ripulirsi da tutto ciò senza mollare, rappresenta la grinta di questa grandissima artista e del suo grande contributo nella storia della fotografia. In conclusione ritengo che la storia di questa grandissima donna sia in sé un’opera d’arte, con i suoi punti bui e tragici che coronano un punto di fuga raggiante, rappresentato dalla forza di volontà, dalla curiosità e dalla bellezza di una donna che non ha avuto paura di uscire dai limiti imposti dell’epoca.

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  105. Veronica Mantovani   27 Marzo 2023 at 22:30

    Un commento su questo articolo, a mio avviso, potrebbe iniziare e finire con il fatto che molte delle fotografie attribuite a Man Ray, in quanto firmate da lui, fossero state fatte da Lee Miller.
    Una donna che ha fatto strada al mondo femminile verso libertà che al giorno d’oggi possiamo permetterci, al di fuori della visione bigotta della società, tutt’ora impregnata di pregiudizi.
    Ammiro la sua forza straordinaria nell’ottenere ciò che desiderava nel profondo, oltre tutti i bigottismi “causati dai macropoteri che condizionavano la vita, quasi per intero declinati al maschile”. Questa situazione non mi pare totalmente cambiata, così come i pregiudizi di base che ci circondano, ed è per questo che la storia di Lee Miller può essere considerata ancora attuale.

    Oggi ci troviamo qua a discutere della sua vita, ma se fosse stata del sesso forte avremmo semplicemente apprezzato il suo genio. La vita privata dovrebbe essere personale, e nei suoi comportamenti noto l’astuzia di scegliere il giusto compagno per poter apprendere con l’esperienza. Quanti artisti sono nati e cresciuti nelle botteghe degli artigiani? Lee Miller, che non credo provasse più amore dopo le vicissitudini accadute da bambina, ha fatto a modo suo per apprendere i segreti del mestiere e poi poter esprimersi, superando anche gli stessi maestri.
    La sua originalità si fonde con il lavoro intellettuale, donandoci opere che lasciano senza fiato.

    In “Portrait of space” noto un desiderio di evasione: lo scorcio sul tessuto come via di fuga. Allontanarsi, avere sempre nuovi stimoli per non ricadere nei suoi brutti ricordi, che con fulmini e saette le invadono la testa. Io sono convinta che uno stupro, a qualsiasi età ma in particolare da nella giovinezza, ti metta di fronte in un attimo a tutte le crudeltà e gli orrori della vita. Ti rende indifesa, inerme e a tratti in colpa. É un trauma che segna la vita di una donna e se al giorno d’oggi è possibile esprimere tale sensazioni e anche liberarsene, a quei tempi non erano nemmeno considerate. Per questo personalmente credo che Lee Miller non conoscesse l’amore e non voleva avercene nulla a che fare. Sentiva il bisogno di realizzarsi come persona.
    D’altronde si sa che quando la mente è calma, i pensieri riaffiorano, ed eccola che se ne va di nuovo.

    Ribadisco che apprezzo la sua forza d’animo perché ha sempre trovato nuovi modi per dissetare la sua sete creativa, fino alla passione culinaria, e ai tempi non doveva essere facile e per molte donne nemmeno pensabile. Oltre che ammirare il suo coraggio nel mettersi alla pari dei suoi colleghi, per essere riconosciuta come un’artista all’altezza, stereotipando; questione che non è del tutto scomparsa al giorno d’oggi e che trovo senza senso alcuno. Questo confronto mi viene da pensare che parta dagli stessi organi sessuali: uno predominante e l’altro nascosto. Ma probabilmente oggi siamo ancora qua a parlarne perché abbiamo stereotipato pure la libertà.
    Quindi vivendo con la fermezza di raggiungere quel qualcosa di tanto ambito, ha fatto la vita che i suoi colleghi elogiavano. Si è presa tutte le libertà, considerandole parte essenziale dell’esistenza. Non poteva più accettare la debolezza che aveva avuto di fronte ai momenti passati: ingiustizie, valori sbagliati, pensieri irrequieti.
    Privata dell’amore e dotata di cotanta bellezza, di certo non ha vissuto seguendo gli schemi dei poteri alti. Mi pare il minimo per noi tutti, non solo donne, ammirarla.

    Il suo sguardo freddo rimanda al suo modo di porsi alla vita, essendo stata privata della bellezza di vivere fin da giovane, e insieme a quella sensazione unica in quanto personale che ha dentro, cercando il movente per riscattarsi, nelle sue fotografie si coglie quel modo vero e straziante di vedere le cose.
    Allargando la questione, passando dalla singola artista al mondo femminile dell’epoca, mi chiedo se invece fosse una sensazione comune tra le donne, nel profondo, sentirsi private della loro libertà e se fosse stata loro concessa una possibilità di esprimersi (anche se parlando di Lee Miller non le è stato concesso proprio niente, si è presa tutto con la sua volontà), chissà quante altre opere potremmo ora ammirare.
    Questo per portare a conoscenza e rivendicare la forza di tutte coloro che nei decenni ci hanno creduto, concedendoci questa rivincita.

    Quello che si coglie nei suoi scatti è quello che sta dentro di lei, volevo trasmetterlo alla persone, voleva scuotere gli animi dell’epoca. Fotografie a tratti deviate proprio come le ingiustizie subite, concedendoci questa consapevolezza sulla libertà stessa.
    Con il fatto stesso del divorzio, assolutamente non tutelato dalle leggi in quei tempi, rivediamo questo concetto. Ha fatto le sue scelte, cambiando spesso la spalla alla quale si appoggiava, per riuscire in quello che dentro le bruciava, che le premeva di fare: dalla scintilla alla cenere, e poi ripeteva.
    Lee Miller vedeva ben oltre l’obiettivo, come dimostrano i suoi scatti come foto reporter in guerra, ambito che non aveva mai avuto modo di sperimentare. Tali istantanee riflettono il suo talento e la sua maestria nella manipolazione dell’atto fotografico al fine di renderlo spigoloso e quindi toccante per le persone. La fotografa sembra cercare al di fuori di sé quelle emozioni e sentimenti che per lungo tempo si è portata dentro. Infatti di fronte all’orrore della guerra non si volta dall’altra parte, ma prende potremmo dire un binocolo per vederci meglio, senza alcun filtro, dritto al punto.
    Arriva fino alla vasca da bagno di Hitler, cosa altro potremmo aggiungere? Personalmente in tale fotografia ci vedo anche il suo modo di mostrare al mondo il ruolo di “statuetta” associato alla donna, amplificandone le ipocrisie e le assurdità.
    Lee Miller ti sbatte in faccia la verità e per troppo tempo le persone si sono girate dall’altra parte.

    Negli scatti in guerra, intesa come “devastazione dei valori”, ci si può rivedere anche il rimando ad una società che nega dei valori alle donne, costringendoci a parlare della vita di una donna quando andrebbe elogiata e amata la sua genialità. Tale “genio” mi ha lasciata stupita davanti alle sue opere e lo userei per definire lo “spazio tra contenuti immediati e l’organizzazione formale degli oggetti che li nega”.
    Infine negli scatti editoriali per Vogue si può evidenziare nuovamente la capacità di Lee Miller di andare oltre la semplice foto, di allargarne la cornice: ci regala un contesto ben strutturato e una storia tutta da scoprire, ricoperti da un velo poetico. La percezione passa da una a molteplici, e la nostra mente può vagare con lei.

    La vita che ha fatto l’hanno fatta in molti, la condizione in cui l’ha fatta e la tanta bellezza che l’ha condannata, la ritraggono ai miei occhi come una paladina, e le sue fotografie ci permettono di sognare di nuovo, ancora, e insieme a lei, ad occhi aperti anzi spalancati.
    Lee Miller ha anticipato i suoi tempi, ed ora che possiamo capirla dobbiamo apprezzarla a dovere.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   28 Marzo 2023 at 08:54

      Hai scritto un commento coinvolgente. Se posso permettermi, l’affermazione “Lee Miller non conosceva l’amore” è molto forte. Forse troppo. A tal riguardo l’idea che mi sono fatto è sostanzialmente diversa da ciò che sembrerebbe tu dica. L,M, era una ragazza e poi una donna passionale. Si buttava con tutta se stessa in una esperienza, Ma poi subiva un distacco che le causava noia e persino depressione. Aveva bisogno di vivere costantemente situazioni eccitanti che stimolassero la sua curiosità. Come tutte le persone passionali poteva apparire determinata, autoreferenziale, un po’ prepotente e allo stesso tempo sensibile, devota e sincera. Ma dentro di lei qualcosa le impediva quella stabilità che molti di noi considerano l’esito scontato di esperienze feconde. Uno psicologo oggi parlerebbe di mancanza di autostima. L.M. conosceva fin troppo bene l’amore, cioè l’investimento passionale, ma per lei era come un vaso col buco troppo grande. Andava costantemente alimentato…

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      • Veronica Mantovani   28 Marzo 2023 at 18:33

        Concordo pienamente, l’affermazione da me fatta potrebbe in effetti risultare forte, ma personalmente mi riferivo a quell’amore pieno che ti satura il cuore, che raggiunge la stabilità su tutti i livelli, non all’amore che potrà sicuramente aver provato inizialmente per le sue “vittime”.
        Certo non è detto che una persona con la giusta dose di autostima lo possa trovare.

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  106. Claudia Mura LABA   28 Marzo 2023 at 12:39

    Lee Miller è stata una fotografa e artista americana che ha lasciato un impatto duraturo sul mondo della fotografia. Inizialmente nota come modella si è poi spostata nella fotografia d’arte e di moda, lavorando con importanti fotografi come Edward Steichen e Man Ray, suo maestro e amante. Ma ancora prima di essere un’artista Lee era una donna determinata, ambiziosa e libera; ha lottato per essere riconosciuta nel suo ambito allo stesso livello di un uomo, talvolta approfittando della sua bellezza per essere notata.
    Il suo lavoro era audace e innovativo, e ha aperto nuovi percorsi per le donne nella fotografia professionale. Nella moda ha contribuito a creare immagini di donne che erano diverse dai tradizionali stereotipi di bellezza femminile dell’epoca. Ha fotografato donne che erano forti, indipendenti e talvolta androgine, rompendo le convenzioni sociali e aprendo nuovi percorsi per le donne nella fotografia professionale.
    Durante la Seconda Guerra Mondiale, è riuscita a farsi arruolare come fotografa di guerra e ha documentato molte scene importanti, tra cui la liberazione di Parigi e la scoperta del campo di concentramento di Dachau. Come fotografa di guerra ha dimostrato che le donne possono fare lo stesso lavoro degli uomini, se non addirittura meglio, aprendo la strada per le donne nel giornalismo di guerra e in altri campi professionali tradizionalmente dominati dagli uomini.
    Ritengo abbia vissuto una vita coerente con il suo essere, sia in ambito amoroso che professionale, senza paura, non curante dei giudizi, libera di osare e sperimentare.

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  107. Camilla Frongia   29 Marzo 2023 at 18:42

    L’arte surrealista è un tipo di arte che si concentra sull’incontro tra il sogno e la realtà per creare una realtà superiore e libera. L’artista Lee Miller è stata attratta da nuovi modi di vedere il mondo e di esplorare la dimensione interiore, utilizzando la scrittura e il linguaggio immaginativo. Ha cercato di distruggere le convenzioni sociali del suo tempo, ed era interessata a sperimentare modi di relazione e concetti di libertà individuale, sfidando gli schemi convenzionali della vita borghese.

    Nonostante la difficoltà per una donna di fare carriera nell’arte in quel periodo, Lee Miller ha dimostrato che anche le donne possono fare la differenza e ha sempre mantenuto i suoi principi base surrealisti nelle sue opere, anche quando ha tutti generi fotografici diversi.

    Come fotografa di moda per Vogue, ha sviluppato uno stile unico che evocava eleganza e intelligenza, ma anche la vera cruda storia

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  108. Matthias Mazzoni (cinema 2)   30 Marzo 2023 at 09:18

    Leggendo questo articolo che parla delle varie fasi della vita di Lee Miller, grande fotografa surrealista, (che ha lavorato per Vogue) penso che si possano capire le motivazioni che l’hanno spinta o l’hanno portata ad avere una visione anticonformista.
    L’episodio per me più impattante, che la porta ad essere lontano dalle convenzioni e scettica verso l’innamoramento romantico, è sicuramente la violenza che subisce quando ha 7 anni.
    Ciò la porta ad una ricerca di libertà e voglia di catturare l’oggetto fotografato secondo il suo stile individuale e come scritto nell’articolo deviato rispetto al contenuto immediato.
    Con la seconda guerra mondiale diventa poi reporter di guerra e qui il suo pensiero inizia a cambiare.
    Si fa carico degli orrori della guerra e perde interesse per la moda per poi abbandonarla del tutto.
    I suoi scatti sono crudi, diretti, ti colpiscono immediatamente.
    Un fatto particolare accaduto e che mi ha colpito, è quando dopo la morte di Hitler lei entra nella sua casa usando la sua vasca per lavarsi via tutto lo sporco della guerra.
    Con il terzo marito decide di dedicarsi solo alla ristorazione in campagna (dopo la sua morte diventerà il suo museo). Penso che Lee Miller si meriterebbe maggior spazio e riconoscimenti nel mondo della moda fotografica perchè ha una storia molto impattante che può far capire cosa l’ha portata a creare il suo stile.

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  109. Riccardo Bianchi   30 Marzo 2023 at 16:30

    Dopo aver letto questo articolo sulla figura di Lee Miller ho potuto approfondire l’importanza che questa artista ha avuto nella costruzione dell’immaginario della moda nel suo tempo. Attraverso la lettura del testo, ho potuto comprendere come la Miller fosse una fotografa estremamente versatile, in grado di rendere interessanti abiti modesti sia in studio che en plein air. Inoltre, la sua tavolozza di colori era delicata e sorprendentemente efficace, caratteristica che le ha permesso di dare un importante contributo alla fotografia di moda.
    Dopo aver svolto la sua attività di reporter di guerra, tuttavia, sembra che Miller abbia perso interesse per la moda e che la sua depressione abbia influito sulla sua relazione con la fotografia. Nonostante ciò, le sue foto per Vogue sono comunque da considerare ragguardevoli, e sono almeno pari a quelle scattate dai suoi principali rivali nella redazione di Londra. Personalmente, trovo molto interessante il fatto che Lee Miller abbia lasciato la fotografia per dedicarsi alla passione culinaria, creando una sorta di ricettacolo culturale nella sua casa di campagna con Roland Penrose. Alla fine, la figura di Lee Miller è un esempio di come l’arte possa essere estremamente versatile e come un artista possa evolversi nel corso della propria carriera, lasciando un’impronta significativa in diversi campi.

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  110. Alessandro Diego   1 Aprile 2023 at 11:24

    Lee Miller è stata una fotografa e artista americana nota per il suo lavoro con il movimento surrealista. è stata una figura chiave sia come artista che come musa.
    La sua vita ebbe una svolta importante nel 1929 quando si trasferì a Parigi per lavorare con il fotografo surrealista Man Ray, diventando la sua musa ispiratrice.
    Durante il suo tempo con Man Ray, ha sviluppato le sue abilità fotografiche e ha iniziato a creare delle opere d’arte surrealiste. Ha sperimentato tecniche innovative come il fotomontaggio e la sovraimpressione per creare immagini strane e suggestive.
    In particolare, la sua esperienza come fotografa di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale ha avuto un impatto significativo sulla sua visione del surrealismo. Le sue fotografie di cadaveri e di scene di distruzione durante la guerra rivelano una visione del mondo estremamente cruda e spesso disturbante, che spesso viene considerata come una forma di surrealismo “nero”.
    Il lavoro di Miller si distingue per la sua forte attenzione ai dettagli e alla precisione tecnica. Questo stile può essere visto come un tentativo di conciliare l’irrazionalità del surrealismo con la precisione della fotografia.
    Il suo surrealismo è stato un’esplosione di creatività e immaginazione che ha sfidato le convenzioni dell’arte e della società. Miller è stata in grado di catturare l’essenza del movimento surrealista con la sua abilità di mescolare il reale con l’irreale, il conscio con l’inconscio, e creare immagini che trasmettono una sensazione di mistero e meraviglia. La sua fotografia è stata una testimonianza della sua mente visionaria e del suo spirito libero, che ha ispirato molti artisti e fotografi successivi. è stata una figura rivoluzionaria del surrealismo e il suo lavoro rimane una fonte di ispirazione per coloro che cercano di esplorare l’immaginazione e la creatività senza limiti.

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  111. Emanuela Petrillo LABA   1 Aprile 2023 at 16:50

    Lee Miller fu una fotografa surrealista e modella statunitense che operò durante il secolo scorso.
    Dapprima modella, decise successivamente di volersi spostare dall’altra parte della fotocamera.
    Ma purtroppo non fu affatto facile.
    Infatti, anche se durante la sua carriera di modella fu acclamata da moltissimi, non fu lo stesso per quella di fotografa.
    La Miller si insediò in un contesto socio-culturale altamente misogino, rivendicando il diritto di fotografare che era considerato per soli uomini.
    Inoltre l’essere stata modella probabilmente non aiutò, in quanto costruì attorno a sé un ideale di bellezza, agli occhi della società, che a quell’epoca non poteva assolutamente essere accompagnato da un cervello pensante, prestante e performante in quanto donna.
    La donna poteva essere associata unicamente alla sfera estetica, solo come un oggetto utilizzabile per accompagnare il lavoro di artisti uomini.

    Nonostante il contesto contro cui dovette assolutamente lottare creò alcune delle fotografie, o per meglio dire memorie, più importanti della storia dell’umanità a mio parere.
    Il suo approccio era, almeno all’inizio, puramente surrealista.
    Il surrealismo fu un movimento artistico-letterario, caratterizzato da un fascino per l’irrazionale e il bizzarro. I surrealisti volevano stabilire nuovamente il potere creativo dell’inconscio sulla razionalità, ormai predominante nella società.
    Questo approccio per la Miller non fu utilizzato unicamente per le opere artistiche che creò, ma è un vero e proprio approccio che lei rivolge al turbinio della vita.

    Probabilmente il suo particolare approccio alla vita fu scatenato da un’infanzia caratterizzata da eventi assolutamente spiacevoli, come lo stupro che subì da parte di un amico di famiglia.
    La Miller ricevette anche delle cure per il suo benessere psicologico, che probabilmente non fecero altro che creare all’interno di essa un’idea irrequieta della vita, dell’amore e del sesso.
    Inoltre vivette la morte di alcuni fidanzati, peggiorando il trauma irrisolto.
    Tutti questi eventi vissuti durante la giovinezza accompagnarono il suo approccio ai rapporti interpersonali durante l’età adulta. Infatti costantemente alla ricerca di nuovi stimoli, annoiata dalla stabilità e invariabilità che un rapporto poteva offrirle, lasciò il suo primo marito, sposandosi con un uomo, e dando inizio ad un nuovo ulteriore rapporto con un altro.
    Onde da me giudicare, il problema non sta nella poliamorosità, nei rapporti non continuativi, ma nell’approccio che probabilmente lei aveva verso questi ultimi. Infatti, a parer mio, a causa della sua insaziabile voglia di cambiamento e ricerca continua di irrazionalità era spinta da uno stimolo ad un altro, annoiata.

    Questa irrequietezza subì un drastico aumento a seguito della seconda guerra mondiale. Infatti la Miller riuscì a divenire reporter, scattando numerose fotografie a testimonianza dell’orrore nazista di un valore inestimabile.
    Probabilmente la visione di queste scene da una parte la stimolarono, avendo la volontà di diffondere quanto più potesse gli orrori perpetuati dall’esercito nazista, ma dall’altro lato la corrosero in quanto a seguito della guerra il suo metro di paragone dell’orrido aumentò, e di conseguenza si ritrovò costantemente alla ricerca di nuovi stimoli cadendo in una forte depressione.
    Anche in questo caso è da notificare il forte carattere della Miller, che in un modo o nell’altro riuscì a calarsi in un contesto prevalentemente maschilista, ossia quello dell’esercito in trincea.

    In questo caso però la Miller si allontanò dal proprio stile surrealista, che probabilmente percepiva come un’etichetta troppo stretta, volendo esprimere la disumanità della guerra, per come quest’ultima, in maniera fredda e violenta, si presentava.

    Personalmente ritengo che non ci sia modalità migliore per spiegare la moltitudine di sfaccettature che caratterizza la Miller se non attraverso una sua opera.
    L’opera in questione è “Portrait of space” del 1937, che scattò durante la sua permanenza in Egitto, all’epoca del suo primo matrimonio.
    In primo luogo salta all’occhio la mancanza di un soggetto tradizionale, e la presenza di un paesaggio.
    Dando uno sguardo leggermente più attento sarà possibile delineare attorno a questo paesaggio una serie di cornici.
    Oltre a quella tradizionale, attorno alla foto stessa, sono raffigurati una serie di scorci (ad esempio attraverso la rete bucata o la cornice a mezz’aria).
    Ciò porta lo spettatore a decidere qual è il soggetto del ritratto, a seconda di dove vuol rivolgere il proprio sguardo.
    In questo caso la nota surrealista è altamente presente, infatti distruggendo i concetti a priori che dominano la nostra razionalità mentale, provoca un’azione (ossia la ricerca del soggetto) accompagnata dall’irrazionalità, che è la unica capace di portare lo spettatore a crearsi una propria idea distaccata dalle convenzioni.

    Personalmente ci vedo un’analogia con la storia della Miller, e in particolare il momento della sua vita in cui l’ha scattata.
    Chi guarda si annovera il compito di definire quale sia il soggetto principale, esattamente com’è accaduto a lei.
    Infatti il contesto misogino in cui si è introdotta per divenire una fotografa di successo l’ha giudicata prontamente, definendola prescindendo da ciò che lei voleva dire, da ciò che lei voleva mostrare.
    Quindi posso quasi azzardare che è come se lei si fosse rappresentata in questo scatto, e noi, soggetti esercenti di coscienza che la guardiamo, ci annoveriamo il compito di definire quale sia il soggetto della foto.

    Questo potrebbe entrare in contrasto con una delle sue celebri frasi “preferisco fare una foto che essere una foto”, ma come da buon surrealista qual era non fa altro che scuotere i principi della razionalità a cui ci affidiamo.
    Infatti, secondo questa visione, lei nella foto non c’è ma allo stesso tempo c’è, è solo una questione di percezione.

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    • Lamberto Cantoni
      lamberto cantoni   2 Aprile 2023 at 11:33

      Interessante la tua lettura di Portrait of space. Però in non vedo una contraddizione con la celebre dichiarazione: “preferisco fare una foto che essere una foto”. Se seguo la tua argomentazione arrivo a pensare che in molti scatti LM metteva se stessa. Ma “essere nella foto” non ha lo stesso significato di “essere una foto”! Quindi nessun contrasto con la dichiarazione citata e nemmeno con la razionalità.

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  112. Valentina Spadoni   2 Aprile 2023 at 19:53

    Articolo molto interessante, che mi ha portata alla scoperta di un personaggio di cui purtroppo non avevo conoscenza. Lee Miller può essere definita una vera e propria icona del Novecento. Libera, coraggiosa, determinata, un personaggio fuori dagli schemi e dalla mente brillante.
    Prima come modella e in seguito come fotografa, il mondo della moda l’ha accompagnata per un’importante parte della sua vita, una vita non facile.
    Lee Miller ne ha vissute tante e ne ha sapute raccontare tante. Una donna con grande carattere, di cui sono entusiasta di aver conosciuto la storia e l’eccezionale lavoro.

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  113. Giacomo Casadio   3 Aprile 2023 at 13:47

    Lee Miller è stata una fotografa straordinaria che ha lasciato un segno indelebile nel mondo della fotografia. La sua carriera è stata incredibilmente variegata e versatile, spaziando dal fotogiornalismo alla moda, dalla fotografia artistica al surrealismo.
    In particolare, il suo periodo surrealista è stato caratterizzato da una grande creatività e sperimentazione, che l’hanno portata a creare immagini straordinariamente suggestive e oniriche. Le sue fotografie mostrano una grande capacità di trasformare la realtà in un mondo di fantasia, in cui oggetti e persone assumono significati nuovi e inaspettati.
    Ma Miller è stata anche una fotografa impegnata, che ha documentato gli orrori della guerra e le conseguenze del conflitto sulle persone e sui paesaggi. In questo senso, la sua carriera fotografica è stata anche una testimonianza della storia del XX secolo e dei grandi eventi che hanno segnato quel periodo.
    In sintesi, Lee Miller è stata una fotografa eccezionale, che ha saputo unire la creatività artistica alla sensibilità sociale e politica. Le sue fotografie sono un patrimonio prezioso per la cultura e la storia della fotografia, e rimangono tutt’oggi fonte di ispirazione per molti fotografi e artisti contemporanei.

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  114. Francesca Saccone   3 Aprile 2023 at 23:03

    Sono rimasta particolarmente colpita dal carisma, la determinazione e la ricerca di indipendenza che contraddistinguono Lee Miller. Nasce a NY da una famiglia benestante: il padre era appassionato di fotografia, fu la prima persona ad utilizzarla come soggetto per i suoi ritratti. A soli vent’anni , il volto di L.M. era sulle copertine delle più prestigiose riviste di moda (Vogue, Vanity Fair) ; posò come modella per il noto fotografo Man Ray , divenendo successivamente sua musa, assistente e amante. Negli anni ‘40 iniziò per lei una nuova carriera: venne accreditata presso l’esercito degli Stati Uniti come corrispondente di guerra, periodo in cui riuscirà a dare il proprio contributo attraverso scatti insoliti e “contaminati” dal periodo surrealista parigino. Credo abbia senso effettuare un parallelismo con Claude Cahun, artista e fotografa francese, esponente del surrealismo: entrambe con percorsi di vita decisamente tortuosi (C.C. subì persecuzioni antisemite in quanto ebrea e la madre venne interrata a causa di disturbi psichiatrici) e desiderose di abbattere le “etichette” imposte dalla società.

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  115. Tommaso De Guglielmo   5 Aprile 2023 at 11:09

    Lee Miller è stata una fotografa e modella americana, nota soprattutto per il suo lavoro come fotografa di guerra durante la seconda guerra mondiale. Tuttavia, prima di diventare fotografa, ha avuto una carriera di successo come modella a New York e a Parigi, lavorando con fotografi come Edward Steichen e Man Ray.

    È stato proprio Man Ray a introdurre Lee Miller al movimento artistico del Surrealismo, dove lei è stata un’importante figura femminile. La figura della donna nel Surrealismo è stata spesso rappresentata in modo contraddittorio e complesso.

    Da un lato, le donne nel Surrealismo sono state spesso rappresentate come oggetti di desiderio sessuale e come figure passive e sottomesse, spesso oggettificate e idealizzate. Questo ha portato a una critica del movimento da parte di alcune femministe, che hanno visto il Surrealismo come un’ideologia maschilista. D’altra parte, alcune artiste donne hanno giocato un ruolo importante nel movimento Surrealista, come ad esempio Leonora Carrington, Remedios Varo, e ovviamente Lee Miller. Queste donne hanno usato la loro arte per esplorare la loro identità femminile e per sfidare i ruoli tradizionali della donna nella società. Le opere di queste artiste spesso affrontavano temi come la sessualità femminile, la maternità e la violenza contro le donne. Inoltre, il movimento Surrealista ha contribuito a creare uno spazio per le donne artiste nella società dell’epoca, dando loro la possibilità di esprimersi in modo creativo e innovativo. Tuttavia, è importante notare che questo spazio creativo spesso era limitato, e le donne artiste nel Surrealismo spesso erano costrette a lottare per il riconoscimento e il rispetto all’interno del movimento.

    Miller in seguito divenne la musa e l’amante di Man Ray, lavorando con lui sia come modella che come assistente nel suo studio parigino. Insieme, hanno sviluppato una tecnica fotografica chiamata “solarizzazione”, che ha contribuito alla loro fama nel mondo dell’arte.
    Miller ha poi intrapreso una carriera fotografica indipendente, lavorando per importanti riviste come Vogue e Harper’s Bazaar. Ha anche documentato la vita degli artisti del movimento surrealista, come Salvador Dalí e Max Ernst, e ha continuato a sviluppare il suo stile fotografico unico.

    Durante la seconda guerra mondiale, Miller è diventata una corrispondente di guerra per la rivista Vogue, documentando la vita quotidiana degli inglesi durante i bombardamenti nazisti e la liberazione dei campi di concentramento. La sua esperienza di guerra ha influenzato il suo lavoro successivo, che si è concentrato sulla fotografia documentaristica.

    Lee Miller è stata una fotografa eccezionale e versatile che ha contribuito notevolmente al movimento Surrealista. Il suo lavoro rimane un importante esempio di fotografia d’arte e documentaristica del XX secolo. Possiamo definirla come una figura stabile di quel secolo, la quale è stata in grado di dimostrare alla società del tempo come la figura della donna sia e sarà per sempre onnipresente nel mondo artistico.

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  116. tom   5 Aprile 2023 at 19:14

    Devo dire che conosco persone molto simili a Lee Miller purtroppo o per fortuna, e i loro caratteri molto liberi sono per me una forma sia di ispirazione ma allo stesso tempo sono un metro di misura che uso per confrontarmi nella vita di tutti i giorni. In ogni caso non posso non apprezzare che per il periodo storico nel quale ci troviamo Lee è come se ci sguazzasse tranquillamente a differenza di molte altre donne, trovando vie secondarie per rompere la società, una donna al quanto furba, inoltre ho apprezzato la sua tecnica fotografica, a par mio innovativa per il tempo che era, purtroppo, oggi quelle foto sono così stra utilizzate che non se ne riesce più ad apprezzarne il valore, nonostante dietro ci siamo degli studi tecnici ben precisi.

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  117. Caterina Laba   5 Aprile 2023 at 20:15

    Nata nel 1907 a New York , Lee Miller rappresenta una delle pioniere ad essersi imposta nel mondo della fotografia. Nata da una famiglia benestante americana, sin da piccola cresciuta in un ambiente che l’ha portata ad avere un idea distorta di se stessa e del rapporto con l’altro sesso, in primis fotografata nuda in tenera età dal padre ed a seguire i due suoi ragazzi o meglio pretendenti morti in sua presenza hanno segnato la giovane, che nei suoi primi vent’anni decide di andare a Parigi per trovare una sua strada, non più come modella ma come fotografa. A Parigi entra nella bottega di colui con cui tutt’ora viene ricordata “Lee Miller la musa di Man Ray”, un titolo che le stava stretto, lei era nel campo a fotografare, la stessa solarizzazione, invenzione pioneristica e surrealista di Man Ray, effettivamente non si sa se sia stata lei a scoprirla, stesso interrogativo è presente su molti lavori del celebre fotografo. Chiusa questa parentesi che le ha dato una base solida sulla fotografia, La Miller interrompe la relazione con il suo maestro ed intraprendente una sua strada nel surrealismo fotografico, sfociato in denuncia di guerra con apice la foto nella doccia di Hitler. Lee, anche se ricordata con un ruolo secondario all’interno della storia della fotografia, rilegata spesso agli intercorsi amorosi e sessuali con gli uomini nella sua vita che l’hanno fatta criticare come promiscua, rappresenta una delle pioniere nella fotografia, temeraria nelle foto di reportage, sempre in prima linea , come la sua coetanea Margaret Bourke White. Come La Miller Margaret rappresenta la donna che voleva essere la prima in tutto negli ambiti fotografici, partita dalle fotografie industriali che narravano la nuova industrializzazione finite anche come copertina della celebre rivista “Life”con la foto dell’acquedotto, prima tra i fotoreporter nei cambi di concentramento e prima donna ad entrare nelle forze aviatore per fotografare. Sulla stessa vena surrealista Di Lee Miller ritroviamo Claude Chaun, fattasi strada in un mondo bigotto portando l’immagine di una donna che non rientrava negli standard della società come allo stesso modo Diane Arbus, la fotografa dei “freaks”. Non surreale nel modo in cui faceva i ritratti ma altrettanto rivoluzionaria nella scelta dei soggetti visti in una chiave normale e non grottesca. Tutte donne che come la Miller hanno cambiato la visione della fotografia in un secolo in cui la donna era sottostante all’uomo.

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  118. Letizia Ventura (laba cinema 2)   7 Aprile 2023 at 22:18

    “PASSIONALE”.
    Io trovo Lee Miller passionale, una donna passionale, un’artista passionale.
    Penso che nella sua vita la passione sia stata fondamentale sia a livello sentimentale e sia a livello lavorativo.
    Passionale e determinata.
    Nonostante i traumi e i dolori che ha vissuto, è riuscita, con determinazione, grinta e volontà ha raggiungere obbiettivi sbalorditivi.
    Nel ‘900 per una donna non era facile affermarsi, ma Lee Miller voleva essere qualcuno, voleva con tutta se stessa abbattere lo stereotipo della donna sempre un passo più indietro dell’uomo e c’è riuscita. Le persone, sopratutto gli uomini, vedevano in lei solo la bellezza e non davano peso ed importanza ai suoi lavori, ma Man Ray riconobbe in lei il talento, oltre che la bellezza.
    Io penso che ci fosse una sorta di competizione in Man Ray, sicuramente era follemente innamorato della sua bellissima compagna Lee Miller, ma penso che avendo visto il suo talento temesse di risultare lui un passo dietro a lei, e forse è anche per questo che nelle opere realizzate da entrambi appare solo la sua firma.
    Io ammiro da donna il suo modo di affondare la vita che si riflette anche nelle sue fotografie.
    Ammiro la sua forza, le sue fragilità e la sua arte.
    Ammiro il suo essere passionale in amore ma anche in fotografia.

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  119. Marianna Pati   9 Aprile 2023 at 19:55

    Leggendo i diversi squarci di vita dell’omonima fotografa Lee Miller, sono rimasta affascinata dal suo carattere e, in particolare, dalla sua intraprendenza. Probabilmente però, come ha detto lei, non dovremmo soffermarci solo su questo perché lei è stata oltre una grande donna, anche una validissima fotografa, reporter e modella.
    Tuttavia, mi è quasi impossibile scindere il lato personale da quello professionale poiché é evidente che lei ci mettesse tutta se stessa nelle foto, i suoi scatti sono la manifestazione stessa della sua personalità. Difatti, Lee Miller nella vita come nel lavoro voleva essere una protagonista (in primis con la carriera da modella che le stava altamente stretta, poi negli anni della guerra in cui volle partecipare attivamente per denunciare gli orrori della battaglia).
    Per quanto riguarda la produzione fotografica durante gli anni della seconda guerra mondiale, ella stravolge altresì gli schemi e la percezione della guerra.
    Con la nascita e la diffusione della propaganda nazista (1924), gli intenti principali erano sia quello di alterare l’idea di guerra nell’immaginario collettivo, facendola apparire come un dovere, un sacrificio da compiere per la protezione della propria patria; sia quello di inculcare il messaggio che la “razza” ebrea doveva essere in tutti i modi sterminata. Qualunque mezzo di comunicazione ne era coinvolto, molto spesso distorcendo le informazioni reali a proprio favore.
    Lee Miller invece, affronta la crudezza della guerra, fotografa le macerie, dei prigionieri liberati in abito da prigione a strisce accanto ad un mucchio di ossa di corpi bruciati nel crematorio, una guardia delle SS deceduta nel canale di Dachau, e addirittura si immortala nella vasca di Hitler mentre si faceva un bagno.
    Non esiste un’interpretazione per queste foto perché sono già così indubbiamente dirette e agghiaccianti. Inoltre, quasi tutte le sue opere sono scattate in bianco e nero e, a mio parere, è anche questo un elemento caratteristico della sua arte. Nonostante la fotografia a colori sia stata inventata da Thomas Sutton nel 1861, lei sceglie comunque di disfarsi dei colori nella maggior parte delle foto. Forse lo fa perché, in qualche modo i colori possono distrarre dal focus principale. In ogni caso, trovo che questo sia un espediente per far riflettere maggiormente su ciò che abbiamo davanti, sul clima e gli stati d’animo che la fotografa vuol comunicare.

    Per concludere, vorrei ribadire quanto questa donna fosse straordinaria per aver fatto della fotografia un’esperienza immersiva a volte anche spaventosa, nonostante il mondo in quegli anni non fosse molto aperto a una simile novità.

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  120. Antonio Ricco'   17 Aprile 2023 at 14:48

    Ho letto con grande interesse l’articolo sulla mostra dedicata a una delle fotografe più talentuose del Novecento. È stato affascinante scoprire il contesto artistico del periodo in cui il Surrealismo stava diventando un movimento di avanguardia, e come l’incontro tra Lee Miller e Man Ray a Parigi abbia influenzato il lavoro di entrambi gli artisti. Lee Miller è stata in grado di catturare l’essenza del surrealismo nella vita quotidiana, creando immagini uniche che vanno oltre il significato immediato degli oggetti fotografati.

    La descrizione delle due fotografie in mostra, una che ritrae Picasso e l’altra che mostra Lee Miller in una situazione particolare, ha suscitato in me un forte interesse. L’autore ha spiegato il significato e la messa in scena delle immagini, definendole come un “avvertimento inderogabile”. La sua analisi della specifica organizzazione degli oggetti inquadrati nel campo fotografico mette in evidenza la profondità e la complessità dell’arte fotografica.

    La mostra “Surrealist Lee Miller” è un’occasione unica per apprezzare il lavoro di un’artista straordinaria, e il curatore Antony Penrose ha fatto un ottimo lavoro nel preservare l’eredità dei suoi genitori. Consiglio a tutti gli appassionati di fotografia e arte di visitare la mostra e scoprire di persona la bellezza e la maestria del lavoro di Lee Miller. L’articolo è stata una lettura appassionante che mi ha fatto desiderare di approfondire ulteriormente questo straordinario artista e il suo lavoro.

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  121. Aurora LABA   17 Aprile 2023 at 17:08

    Articolo molto interessante come la fantastica Lee Miller icona del 900. Donna fantastica prima come modella e poi come fotografa; ha saputo stravolgere la sua carriera rendendola unica, variegata, versatile sia in ambito della fotografia che della moda. Sono contenta e ringrazio per aver scoperto quest’artista in grado di trasformale gli ambienti e gli spazi reali in fantasia ma rimanendo comunque con un grande significato; come le fiabe che vedevo da piccola.

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  122. Filippo Maiani   20 Aprile 2023 at 16:25

    Sono rimasto molto colpito da “Surrealist Lee Miller”. La mostra, curata dal figlio della fotografa, Antony Penrose, offre un’opportunità unica di conoscere la vita e l’arte di una delle fotografe più originali del XX secolo.

    L’incontro tra Lee Miller e Man Ray a Parigi negli anni ’20 è stato descritto in modo così coinvolgente che ha aggiunto un tocco di romanticismo alla storia, facendomi apprezzare ancora di più la figura di Miller, grazie anche a come l’autore ha descritto in modo dettagliato la tecnica fotografica di Miller, che riesce a catturare l’aspetto surreale della vita quotidiana in modo originale e traslucido.

    La descrizione della vita privata di Miller, compresa la sua relazione con Roland Penrose, dimostra l’influenza della vita personale sull’arte. Le due fotografie celebri della mostra, quella di Picasso e quella di Miller che si lava nella vasca da bagno di Hitler, sono state descritte in modo suggestivo e affascinante.

    ho anche apprezzato come l’articolo ha messo in evidenza l’importanza dell’arte come strumento per creare significati ed emozioni, e ha spiegato in modo chiaro il concetto di creare uno spazio autonomo tra il piano di realtà e le significazioni normalmente aggregate ad essa, e l’articolazione del campo fotografico.

    sono rimasto molto colpito dal lavoro di Miller e non posso che esprimere come mi piacerebbe visitare la sua esposizione di persona.

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  123. Camilla Frongia   26 Aprile 2023 at 16:55

    Il brano in questione presenta la storia della fotografa Lee Miller, una donna che ha vissuto una vita incredibilmente avventurosa e coraggiosa. Non solo è stata una fotografa di guerra di successo durante la seconda guerra mondiale, ma ha anche lavorato come modella per il celebre fotografo Man Ray e come corrispondente di guerra per la rivista Vogue. La sua vita è stata caratterizzata dalla ribellione contro i ruoli di genere tradizionali e dalla determinazione di vivere la sua vita come desiderava, senza lasciarsi limitare dalle aspettative degli altri.

    Ciò che mi colpisce di Lee Miller è il suo spirito avventuroso e la sua dedizione alla fotografia. Nonostante le difficoltà incontrate durante la guerra, ha continuato a documentare gli orrori del conflitto con coraggio e devozione, utilizzando la sua macchina fotografica per raccontare la verità sulle atrocità che si svolgevano. Questo è un esempio di come l’arte possa essere utilizzata per trasmettere un messaggio importante e di come una singola persona possa fare una differenza significativa nel mondo.

    Inoltre, l’aspetto ribelle di Lee Miller ispira a seguire i propri sogni e a non lasciarsi limitare dalle aspettative della società. La sua determinazione nel vivere la sua vita come desiderava è un esempio per tutti noi, in particolare per le donne che lottano per trovare la loro voce in un mondo ancora dominato dagli uomini. La sua vita ci ricorda che possiamo fare ciò che vogliamo e che non dobbiamo avere paura di essere diversi o di andare controcorrente.

    In conclusione, il brano su Lee Miller mi ha fatto riflettere sulla sua vita straordinaria e sulla forza che ha dimostrato nel perseguire i suoi sogni. Spero che la sua storia continui ad ispirare altre donne a lottare per i loro diritti e a vivere le loro vite come desiderano.

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  124. Arianna Pagnoni   3 Maggio 2023 at 17:50

    Lee Miller sicuramente una donna da stimare oltre per la sua bravura, sopratutto per il suo coraggio, e determinazione, il suo modo di vedere le cose.
    Iconica per aver documentato i campi di concentramento.
    Una delle sue foto preferite e senza dubbio, quella scattata nel 1945, quando, una volta liberati i campi di concentramento, con il coraggio che solo lei può avere, irrompe nella casa di Hitler.
    Ma solo Lee Miller poteva avere la sfrontatezza, e il geniale colpo creativo di riprendersi mentre si lava nella vasca da bagno. Forse per Lee Miller esprimeva ben altro. Quello scatto nella vasca da bagno era un ripulirsi dall’orrore che aveva visto all’interno dei campi e dall’orrore che provava per il proprietario della vasca.
    Questa sarà una delle immagini più significative della sua intera carriera,
    Fotografia, in bilico fra documentazione e messa in scena.

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  125. lorenzo dellapasqua   6 Maggio 2023 at 15:28

    Mi piacerebbe partire evidenziando la scarsità delle informazioni in possesso al sottoscritto riguardo all’argomento trattato, problematica che purtroppo mi accompagna spesso quando vado alla ricerca di nuovi (nuovi per me stesso, non per il mondo intero evidentemente) artisti da scoprire. Questo comporterà un commento perlopiù guidato da flussi di coscienza e emozioni di pancia che sono fuoriusciti subito dopo la lettura dell’articolo. Messe le dovute mani avanti, parliamo di Lee Miller.

    Credo fermamente che sia impossibile scindere i trascorsi personali di un artista dal suo lavoro, nella misura in cui una fotografia (in questo caso specifico) acquista significato o ribalta completamente le aspettative iniziali dopo aver scoperto come, quando, chi e perché è stata scattata (anche se ricordiamo sempre che non siamo esseri onniscienti, perciò bisogna riconoscere il limite dell’interpretazione personale o culturalmente riconosciuta, sopratutto se riguarda un artista defunto che, banalmente, non può dirci la sua). Forse per il lettore sto parlando di banalità, ma ci tengo a precisare che non sto parlando di relazione tra vita e opera nel senso espresso, ad esempio, dal fenomeno della cancel culture. Quando parlo di trascorsi personali, intendo la vita dell’artista nel senso stretto della parola, cioè non tanto le azioni, ma le emozioni, lo sguardo sul mondo, le cicatrici, i traumi, le scelte. E di uso comune pensare che un opera diventi universale quando assume “una vita propria” e continui a parlare alle generazioni future postume all’artista, risultando un essere a se stante. Ma questo pensiero non tiene conto della natura intrinseca di ogni opera artistica di ogni genere presente sulla terra: cioè che è stata creata da essere umani per esseri umani (sia che il destinatario sia se stesso o un “pubblico” futuro o presente). Ci dimentichiamo spesso delle mani umane che ci sono dietro a qualsiasi cosa fruiamo su internet o intorno a noi. Questa mano non può essere ignorata, e va presa in considerazione quando parliamo di una qualsiasi opera d’arte. Questo processo di “attribuzione creativa” é importante tanto quanto il contesto storico per un saggista medioevale, per fare un esempio stupido.

    Ecco che, tornando a noi, la mano (parlo di mano come esemplificazione di valori, emozioni, trascorsi, pensieri, insomma di stile se vogliamo dirlo così) della Miller é qualcosa che di certo é impossibile da non considerare. A mio avviso esistono pochi altri artisti dello stesso calibro che hanno lasciato un impronta così definita nelle loro opere (e di riflesso nella storia). Questo perché il surrealismo tanto “usato” dalla Miller è un prodotto della mente umana: il sogno, il rituale, il mistero, anche il paranormale se vogliamo sono elementi che esistono nel momento in cui li pensiamo (o qualcuno li ha pensati prima di noi). Il divergere dalla realtà estraniandosi dal percepibile, per poi perdersi in un superuranio fatto di mondi nascosti sotto la superficie e grandezze interplanetarie non misurabili è alla base del nostro modo di percepire il mondo che ci circonda, la stesso motus operandi che da vita al superpotere dell’essere umano: la creatività.

    Ed è proprio nascendo con questo spiccato modo di vedere il mondo intorno a sé che Lee Miller rimane alla storia come una delle più grandi fotografe di tutti i tempi, riuscendo perfettamente sia a ricreare una verità non più tangibile, sfuggente, palesatasi in fronte alla camera al momento dello scatto; sia a stimolare nella mente dello spettatore (lo preferisco invece di osservatore in questo caso) lo spettacolo macabro del dubbio del non reale, lasciandolo inerme davanti al dittico della realtà percepita e la realtà immaginata. Dubbio perché il surrealismo credo racchiuda in se alcune domande fondamentali che spesso ci chiediamo : lo sto vedendo davvero? Cosa sto guardando? Cosa esiste la fuori che non posso ne vedere ne sentire?

    Concludendo, il potere della Miller è quello di saper miscelare la consapevolezza di non sapere davvero cosa ci si palesa davanti ai sensi, alla possibilità di istillare desiderio di astrazione dalla realtà anche in scatti assolutamente documentativi. Cosi facendo riesce a intrappolare l’impossibile all’interno di un contesto possibile come la fotografia, dando vita a scatti che rimandano ad una soggettività artistica proprietaria della Miller e nessun altro. Ricollegandomi al discorso di prima, non crea opere a se stanti ma prodotti della propria personalità che a quel punto diventano davvero universali. Crea oggetti che contengono l’essenza stessa dell’essere umano.

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  126. Siria laba   10 Maggio 2023 at 23:17

    Lee Miller ha lasciato una traccia indelebile nella storia del 900, mirando
    all’abolizione delle convenzioni sociali, entrando in un ambiente dedicato agli uomini e cercando di farsi riconoscere attraverso la sua arte.
    Non conoscevo in modo così approfondito la storia di questa donna dalle “mille vite”, chiamata così per il cambiamento costante della sua vita privata e artistica.
    Mi ha colpito molto la determinazione con cui riesce a portare avanti i suoi ideali in un contesto cosi sfavorevole per una donna, costretta a vivere in una società restrittiva, che vedeva la donna solamente come una musa, non badando all’arte che realizzava.
    Nasce a New York e fin da piccola fu avvicinata alla fotografia e alla bellezza della camera oscura grazie al padre che la usava per i suoi ritratti.
    Nel 1915, all’età di 8 anni, le viene chiesto dal padre di posare nuda, uno scatto inusuale, che però la avvicinò per la prima volta ad un tipo di fotogrfia anticonformista.
    1929 si trasferì a parigi, e venne assunta da Man Ray come assistente e modella, da lui imparò molto sulla fotografia e con i suoi insegnamenti lo prevalse tanto che Man Rey si prese il merito di alcuni suoi lavori e della scoperta della solarizzazione.
    Dopo pochi anni, torna a New York e apre il primo studio fotografico diretto da una donna, lavorò sulla fotografia di moda, sul surrealismo e sul reportage, ed infrangendo la regola di non avvicinarsi troppo al fronte realizzò delle fotografie che mostrarono la dura realtà della guerra.
    Ammiro molto le sue fotografie, Lee Miller non voleva essere la foto, voleva realizzarla, voleva vivere appieno la fotografia.

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  127. Andrea Casadei LABA   11 Maggio 2023 at 10:24

    Lee Miller (1907-1977) è stata una fotografa, modella e artista statunitense. Ha iniziato la sua carriera come modella per importanti riviste di moda come Vogue e Vanity Fair, ma poi si è interessata alla fotografia e ha iniziato a lavorare come assistente di Man Ray a Parigi, sviluppando insieme a lui la tecnica della solarizzazione. Durante la seconda guerra mondiale, Miller ha documentato gli orrori della guerra come fotografa di guerra per la rivista Vogue e dopo la guerra ha continuato la sua carriera come fotografa, pittora e scultrice. La vita di Lee Miller è stata una serie di esperienze straordinarie che hanno influenzato la sua arte. Ha visto il meglio e il peggio dell’umanità durante la sua esperienza di guerra e ha catturato la bellezza e l’orrore della vita in modo unico e innovativo. Lee Miller ha avuto un impatto significativo sulla fotografia e il design grazie alle sue innovazioni artistiche e al suo approccio unico. Come fotografa di moda, ha influenzato molti professionisti con il suo approccio innovativo e insieme a Man Ray, ha sviluppato la tecnica della solarizzazione, che ha influenzato molti artisti successivi, tra cui Ansel Adams e Jerry Uelsmann. Le sue fotografie di guerra sono state innovative e intense, influenzando molti altri fotografi di guerra, tra cui James Nachtwey e Sebastião Salgado. La sua esperienza nella pittura e nella scultura ha avuto un impatto significativo sulla sua fotografia, con opere come “Head of a Woman” che hanno influenzato molti artisti successivi. In sintesi, l’eredità artistica di Lee Miller ha influenzato la storia dell’arte e molti altri artisti grazie alla sua tecnica di solarizzazione, alle sue fotografie di guerra e alle sue opere di pittura e scultura.

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  128. Manuel LABA   18 Maggio 2023 at 13:38

    Oltre ad essere stata una grande modella, Lee Miller ha svolto un importantissimo lavoro di reportage fotografico durante la Seconda Guerra Mondiale. Affrontare un lavoro del genere, ritrovarsi nei luoghi dove avvenivano gli scontri della guerra, per una donna in quel periodo storico doveva essere una grande impresa.
    Ha svolto un ruolo fondamentale nel suo lavoro di reportage, oltre alla sua forte passione, la sua forza di volontà, voler superare i suoi limiti ed i limiti imposti dalla società dell’epoca.

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  129. Laura Malpezzi LABA   24 Maggio 2023 at 15:00

    Lee Miller la descrivono come un’artista diversa, unica, coraggiosa e ribelle, capace di non piegarsi al volere della società patriarcale. Era una surrealista, un titolo che non molti artisti, nel corso della storia, hanno potuto ricevere. Il talento della Miller era spiccato e giusto per gli anni che stava attraversando, la sua arte era libera da ogni giudizio e da ogni vincolo che i primi anni del ‘900 potevano avere. Ma siamo così sicuri che Lee Miller fosse una donna completamente rivoluzionaria? La donna non ha mai negato di essere affascinante e che il suo fascino attirasse l’attenzione, infatti poneva sempre regole molto strette e precise a chiunque lavorasse con lei, in modo da non confondere le sue parole, i suoi gesti e le sue intenzioni. Ma credo che il successo della Miller non sia dovuto semplicemente alla sua bellezza o alla sua bravura. Viene subito specificato nell’articolo quanto il suo secondo marito, Ronald Penrose, eccellesse in molti campi dell’arte come la poesia, la fotografia, pittura, critica etc.. e avere un uomo così potente in questi ambiti sarà stato sicuramente un vantaggio per Lee Miller. Non riesco a non pensare a quante donne, ma in generale a quante persone di epoche passate che possedevano talenti straordinari, non siano mai state scoperte per colpa degli strati sociali o del patriarcato. Per una donna, durante i primi del ‘900, non era affatto facile poter sopravvivere da sola, molte erano mantenute dal marito, altre si dedicavano a lavoretti umili, ma avere un uomo potente al proprio fianca portava direttamente prestigio anche alla moglie. Siamo così sicuri che se Lee Miller non avesse sposato un professionista nell’arte, come Ronald Penrose, sarebbe quella che conosciamo oggi?

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  130. Emma Bonvicini   24 Maggio 2023 at 17:21

    Ho trovato molto interessante questo articolo, avevo già sentito parlare della fotografa Lee Miller ma non avevo mai approfondito la sua storia;
    é stata una delle fotografe di moda e reporter di guerra più importanti del novecento, ha avuto una vita sicuramente fuori dall’ordinario, caratterizzata da diversi traumi, che hanno contribuito a plasmare il suo carattere e l’approccio agli ambiti interessati.
    Ammiro molto la sua personalità così forte e determinante nell’ottenere ciò che voleva, nel portare avanti i propri ideali, ambizione non scontata considerando l’ambiente del tempo, l’emancipazione femminile non era cosa facile, le donne riuscivano ad emanciparsi con molta fatica;
    Personalmente, tra tutte le attività intraprese dalla fotografa, quella che ritengo più interessante è l’aver deciso, allo scoppio della seconda guerra mondiale, di partire e andare a svolgere la reporter di guerra, decisione che le fa onore, dimostrando grande coraggio soprattutto alla luce di una scelta presa in maniera autonoma, senza costrizioni;
    Ci ha lasciato scatti importantissimi nei quali ha voluto ritrarre la crudeltà, l’orrore, il dolore di quei momenti, da lei vissuti in prima persona, questa esperienza le ha lasciato tanto e non escludo che possa averla in un qualche modo traumatizzata, non è facile vivere e vedere le atrocità commesse in guerra rimanendone indifferenti;
    Forse, anche a causa di questa esperienza, la fotografa in seguito ha avuto un distacco dalla fotografia.

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  131. Lorenzo Midolo   25 Maggio 2023 at 14:09

    Con Lee Miller ho capito quanto sia difficile riuscire a separare la vita privata anche se molto ricca, dal lavoro e dagli avvenimenti che ci circondano.
    Nel suo caso stiamo guardando una donna che ha lottato, si è sporcata le mani per farsi notare, per farsi un nome, un titolo, in un mondo dove gli uomini hanno sempre la prima parola e l’attenzione del pubblico corrotto dal sistema dove si vede l’uomo come unica figura che si possa esprimere.
    Bhe a questo mondo Lee Miller possiamo notare che ha risposto con un fermo “NO” è riuscita con le sue abilità ad aggirare questo muro invalicabile che la bloccava, facendosi conoscere e imparando da uno dei migliori Man Ray.
    Il surrealismo possiamo dire che l’ha forgiata lungo tutta la sua vita, però anche lei ha contribuito a creare questo movimento.
    Quindi possiamo dire che gli elementi del surrealismo siano dentro la Miller come lei è dentro al Surrealismo stesso.
    Grazie comunque alle conoscenze, alle sue abilità e al suo carisma è riuscita a mantenere uno stile pressoché personale nelle sue opere e dimostrando a tutti la sua audacia nel continuare a lottare anche se il mondo non ti aiuta.
    “Sembravo un angelo fuori. Mi vedevano così. Ero un demonio, invece, dentro. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo sin da bambina” (Lee Miller).

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  132. Dario Tosto   27 Maggio 2023 at 10:54

    È sicuramente fondamentale ricordare gli artisti attraverso le loro opere e il più frequentemente possibile, sono d’accordo che ormai purtroppo l’attenzione ricade più su ciò che può creare mercato, quindi vita privata e gossip essenzialmente, più che sul vero e proprio pensiero artistico che ci presenta l’autore.
    È evidente guardando le sue foto della carriera di come Lee Miller aveva una visione unica ed originale, un vero e proprio spirito libero con il bisogno di esprimersi. Per questo mi hanno decisamente colpito di più gli scatti surrealisti di questa autrice, rispetto a quelli di moda, in quanto hanno una certa naturalezza e una fluidità d’immagine che vanno poi in contrasto con l’aspetto surrealista che riesce ad inserire.
    Anche se in realtà l’immagine che di più mi ha catturato l’occhio è Lee Miller nella vasca da bagno di Hitler. Questa foto l’avevo vista prima di sapere il background dello scatto, sfogliando tra le foto di Lee Miller per farmi un’idea prima di leggere il suo articolo e mi ha da subito colpito per la sua capacità di narrazione, è impossibile non notare lo sguardo della statuetta che subito crea dinamismo e ci chiediamo che cosa possa significare, un qualcosa di immobile che sembra stia sorvegliando la donna in un momento di estrema intimità. Dopodiché si nota il ritratto di hitler nello sfondo, che ci da un contesto, perlomeno del contenuto, di quest’opera. Mai mi sarei aspettato però che quella fosse la vasca del fuhrer, a questo punto diventa tutto evidente e credo che proprio per il gesto che sta alla base, aldilà della fotografia in se che reputo geniale, questo scatto sia la perfetta rappresentazione di Lee Miller.
    La vediamo anche in faccia e subito capiamo il perché fosse considerata un po’ la femme fatal e che tutti se ne innamorassero perdutamente. Tenendo questo in mente quindi è d’obbligo riconoscerle il merito, la bravura e spigliatezza nel riuscire ad emergere in un mondo e una società a quell’epoca totalmente patriarcale, dove le belle donne se erano famose è perché facevano la figura delle bamboline, non dicerto per la bravura artistica.
    Ritornando al punto iniziale per concludere, Lee Miller, cosi come tanti artisti dell’epoca e odierni, aveva una vita magari non conforme alle regole sociali e aveva più un animo dionisiaco, ma poco importa dico io, finché ci riesce a portare delle opere del genere, che probabilmente la maggioranza sono influenzate da questo stile di vita e le esperienze alternative, non bisogna né condannare né elogiare.

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  133. Giulia Vernocchi Laba   30 Maggio 2023 at 22:20

    Lee Miller è stata una figura eccezionale nel mondo della fotografia del XX secolo. Non solo è stata una talentuosa fotografa, ma anche una giornalista e modella di successo. La sua carriera ha attraversato diverse fasi e ha abbracciato diversi generi fotografici, mostrando la sua versatilità e la sua capacità di adattarsi a diverse situazioni.

    Una delle tecniche distintive di Lee Miller era il suo utilizzo creativo della luce. Sia nelle sue fotografie di moda che nei suoi reportage di guerra, era maestra nell’utilizzare la luce per creare atmosfere suggestive e drammatiche. Sapeva sfruttare le ombre e i contrasti per enfatizzare la composizione e l’effetto emotivo delle sue immagini.

    Un’altra tecnica che Miller utilizzava con maestria era l’approccio documentaristico. Durante la seconda guerra mondiale, lavorò come fotografa corrispondente per Vogue, documentando gli orrori della guerra e le conseguenze sulle persone. La sua sensibilità e il suo coraggio nel catturare momenti di intimità e di devastazione umana l’hanno resa una fotografa straordinaria.

    Tuttavia, c’è da dire che talvolta le fotografie di Lee Miller possono risultare un po’ distanti o fredde. Alcuni critici sostengono che le sue immagini spesso mancano di empatia o di una connessione emotiva con i soggetti. Alcuni ritengono che la sua estetica, sebbene accurata e ben eseguita, possa sembrare a volte impersonale o eccessivamente controllata.

    Inoltre, il suo lavoro può talvolta essere soggetto a critiche in termini di oggettività. Come fotografa di guerra, la sua prospettiva e il suo punto di vista possono aver influenzato la narrazione delle immagini. Alcuni sostengono che le sue fotografie di guerra possano essere interpretate come un’opera d’arte, piuttosto che come documenti obiettivi.

    Nonostante questi possibili contro, la carriera di Lee Miller è stata profondamente influente e le sue fotografie hanno lasciato un’impronta duratura. Ha contribuito a spingere i confini della fotografia documentaristica e ha dimostrato una grande abilità tecnica ed estetica nel suo lavoro. La sua eredità artistica e la sua dedizione nel raccontare storie attraverso l’obiettivo sono un testimonianza della sua importanza nel mondo della fotografia.

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  134. Leonardo Colonna LABA   1 Giugno 2023 at 14:43

    Lee Miller è considerata una delle fotografe surrealiste più esponenti del 900, straordinarie doti che hanno saputo catturare l’essenza del surrealismo attraverso il suo lavoro. Le sue immagini sono cariche di straniamento, sorpresa e incongruenza, creando un mondo visivo dove la realtà si fonde con l’irrazionale. La sua collaborazione con Man Ray e il suo interesse per la psicoanalisi di Freud hanno influenzato il suo stile e hanno reso il suo lavoro ancora più affascinante.
    Ciò che mi affascina di Lee Miller è la sua abilità nel catturare i momenti più surreali e allo stesso tempo significativi della vita. Attraverso le sue fotografie, riesce a trasmettere emozioni profonde e a farci riflettere sulla complessità dell’esistenza umana. Le sue immagini di guerra sono particolarmente potenti, combinando la brutalità della violenza con elementi di bellezza e irrazionalità, mettendo in luce la contraddizione della condizione umana.
    Mi piace anche come abbia saputo spingere i confini della fotografia sperimentando nuove tecniche e approcci. Le sue fotografie sovraesposte, i fotomontaggi e le doppie esposizioni creano un senso di meraviglia e di straniamento, invitando lo spettatore a esplorare un mondo al di là della realtà convenzionale. La sua eredità come fotografa surrealista è significativa e continua a influenzare molti artisti e fotografi contemporanei. Il suo lavoro ci sfida a guardare al di là delle apparenze e ad esplorare le profondità dell’inconscio e dell’immaginazione. Lee Miller ha lasciato un’impronta duratura nel mondo della fotografia e il suo contributo al surrealismo è un tesoro artistico che continuerà ad ispirare generazioni future.

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  135. Simona Del Giudice LABA   7 Giugno 2023 at 11:25

    Questo articolo su Lee Miller offre una panoramica affascinante sulla vita e le realizzazioni di questa straordinaria artista. Lee Miller è stata una figura eclettica e poliedrica, spaziando dalla fotografia al giornalismo, dalla moda all’arte surrealista.
    La sua esperienza come modella per importanti riviste di moda le ha dato una conoscenza approfondita del mondo dell’estetica e delle immagini. Tuttavia, è importante notare che il suo percorso artistico va oltre l’apparenza superficiale della moda. Miller ha dimostrato un’abilità unica nel catturare momenti potenti e spesso controversi attraverso la sua fotografia di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Il suo lavoro nel documentare i campi di battaglia e gli orrori della guerra ha svelato una prospettiva cruda e realistica che ha lasciato un’impressione indelebile sulla storia. Le sue fotografie sono state una testimonianza coraggiosa delle tragedie umane e del trauma di quegli anni bui.
    Tuttavia, mentre riconosciamo l’importanza del suo lavoro nel campo della fotografia di guerra, è altrettanto importante considerare l’impatto che questa esperienza ha avuto su di lei. Il peso emotivo e psicologico di documentare la sofferenza umana può essere straordinariamente gravoso e influenzare la visione del mondo di un artista.
    Inoltre, è interessante riflettere sulla tensione tra la sua carriera nella moda e il suo lavoro come fotografa di guerra. L’articolo menziona che Miller è passata rapidamente dalla moda alla documentazione di guerra, ma resta da chiedersi quali siano state le ragioni di questa transizione e quali conflitti interni abbia potuto sperimentare nel farlo contando la sua vita travagliata.
    In conclusione, la vita e il lavoro di Lee Miller sono un’interessante fonte di ispirazione e riflessione. La sua abilità nel catturare immagini potenti sia nel mondo della moda che in contesti di guerra è un testamento della sua versatilità artistica. Tuttavia, è importante considerare il contesto storico e le sfide personali che possono aver influenzato il suo percorso. La sua eredità artistica rimane un potente richiamo a un’epoca complessa e un invito a riflettere sulle molteplici dimensioni dell’arte e dell’umanità stessa.

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  136. Valentina Monti laba   7 Giugno 2023 at 16:57

    L’articolo mi ha fatto apprezzare ancora di più Lee Miller come personaggio che coglie in modo originale il lato surreale della vita quotidiana. Apprezzo come nell’articolo si sottolinei l’importanza dell’arte come strumento per creare emozioni, e come spieghi chiaramente il concetto di creare uno spazio autonomo tra la realtà e il significato che viene di solito dato, e credo sia fantastico che anche dopo quasi cent’anni la mostra sia ancora dedicata a lei, è un modo per non perdere il ricordo di una donna che ha vissuto la vita fino in fondo e ha lottato per essere indipendente, per essere una donna sognatrice che riesce a esprimere il meglio di sé tramite le sue opere.

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  137. Nicolò Donati   14 Giugno 2023 at 18:37

    Non conoscevo questa Lee Miller prima di leggere l’articolo, ora che l’ho letto e mi sono informato sono rimasto abbastanza stupito dalla forza e la bravura di questa fotografa, che possiamo considerare una delle figure femminili più d’impatto nella fotografia. Guardando anche le mostre si vede che c’era del talento e anche quando ha fatto da modella si capisce che non fosse messa li per caso ma che essa avesse del potenziale anche per ciò.
    Anche nella collaborazione con Man Ray la loro mostra a Milano ha voluto rendere omaggio a una delle figure più interessanti della fotografia del Novecento, essa si ferma ad analizzare il rapporto artistico e sentimentale con il grande fotografo surrealista e per una volta decide di passare dall’altra parte dell’obbiettivo. E’ praticamente un culto la foto di lei nella vasca da bagno con la foto di Hitler, scattata appunto negli appartamenti del dittatore a Monaco di Baviera, diventando la sua foto più celebre.

    Rispondi
  138. Tania Sirotti (cinema 2)   15 Giugno 2023 at 18:55

    La carriera di questa straordinaria artista che fu fotografa, modella e fotoreporter, ebbe inizio sulle riviste per signore in cui fin da giovanissima comparve come ragazza immagine, fece il suo primo ingresso su una copertina di Vogue a soli 19 anni.
    Quando aveva solo sette anni fu violentata da un amico di famiglia, poco dopo la morte della madre, fu un evento traumatico sia dal punto di vista psicologico ma sopratutto dal punto di vista fisico dato che contrasse la gonorrea e dovette sottoporsi a dolorissimi cure.
    Quando si trasferì a Parigi nel 1929 conobbe Man Ray e si avvicinò all’ambiente surrealista imparando moltissimo dagli artisti del movimento, per lui fu collaboratrice di studio, musa e amante, con il quale condivise molto.
    Decise anche di diventare una fotoreporter di guerra coraggiosa e altruista non si fermava mai davanti agli ostacoli, l’orrore dei campi di sterminio lasciarono dentro di lei una traccia indelebile.
    Sicuramente uno dei suoi scatti più rappresentativi e che mi ha colpita di più è un suo autoritratto, quello dove è immersa nella vasca da bagno di uno degli sterminatori più abominevoli del Novecento, ovvero, Adolf Hitler.
    Quello scatto era stato progettato nei minimi dettagli e rappresentava un gesto liberatorio per sfogare i turbamenti della giornata già segnata dagli orrori all’interno dei campi dì concentramento, una serie di scene che resteranno indelebili per gli occhi di Lee.
    Un suo tratto distintivo da molti considerato frivolo era il rossetto sulle labbra, lo indossava sempre, non se ne privava mai, apparte, quando conobbe una donna completamente rasata durante una sua visita ad un campo di concentramento e in quel momento, decise di sbarazzarsene, come protesta, per tutte quelle donne che per via delle guerre e delle torture sono state private della propria femminilità, queste donne hanno perso tutto ciò che le connota come tali e come esseri umani, una crudeltà infinita.

    Lee fu una donna forte, coraggiosa, talentuosa e nonostante tutte le difficoltá che è stata costretta ad affrontare durante la sua vita è riuscita a fare la storia della fotografia, rimanendo sempre se stessa.

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  139. Margherita Ciarnese LABA   15 Giugno 2023 at 23:43

    Lee Miller, straordinaria fotografa, splendida donna, inquieta, con vissuti drammatici, sempre alla ricerca di nuove sfide. Lee Miller era una donna all’avanguardia, in anticipo sui tempi. Diventa la prima donna a prestare il suo volto alla campagna pubblicitaria di un marchio di tamponi, (le mestruazioni erano un grande tabú per l’epoca) ponendo fine alla sua carriera da modella. Non ne fa una tragedia: non vuole essere più una musa, ma l’artista che si trova dietro la macchina fotografica. “Preferisco fare una foto che essere una foto”.

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  140. Alessia P. LABA   18 Giugno 2023 at 12:56

    Non avevo mai sentito parlare di Lee Miller, ma leggendo la sua storia mi ha colpito molto.
    Senza dubbio una donna fuori dagli schemi per il periodo in cui viveva, purtroppo la sua vita “trasgressiva” non venne capita al tempo in quanto le donne non erano libere di essere sé stesse al contrario degli uomini. Ma determinata a fare la fotografa, andata in guerra per fare la reporter per fotografare degli scenari dell’orrore.
    Penso che sia impressionante come una donna sia riuscita a farsi strada in un periodo come quello da lei vissuto dove erano gli uomini a comandare, ora la Miller è un grande esempio per le donne che ancora oggi si sentono ostacolate solo per il fatto di essere sé stesse

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  141. Alessia Reyes   19 Giugno 2023 at 14:32

    Grazie alla lettura di questo articolo sono venuta a conoscenza della storia tormentata ma in egual modo così appassionante di Elizabeth (Lee) Miller.
    Inizia la sua carriera come modella, per poi passare al di la fotocamera diventando una delle più grandi fotografe del Novecento. Fascinosa e bellissima, preferiva sempre dimostrare ciò che era in grado di fare e di ideare come artista autonoma piuttosto che apparire. Moda, arte, avanguardie si sposano nei suoi scatti. La curiosità mi ha spinto a ricercare alcuni dei suoi lavori, osservandoli si ha la sensazione che abbia vissuto una vita intensa come realmente è stato.
    Considero questa artista una grande figura da cui prendere ispirazione, la sua forte voglia di conquistare la propria indipendenza e vivere libera in un mondo che al tempo e purtroppo tutt’ora non crede nella potenzialità femminili, incoraggia le donne attuali come ha incoraggiato le donne dell’epoca. Il suo essere determinata l’ha portata a diventare un grande simbolo come donna e come fotografa.
    Lee ridefinisce l’immagine della femminilità, cambia lo statuto della fotografia con il suo maestro Manrey, recuperano come valore la “casualità”, riprendendo da uno scatto un ritratto di come una persona potrebbe essere nel suo io, all’ interno, seguendo un movimento surrealista ed essendone la musa. Dimostra un grande coraggio e una voglia sfrenata nel catturare la verità cruda della guerra, usando il mezzo fotografico pe raccontarla.
    Credo il suo vissuto, le sue esperienze per niente facili, l’abbiano portata ad essere ciò che era, coraggiosa e senza paura di essere pienamente se stessa. Proprio queste sue esperienze di vita l’abbiano portata concentrare tutto il suo amore nell’arte per colmare il vuoto che la vita le aveva lasciato in seguito alle tragedie vissute.

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  142. Marica Giustini LABA   19 Giugno 2023 at 17:36

    Il testo presenta Lee Miller, una modella, fotografa e reporter di guerra del ‘900. Con una vita travagliata alle spalle, l’artista rimarrà per sempre segnata da un abuso subito in giovane età da parte di un amico di famiglia. Prima di essere però, un’influente fotografa surrealista, era una donna, di quelle forti, indipendenti, determinate e libere, in un’epoca in cui non era per niente facile esserlo.
    Appena raggiunta la maggiore età, decise di lasciare gli USA e di trasferirsi nella capitale francese, Parigi, in cui iniziò a lavorare come modella e fotografa, anche per riviste importanti come Vogue. Ebbe molte relazioni e la più famosa e conosciuta è stata quella con Man Ray, per cui fece da musa ispiratrice e aiutante, anche se la loro relazione non durò molto.
    Lei era surrealista prima ancora che il movimento prese quel nome.
    Le sue immagini spesso giocano con l’ambiguità e l’ironia, mantenendo sempre anche quel tocco di malinconia che la contraddistingueva, invitando così gli spettatori a interrogarsi sulla realtà e sul significato profondo delle cose. La sua abilità nel combinare elementi incongruenti e sconvolgere le aspettative visive è un elemento distintivo del suo stile.
    Dopo il periodo parigino tornò a New York dove conobbe il suo futuro marito, Aziz Eloui Bey, con cui si trasferì in Egitto. Dopo qualche anno il loro matrimonio finì e lei si risposò con Roland Penrose, a Londra.
    In quel periodo, diventò una delle pochissime donne fotoreporter di guerra insieme a Margaret Bourke-White e Martha Gellhorn, ma la Miller, uscì da quell’esperienza segnata per sempre. Le sue foto sono spaventose, con un fortissimo impatto e descrivono perfettamente l’orrore che la guerra ha portato con sé. E’ stata l’unica delle altre donne fotoreporter a raggiungere il fronte, seguendo l’avanzata alleata da Omaha Beach, fino ai campi di sterminio. In una delle sue fotografie più conosciute di quel periodo, fu immortalata nella vasca da bagno di Adolf Hitler a Monaco di Baviera, da David Scherman. Fu difficilissimo per lei riprendersi da quelle visioni, infatti, cadde in una depressione profonda, che però riuscì, successivamente, a superare, non abbandonando mai del tutto la fotografia.
    Attraverso le sue fotografie e la sua vita straordinaria, Miller ha lasciato un’eredità duratura nel panorama artistico, riuscendo ad affermarsi sia come fotografa, che come donna, in tutto il mondo.

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  143. Rosa   19 Giugno 2023 at 18:42

    Sport, motori, politica, scienza: sono solo alcuni degli ambiti tutt’oggi considerati prettamente maschili, in cui le donne ammesse a parlare sono pochissime e spesso selezionate in base all’aspetto fisico. Ma è grazie alle pioniere che, negli anni, le donne sono riuscite a imporsi anche negli ambienti considerati incompatibili con loro, riuscendo a farsi valere al punto da far breccia nei secolari pregiudizi. Tra questi ambiti c’è anche la fotografia e Lee Miller è una delle pioniere in questione, idolo ed esempio per tutte le donne che non si arrendono alla ghettizzazione di tematiche e ambiti lavorativi. Lee è stata una donna coraggiosa, altruista e determinata, che non si è mai fatta fermare dagli ostacoli esterni. Nel corso della sua vita fotografò anche l’orrore dei campi di concentramento ed entrò anche nelle prigioni per fotografarne i sopravvissuti.

    Rispondi
  144. Ilaria c laba   19 Giugno 2023 at 19:39

    Non conoscevo Lee Miller, e devo dire che sono rimasta molto colpita dalla sua personalità, dalla donna che è stata, indipendente e soprattutto coraggiosa.
    Una donna da ammirare e da prendere come esempio.
    Guardando alcuni dei suoi scatti, si può notare la passione e l’impegno che ci metteva. Ha sempre dimostrato determinazione in quello che faceva, dalla modella, fotografa e fotoreporter che è stata.
    Tra le esperienze traumatiche della sua vita spicca sicuramente il lavoro da fotoreporter che ha fatto durante la seconda guerra mondiale che la porta a vivere il tutto in prima persona e a trasmetterlo agli altri con i suoi scatti.
    Grande donna da non dimenticare.

    Rispondi
  145. Chiara D. LABA   22 Giugno 2023 at 09:12

    Donna determinata, autonoma e originale. Le sue immagini sono impressionanti, soprattutto si riesce a percepire ciò che lei voleva esprimere durante un reportage della dura realtà della guerra. Un personaggio che ti lascia di stucco, riprendendo anche la questione pubblicitaria delle mestruazioni, che per la società a quei tempi era un tabù, rischiando la sua carriera. Semmai avessi l’opportunità di partecipare ad una sua mostra, non esiterei ad andarci.

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  146. MichelaS   22 Giugno 2023 at 11:54

    Il testo evidenzia l’importante contributo di Lee Miller alla fotografia, sottolineando la sua avventura artistica e umana. Descrive la sua determinazione nel vivere una vita di libertà e rivendicare prerogative tradizionalmente associate agli uomini. Lee Miller è riconosciuta per la sua capacità di cogliere la libertà dello sguardo e di documentare sia oggetti, corpi e paesaggi, che eventi drammatici come i reportage dai lager di Buchenvald e Dachau durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Si menziona anche il suo legame con il surrealismo, sia come uno stile di vita che come un modo di pensare. Si sottolinea che la sua vita trasgressiva era comune tra molti artisti e intellettuali dell’Avant-Garde parigina tra le due guerre, sebbene fosse più comune tra gli uomini.
    Viene descritto come il fascino di Lee Miller, la sua bellezza libera e le sue passioni, abbiano contribuito a renderla un’icona per un pubblico femminile giovane. Si menziona anche la sua relazione con l’artista Man Ray e successivamente con Roland Penrose, sottolineando la sua inclinazione verso relazioni non convenzionali.
    Il testo evidenzia inoltre le sfide che Lee Miller ha affrontato come fotografa donna, inclusi i pregiudizi maschili e la difficoltà di ottenere il riconoscimento per il suo talento. Nonostante ciò, Lee Miller è stata in grado di produrre fotografie straordinarie e di mantenere un proprio stile individuale, spesso caratterizzato da uno sguardo surrealista.
    Infine, viene menzionato il suo coinvolgimento nel campo della moda e la sua abilità nel sfruttare la sua bellezza e le sue connessioni per costruire la sua carriera.

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  147. Michele Ghiselli LABA   26 Giugno 2023 at 18:56

    Lee ebbe una vita travolgente, iniziata con lo stupro da parte di un amico dei genitori, che la portò giovanissima a New York, dove per puro caso, incontrò a Manhattan il signor Condé Montrose Nast, cioè l’editore di Vogue, che la rese una delle modelle più richieste a New York, negli anni del proibizionismo. Successivamente decise di andare dall’altro lato dell’obiettivo, e si scoprì talmente appassionata di fotografia, che cercò e trovò Man Ray (pittore, fotografo, regista e grafico statunitense esponente del Dadaismo) a Parigi, per iniziare con lui una storia di arte sul set e sentimento lontano dal set. Sono molte le immagini di Man, in cui lei figura come una meravigliosa musa, capace di stupire con la sua energia travolgente. Miller non era brava a stare ferma nello stesso posto per tanto tempo, quindi decise di partire per la guerra come inviata e corrispondente per Vogue. “Believe it!” scrisse Lee, alla redazione di Vogue raccontando degli orrori appena visti in Germania, delle sofferenze a cui aveva assistito, delle mutilazioni, del dramma della guerra che avrebbe sconvolto per sempre il mondo intero. Lee Miller ci dimostra che nonostante le difficoltà, si possono avere tante vite nella stessa vita.

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  148. giulia zappia (LABA)   26 Giugno 2023 at 19:15

    Lee Miller è stata una fotografa , fotoreporter , donna determinata . Dalle sue immagini si riesce a capire ciò che voleva esprimere in ogni suo reportage .Lee Miller fotograferà l’entrata degli Alleati nel campo di Dachau , la guerra sarà un’esperienza che la segnerà pesantemente.

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  149. Carmelo V   27 Giugno 2023 at 00:00

    Ammetto, con mio dispiacere, di non conoscere Lee Miller prima di questo articolo. La sua storia è senza alcun dubbio stupefacente e straordinaria, anche se traumatica.
    Da questa introduzione a riesco sicuramente a farmi un’idea della sua persona.
    Miller ha dimostrato un’incredibile versatilità nel suo lavoro, spaziando dal mondo della moda all’arte surrealista e al fotojournalism di guerra. Ha dimostrato una notevole padronanza di diverse tecniche fotografiche e ha saputo adattare il suo stile artistico alle diverse tematiche affrontate.
    É stata una delle prime fotografe a lavorare nell’ambito del surrealismo, sia come artista che come modella. Ha collaborato con importanti artisti surrealisti dell’epoca, come Man Ray, e ha creato immagini oniriche e sperimentali che sfidavano le convenzioni fotografiche tradizionali. Le sue fotografie hanno fornito un resoconto crudo e potente degli eventi e hanno contribuito a sensibilizzare il pubblico sulla realtà della guerra e dell’Olocausto. Ha cercato di catturare l’essenza autentica delle persone e delle situazioni che fotografava, senza nascondere né edulcorare la realtà. Questo approccio si riflette nel suo lavoro di giornalismo di guerra e nella sua ricerca dell’umanità nelle situazioni più difficili. Nonostante il suo lavoro sia stato in gran parte dimenticato per molti anni, l’eredità di Lee Miller è stata rivalutata negli ultimi decenni. Le sue fotografie di guerra sono diventate icone del giornalismo e sono state esposte in importanti mostre e pubblicazioni. Il suo contributo al surrealismo fotografico e al ruolo delle donne nell’arte è stato riconosciuto e apprezzato.
    In definitiva, credo che ciò che rende speciale Lee Miller è la sua abilità nel combinare diversi stili fotografici, la sua coraggiosa documentazione dei momenti storici critici e la sua capacità di trasmettere la verità emotiva attraverso le sue immagini.

    Rispondi
  150. Perla Laba   10 Ottobre 2023 at 11:30

    Lee Miller è una figura affascinante e rivoluzionaria nel mondo della fotografia. Durante un periodo storico tumultuoso, il suo lavoro ha saputo catturare l’essenza dei momenti più significativi della sua epoca, come, per esempio, l’impatto della II Guerra Mondiale sulle persone.
    La guerra, in ogni suo aspetto, è una delle esperienze più strazianti che l’umanità possa affrontare. Tuttavia, grazie al suo audace approccio fotografico, Lee Miller è riuscita a creare immagini che trasmettono un senso di compassione e profondo impegno per il genere umano.
    Durante la Seconda Guerra Mondiale, Miller ha lavorato come fotografa corrispondente di guerra, un ruolo di estrema importanza che le ha permesso di documentare l’orrore e la devastazione della guerra senza risparmiarsi nulla. Le sue immagini sono state una testimonianza senza compromessi delle conseguenze dei conflitti: dai soldati distrutti dalla fatica e dal terrore alle città in rovina, ai volti degli uomini e delle donne che affrontavano la violenza con coraggio e determinazione.
    Ciò che rende il lavoro di Lee Miller ancora più straordinario è la sua abilità di catturare l’umano dietro al dramma e all’orrore della guerra. Le sue fotografie non si limitano a mostrare solo il lato oscuro della condizione umana, ma riescono anche a trasmettere una sensazione di speranza e resilienza. Attraverso il suo obiettivo, riusciva a trovare elementi di bellezza e dignità anche nelle circostanze più tragiche.
    Le sue immagini sono in grado di comunicare in modo potente un messaggio di impegno sociale. Miller non ha mai esitato ad affrontare i temi tabù del suo tempo, come la sessualità e il ruolo delle donne nella società. Ha inoltre documentato l’orrore dei campi di concentramento, rivelando al mondo l’orrore che si celava dietro quei cancelli.
    A mio parere il lavoro di Lee Miller lascia un segno indelebile nella storia della fotografia. Le sue immagini sono ancora oggi un importante punto di riferimento per i fotografi contemporanei, che si ispirano alla sua capacità di cogliere momenti di grande impatto emotivo.

    Rispondi
  151. Giada Vitiello LABA   8 Dicembre 2023 at 11:17

    Parto col dire che questo articolo mi ha fermamente coinvolta, avendo a cuore la forza che le donne impiegano nel rivendicare loro stesse.
    Sicuramente la vita e l’arte di Lee Miller sono affascinanti e complessi. Come fotografa, ha dimostrato una straordinaria versatilità, spaziando dalla moda alla documentazione di guerra. La sua capacità di catturare l’eleganza e la personalità nelle fotografie “fashioniste”, insieme alla sua audacia nell’affrontare i reportage dai campi di concentramento nazisti, dimostrano una sensibilità artistica profonda e un coraggio straordinario.
    Il suo stile, che mescola elementi surrealisti e una prospettiva moderna, ha inoltre contribuito a ridefinire il panorama della fotografia del XX secolo.
    La sua vita è stata altrettanto avvincente quanto la sua arte. Le relazioni amorose della fotografa a mio parere riflettono la sua personalità audace e indipendente.
    La relazione con Man Ray è stata caratterizzata da una collaborazione artistica intensa e da una connessione profonda, ma alla fine si è conclusa. D’altra parte, il matrimonio con Roland Penrose, secondo marito di Miller, è stato segnato da alti e bassi, compreso il periodo di separazione menzionato nell’articolo.
    Lee Miller ha affrontato enormi sfide personali sempre a testa alta, inclusi i momenti difficili nei rapporti amorosi, e questo mi sembra fortemente riflesso nella sua arte e nel modo in cui ha continuato a reinventarsi. La sua capacità di trovare forza nella creatività, nella cucina e nella creazione di un ambiente culturale con Penrose è dimostrazione di una resilienza notevole.
    Considero dunque Lee Miller non solo una fotografa straordinaria ma anche una figura iconica che ha lasciato un’impronta duratura sull’arte e sulla fotografia. La sua vita travagliata e la sua carriera eclettica sono ispirazioni per coloro che apprezzano l’originalità, la creatività e la determinazione in campo artistico.

    Rispondi
  152. Jacopo Isabettini   14 Febbraio 2024 at 14:29

    Mi ha catturato molto il modo in cui esplora la connessione tra la vita personale e la sua produzione artistica, il quale offre una prospettiva avvincente svelando il contesto emotivo dietro molte delle sue opere più celebri. Mi piace molto anche la sua abilità nel giocare con i confini della realtà e nel creare immagini cariche di significato, quali rendono la sua contribuzione al movimento surrealista unica e duratura .

    Rispondi

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