Paco Rabanne (1934-2023): addio a un grande visionario della moda

Paco Rabanne (1934-2023): addio a un grande visionario della moda

MONDO – Il celebre couturier/designer spagnolo, ha lasciato tracce profonde nell’immaginario estetico occidentale, soprattutto tra la seconda parte dei sessanta e la decade dei settanta del novecento.

Probabilmente se dovessi scegliere i nomi dei couturier/designer più innovativi della seconda metà del novecento Paco Rabanne si troverebbe senz’altro ai primi posti. Il perché lo sanno tutti: i suoi abiti metallizzati (perlopiù in quadretti di alluminio lavorato con somma perizia), oppure fatti con tondini plastificati (e in seguito costruiti con tessuti cartolarizzati in plissettanti, dinamici effetti), quando apparvero, dopo il prevedibile traumatico shock iniziale, divennero in fretta una sorta di manifesto epocale che convinse una moltitudine di persone ad abbracciare una visione della moda che sconfinava apertamente nell’arte, interpretata come fenomeno estetico d’avanguardia. Ovviamente per situarsi lungo la linea di confine nella quale nasce l’illusione di osservare o addirittura essere nel futuro, Paco Rabanne ha dovuto forzare non solo la texture e la struttura dell’abito, ma anche l’ingaggio simbolico con gli intermediari della moda e il suo pubblico.

Le sfilate che presentavano, stagione dopo stagione, le sue collezioni avevano un mood e un ritmo diverso da quelle ordinarie. A tal riguardo, molti frettolosi interventi giornalistici divulgati subito dopo la recente morte di Paco Rabanne mettevano in rilievo il fatto che fosse stato il primo ad utilizzare la colonna musicale del fashion show per dare energia emotiva all’evento. Non è vero. La musica nelle sfilate era utilizzata da decenni. Tra l’altro, mi piace ricordare che tutti i giovani stilisti della scena londinese degli anni sessanta, come Paco Rabanne, amavano le location stravaganti, adoravano la simbiosi tra look e le effervescenze emozionali prodotte dalla musica. Ma bisogna aggiungere che, soprattutto a Parigi. l’assetto couture delle modalità di presentazione delle nuove collezioni, a partire da Chanel, Balenciaga, Dior, aveva trasformato la sfilate dell’Alta Moda in un severo rituale caratterizzato dal silenzio ossequioso di un pubblico di affiliati che assomigliavano più ai membri di una setta che ad un insieme di clienti, buyer, amici, giornalisti. Si può dire dunque che, relativamente al contesto parigino, Paco Rabanne insieme a colleghi come Courreges, oltre ad innovativi look sfruttarono abilmente il fashion show in forma di happening musicale, non solo per provocare e attirare l’attenzione dei media, bensì per creare un mood diverso dalla ridicola sacralità delle presentazioni tradizionali, quasi sempre segregate nei saloni delle maison de couture; un nuovo mood che implicava la scelta di nuove location, modelle più giovani caratterizzate da una gestualità di scena che, grazie alla musica pop, spesso le faceva ballare e muoversi con eccentricità.

 

Creazione di Paco Rabanne
Jane Fonda/Barbarella vestita da Paco Rabanne

 

In breve, oltre a innovazioni vestimentarie mai viste sulle passerelle parigine, Paco Rabanne fu abilissimo nell’interpretare la trasformazione della sfilata in un evento che rimuoveva il velo serioso utilizzato dalla precedente generazione di couturier per forzare il pubblico a contemplare con reverenza le forme degli abiti; in questo modo la novelle vague di giovani creativi, immaginava di rendere i primi referenti delle presentazioni, emotivamente proattivi, disposti a farsi attraversare da un flusso di immagini mentali libere da interpretazioni troppo lineari, ma gravide di “gioia di vivere”.

Di solito quando ripensiamo la carriera di un grande creativo tutta la nostra attenzione si concentra giustamente nei dintorni delle forme (degli abiti) che lo hanno reso famoso. Ma non dovremmo mai dimenticare che i look da soli non fanno arrivare uno stilista fino in cielo. Non si può comprendere l’emersione di Paco Rabanne solo con abiti fatti con metallo e plastica. Se così fosse avrebbe avuto ragione Chanel quando utilizzava la metafora del “metallurgico” per denigrarlo. Avanzo l’ipotesi che l’impatto di un creativo della moda dipenda più da ciò che dobbiamo collocare nei paludosi territori di una sensibilità diffusa, piuttosto che dai significati giustapposti alle forme per dare ad esse una banale classificazione nell’ordine delle narrazioni-moda del momento. Un solo esempio: gli abiti di metallo di Paco Rabanne erano composti da frammenti allineati, ordinati in sequenze che presentavano delle intercapedini grazie alle quali il corpo era sostanzialmente percepito come nudo; rappresentavano qualcosa che rinviava alla pesantezza di una specie di armatura che però dava una sensazione di leggerezza; aderivano al corpo per meglio mostrarlo. L’intervallo tra coprire e mostrare faceva emergere il lato sexy delle apparenze, secondo una sregolazione del tradizionale registro emotivo arroccato in difesa di un’idea di decoro oramai vissuta dalle giovani donne come una prigione; sregolazione che le forme materiche del nostro couturier accentuavano, donando al sexy una valenza gradevolmente fetish.

Ecco che l’immagine di libertà, centrale per la generazione dei sessanta/settanta, diviene grazie al talento del couturier/designer, una metafora concreta che allude ad un’esperienza centrata sulla percezione di uno stile che risponde, in quel preciso momento, a istanze interiori difficili da tradurre in parole ma forse proprio per questo appaganti e contagiose. È chiaro che, in questi casi, il creativo visionario venga vissuto dal senso comune in modalità discorsiva, come una sorta di profeta le cui opere (e parole) metterebbero in connessione l’attualità con il futuro. È così fu per Paco Rabanne. Nei suoi anni d’oro il giornalismo di moda dopo una breve fase di sconcerto punteggiata da palesi denigrazioni, cominciò a raccontarlo come se le sue collezioni non fossero solo abiti con forti note sperimentali, bensì profezie.

 

Creazione di Paco Rabanne
Paco Rabanne nel backstage di una della sue sfilate nei ‘60

C’è da aggiungere che lo stilista era perfettamente a suo agio in questo ruolo e nelle interviste sui vari media faceva di tutto per confermarlo. Non poteva sapere che l’abito del profeta gli si sarebbe ritorto contro, offuscando il suo mito con una serie di ciarlatanerie e buffonate mediatiche di rara, e per certi aspetti divertente, ridicolaggine. Ma questo succederà più avanti nella sua vita, quando oramai la moda non era più il centro dei suoi interessi. Lo vedremo più avanti.

Paco Rabanne nacque nel 1984 a Pasaia, un piccolo paese vicino a San Sebastian, capitale dei Paesi Baschi. La sua infanzia in terra spagnola durò assai poco. Il padre, colonnello delle forze repubblicane fu passato per le armi dai franchisti durante la Guerra civile e la madre, donna comunista senza cedimenti, fu costretta a fuggire, attraversando a piedi i Pirenei insieme alla famiglia. Giunta in terra di Francia continuò il lavoro di premiere main presso Balenciaga, anch’esso emigrato dalla sua terra d’origine. Senza il padre, l’infanzia e l’adolescenza di Francisco Rabaneda, era questo il suo vero nome prima di trasformarlo in Franck e poi in Paco Rabanne, l’infanzia e l’adolescenza dicevo, trascorsero sotto l’ala protettiva della madre e della nonna.

Più tardi, divenuto famoso, lo stilista le ricorderà con queste parole: “Bien sûr, ma mère, marxiste, matérialiste, m’a fortement influencé. Elle a soutenu que la religion est comme le football, l’opium du peuple. D’autre part, ma grand-mère Chrétienne et heritiére des magiciens. C’est elle qui m’a montré le pouvoir de la pierre, le pouvoir de l’eau, et m’a expliqué la signification de nombreaux symboles magique. Je les adorais, si different- ma mère et ma grand-mère, et j’ai été élevée entre deux opposés”.

Finita l’adolescenza Francisco si iscrisse alla École National supérieur des Beaux-arts di Parigi, per diventare architetto. Si impegnò ad apprendere l fondamentali del mestiere, ma i suoi interessi furono calamitati dallo studio di sostanze materiali che promettevano nuove note espressive e forme per l’arte e il design. Per mantenersi gli studi era divenuto molto abile nel creare bijou dal disegno molto fantasioso che vendeva quasi subito. A un certo punto i suoi “gioielli” dovevano avergli assicurato una buona reputazione, dal momento che dopo essersi laureato cominciò a creare accessori per de Givency, per Dior e per altri brand. Da studente oltre ai bijou disegnava figurini di moda, schizzi, modelli di scarpe (per Charles Jourdan) e di borse, molti dei quali venivano venduti a svariate aziende.

 

Creazione di Paco Rabanne
Paco Rabanne al lavoro

 

Quando maturò l’intenzione di divenire un couturier e quindi interessarsi di moda e aprire una sua maison? Diciamo subito che l’apprendimento delle tecniche della moda vestimentaria non era mai stata una sua preoccupazione dal momento che, per così dire, l’aveva in casa ogni giorno. Infatti la madre lavorando da Balenciaga probabilmente aveva contribuito a generare un sentimento di familiarità con la moda tale da togliere ad essa ogni curiosità o desiderio di apprendimento profondo. Ecco allora la curiosità di Francisco prendere la strada di un design orientato a scoprire le potenzialità di altri materiali. Poi dopo anni di vagabondaggio creativo e di pratica artigianale arrivò all’improvviso il ritorno al messaggio materno e quindi alla moda, approcciata tuttavia tenendo ben ferme le esperienze materiche e artigianali fino a quel momento maturate. In termini analitici la discesa in campo di Francisco sembrerebbe discendere dal desiderio di bilanciare le due traiettorie interiori evocate dalla citazione riportata sopra: il materialismo materno e l’attrazione per il magico simbolismo embricato nelle sostanze materiche che rendono eloquente la natura, depositato nella sua mente dalla nonna.

Nel 1966,dopo aver cambiato il suo nome, presenta la sua prima collezione composta da 12 capi fatti con metallo, plastica e fili di ferro. Il severo, irritabile, nervoso pubblico delle sfilate rimane traumatizzato. Alcuni articoli lo descrivono come un terrorista della moda. Per molti addetti ai lavori è semplicemente un insopportabile e arrogante giovane che gioca a fare il sarto con materiali inappropriati e con provocazioni irritanti del tipo tutte le modelle della sua prima sfilata erano di colore (cosa mai vista a Parigi). La collezione sembrava un totale fallimento, e invece sappiamo tutti com’è andata. La ricaduta comunicazionale fu di proporzioni straordinarie. Nel giro di pochissimo tempo i look di Paco Rabanne furono richiesti da attrici come Brigitte Bardot, da registi e costumisti di film importanti. Da parte sua il couturier investiva risorse per far indossare i suoi capi a cantanti di grande successo come Françoise Hardy.

Probabilmente aver vestito Audrey Hepburn nel film diretto da Stanley Donen “Two for the road” e soprattutto Jane Fonda in “Barbarella” di Roger Vadim, senza dimenticare le Bond Girls dell’orrendo, ironico 007 “Casino Royal” diretto da John Huston e da una pletora di altri registi (per via dei continui e devastanti bisticci tra Peter Seller e Britt Ekland) consolidarono di colpo tra il grande pubblico l’idea di un Paco Rabanne fashion designer visionario proiettato in un futuro attuale di incredibile fascino. Erano anni di grande fermento per l’avventura dell’uomo nello spazio culminata nel ‘69 con i primi passi sul suolo lunare. Nel’68 esce il capolavoro “2001, odissea nello spazio” di Stanley Kubrick, un film che proietta la fantascienza in contesti culturali inediti rispetto alle buffonate dei B-mouvie precedenti. E nel ‘68 le fotografie più diffusa al mondo ritraggono Jane Fonda/Barbarella con l’inconfondibile look futurista creato da Paco Rabanne. L’attrice americana era una donna di rara bellezza che nel seguito della sua carriera dimostrò doti professionali tali da assicurarle due premi Oscar per la recitazione. In Barbarella, Roger Vadim, regista e marito dell’attrice, la trasformò in un sexy symbol spaziale di devastante fascino. Il film era assai mediocre, e a mio avviso il suo successo mediatico era dovuto essenzialmente alla presenza di Jane e al guardaroba che gli creò Paco Rabanne. 
Un ragionamento più articolato devo dedicarlo a un’altro lungometraggio che considero molto significativo nella fase di lancio della carriera del nostro eroe. Si tratta del mockumemtary concepito e diretto dal grande fotografo di moda William Klein intitolato: “Qui êté vous Polly Maggoo?” uscito nelle sale cinematografiche nell’ottobre del 1966. Un mockumentary è praticamente un finto documentario che proprio grazie alla percezione di un-più di realismo rispetto ad una fiction ordinaria, rende pungente la parodia del tema sviluppato. William Klein utilizzò questo espediente per prendere per il culo il mondo della moda, utilizzando come attrice principale la celebre modella americana Doroty mcGowen alias Polly Maggoo arrivata a Parigi per le attese sfilate. La ragazza è seguita da una troupe televisiva che deve documentarne le performance sulle passerelle e, attraverso la tecnica dell’intervista, presentare al pubblico la realtà del circo mediatico della moda con la voce di una delle sue iconiche interpreti. Il gioco delle domande, unitamente al taglio parodistico delle immagini, coinvolge la modella in un crescente effetto di verità che progressivamente fa emergere il fondo di insensatezza, banalità, superficialità della moda. Il film o mockumentary, definitelo pure come vi pare, di William Klein è un capolavoro di satira e di critica, per me esteticamente superiore alla fiction “Pret á porter” di Robert Altman del 1994. Ma veniamo al punto: una delle scene più coinvolgenti del film è la sfilata in una location in stile edile, nella quale le modelle indossano più che abiti, involucri metallizzati un po’ minacciosi. Ebbene, l’ambientazione straniante, rispetto le abitudini delle maison di moda, e i look sembrano troppo in sincronia con la famosa prima sfilata di Paco Rabanne citata sopra, per farci escludere che William Klein si sia ispirato ad essa. Da parte sua credo sia plausibile che Paco Rabanne non abbia fatto fatica nel riconoscersi nel film, anche se fisicamente l’attore che interpretava il couturier metallurgico aveva un aspetto trucido e inquietante, molto diverso dalla sua fisionomica mediterranea. Insomma, si può dire che, ciò che il couturier spagnolo rappresentava per il pubblico veniva narrato nel film in modo certamente parodistico e quindi negativamente, ma al tempo stesso ne certificava il successo. Il film di William Klein fece scalpore sia per i contenuti e sia per lo stile narrativo. Possiamo considerarlo una delle prime geniali occorrenze di questo genere cinematografico, prima che negli anni ‘70 altri creativi tra i quali segnalo i Monty Python lo diffondessero con continuità. Aggiungo che probabilmente, William Klein prese ispirazione dal grande successo di The War game un mockumentary del 1965, diretto da Peter Watkins che dopo aver terrorizzato tutti narrando con piglio realistico un letale attacco nucleare all’Inghilterra, si beccò l’Oscar per il miglior documentario dell’anno. Avanzo l’ipotesi dunque che il film di William Klein abbia fatto capire a Paco Rabanne due cose: 1. il contenuto negativo di un film non pregiudica la valenza dell’aumento di notorietà da esso prodotto; 2. il cinema, in quel particolare momento, per un brand senza storia, era più decisivo di quanto il mondo della moda ordinaria volesse riconoscergli. Per molti anni dunque parte dell’attività della piccola maison del couturier si impegnò in una sorta di scambio di prestazioni tra moda e cinema, tale da assicurare al brand momenti di gloria, difficilmente raggiungibili a colpi di pubblicità tradizionali. Da ricordare che, oltre a William Klein, anche altri registi famosi per lo stile autoriale che imprimevano sulle loro opere, si rivolsero al designer spagnolo. Solo un esempio: poco dopo la sua prima sfilata fu Godard ad utilizzare alcuni suoi look per il film “Deux ou trois choses que je sais d’elle”.

Tra il ‘67 e i primi anni settanta furono anni di continue innovazioni e sperimentazioni. Le collaborazioni con il mondo cinematografico avevano reso celebre in tutto il mondo Paco Rabanne. L’originalità e se vogliamo l’eccentricità del suo design confermavano il nocciolo duro del mito che oramai accompagnava il suo nome. E anche se il suo atelier era composto dalla madre e da pochi altri collaboratori, il suo nome era ciò che oggi definiremmo un brand d’avanguardia.

Ora, a mio avviso, negli anni della crescita continua di notorietà, le vendite e i fatturati dei prodotti moda firmati Paco Rabanne non corrispondevano all’enorme potenziale della marca. Il designer/stilista affrontò il problema secondo modalità ben radicate nel settore moda. Stipulò una alleanza con l’azienda di flagranze Puig e nel 1969 lanciò il suo primo profumo che battezzerà “Calandre” seguito nel 1973 da “Paco Rabanne pour homme”. Grazie alla notorietà dello stilista le flagranze ebbero un notevole successo e garantirono al brand un costante afflusso di risorse che Paco Rabanne investì per creare il suo pret à porter per uomo (1976). Le linee per la donna più accessibili arrivarono invece nel 1990. Tuttavia la sua creatività si concentrava soprattutto nello sviluppo delle collezioni couture, dal momento che solo l’Alta Moda poteva consentirgli la libertà artistica che perpetuava l’aura mitica che circolava insieme al suo nome. Per tutti gli addetti al settore Paco Rabanne era un visionario, le sue collezioni valevano come profezie. Come ho già detto, lo stilista in questo ruolo si trovava perfettamente a suo agio e le sue invenzioni, per anni, sembravano non avere soluzioni di continuità.

Tuttavia i sintomi di una progressiva perdita di passione per la moda intesa come avventura imprenditoriale e non solo creativa, verso la metà dei novanta cominciavano ad essere evidenti. Probabilmente la collezione di abiti con fibre ottiche del 1993 e quella che creò dell’anno dopo utilizzando il plexiglas furono le ultime all’altezza della sua fama. C’è da dire che già nel 1986 aveva ceduto la proprietà operativa del brand a Puig pur continuando ad assumere su di sé la direzione artistica delle collezioni. Nel 1999 lasciò la couture. L’anno dopo interruppe il suo impegno nel pret à porter.

Il brand senza Paco Rabanne perse velocemente di appeal e andò in crisi profonda. Nel 2006 la proprietà decise di sospendere la produzione di vestiti e per anni le settimane della moda di Parigi persero una delle sfilate più prestigiose. Il rilancio del brand cominciò nella stagione 2013/14 e continua oggi con discreto successo, devo dire. Ma questa è tutta un’altra storia che vede protagonisti direttori creativi molto distanti dalle lucide eccentricità stilistiche del grande fondatore.

 

Creazione di Paco Rabanne
La sfilata di Paco Rabanne

 

Sopra ho parlato di sintomi che lasciavano percepire uno scollamento di Paco Rabanne dal business della moda. Evidentemente non si può essere creativi per sempre, soprattutto in un comparto complesso qual è la moda nella post modernità o nel mondo liquido creato dalla globalizzazione. Ma nel caso di Paco Rabanne i sintomi di cui parlo emergevano anche in una forma inusuale per un designer che molti consideravano troppo materico, indubbiamente creativo come però poteva esserlo un eccentrico artigiano.

In realtà l’orientamento materico di Paco Rabanne era saturo di simbolismo. Il suo approccio alla creatività poteva apparire pragmatico, sperimentale (cioè legato a un fondo di casualità), ma se seguiamo con un minimo di attenzione la sua biografia è evidente che dietro alle pratiche da metallurgico, per dirla con la verve sarcastica di Coco Chanel, ribolliva una esperienza interiore misticheggiante, intrisa di fantasiose leggende e irrazionalismi religiosi.

Da un certo punto in poi Paco Rabanne non riuscì più a contenere nel privato le sue credenze. Scrisse numerosi libri nei quali parlava della sua via al buddismo intrecciato con entusiastiche correlazioni con la cultura celtica ( della quale, essendo stata trasmessa solo in forma rituale e discorsiva, in realtà non abbiamo nulla che assomigli ad una fonte veramente originale). Non posso dire o sapere se dentro di sé sentisse scorrere il sangue di un Druido, ma di certo nelle sue interviste pubbliche cominciarono a lasciar trasparire profezie che non avevano nulla da spartire con la moda. Paco Rabanne sosteneva di aver 75 000 anni, quindi di essersi reincarnato almeno un migliaio di volte. In questi passaggi tra un substrato biologico e un altro, sosteneva di aver incontrato Dio in più di una occasione e ovviamente Gesù. Ma anche di essersi ritrovato nel corpo di una puttana al tempo di Luigi XV e in un’altra reincarnazione di aver accoppato il faraone egizio Tutankhamon colpevole forse di aver scelto come Dio di riferimento Amon piuttosto che Aton.

Tutte queste dichiarazioni ieratiche venivano regolarmente trasmesse in interviste televisive che, vista la notorietà di Paco Rabanne, dovevano essere seguitissime. D’altra parte il suo primo libro nel quale presentava reincarnazioni, buddinismi arricchiti da spalmature di color celtico aveva avuto una tiratura iniziale di 5 000 000 di copie e fu un incredibile best seller. A detta di tutti, il culmine delle idiozie che lo videro protagonista avvenne nel 1999, quando nel suo quarto libro, “La flamme du ciel”,  e con gran spolvero mediatico predisse che durante l’eclisse solare dell’11 agosto la stazione orbitale Mir si sarebbe sfracellata su Parigi causando migliaia di morti e che questo evento sarebbe stato l’inizio della fine del mondo. Ovviamente successe un pandemonio e il nostro eroe fu costretto a fare pubblica ammenda cioè a promettere che non avrebbe più fatto profezie. Ma poi dopo poche settimane, con un rapido voltafaccia si ripresentò in Tv dicendo che aveva incontrato la Vergine Maria la quale gli aveva intimato di continuare le predizioni. E quindi eccolo organizzare il giorno stesso del disastro annunciato cioè il fatidico 11 agosto “L’apéritif de survivants”, un happening che doveva essere un rituale giubilatorio per le centinaia di coglioni che lo avevano raggiunto e al tempo stesso, un rinforzo dell’evento che lo avrebbe confermato come vero profeta.

Non ci fu nessun disastro, la Mir rimase nella sua orbita, il nostro mondo continuò come prima e Paco Rabanne, anche se in tanti pensano sia stata solo una leggera debacle, io penso invece che il couturier fu tremendamente sputtanato, la sua reputazione compromessa. Da quei giorni, sino alla sua recente morte, solo le riviste specializzate nel divulgare cretinate paranormali e qualche pubblicazione dedicata all’Alta Moda diedero spazio ad ulteriori performance profetiche. Inutile aggiungere che, tra le lacrime della famiglia Puig proprietaria del brand, il mito di Paco Rabanne finì in frantumi contribuendo a rendere ancora più drammatici i già fallimentari fatturati (esclusi i profumi, che, stranamente, non risentirono minimamente la crisi dell’identità di marca).

La debacle d’immagine causata dalle sempre più estreme profezie di Paco Rabanne, probabile segnale di problemi psicotici, non deve però compromettere il giudizio critico sulle sue opere. Non è certo per caso se le sue creazioni sono raccolte e presentate con reverenza in molti tra migliori musei della moda del mondo. La traccia che ha inscritto nella storia del costume è reale e non può essere cancellata dalle pur ridicole previsioni citate, motivate soprattutto dalle sue credenze filosofiche-religiose (in definitiva, per chi crede nella reincarnazione può essere sensato utilizzare narrazioni che le metaforizzino in una forma comprensibile per i non iniziati).

Definire le tracce “reali” significa che Paco Rabanne ha contribuito a cambiare il modo in cui percepivamo e pensavamo la moda. I suoi oggetti-per-il-corpo hanno rappresentato, nel contesto della moda, l’inizio di un importante punto di svolta culturale: ha reso molti di noi più sensibili della esistenza di una parete di comunanza che gli oggetti che ci portiamo addosso possono avere con l’arte che mette in discussione classificazioni, gerarchie, valori…l’arte con la freccia del tempo rivolta al futuro dunque; e, al tempo stesso, i suoi oggetti-per-il-corpo, creati con elementi della natura mai utilizzati dai couturier per vestire le persone, elementi che certamente lo stilista/designer sovraccaricava troppo di simbolismi irrazionali, oggi più di ieri, in piena crisi ecologica ci ricordano che la loro magia è semplicemente la possibilità che esista la vita. L’immagine di futuro che Paco Rabanne ha promosso con le sue collezioni ha sempre rispettato la dimensione umana, evitando feticismi estremi e fughe nel post umano. Ha senz’altro tentato di andare aldilà dell’ordine apparente delle cose, per collocare suoi oggetti non solo su di un corpo tutto superficie, ma nell’esperienza interiore del soggetto. In questo viaggio alla ricerca d’ineffabile ha incontrato i suoi fantasmi nei quali ha rischiato di perdersi. Ma ciò che ha prodotto pur avendo evidenti risonanze con la sua vita interiore, oramai appartengono all’ordine delle cose fatte dall’uomo per l’uomo fuori dall’uomo, cose che possiamo ammirare, criticare, interpretare secondo stile, forma, per l’eccentrica bellezza che quando sono apparse hanno irradiato, senza indulgere troppo in psicologismi o biografismi. A tal riguardo si può dunque dire che Paco Rabanne è stato un vero protagonista del suo tempo.

Lamberto Cantoni
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45 Responses to "Paco Rabanne (1934-2023): addio a un grande visionario della moda"

  1. annalisa   8 Febbraio 2023 at 23:44

    Sono d’accordo a definire visionario un artista della moda come Paco Rabanne. Non sapevo dei suoi libri profetici. Effettivamente avrei giurato che fosse un uomo molto concreto, con i piedi per terra. Ho visto due dei film citati, quello col la Hepburn e Barbarella. Gli abiti di Paco Raban delle attrici sono da premio Oscar.

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    • luc97   11 Febbraio 2023 at 10:51

      Ho letto che PR rifiutava l’appellativo di artista. Si dichiarava un artigiano della moda. Nemmeno un designer, solo un artigiano. Perché? umiltà? consapevolezza sulle finalità commerciali del suo operare? Chiaramente oggi è legittimo parlarne come se fosse stato un artista. Ma forse è un errore.

      Rispondi
      • annalisa   12 Febbraio 2023 at 14:50

        Veramente oggi persino il mio parrucchiere si ritiene un artista. Capisco i timori di Paco Rabanne visto che in quel periodo gli intellettuali consideravano la moda effimera e troppo commerciale. Oggi è cambiato tutto e infatti i grandi musei fanno a gara per ospitare mostre di stilisti.

        Rispondi
        • Lamberto Cantoni
          Lamberto   13 Febbraio 2023 at 02:06

          Grandi figure della moda, come per esempio, Coco Chanel nel passato, Giorgio Armani nel nostro tempo hanno rifiutato l’etichetta di “artista”. Il loro ragionamento è pieno di buon senso. Uno stilista lavora tentando di risolvere un problema pratico: come vestire al meglio il suo pubblico, unitamente al fatto che ogni 6 mesi deve presentare una nuova collezione. Insomma, sarti, couturier, stilisti creano per persone reali delle quali devono cogliere desideri e bisogni collocabili in un tempo determinato. Un vero artista invece, crea in una sorta di atemporalità e risponde solo a pulsioni interiori.
          Secondo Chanel, Armani, e tanti altri, il loro lavoro potrebbe rientrare in ciò che una volta venivano definite Arti applicate o arti minori o arti decorative. In alcune interviste Paco Rabanne ha effettivamente sostenuto di essere più che altro un artigiano e che le sue creazioni non erano arte. Ma io penso che facesse di tutto per creare abiti come si creano opere d’arte.
          Le argomentazioni che stabilirebbero per gli stilisti vincoli non oltrepassabili presentate sopra, non chiariscono del tutto la faccenda. È proprio vero che l’artista dipinge, scolpisce, allestisce pensando all’eternità? Le sue pulsioni creative dipendono solo dal suo stato interno o in qualche modo nascono e si collegano a stati del mondo in cui vive, alle persone di cui ha fatto esperienza o semplicemente che vuole soddisfare (pensate a un committente del quale deve fare il ritratto)?
          Quando guardiamo un quadro pensiamo al contenuto spirituale, sentiamo la vertigine dell’infinito o piuttosto ci attrae la forma, lo stile la bellezza? Un grande artista oggi non si comporta forse come se fosse un brand?
          Mettiamola giù così: forse è utile mantenere una certa distanza tra l’artista e lo stilista per evitare di confondere determinate divergenti priorità; ma quando uno stilista ci fa assaporare maestria nel dominio della materia di cui sono fatti gli abiti, quando percepiamo la fitness della forma come conforme agli scopi, quando l’orchestrazione di colori e decorazioni ci appare perfetta o giustamente imperfetta, quando emerge lo stile autoriale, allora ripiegare sulla parola “arte” più che una possibilità diviene quasi una necessità.

          Rispondi
          • luciano   14 Febbraio 2023 at 17:01

            Oggi l’arte è fusion. Tutto può essere artistico.

  2. Antonio Bramclet
    antonio   9 Febbraio 2023 at 10:15

    Lo stile di Paco Rabanne lo definirei un ibrido tra la consistenza materica e la pura astrazione spirituale. Le interpretazioni fornite dalla stampa specializzata in una prima fase hanno visto solo la consistenza delle sue forme. L’aspetto spirituale è venuto dopo. Le notazioni biografiche dell’articolo sugli eccessi profetici significano anche lo sforzo di Paco Rabanne di far capire che la materia e lo spirito sono un’unica cosa.

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    • maurizio   15 Febbraio 2023 at 10:08

      Dalì lo considerava uno dei massimi esponenti spagnoli del surrealismo. Il suo stile è collegato a questo movimento artistico.

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  3. Ivana Doldi   14 Febbraio 2023 at 20:27

    Il nome di Paco Rabanne era associato alla Space Age ed agli anni 60, con abiti modernissimi che hanno anticipato il futuro. Egli creava la sua moda con martelli, pinze e tenaglie.
    Tutte le sue creazioni erano progettate per mettere in luce nuove possibilità espressive attraverso abiti sperimentali realizzati con materiali contemporanei come, ad esempio, durante le sue due sfilate nel 1964 e nel 1966.
    Rabanne ha messo a fuoco e sviluppato il suo grande interesse per la sperimentazione ed il suo profondo desiderio di cambiamento sociale per creare abiti diventati unici.
    Signore del Surrealismo si traslava al di là del tempo e delle persone trasmettendo un’ anteprima del nostro tempo, attraendo l’interesse di Dalì anch’esso lungimirante nell’individuare le novita’.
    Notevole è stata, inoltre, la produzione dei suoi profumi ecologici già dagli anni settanta
    attraverso l’utilizzo di bottigliette in alluminio riciclato.
    Un’immagine ed una personalità fuori dagli schemi, dai tempi e dall’immaginario collettivo che ,a livello percettivo ha generato una visione nuova nelle menti tra condivisioni e non , ma con indiscusso stupore ed interesse generale , tanto da aver avuto , per molto tempo, fama internazionale.
    Una identità, la sua, unica e che ,per certi versi, di alte aspettative, non conforme e difficile nell’essere compresa se non per menti aperte al nuovo ed al futuro. La sua moda consentiva di potersi vestire con metalli, plastiche e non solo tramite i suoi bijoux.
    La trasformazione della moda, al passo con il cambiamento dello stato materico ed il suo riciclaggio è stata quindi fonte di ricerca, tutta la trasformabilità fa si che i materiali si possano riutilizzare sotto diverse forme, come in abiti ,nel caso specifico, senza sprechi in equilibrio tra l’uomo e la natura. Aspetto, da non sottovalutare, rappresentativo di Paco.
    Al di là del personaggio , il suo messaggio positivo, rimane e rimarrà un grande insegnamento per tutti coloro che si occuperanno di design e fashion e non solo.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto   15 Febbraio 2023 at 09:43

      Ottima sintesi. Un paio di precisazioni. La sfilata del 1964 a me non risulta e la ritengo improbabile. Quando Paco Rabanne cominciò a strutturarsi presentò una collezione non di abiti bensì di orecchini di plastica trasparente (acetato di cellulosa). Era il 1965 e furono un successo commerciale. L’anno dopo presentò la prima collezione di abiti.
      Paco Rabanne divenne famoso quando impazzavano filosofie New Age, le quali presentano il ritorno alla natura (e a una vagonata di sciocchezze orientaleggianti) come soluzione di problemi interiori. Nel ‘67 o giù di lì, non avevamo come oggi, tantissimi dati scientifici probanti. La sostenibilità vissuta come forma di religione non è una soluzione efficace.

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  4. Tommaso Morandi   15 Febbraio 2023 at 12:05

    Personalmente penso di aver conosciuto la figura di Paco Rabanne solamente dopo aver letto questo articolo, in precedenza associavo questo nome soltanto al mondo dei profumi, come Invictus e 1 Million, ma ora ho capito che dietro ad essi c’era una figura importante, influente nel mondo dell’arte, principalmente nei campi della moda e del design.
    Paco Rabanne infatti ha rivoluzionato il concetto di sfilata tradizionale degli anni ’60 e ’70, introducendo novità come la musica ed il fashion show, rendendo questi eventi più “vivi” e coinvolgenti.
    Influenzato dal Surrealismo e dalla madre, una comunista che lavorava per Balenciaga, durante gli studi per l’università di architettura iniziò a creare bijoux per mantenersi e in seguito cominciò a lavorare per brand famosi, sperimentando materiali nuovi nell’ambito della moda, tra cui i metalli, con i quali realizzò la sua prima collezione nel ’66.
    Entrò poi nel mondo del cinema e dei profumi, i quali ebbero molto successo.
    Rabanne perse poi la passione per la moda, lasciando il brand, che da quel momento non ebbe più lo stesso successo.
    Penso quindi che una figura come la sua abbia contribuito a cambiare la visione dell’arte, in tutti gli ambiti, permettendo di far “aprire la mente” ai suoi coetanei e alle generazioni future, divenendo così un’icona mondiale.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   15 Febbraio 2023 at 19:08

      È vero nell’ultimo decennio i profumi di Paco Rabanne sono molto conosciuti e rappresentano gli introiti più consistenti della marca. Tra l’altro alcune pubblicità delle sue flagranze sono diventarono un tormentone. Per esempio quella del 2008 per One Million, nella quale c’è il modello che schiocca le dita e come Aladino con la lampada, materializza così i suoi desideri. Il martellamento fu per un po’ un vero incubo. Tra l’altro detesto la musica dei Chemical Brother. Però fu un grande successo ma non so dire se fu veramente utile per il rilancio del brand.
      Per quanto riguarda il surrealismo di Paco Rabanne non l’ho citato perché lo considero come l’olio sull’insalata: una specie di condimento che tutti usano per dare un po’ di sapore. In realtà Paco Rabanne è stato definito anche l’ultimo dei futuristi, un dadaista, un estimatore della Pop Art… Utilizzate in questo modo queste categorie estetiche non spiegano nulla e nascondono la specificità dell’artista dietro un muro di insensata verbosità.

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  5. vincenzo   16 Febbraio 2023 at 11:24

    Adoro la moda dei sessanta come la sua musica. Paco Rabanne era la quintessenza dell’avanguardia. Nessuno ha osato come lui. Non credo che ci siano stati stilisti più sperimentali di lui. Aver studiato l’architettura per me lo ha favorito rispetto a colleghi che si erano formati solo in atelier sartoriali.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto   16 Febbraio 2023 at 19:06

      Erano anni attraversati da un irrefrenabile fervore creativo. Nella moda, nella musica e nell’arte si stavano affermando nuove individualità. Specialmente chi era giovane non aveva remore nel contestare gli standard estetici che ancora dominivano. Tra queste individualità di rottura, Paco Rabanne fu un protagonista. Ma certamente non fu una voce isolata. Per non parlare del contesto londinese, nel quale la contestazione della moda blasonata era cominciata prima che a Parigi. Tra gli sperimentatori più stravaganti io citerei Jaques Esterel. Anche lui non aveva avuto una formazione da sarto. Era un ingegnere che a un certo punto decise di abbandonare il suo lavoro per la moda e, per divertirsi, fece anche il cantante. Nei quartieri alti della moda ufficiale, all’inizio, lo vissero come un divertente squilibrato buffone. Ma questo non gli impedì di divenire uno dei creativi più interessanti della decade.
      Oggi non ne parla nessuno ma andrebbe riscoperto.

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  6. laura rontini LABA   20 Febbraio 2023 at 14:52

    Paco Rabanne è senz’altro uno dei couturier / designer più innovativi della seconda metà del novecento. I suoi abiti dopo il prevedibile shock iniziale, divennero una sorta di manifesto che col passare del tempo fece amare i suoi abiti all’avanguardia alle persone.
    Rabanne si distingue grazie a un approccio visionario e viene considerato un anticipatore dei tempi, a partire dall’utilizzo di materiali decisamente insoliti per il fashion: carta, plastica, pvc e soprattutto metallo.

    Ho letto un articolo a riguardo che afferma: “Era un couturier che non cuciva, ma saldava, martellava, assemblava, giocava e reinventava il significato di vestire. Con i suoi materiali rigidi e le sue creazioni in cotta di maglia, Paco Rabanne si è opposto alla rigidità e alla pesantezza di un ambiente che vedeva come una camicia di forza, e le cui relazioni erano a dir poco contrastanti”.

    Paco Rabanne ha scritto un capitolo importante nella storia della moda ed è considerato un vero e proprio guro dell’estetica Space age, ha dovuto forzare non solo la texture e la struttura dell’abito, ma anche l’ingaggio simbolico con gli intermediari della moda e il suo pubblico. Le sue sfilate, stagione dopo stagione, avevano un mood e un ritmo diverso da quelle ordinarie.

    Oltre agli abiti, è stata notevole la sua produzione di profumi, come One Million, Invictus, Phantom e il più recente Fame, ormai famosi in tutto il mondo visto che sono tra i profumi più venduti del settore.

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  7. martina celli laba   20 Febbraio 2023 at 22:18

    Purtroppo prima di aver letto questo articolo conoscevo Paco Rabanne solo per i profumi da lui ideati , ma ho scoperto che dietro alla sua persona si nasconde questo fantastico artista all’avanguardia. Da quel che sono riuscita ad intuire Rabanne era un uomo dallo spirito ribelle e sperimentale che puntava sempre più in alto, a guardare avanti e all’innovazione. Sono rimasta molto colpita dalla sua visione del tutto originale dell’abbigliamento in quanto introduce il metallo nelle sue creazioni (si potrebbe quasi interpretare come uno stile sia romantico che illude anche al medievale) e in quanto è il primo a portare sulle passerelle gli abiti in maglia metallica. E’ riuscito a dare ancora più valore alle modelle con abiti realizzati con semplici materiale come appunto plastica e metallo, diversificandosi così dalla massa.

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  8. A.M Laba   21 Febbraio 2023 at 10:17

    Dopo aver letto questo articolo ho capito di avere stima rispetto a questi designer, couturier, specialmente per Paco Rabanne che, nonostante le critiche, “avversari”, problemi, riusciva sempre ad uscire da essi attraverso il suo stile e le sue opere.
    Penso anche che siano molto belli, i profumi specialmente!
    Comunque, nonostante tutto riusciva a dimostrare che non era un perdente, specialmente nei momenti più bui, ma dimostrava di essere capace in tutto e per tutto, anche con materiali di poco valore, che usati con curanza e creatività, veniva fuori un capolavoro.

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  9. martina giamperoli   23 Febbraio 2023 at 11:41

    sinceramente prima di leggere questo articolo non avevo mai approfondito la storia di Paco Rabanne, un grandissimo artista che ha rivoluzionato il modo di fare moda già ai suoi tempi. Purtroppo per me ne avevo sentito parlare solo per quanto riguarda i profumi, tra cui ovviamente il più famoso One Million, Invictus, Olympea, e come questi diversi altri. A questo punto però mi sento di dire che parlare di lui solo a livello di profumi mi sembra una vera cafonata, nonostante quest’ultimi sono stati gli unici a resistere anche dopo il declino del brand. Paco Rabanne è un designer/couturier sicuramente all’avanguardia che già dalla seconda metà del novecento metteva in luce l’importanza dei materiali usandoli in un campo che allora era sicuramente insolito. Era un rivoluzionario e proprio per questo ha dovuto attraversare e superare momenti difficili, critiche, avversari, tra cui , come citato nell’articolo troviamo Coco Chanel, ma come si dice “bene o male, l’importante è che se ne parli” e probabilmente è anche per questo che il nostro artista è riuscito ad ottenere questo grande successo. Ha portato nella moda degli anni ’60 vestiti che tutt’ora come struttura vengono utilizzati e portati da noi ragazzi, abiti appariscenti, vistosi, pieni di luce, tutte tipicità che caratterizzano ancora oggi i nostri abiti più importanti, usati per cerimonie, feste, e anche in discoteca. Mi sembra scontato dire che non tutti sono firmati Paco Rabanne, ma molti di questi lo richiamano fortemente, soprattutto quelli con le paillettes o quelli più sfarzosi e luminosi.
    Paco Rabanne ha segnato la storia della moda e forse non solo, nonostante le sue stranezze e penso che tutti dovrebbero cercare di apprezzarlo per quello che ha fatto, per il coraggio con cui l’ha fatto, perché sicuramente non è facile essere innovativi e riuscire ad andare sempre avanti, e con lo stile con cui l’ha fatto, trasformando quelli che sono dei semplici materiali in vere e proprie opere d’arte.

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  10. Annalisa Balsamini   23 Febbraio 2023 at 14:34

    Premetto, non sono un amante di profumi, non me ne intendo. Solitamente prendo il primo che capita e che mi ispira durante la giornata e sono contenta cosi.
    Paco Rabanne lo conosco per sentito dire, anche perchè molti miei conoscenti indossano 1 million.
    Ma leggendo l’articolo mi son resa conto che non lo si può solo considerare come un nome in una boccetta di vetro a caso.
    Ho appreso che era anche uno stilista, e non uno qualunque, ma che riuscì a rompere gli schemi classici della moda, proponendo vestiti inusuali, riciclando bottiglie in alluminio.
    Grazie a lui si è rivoluzionata quella che è la visione generica dell’arte, moda ecc…

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  11. Alyssa T   24 Febbraio 2023 at 14:05

    Nato in Spagna nei primi anni trenta del novecento, Paco Rabanne, all’anagrafe Francisco Rabaneda Cuervo, fece il suo ingresso nella scena della moda presentando la sua collezione di orecchini in plastica trasparente, il primo passo verso nuove possibilità espressive e percettive.
    Ribattezzato dalla grande Coco Chanel come “il metallurgico della moda” per via degli stravaganti materiali da lui utilizzati nelle sue creazioni, come appunto plastiche, metalli e non solo, Rabanne anticipò il futuro con la sua visione anticomformista della moda e con il suo desiderio di sperimentazione applicato a 360 gradi nelle sue opere, a dir poco uniche, come quelle presentate nelle sue sceniche e indimenticabili sfilate.
    Da non dimenticare è stata anche la sua consistente produzione di profumi ecologici, perfettamente in linea con le filosofie New Age che impazzavano in quel periodo.
    Sicuramente un’immagine e una personalità fuori dal suo tempo, il cambiamento della moda che segue i “nuovi” materiali del tempo gli hanno garantito condivisioni e fama internazionale ma anche critiche da parte di coloro non in grado di comprenderlo, indiscusso però resta lo stupore generato dal questo grande genio creativo.

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  12. Federica   27 Febbraio 2023 at 17:57

    Paco Rabanne o Francisco Rabaneda Curvo, era figlio di un ufficiale e di una sarta magistrale che lavorava nell’atelier di Balenciaga e che, evidentemente, gli ha trasmesso un’idea di bellezza unica quanto fuori dai canoni. Era considerato un visionario. La prima volta in cui riesce a far parlare di sé è nel 1964, quando presenta “dodici vestiti sperimentali in materiali contemporanei” indossati da indossatrici scalze. Paco si distingue perché usa materiali non convenzionali come metallo, carta e plastica. La sua linea d’esordio si chiama Metal Couture e prevede modelli esagerati e bizzarri, con le modelle in minigonne ma per niente sfacciate perché come sigillate nel metallo e dunque in una corazza di seduzione senza uguali. Il brand Paco Rabanne non riuscì a ottenere i risultati sperati in termini di vendite e fatturato fino a quando, nel 1969, Rabanne creò il suo primo profumo, seguito da altri profumi di successo.
    Nonostante la fama iniziale, Rabanne cominciò a perdere passione per la moda come impresa, fino a quando lasciò il brand, causando una crisi profonda. La proprietà del brand rilanciò il marchio con successo, ma con una direzione creativa molto distante dalle origini eccentriche di Rabanne.
    Noto anche per la sua passione per l’esoterismo, scrive negli anni diversi libri di grande successo sull’argomento e diventa un personaggio televisivo che declama profezie fissando la telecamera con sguardo intenso, sempre vestito con un completo scuro.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   28 Febbraio 2023 at 09:26

      Non credo che la madre di PR abbia trasmesso al figlio “un’idea di bellezza unica e fuori dai canoni”. Lei era una sarta del grande Balenciaga. E il couturier spagnolo era il canone cioè veniva considerato dai colleghi generazionali il migliore. PR per contro, appartiene alla generazione che ha distrutto quel canone. Ho scritto che, un certo punto, potrebbe esserci stato un ritorno al messaggio materno. Ma non a tagli e cuciture di tessuti bensì a lavorazioni di elementi materiali tenuti assieme da solide precise martellate. La “cosa” materna dell’inconscio di PR probabilmente aveva a che fare con la sensibilità e l’interesse per un materialismo puro, de-ideologizzato.
      Interessante la descrizione che hai fatto del PR televisivo…sguardo intenso e vestito scuro. Fisiognomica e look da perfetto profeta jettatore.

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  13. Linda Laba   28 Febbraio 2023 at 13:17

    ‘Avanguardia’ è il termine che meglio di tutti racchiude il lavoro e l’ideologia di Paco Rabanne, una parola forse abusata nel mondo contemporaneo, ma non nel suo caso. Lo stilista che si era approcciato alla moda per pagarsi gli studi di architettura divenne uno dei principali precursori della moda dell’epoca grazie alle sue idee innovative.
    Lo dimostrò a tutti a partire dal 1966, anno in cui ha fondato la sua maison, si è contraddistinto per una ricorrente ispirazione futuristica che ha dato vita ad abiti scultorei fatti di elementi brillanti e trame metalliche, senza rinunciare alla sperimentazione di materiali inusuali come la plastica e il PVC.
    Nello stesso anno, la sfilata destinata a cambiare il corso della moda: per lanciare il suo brand presentò all’Hotel Georges V di Parigi una collezione di soli dodici abiti realizzati con materiali mai usati prima: metallo, plastica ed alluminio.
    Non erano abiti pensati per essere indossati, ma per mostrare nuove possibilità espressive: non vestiti ma armature, medievali in maglia metallica o tute da astronaute. La sfilata del 1966 fu memorabile non solo per l’innovazione nell’uso di materiali mai usati prima nel campo dell’abbigliamento ma anche perché per la prima volta le modelle camminarono con la musica in sottofondo, quindi se oggi la colonna sonora è parte integrante delle sfilate, è grazie a Paco Rabanne.
    La collezione fu uno scandalo nella Parigi di quei tempi, Coco Chanel lo definì “Il metallurgico della moda” per aver scosso le tradizioni dell’haute couture. D’altro canto il suo lavoro venne notato da celebri artisti rivoluzionari come Salvador Dalì, che lo definì il secondo genio più grande della Spagna, dopo se stesso.
    Nel 1996, per celebrare il 30esimo anniversario della fondazione del brand, è stata lanciata, in edizine limitata, una versione “Fai da te” di un celebre abito della prima collezione. All’interno del cofanetto a forma di valigia sono presenti dischetti, anelli di metallo, due clip con il logo e le istruzioni indispensabili per farsi guidare nell’assemblaggio dei pezzi.

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  14. Rebecca Ferri   1 Marzo 2023 at 13:51

    Prima di leggere questo articolo non ero a conoscenza della storia di Paco Radanne, mi era solamente un nome familiare per via di alcuni suoi profumi come ad esempio One Million non essendo a conoscenza che in realtà intraprese la sua carriera nella moda ideando gioielli per ad esempio Givenchy, Dior e Balenciaga dando poi vita nel 1966 alla sua propria casa di moda. Utilizzava per i suoi modelli materiali come ad esempio metallo, carta e plastica uscendo quindi fuori dagli “schemi” classici della moda e venne ribattezzato da Coco Chanel “il metallurgico della moda” poiché utilizzava spesso il metallo nelle sue creazioni. Inoltre fu il primo ad utilizzare la musica nelle sue sfilate. Solamente in seguito negli anni 70’ lanciò l’eau de toilette.

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  15. Atena Tomasetti   1 Marzo 2023 at 15:01

    Conoscevo Paco Rabanne per i suoi profumi, ma era anche uno degli stilisti più importanti del ventesimo secolo, la sua prima collezione “Manifeste” era caratterizzata da creazioni futuristiche fatte anche di roidoide, un materiale plastico e trasparente che è uno dei suoi elementi più iconici, ma anche alluminio e altri metalli.
    I suoi abiti non erano cuciti, ma assemblati con pinze e anelli, tanto che Coco Chanel, lo avrebbe definito «il metallurgico della moda».
    Diventando un maestro di audacia e originalità.

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  16. Emma LABA   2 Marzo 2023 at 09:34

    Paco Rabanne è stato un grande stilista e designer spagnolo, sinceramente prima di leggere questo articolo non conoscevo bene la sua storia, ho sempre collegato il suo nome ad uno dei prodotti più utilizzati e famosi di sempre, il profumo “One Million”; si può considerare uno delle figure più influenti della moda del ventesimo secolo, è stato un innovatore eccentrico e visionario e rimarrà per sempre una figura importante nel mondo della moda. In linea con il tema della corsa verso lo spazio e una visione del tutto originale dell’abbigliamento, Rabanne introduce il metallo nelle sue creazioni e, per primo, porta sulle passerelle gli abiti in maglia metallica che diventeranno poi delle icone e ancora oggi vengono proposte dal brand con diverse strade, alcune verso una visione romantica e altre futuristica. per questo fu definito da Coco Chanel “il metallurgico della moda”. è riuscito a portare la sua moda in diversi film famosi e che rimarranno anche essi nella storia. secondo il mio punto di vista rimarrà sempre una delle ispirazioni più importanti per quanto riguarda il mondo della moda e non solo vista la sua popolarità dei suoi profumi.

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  17. Martina Ceccaroli   2 Marzo 2023 at 19:34

    Il successo di Paco Rabanne è dovuto alla creatività e all’originalità delle sue idee.
    Ho sempre associato il suo nome alla flagranza di profumo “One Million” pubblicizzata su qualsiasi schermo televisivo.
    Credo che sia un grande peccato non conoscere la grande influenza che ha avuto nel campo della moda.
    Profondamente immerso nel suo tempo, fu il primo a concepire la sfilata come uno spettacolo. Da quel momento in poi le presentazioni dei nuovi capi si “colorano” con la musica.
    Aveva l’ossessione per lo sviluppo tecnologico degli anni Sessanta con una visione futuristica e per questo introduce il metallo nelle sue creazioni e porta sulla passerella abiti in maglia metallica.
    La morte di una figura così fondamentale nel mondo della moda sarà impossibile da dimenticare e sostituire. A noi però il grande stilista ci lascia la fonte d’ispirazione e le tecniche da lui sperimentate.

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  18. michela naldi LABA   3 Marzo 2023 at 23:26

    Paco Rabanne nacque in Spagna negli anni ‘30; a causa della guerra civile spagnola, ancora molto giovane, dovette trasferirsi in Francia con la madre, al tempo cucitrice presso Balenciaga. Inizialmente studiò architettura ma successivamente si dedicò al mondo della moda, probabilmente ispirato anche dal percorso lavorativo della madre.
    La sua prima grande sfilata fu negli anni ‘60, questa fu intitolata ‘Twelve importable Dresses in Contemporary Materials’; Paco Rabanne attraverso la creazioni di questi abiti non si limitò nel creare il classico vestito da sfilata, piuttosto rivoluzionò il campo della moda portando in scena abiti del tutto nuovi, il cui focus non era tanto la praticità quanto l’estetica. Le modelle indossavano opere d’arte fatte con materiali diversi dal solito, come alluminio o plastica, il tutto veniva assemblato grazie a dei fili di metallo e a delle tenaglie.
    La sfilata non fu apprezzata, le critiche erano innumerevoli e quasi dispregiative, ma tra i vari commenti negativi ci fu anche qualcuno che colse la creatività di Paco Rabanne e il suo essere all’avanguardia, infatti lo stesso Salvador Dalì lo definì un genio, ma non solo lui, da quel momento molte attrici furono ispirate e attratte dallo stesso designer.

    Chissà per quale motivo all’inizio non fu apprezzato così tanto lo stilista, forse perché fu uno dei pochi ad andare fuori dagli schemi abitudinari? Ad osare un po’ di più dando libero sfogo alla sua creatività?
    Sicuramente moltipliche sono le opinioni che la società ha su di lui, alcuni probabilmente danno molta importanza al suo essere un profeta, altri meno; ciononostante, indipendentemente dai sui difetti e dai suoi pregi, Paco Rabanne è stato un grandissimo designer che ha creato parte portante della storia della moda e non solo, ha lasciato un segno profondo grazie alle sue innovazioni e creazioni e sicuramente sarà un punto di riferimento anche in un futuro.

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  19. Tommaso Tognetti   4 Marzo 2023 at 19:03

    In questo articolo si parla della figura, della vita e delle opere di Paco Rabanne, al secolo Francisco Rabaneda, che vengono ricordate proprio a seguito della sua recente scomparsa.
    Senza dubbio, ci troviamo davanti a una figura visionaria, rivoluzionaria nel mondo della moda, che ha saputo giocare con materiali diversi rispetto ai canonici tessuti.
    Prima di commentare il suo operato e l’articolo, mi dedicherei a menzionare alcuni punti della sua biografia che a parer mio sono fondamentali per poter capire le genialità di questo personaggio.
    Paco Rabanne nasce in Spagna nel 1934. A seguito dell’istallazione del regime Franchista, il padre rimane in Spagna dove lavora come generale a servizio del regime e la madre, per via del suo orientamento politico comunista, si sposta in Francia dove comincia a lavorare come sarta nella maison Balenciaga. Questo passaggio è molto importante poiché evidenzia come in casa Rabaneda la moda sia sempre stata un elemento presente e quindi per il piccolo Paco non ha mai rappresentato un elemento di mistero o di fascinazione, infatti non venne attratto inizialmente dall’arte dell’ago e del filo ma dai materiali. Infatti, decide di frequentare l’università dell’accademia di belle arti di Parigi e di laurearsi in architettura, con una specialistica nel settore dei materiali. Le sue prime creazioni sono infatti dei gioielli che gli vengono commissionati da vari brand quali Givenchy e Dior.
    Durante la metà degli anni sessanta si appresta a diventare lui stesso un coturier e aprire una sua linea personale di abiti, diventando un coturier di successo salvo poi perdersi a livello di figura personale con qualche dichiarazione di dubbio gusto e di dubbia certezza.
    Per quanto riguarda la sua storia e la sua figura professionale, partirei con il fare un’analisi di quelle che sono le sue caratteristiche stilistiche.
    Definito da Chanel come il “metallurgico” per via dell’utilizzo di materiali inconsueti per i suoi abiti, nonostante non sia stato il primo a farlo. La prima stilista che ha utilizzato materiali al di fuori dei differenti tipi di tessuti ricordiamo essere infatti Elsa Schiapparelli. Inoltre il nostro “protagonista” condivide con la collega la corrente artistica da cui entrambi traggono ispirazione: il surrealismo.
    Nei suoi abiti, inizialmente pensiamo che l’utilizzo dei materiali metallici faccia di lui un outsider, una figura pronta ad abbracciare le novità della cultura pop che andava sempre più affermandosi. Le sue forme invece, negano quanto detto prima, poiché sono in realtà geometriche e minimali, volte a sottolineare la silhouette delle donne che indossavano i suoi abiti. L’epoca in cui i suoi abiti si affermano infatti, sono gli anni 60, periodo storico della cultura pop e la scena della moda pullulava di coturier come Mary Quant, André Courrèges o Ken Scott che nei loro abiti promuovevano il trionfo del finto, della plastica e un totale rifiuto al passato per abbracciare il futuro che stava arrivando.
    Tra di loro c’è qualcosa che li accomuna, la decade di nascita. Si nota infatti, come tutti gli stilisti nati intorno alle decadi pari vogliano guardare solo al futuro per liberarsi completamente da ciò che riguarda il passato, mentre invece chi è nato intorno alle decadi dispari tenderanno a guardare di più al museo e alla citazione.
    Come possiamo constatare, Paco Rabanne appartiene alla “decade dispari”. Con la sua moda infatti vuole ripulire gli eccessi del pop con qualcosa di più semplice, a livello di linee, ma volendo comunque mantenere aspetti innovativi.
    Citando una frase pronunciata da lui: “con i miei abiti in metallo, io pulisco gli occhi delle donne”, o altrimenti “vestire le donne con il metallo, coprirle con cotte di maglia, era un po’ come farne delle novelle Giovanna d’Arco, delle amazzoni moderne”.

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    • Lamberto Cantoni
      Lamberto Cantoni   5 Marzo 2023 at 09:18

      Ho letto con interesse l’intervento di Tommaso. Anche se la bizzarra teoria da cartomante etilico dei decenni pari/dispari la considero troppo azzardata, il commento si fa leggere con piacere.

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  20. Noemi Midolo   5 Marzo 2023 at 11:11

    Una storia interessante e rivoluzionaria per quel determinato periodo storico. A interessarmi maggiormente non sono stati i suoi profumi (One Million,Invictus,Olympea)per cui era già precedentemente noto ma tutta la sua storia legata al mondo della moda. Trovo,che per quel periodo,
    concentrandoci sulla visione avanguardistica di Rabanne si declina anche le altre sue “invenzioni” : a lui va il merito, infatti, di aver utilizzato per primo la musica come colonna sonora per le sfilate e abiti costruiti con materiali inusuali,quando adesso rasenta l’ordinario. Mi piace pensare che vederlo per la prima volta sia stata una novità. Paco Rabanne era decisamente uno stilista anticonvenzionale amato soprattutto dal mondo del cinema. Presto i suoi abiti scultura affascinano il mondo del cinema e le più celebri donne dell’epoca. Il suo brand è entrato in quel mondo con l’iconico abito di paillettes indossato da Audrey Hepburn verso la fine del film Due per la strada di Stanley Donen e con i costumi di Jane Fonda in Barbarella di Roger Vadim(bellissimo a mio parere).E anche con l’abito di maglia d’alluminio con logo in strass che indossò Jane Bikini, alla camicia da bagno in maglia metallica creata negli anni 70, agli stampati su jersey di metallo con nature morte barocche e ai pesanti vestiti dorati ideati per le Bond Girl. Nello stesso periodo egli curò,inoltre, gli abiti nella produzione del film Casinò Royale insieme alla costumista Julie Harris. Sarà addirittura chiamato per la realizzazione dei costumi per la saga di 007. Dire che era eccezionale nel campo della moda penso sia una limitazione. Tutti i suoi lavori sono delle autentiche opere d’arti che in qualche modo hanno fermato la storia e intrappolato quei vestiti in quelle pellicole e noi siamo abbastanza fortunati da portarli ancora ammirare.

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  21. Matilde Gatti   5 Marzo 2023 at 18:09

    Francisco Rabaneda, conosciuto oggi come Paco Rabanne, è stato e sempre sarà un rivoluzionario dell’industria della moda. La sua carriera iniziata con la realizzazione di bijou e preceduta dall’interesse per architettura e design gli ha sicuramente inculcato un’idea di moda concreta, differente da quella a cui si era abituati. Le sue creazioni erano vere e proprie opere d’arte modellate con maestria e fatte divenire da materiale grezzo a sublimi abiti/sculture pronti a sconvolgere e spiazzare gli ospiti delle sfilate a cui partecipava.
    Mi è capitato di rivederlo in odierni capi di abbigliamento realizzati con cerchi argentati uniti a formare borsettine, minigonne e crop top in negozi abbastanza commerciali invasi da ragazze/i pronti ad avventarsi sulla novità del momento senza magari sapere che proprio quella minigonna che metteranno il sabato sera in qualche locale, non è una novità di “Zara” o di “Bershka” ma è stata un’idea concepita da PR e che ha stravolto, scioccato e traumatizzato il pubblico degli anni 60′ 70′.
    Ho avuto il piacere di vedere qualche video dell’ultima sfilata A/W 2023-2024 di Paco Rabanne, omaggio allo stilista appena scomparso, un tripudio di metalli, luce e colori; gonne sfavillanti e bralette simili sculture come quelle di Schiaparelli, il tutto avvolto da un velo di nostalgia.

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  22. Manila P   7 Marzo 2023 at 21:14

    Sono sempre stata dell’idea che nella moda bisogna osare, andando oltre ogni regola, ed è quello che è riuscito a fare Paco Rabanne. E’ un artista nato dalla critica, per i suoi abiti creati con materiali non convenzionali, non degni di una maison d’alta moda come poteva essere un tessuto tweed usato da Chanel o il Nylon usato da Prada, o qualsiasi altro “classico” tessuto utilizzato dalle più grandi case di moda; Paco Rabanne divenne infatti famoso per aver utilizzato plastica, carta, ma soprattutto il metallo. La cosa che poi lo fece ribattezzare “metallurgico della moda”dalla stessa Coco Chanel, che di critica ne aveva per tutti, fu il fatto che per creare un abito, non utilizzo del semplice filo e una machina da cucire, ma bensì lo assemblò con pinze e anelli.
    E’ quasi divertente vedere come sia cambiato il mondo della moda da quei tempi ad oggi; vedere come fosse visto male l’uso di quei materiali negli anni ‘60 e come invece oggi sia vista come una cosa quasi normale, e di come moltissime maison cerchino di utilizzare materiali di “scarto” per creare pezzi sostenibili per l’ambiente.
    Quando si parla di innovazione basti pensare come oggi sia una cosa normale vedere un abito costituito da paillettes di plastica tutte colorate, mentre all’epoca era una cosa scandalosa, e questo è soprattutto grazie a questi grandi artisti eccentrici che si sono spinti oltre ogni aspettativa e immaginazione.
    La cosa che un po’ mi rattrista è che se si parla oggi di Paco Rabanne, la gente lo conosce solamente per essere “quello dei profumi”, mentre invece è stato uno dei più importanti portatori della moda rivoluzionaria nel mondo.

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  23. Elisa B LABA   10 Marzo 2023 at 10:23

    Quello che mi incuriosisce di più non sono le sue fragranze già conosciute, ma tutta la sua storia con la moda. Puntare sulla visione avanguardista di Rabanne passa anche per le altre sue “invenzioni”: a lui va infatti il ​​merito di aver usato per primo la musica come colonna sonora per le sfilate di moda e per abiti realizzati con materiali insoliti, ormai prossimi all`ordinario. Paco Rabanne è sicuramente uno stilista non convenzionale, particolarmente amato dall’industria cinematografica. La sua etichetta è accreditata con l’iconico abito di paillettes indossato da Audrey Hepburn alla fine del film di Stanley Donen Two for the Road e Roger Watts.
    C’è anche l’abito in rete di alluminio con logo in strass indossato da Jane Bikini, il costume da bagno in rete metallica degli anni ’70, la stampa in jersey metallico con una natura morta barocca e l’abito oro pesante per le Bond girls.
    Nello stesso periodo, ha anche disegnato i costumi per la produzione del film Casino Royale con la costumista Julie Harris.
    Dire che eccelle nella moda credo sia un limite. Tutto il suo lavoro è una vera opera d’arte che in qualche modo ferma la storia e intrappola quei vestiti in quei film, e siamo fortunati ad averli ancora apprezzati.

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  24. Alanis C. LABA   10 Marzo 2023 at 20:01

    Come molte altre persone, associavo anch’io Paco Rabanne al mondo dei profumi. Mai avrei immaginato che avesse ideato addirittura gioielli. Dopo aver cercato e visionato su internet gli esempi di vestiti riportati dall’articolo, non posso far altro che concordare con la massa: è stato un grandissimo innovatore lungimirante. I suoi abiti, pur non rientrando nella banalità, sono molto affascinanti ovviamente grazie alle sue scelte audaci nel campo dei materiali. Non mi meraviglia il fatto che abbia successivamente influenzato un’intera generazione di stilisti.

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  25. Cristian Serani LABA   13 Marzo 2023 at 10:34

    Non sono affatto un amante della moda, anzi la ignoro completamente. Se potessi andrei in giro con solo abbigliamento tecnico perché al primo posto metto la praticità mentre all’ultimo l’apparenza, quando vedo un giubbotto funzionale mi attira indipendentemente dal colore o dallo stile. Indipendentemente dal tema la storia di Paco Rabanne mi fa pensare a come eventi o manufatti importanti vengono persi nell’indifferenza della tirannia del tempo, non si può documentare tutto né tanto meno conservare quel che è stato fatto, è un peccato che di lui si ricordi solo che è un nome su una bottiglia di acqua aromatizzata quando è stato una figura innovativa nel suo campo ed estremamente influente, tanto da causare crisi nell’industria e nonostante ciò viene praticamente dimenticato. Tutto ciò mi fa pensare ai segreti che il passato ci riserva, come lo Stonehenge che ancora oggi nessuno sa come venne costruito, probabilmente in quei tempi è stata scoperto una tecnica che oggi si rivelerebbe rivoluzionaria ma che è andata persa nel tempo in quanto non venne documentato in alcun modo, rimanendo così un mistero per chissà ancora quanto tempo. Bisogna leggere e ricordare la storia per poter imparare dai nostri antenati e costruire un futuro sempre migliore per chi popolerà il nostro mondo.

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  26. Rosa   30 Marzo 2023 at 16:38

    Sinceramente non ho mai sentito parlare di Paco Rabanne se non per alcune delle sue fragranze ma mai nulla di più. Leggendo questo articolo ho appreso in realtà che è molto di più di un “maitre parfumeur”.Paco Rabanne è uno stilista, designer e costumista di grande livello. La cosa che più mi ha colpito è l’unione che crea, forse ingenuamente, tra la moda che realizza e lo studio che ha avuto. L’aver studiato architettura ha fatto sì che tutto il suo sapere in quell’ambito si sia riversato sia nei suoi abiti come nei i suoi accessori. La geometria, i materiali e il metodo che usa per crearli , distante dalla classica figura dello stilista che utilizza ago e filo hanno fatto si che Paco Rabanne divenne un artista a tutto tondo.

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  27. Valentina Spadoni   8 Aprile 2023 at 17:43

    Per quanto conoscessi le sue fragranze, non mi era noto il nome di Paco Rabanne associato ai grandi della moda. Sono rimasta piacevolmente sorpresa. Una figura rivoluzionaria in grado di realizzare abiti, audaci e provocatori, che si fondessero completamente con il corpo femminile di chi li indossava, esaltandone al massimo le forme. Vere e proprie opere d’arte, gli abiti realizzati con materiali innovativi quali plastica e metallo che, assemblati assieme, riportavano alla mente le antiche armature.
    Paco Rabanne fu, senza ombra di dubbio, uno degli artisti più interessanti del ventesimo secolo. La parola Avanguardia calza a pennello il suo stile, a dir poco futuristico e fuori dagli schemi.
    Mi sento di aggiungere che la grande fama e visibilità del suo nome associata al mondo dei profumi, per quanto meritata, a mio parere non gli rende affatto giustizia rispetto all’incredibile lavoro in ambito stilistico per cui, invece, merita assolutamente di essere conosciuto e ricordato.

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  28. Aurora C. LABA   17 Aprile 2023 at 19:26

    Paco Rabanne uno dei più famosi artisti degli anni 70, un uomo ricco di creatività, colto che usò materiali insoliti per i suoi progetti come carta, plastica ma soprattutto metallo tantè che viene definito da Coco Chanel, una tra le più importanti case di moda, “il metallurgico della moda”. Paco Rabanne, ha collaborato con delle famosissime case di moda per la creazione di gioielli come: Dior, Balenciaga e Ghivency. Conosciuto al giorno d’oggi soprattutto per il suo profumo One million; ma non dimentichiamoci dei suoi abiti iconici come quello indossato da Audrey Hepburn nel film in “Due per la strada” iconico vestito fatto di paillettes che rimane nella storia della moda ma anche nella cinematrografia. Rimarrà sempre nella storia come grande artista, rivoluzionario come tanti altri.

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  29. Nicola Emiliani   9 Giugno 2023 at 09:43

    Paco Rabanne è un nome che risuona nell’industria della moda da decenni. Concepito come un rivoluzionario del design, il suo marchio omonimo ha sfidato le convenzioni e ha ridefinito gli standard di stile. Attraverso il suo approccio audace e innovativo alla moda, Paco Rabanne ha conquistato il cuore di celebrità, icone di stile e appassionati di moda in tutto il mondo.

    Paco Rabanne ha raggiunto la fama negli anni ’60 con la sua visione futuristica della moda. Il suo utilizzo di materiali inusuali come il metallo e la plastica lo ha reso un pioniere nel settore, offrendo una prospettiva unica sulla creazione di abiti. I suoi design rivoluzionari e avveniristici, come l’iconico “Vestito 12 dischi” indossato da Audrey Hepburn nel film “Un mercoledì da leoni”, hanno catturato l’immaginazione di tutti.

    Paco Rabanne ha poi cambiato le regole della moda femminile introducendo abiti che esaltavano la figura femminile in modo audace e seducente. I suoi vestiti “collezione 1966” sono stati definiti “iconici” per la loro audacia e originalità. I capi erano caratterizzati da linee tagliate al laser, tessuti a maglia e metalli lucidi che abbracciavano il corpo in modo sensuale. Questo approccio audace e innovativo alla moda ha lasciato un’impronta indelebile sulla scena della moda e ha influenzato generazioni di designer successivi.

    Nel corso degli anni, il marchio Paco Rabanne si è esteso oltre l’abbigliamento e ha abbracciato anche profumi e accessori. Le fragranze Paco Rabanne, come “Calandre” e “1 Million”, sono diventate dei veri e propri bestseller nel settore dei profumi, grazie alle loro composizioni uniche e al loro appeal seducente. Gli accessori, come le borse e gli occhiali da sole, hanno continuato a incarnare l’estetica distintiva del marchio, unendo materiali innovativi e design avveniristici.

    Nonostante siano trascorsi più di cinquant’anni dalla sua affermazione nel mondo della moda, il nome Paco Rabanne rimane una forza significativa nell’industria. Il marchio continua a spingere i confini della creatività e dell’innovazione, mantenendo un profilo distintivo che lo differenzia dagli altri. I suoi design audaci e avanguardisti continuano a ispirare le nuove generazioni di designer e ad essere ammirati dalle personalità più influenti dello spettacolo e della moda.

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  30. LT   16 Giugno 2023 at 16:51

    Paco Rabanne, all’anagrafe Francisco Rabaneda, nacque nel 1984 nei paesi baschi, ma il suo soggiorno lì durò poco a causa della madre che era una donna comunista senza cedimenti, mentre padre esercitava come colonnello nelle armi franchiste.

    Francisco trascorse la sua infanzia e adolescenza sotto l’ala della nonna e della madre, la quale lavorava presso Balnciaga e fu per questo che non rivolse mai un particolare interesse nell’apprendimento delle tecniche di moda, al contrario la sua ricerca era volta alla scoperta di nuove potenzialità dei materiali. Lo stilista non intraprese mai una formazione rivolta alla formazione di abiti, ma anzi intraprese la facoltà di architettura presso l’Accademia di belle arti a Parigi.

    Fin dal principio Paco Rabbie si distinse tra la folla di cuotier, inizialmente fu uno shock, ma poi divenne un manifesto epocale della moda che sconfina l’arte e venne interpretato come fenomeno estetico d’avanguardia. Egli presentò abiti metallizzati, composti da tondini plastificati, forzando la texture e la struttura dell’abito con al di sotto un ingaggio simbolico che non tutti riuscirono a comprendere.

    Ci fu un cambiamento radicale non solo degli abiti, ma anche delle sfilate tradizionali classificabili come un severo rituale caratterizzato dal silenzio ossequioso di un pubblico di affiliati che assomigliavano più ai membri di una setta che ad un insieme di clienti.
    La rivoluzione avviene con la scelta di location stravaganti e l’accompagnamento musicale che aveva l’obiettivo di sollecitare emozioni negli spettatori, ed infine modelle giovani con gestualità di scena. La profondità dello stilista non è individuabile nell’abito in se’, ma egli crede che l’impatto creativo debba incidere sul territorio di una sensibilità creativa; ad esempio egli prudesse una collezione di abiti composti da frammenti allineati e in sequenza così da creare intercapedini per poter percepire il corpo nudo, quindi la pesantezza di un’armatura con una sensazione di leggerezza. Anche in questo episodio si può vedere la regolazione del registro tradizionale perché gli intervalli dell’abito donano un lato sexy, al contrario della percezione di decoro per le donne vissuto come una prigione.

    Il momento di lancio di Paco Rabnane avviene grazie alla opportunità di vestire attrici famose al tempo. Il film che cambio la sua vita fu un mockumentary di William Klein Qui êté vous Polly Maggoo., questa tipologia di pellicola è un finto documentario che proprio grazie alla percezione di un-più di realismo rispetto alla fiction ordinaria, rende pungente la parodia del tema sviluppato.
    La ripresa ha fatto capire allo stilista due cose, la prima è che il contenuto negativo di un film non pregiudica la valenza di notorietà di contenuto; e la seconda realizzazione è che in quel particolare momento storico il cinema per un brand appena nato era più deciso di quanto si credesse.

    Dal ’69 inizia la produzione di fragranze, e la realizzazione del primo prêt a porter. Questa stella si inizia già a spegnersi nel 1986 con il cedimento della proprietà operativa a Puig, ma rimanendo Paco Rabanne il direttore creativo. Il brand senza il visionario stilista perse velocemente di appeal e andò in crisi profonda fino al 2006 quando cessò la produzione. Nel frattempo il coutier incominciò a mostrare le sue credenze attraverso l’editoria. Il tema più ricorrente era il buddismo in quando egli credesse di essersi reincarnato una migliaia di volte, e non mancavano profezie sempre più estreme. Questa debacle d’immagine non deve però compromettere il giudizio critico delle sue opere.

    Concludo infatti citando un paragrafo del brano che meglio racchiude le mie pretendi parole : “Paco Rabanne ha contribuito a cambiare il modo in cui percepivamo e pensavamo la moda. I suoi oggetti-per-il-corpo hanno rappresentato, nel contesto della moda, l’inizio di un importante punto di svolta culturale: ha reso molti di noi più sensibili della esistenza di una parete di comunanza che gli oggetti che ci portiamo addosso possono avere con l’arte che mette in discussione classificazioni, gerarchie, valori…l’arte con la freccia del tempo rivolta al futuro dunque; e, al tempo stesso, i suoi oggetti-per-il-corpo, creati con elementi della natura mai utilizzati dai couturier per vestire le persone, elementi che certamente lo stilista/designer sovraccaricava troppo di simbolismi irrazionali, oggi più di ieri, in piena crisi ecologica ci ricordano che la loro magia è semplicemente la possibilità che esista la vita”.

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  31. Alessia P. LABA   18 Giugno 2023 at 13:06

    Purtroppo prima di aver letto questo articolo conoscevo Paco Rabanne solo per i profumi da lui ideati come “One Million”, “Invictus” e diversi altri, un grandissimo artista che ha rivoluzionato il modo di fare moda già ai suoi tempi, un uomo dallo spirito ribelle e sperimentale che ha sempre puntato in alto e guardato all’innovazione.
    Sono rimasta molto colpita dalla sua visione del tutto originale dell’abbigliamento in quanto introduce il metallo nelle sue creazioni e a portare sulle passerelle maglie fatte in maglia metallica, così da lasciare il segno e distinguersi dalla massa.

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  32. Ilaria c laba   19 Giugno 2023 at 19:00

    Paco Rabanne, nome molto noto nell’ambito della moda, noto per i suoi abiti, per le sue sfilate stravaganti per i più appassionati di moda, ma anche per le sue fragranze molto note.
    Conoscevo già questo stilista e personalmente lo ammiro molto. Negli anni è riuscito a non fare dimenticare il suo nome ed essere sempre riconoscibile, come al tempo con le sue sfilate e ora con i suoi super profumi iconici.
    Anno scorso è stato lanciato “la fame” una nuova fragranza, con la bottiglia che riprende l’iconico abito in maglie di metallo cromato distintivo del brand. Questo mi ha fatto molto riflettere e mi ha fatto pensare a quanto la sua storia ha influitito e influisce ancora sui loro prodotti.

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  33. federico balboni   19 Giugno 2023 at 19:29

    La storia di Paco Rabanne è affascinante. Questa casa di moda è stata fondata negli anni ’60 dallo stilista spagnolo Francisco “Paco” Rabaneda Cuervo, che ha portato un’incredibile innovazione nel mondo dell’abbigliamento e delle fragranze.
    Sin dai suoi primi giorni, Rabanne ha dimostrato di essere un pioniere audace e visionario. Ha sfidato le convenzioni della moda utilizzando materiali non tradizionali come il metallo, la plastica e i tessuti futuristici per creare capi di abbigliamento avveniristici e unici. Questo approccio innovativo ha suscitato scalpore nell’industria e ha posto Paco Rabanne in una posizione di grande rispetto e interesse.
    Il marchio ha continuato a spingere i limiti della moda, combinando stili futuristici e concetti all’avanguardia con un’artigianalità impeccabile. Le loro creazioni sono state indossate da celebrità e icone di stile, e hanno contribuito a definire le tendenze della moda per decenni.
    Ma non si tratta solo di abiti spettacolari. Paco Rabanne ha anche guadagnato una reputazione per le sue fragranze uniche e audaci. Le loro creazioni olfattive sono note per essere seducenti, misteriose e distintive, riflettendo l’estetica moderna e avanguardista del marchio.
    Personalmente, trovo la storia di Paco Rabanne ispirante e affascinante. Ammiro il coraggio di Rabanne nel rompere le regole e nel creare qualcosa di completamente nuovo nel mondo della moda. La sua capacità di unire materiali insoliti con una visione artistica straordinaria ha dato vita a capi e profumi che sono diventati dei veri e propri simboli di stile e originalità.

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  34. Chiara D. LABA   22 Giugno 2023 at 11:35

    Rabanne ha saputo sin da subito saputo approcciare materiali non convenzionali a quei tempi, per renderli in favolosi capi e gioielli da indossare, rimanendo sui suoi passi e tenendo la sua determinazione. Un approccio innovativo quanto allo stesso tempo suscitò clamore. Come molti, anche io pensavo che la sua omonima azienda fosse indirizzata solamente nei profumi. Ritornando al discorso dei vestiti, trovo che il suo essere contrario agli ideali dalla maggior parte della società, gli ha conferito visibilità. Nel 1966 Rabanne pubblicò la sua prima collezione intitolata “12 abiti non indossabili in materiali contemporanei”. Impreziosita da rodoidi, paillettes e placche, la collezione ha segnato l’inizio della sua visione e del design come sperimentazione utilizzando materiali insoliti. Desiderando rendere la sua moda più accessibile, Rabanne lanciò una serie di abiti di carta nel 1967. Il tessuto morbido e leggero era un’alternativa più economica che Rabanne usava con del nastro adesivo colorato per legarlo insieme. Paco Rabanne ha creato abiti che sono stati visti come opere d’arte. Nelle sue creazioni sono stati utilizzati tessuti insoliti, metallo martellato, pelliccia lavorata a maglia, jersey di alluminio, carta, pelle fluo e fibra di vetro. Soprannominato il “lavoratore dei metalli”, l’avversione di Rabanne per ago e filo incarna la sua provocatoria rivalutazione dello stile.

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  35. Carmelo V   27 Giugno 2023 at 01:00

    Articolo che mi ha permesso di approfondire le mie conoscenze sulla figura iconica del couturier e designer Paco Rabanne. Per inclinazione personale verso la moda mi sono ritrovato più volte ad osservare e ammirare collezioni del passato realizzate dal designer. Sicuramente uno dei tratti più riconoscibili è l’uso che faceva del metallo per realizzare i suoi capi, tratto per cui, da come appreso nell’articolo, veniva definito da Coco Chanel con la metafora di ‘metallurgico’. Ho appreso che però il designer era molto altro, e rimarrà sicuramente una figura di spicco nel mondo della moda negli anni a venire. Mi viene naturale fare una comparazione con un altro designer a sua volta iconico: Gianni Versace. Comparazione scaturita dal semplice fatto che entrambi, a loro modo, sono stati in grado di manipolare materiali come il metallo, non convenzionale, quindi, e renderli praticamente “tessuto”. Gianni Versace, negli anni 80 introduce un nuovo materiale chiamato Oroton, un tessuto realizzato interamente da fili di metallo, caratteristico per la sua capacità di scivolare sul corpo, valorizzandone la sinuosità, in un certo senso, simile all’intenzione di Paco Rabanne di voler enfatizzare il corpo di chi indossava i suoi capi, così da farli sembrare “nudi”.

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