ITALIA – Il regista Paolo Ruffini firma una pellicola che racconta un periodo di forzata reclusione, quello della pandemia. Il film, in sala dal 3 novembre, parte dal primo giorno di chiusura delle scuole e riporta agli animi degli spettatori quel senso di angoscia dilagante in quel periodo.
Il “Ragazzaccio” è l’ultimo film di Paolo Ruffini, in sala dal 3 novembre. Sono stata al cinema a vederlo e voglio raccontarvi nel mio articolo tutte le sensazioni che ne sono scaturite.
Prendi una pandemia, un bullo e una famiglia disfunzionale e chiudili in una casa per molti mesi. Cosa accadrà? Che il bullo diventerà più bullo e la famiglia più disfunzionale. Eppure non sempre le cose restano uguali. A volte le situazioni cambiano prendendo una piega inaspettata.
È questa l’ultima fatica di Paolo Ruffini, una difficile pellicola di formazione che porta l’animo di chi guarda ad andare oltre le apparenze perché a volte le cose non sono come sembrano. Dietro la fredda cattiveria di un bulletto si può infatti celare un animo sensibile che non è stato indirizzato al bene ma lasciato a se stesso costruendosi così un mondo di perfida ribellione.
Il film, in sala dal tre novembre, racconta un periodo storico così buio che quasi sembra lontano. La narrazione parte infatti dal primo giorno di chiusura delle scuole a causa della pandemia e mostra le angosce di quei mesi di reclusione forzata, ma necessaria, senza mostrare mai l’esterno delle mura domestiche. Una scelta centrata che riporta agli animi degli spettatori quel senso di angoscia che dilagava in quel periodo nella popolazione.
Il “Ragazzaccio” si trasforma grazie alla forza dell’amore
Ma dal male può nascere qualcosa di buono, come nei più grandi classici l’amore è anche qui quella forza che smuove il mondo e che aiuta il nostro “Ragazzaccio” a capire gli errori commessi.
D’aiuto sarà anche un attento insegnante, Giuseppe Fiorello, che capito il bisogno d’aiuto inespresso del nostro protagonista, proverà in tutti i modi a soccorrerlo. “Dite che sono un bullo e allora tanto vale la pena esserlo” urla Mattia nel tentativo di giustificare le proprie azioni, perché a volte ci si intrappola in definizioni che non ci rappresentano ma che facciamo nostre ugualmente fino a trasformarci in qualcosa che non siamo e di cui non ci libereremo facilmente senza l’aiuto di qualcuno che ci tenda amorevolmente la mano.
Nel cast anche Sabrina Impacciatore che comunica in maniera viscerale il disagio per una situazione difficile da sostenere, incastrata in una casa silenziosa con un marito, Massimo Ghini, quasi completamente assente.
“Ragazzaccio” racchiude in sé il ricordo di un periodo estremamente difficile dal quale con difficoltà siamo venuti fuori e la difficile gestione di un fenomeno così dilagante tra i giovani adolescenti come è il bullismo.
Ma è anche un film che mostra come il male possa scaturire nel bene e che non sarebbe male se a vederlo fossero indistintamente adulti e ragazzi per ricordare loro che dalle difficoltà è possibile rialzarsi.
Le immagini sono quasi tutte riprese dal profilo Instagram del regista
Testo di Valentina Scognamiglio
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